News scritte da Dell'Oglio Marco
Dell'Oglio Marco
Il Concordato revisionato (nel 1984) non contempla più una previsione sul riconoscimento civile delle dispense canoniche super rato: e ciò, eminentemente, in ragione di condizionamenti politico-ideologici che incidono sul percorso di revisione (bilaterale), e sul contestuale intervento della Consulta (sent. 18/1982) che (a negoziati ancora in corso) avalla la teorica alla base di quei condizionamenti (il ‘dominio’ statale sulla regolazione del rapporto coniugale), operando un vaglio in senso formalistico sulla procedura super rato e approdando all’avviso di un’insufficiente garanzia di tutela giurisdizionale (ivi prestata). Questo saggio mira anzitutto a focalizzare l’origine, la “misura” e l’incidenza di questi condizionamenti nel condurre all’espunzione della previsione in parola; ponendo in luce, appresso, (le contraddizioni e) i contrasti che si producono, in ragione di tale espunzione, rispetto all’assiologia, alla “filosofia” e alle finalità dell’Accordo del 1984. Successivamente, (il saggio) procede a un’agile disamina delle innovazioni/evoluzioni che dopo la sigla dell’Accordo si registrano nei due (rispettivi) fronti ordinamentali, atte ad agevolare, sotto diversi aspetti, una più compiuta delineazione della specificità delle procedure super rato (e della portata effettiva delle garanzie in esse fornite); ponendo in evidenza, in particolare, per quanto riguarda il fronte statale, i salienti sviluppi giurisprudenziali che paiono segnalare, per molti versi, l’urgenza di un compiuto diradamento di quella persistente “ombra” (politico-)ideologica gravante sull’Accordo.
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Non è passato inosservato alla pubblicistica il clima di peculiare “sintonia” che ha connotato, lo scorso 10 giugno, la visita ufficiale del Santo Padre al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: per averne riscontro, del resto, sarebbe bastato (già solo) dare una scorsa alle trascrizioni dei discorsi tenuti dalle due Autorità, dov’è facilmente rintracciabile una singolare convergenza di toni, registro e – in alcuni passaggi, finanche di - contenuti. Così, riguardo a questi ultimi, ad es., diversi organi di stampa hanno colto la consonante messa in evidenza di un (basilare) dato “fattuale”, qual è la proficuità del sostegno reciproco che Stato e Chiesa seguitano a darsi nel Paese, a fronte di crescenti urgenze/istanze spirituali e materiali, puntualmente esemplificate. In pochi, tuttavia, a tale ultimo riguardo, hanno colto l’ulteriore consonanza dell’esigenza, avvertita da entrambi, di porre in luce la ragione giuridica principe alla base di questo fruttuoso mutuo sostegno, ovverosia l’Accordo di Villa Madama. Quale che sia la ragione della mancata annotazione (forse un automatismo, consono alla c.d. stagione della “post-verità”, di promozione dei dati anzitutto “emozionali”), quel che rileva è l’occasione perduta di registrare, immediatamente dopo, una singolare dissomiglianza tra i due testi. Infatti, mentre Papa Francesco avverte altresì l’esigenza di specificare che l’Accordo richiede espressamente questo mutuo contegno, con un’apposita previsione, i.e. l’art.1, che impegna lo Stato e la Chiesa a collaborare, nel rispetto della “distinzione degli ordini” di cui all’art. 7, I co., Cost., per la «promozione dell’uomo» ed il «bene del Paese»; il Presidente Mattarella, invece, appresso al richiamo fatto al ruolo del Concordato, quale “prezioso quadro di collaborazione”, passa direttamente a rimarcare l’importanza della presenza della Chiesa “a fianco delle Istituzioni” (già in generale nei frangenti più difficili della vita nazionale, e in particolare) in occasione “dell’emergenza del terremoto che ha colpito” nel 2016 il Centro Italia. Uno spunto (questo dell’indicata dissomiglianza tra i testi) che, laddove colto, avrebbe probabilmente condotto a prestare maggiore attenzione non solo ai temi scaturenti dalla puntualizzazione fatta dal Pontefice e dal differente rilievo ad hoc posto dal Presidente Mattarella; ma anche ad ulteriori argomenti-chiave, non esplicitati ma comunque avvertibili– specialmente dagli “addetti ai lavori” – sottesi al tema della collaborazione crescente tra i due Ordini, in vista del “bene comune”.
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Il saggio esamina il nuovo regime probatorio scaturente dalla riforma del processo matrimoniale canonico, volto principalmente a valorizzare la confessione e le dichiarazioni delle parti, alle quali può essere attribuita forza di «prova piena» purchè corroborate da eventuali testi de credibilitate e a condizione che non ricorrano elementa quae eas infirment. L'avviso da cui prende le mosse il saggio è che si tratti d'uno sviluppo oltremodo interessante, in base al quale - tra l'altro - sembrano praticamente destinate ad essere contenute al minimo le c.d “nullità di coscienza”, ossia quei casi in cui l’invalidità non sia dimostrabile come tale «in foro externo» in quanto confortata dalla sola dichiarazione della parte interessata. Lo studio, a seguire, si concentra sull'esplicazione della ragione più plausibile alla base del nuovo regime in parola, e cioè l'intenzione di evitare gli inconvenienti cui dava luogo l’obbligo di affiancare con altri elementi probatori la confessione o le dichiarazioni delle parti (ancorchè fossero state concludenti e confermative rispetto al thema probandum).
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