News
Il saggio si sofferma sul titolo IX della Cost. Ap. «Praedicate Evangelium» sulla Curia Romana, dedicato all’Albo degli Avvocati presso la Curia Romana ed al Corpo degli Avvocati della Santa Sede, mostrando una sostanziale continuità con la Cost. Ap. «Pastor bonus». Il contributo altresì analizza - alla luce di inedita documentazione custodita nell’Archivio del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica - la normativa speciale in materia di avvocati contenuta nel motu proprio «Iusti iudicis» (1988) e nell’Ordinatio attuativa (1990) tuttora in vigore.

La teoria classica del diritto può dialogare con il pensiero giuridico contemporaneo, che tanto a livello civile quanto a livello internazionale mostra negli ultimi anni di avere sempre meno autorevolezza? Questo articolo propone alcune riflessioni provenienti dal diritto canonico, in cui a partire dalla metà del XX secolo è in corso una vivace discussione sulla natura dello “ius”. Punto di partenza è l’opera di Petar Popović, uno dei canonisti più attenti a questa questione. Sua convinzione è che la formulazione più completa del diritto classico, quella di Tommaso d’Aquino, deve a questo scopo essere ampliata. Diversamente da quanto è corrente nella scuola tomista, occorre integrare la discussione sulla legge (Summa Theologiae, Quaestiones de lege i.ii, q. 90-108) con quella sul giusto, de iure e de iustitia, la 57.esima e la 58.esima della Summa ii.ii, in cui viene riproposto il dikaion greco. Ma se da un lato in questo modo il ponte fra la classicità giuridica e la moderna formalizzazione del diritto può davvero essere costruito, restano aperte le domande sulla natura della “legge” che la modernità ha radicalmente distinto da qualunque significato giuridico: in fisica ed economia ad esempio. Ma in fondo è la parola “natura” stessa ad essere messa in questione: come si identifica ciò che è “posseduto per natura”? Per questo, il tentativo dell’Autore qui discusso andrebbe portato a compimento, al di là del diritto romano e al di là di Aristotele stesso.

Il saggio illustra il tema della responsabilità teorizzato da Michel Villey in due studi: il primo, pubblicato nel 1969, è dedicato alla responsabilità penale nel pensiero di San Tommaso, il secondo, del 1977, alle radici romanistiche della responsabilità aquiliana. È nel secondo saggio, in particolare, che Villey illustra il suo concetto di responsabilità, derivato dal diritto romano, finalizzato a garantire l’equilibrio sociale, più che le prerogative dell’individuo come accadrà nell’età moderna. Tutti gli elementi della filosofia del diritto naturale di Villey vengono declinati nella tesi di una responsabilità da riscoprire, una volta eliminate le interferenze del giusnaturalismo moderno, e restituire all’esperienza giuridica contemporanea, chiamata a dare risposte di giustizia che la teoria individualista e formalista del diritto non è in grado di fornire.

Il codice retorico è certamente alla base della comunicazione contemporanea, ma vi è il rischio che quest’ultima tenda a spezzare il filo per costruirsi un codice autonomo, con le emozioni al centro e la manipolazione come obiettivo.

Il presente articolo esamina l’evoluzione della litis contestatio entro la cognitio extra ordinem durante l’età classica. Esso si incentra per prima cosa sull’emersione della cognitio sotto il Principato e sulle probabili conseguenze che la comparsa della nuova procedura ebbe sulla concezione della litis contestatio. Vengono poi esaminate le fonti giuridiche riferibili al periodo prescelto. Lo studio mostra in conclusione che la litis contestatio dovette principalmente sopravvivere come riferimento per il decorso di termini processuali.

L'obiettivo principale di questo articolo è l'analisi dei diritti umani e delle libertà fondamentali nella Repubblica d'Albania dalla dichiarazione di indipendenza alla caduta del regime comunista, concentrandosi principalmente sugli atti costituzionali. Più specificamente, l'autore fa prima una breve panoramica dell'evoluzione dei diritti fondamentali prima dell'instaurazione del selvaggio regime comunista, per poi concentrarsi sull'analisi dei diritti umani e delle libertà fondamentali nelle due costituzioni del regime totalitario, in vigore dal 1945 sotto il dittatore Enver Hoxha.




