fbevnts Diritti della persona e diritto dello Stato: prime riflessioni di diritto costituzionale

Diritti della persona e diritto dello Stato: prime riflessioni di diritto costituzionale

29.11.2015

1. Introduzione: perimetro e ragioni dell’indagine.

È profondo e a tratti disorientante il senso di inadeguatezza di chi scrive nel confrontarsi con un tema come quello proposto in questo breve saggio. Non solo e non tanto per la vastità e complessità dell’argomento – che peraltro ha già trovato compiuta forma nelle riflessioni di numerosi studiosi – quanto per il rischio assai concreto di scadere nella banalità del già detto.

Il rapporto tra diritti della persona e diritto dello Stato si presta, infatti, a letture di taglio ideologico, a ricostruzioni di teoria generale, a indagini su specifici profili problematici.

Costituisce, tuttavia, preziosa occasione la riflessione trasversale promossa dalla rivista Jus sul tema “Persona e diritto”, che suscita nello studioso di diritto costituzionale numerosi quesiti, non tutti di semplice trattazione. Se, anzi, ci si pone attenzione, il titolo “Persona e diritto” consente di toccare alcuni dei più rilevanti profili del diritto costituzionale, quali – tra gli altri – i principi fondamentali, il rapporto tra politica e diritto, il ruolo del legislatore paragonato a quello del giudice.

Nelle pagine che seguono, si cercherà dunque di raccogliere la sfida lanciata da Jus, proponendo alcune considerazioni di ordine generale sulle principali problematiche emergenti sotto l’angolatura del diritto costituzionale. In particolare, si proverà ad analizzare l’attuale stato dei rapporti tra diritti della persona e diritto dello Stato, osservando le tendenze di fondo che li caratterizzano e gli aspetti di novità portati dai tempi recenti, e tentando di far emergere i punti di più rilevante criticità e di proporre, infine, alcuni primi spunti di riflessione, nella consapevolezza che una piena e completa comprensione del tema richiederebbe sforzi assai maggiori.

La tesi di fondo che si anticipa qui è la seguente: nella dimensione contemporanea, il diritto – inteso come posizione giuridica soggettiva – sta progressivamente perdendo due elementi che da sempre lo hanno caratterizzato, la relazione con il potere e la relazione con il dovere, per acquisire al contrario un profilo di assolutezza e di ‘indipendenza’ del tutto nuovo.

2. I desideri individuali come nuova frontiera del diritto: la crisi del costituzionalismo.

Quello dei diritti della persona può essere considerato uno dei ‘fronti caldi’ del diritto costituzionale contemporaneo[1]. Ma questo non dovrebbe stupire più di tanto, giacché è insita nella natura del costituzionalismo la ricerca di una sempre maggior tutela dei diritti del singolo[2].

Infatti, pur avendo conosciuto la storia del pensiero giuridico diverse gradazioni del costituzionalismo – da quello moderato a quello radicale, come ricorda Maurizio Fioravanti[3] – queste ultime hanno avuto tutte una caratteristica comune: la tensione verso la definizione di un nucleo minimo di diritti personali intangibili dallo Stato. Questo, a sua volta, doveva sapersi trasformare attraverso la restrizione del potere ab-soluto del monarca nelle precise e vincolanti maglie della separazione dei poteri, al duplice scopo di rendere il proprio apparato più efficiente e più garantiti i cittadini.

Tale elemento è presente fin dai tempi di quella che può, a buon diritto, essere considerata come la madre di tutte le carte costituzionali, la Magna Charta Libertatum del 1215, di cui è stato da poco celebrato l’ottocentesimo anniversario della concessione. In essa, infatti, emerge il primo tentativo di stabilire una limitazione ai poteri tradizionalmente riconosciuti in età medievale al sovrano: tra le clausole più significative per l’epoca si possono ricordare la n. 12[4], che costituisce una sorta di antenato del moderno no taxation without representation; la n. 20[5] che cristallizza il principio della proporzionalità delle pene e la n. 39[6] che è rimasta famosa come primo germoglio del principio di legalità in materia penale e di un giudizio imparziale.

A partire dalla Magna Charta il costituzionalismo ha incarnato il tentativo – assai riuscito – di espandere la sfera dei diritti, limitando contemporaneamente quella del potere.

Si può tuttavia osservare una significativa metamorfosi del costituzionalismo odierno, che lo allontana da quello delle origini: se quest’ultimo, infatti, era sorto al fine di operare una progressiva limitazione dei poteri assoluti del sovrano, riconoscendo però al potere una sua dignità e giungendo a un bilanciamento tra questi due poli, il primo perde tale connotazione, riducendosi ormai al tentativo di adeguare il diritto dello Stato alle pretese di ciascun soggetto dell’ordinamento.

Siffatta operazione avviene proprio rivestendo tali pretese, tali desideri individuali, con il manto solenne della qualificazione di diritto, spesso accompagnato dall’aggettivo ancor più solenne fondamentale. Di fronte a un diritto fondamentale, naturalmente, l’ordinamento non può che inchinarsi con deferenza, apprestando una tutela piena ed effettiva.

Dal punto di vista costituzionale, ciò, in astratto, non pone particolari problemi, perché è scolpito nell’art. 2 Cost. il dovere per la Repubblica – quindi per tutti i soggetti dell’ordinamento – di riconoscere e tutelare i diritti inviolabili della persona. Il problema nasce allorché il termine ‘diritto fondamentale’ venga utilizzato per definire posizioni giuridiche che tali non sono o, quantomeno, è discutibile che lo siano.

È dunque questo un primo elemento che spiega la situazione attuale: anche per effetto dell’affermarsi di veri e propri ordinamenti sovranazionali dedicati alla tutela dei diritti fondamentali, si è diffusa e orami radicata la convinzione che quella dei diritti sia una marcia inarrestabile nel tempo e illimitata nello spazio (concettuale) del diritto, sicché è lecito non solo attendersi che lo Stato, e l’ordinamento più in generale, riconoscano e tutelino ogni differente posizione giuridica che si assume possa essere qualificata come diritto individuale, ma anche pretendere che ciò avvenga come atto dovuto, scontato, ‘naturale’.

È perciò evidente la trasformazione subita dal costituzionalismo: da movimento teso a equilibrare i due piatti della bilancia costituiti dal potere e dai diritti individuali, esso ha mutato natura concentrandosi esclusivamente sul secondo elemento[7]. Ciò che si vuol dire, in altri termini, è che mentre in passato era chiara la dicotomia tra potere politico e diritti e il conseguente tentativo del costituzionalismo di attenuare tale divario, riequilibrando un rapporto che l’assolutismo aveva profondamente inciso, ai giorni nostri si assiste all’affermarsi di una cultura dei diritti che vede unico protagonista l’individuo con il proprio bagaglio di bisogni, desideri, aspettative, a prescindere del tutto da un confronto con il potere.

Una volta conquistate, con le costituzioni del secondo dopoguerra, la sovranità popolare e la democrazia, pare che il costituzionalismo sia andato in cerca di un ulteriore e ambizioso traguardo. Orfano del ‘confronto/scontro’ con il potere, il costituzionalismo ha imboccato la strada dei diritti fondamentali, utilizzando la Costituzione come fonte dalla quale trarre legittimazione per accreditare nuove posizioni soggettive, sconosciute nel passato e oggi ritenute meritevoli di tutela, non già dagli arbítri del potere, bensì in sé e per sé considerate, quali attribuzioni connaturate a ciascun individuo. Ma se, nell’immediato dopoguerra e fino a tutti gli anni ’60 l’attenzione si è concentrata sui c.d. diritti sociali, a partire dai primi anni ’70 e soprattutto nei tempi recenti, investiti dalla crisi economico-finanziaria, si può notare una “tendenza espansiva dei diritti etico-sociali, a fronte del carattere tendenzialmente recessivo dei diritti economico-sociali[8].

La tendenza descritta però non può essere compresa appieno se non se ne considera l’altro elemento fondamentale, che prescinde del tutto dalla sufficienza di risorse economiche in grado di sostenere la domanda di nuovi diritti: tale elemento consiste nel venir meno della relazione tra diritto e obbligo.


[1] Siamo, infatti, nel bel mezzo di quella che è stata chiamata l’età dei diritti (N. Bobbio, L’età dei diritti, Einaudi, Torino 1990). A dimostrazione del grande interesse giuridico e filosofico che incontra il tema si segnalano, tra gli altri, per la loro rilevanza, anche se su basi e prospettive differenti rispetto a quelle sostenute nel presente scritto, S. RodotàIl diritto di avere diritti, Laterza, Roma-Bari 2012 e L. FerrajoliDiritti fondamentali. Un dibattito teorico, a cura di E. Vitale, Laterza, Roma-Bari 2001.

[2] Sull’evoluzione storica che ha caratterizzato i diritti umani cfr., tra gli altri, C. Cardia, Introduzione storico giuridica alla Carta, in P. Gianniti (a cura di), I diritti fondamentali nell’Unione Europea. La Carta di Nizza dopo il Trattato di Lisbona, Zanichelli, Bologna-Roma 2013, p. 324 ss., e la bibliografia ivi richiamata. Per un quadro generale cfr., da ultimo, M. Olivetti, I diritti fondamentali. Lezioni, Claudio Grenzi Editore, Foggia 2015.

[3] Cfr. M. Fioravanti, Costituzionalismo: percorsi della storia e tendenze attuali, Laterza, Roma-Bari 2009, p. 70 ss.

[4]Nessun pagamento di scutagio o auxilium sarà imposto nel nostro regno se non per comune consenso…”.

[5]Nessun uomo libero sia punito per un piccolo reato, se non con una pena adeguata al reato; e per un grave reato la pena dovrà essere proporzionata alla sua gravità senza privarlo dei mezzi di sussistenza…”.

[6]Nessun uomo libero sarà arrestato, imprigionato, multato, messo fuori legge, esiliato o molestato in alcun modo, né noi useremo la forza nei suoi confronti o demanderemo di farlo ad altre persone, se non per giudizio legale dei suoi pari e per la legge del regno”.

[7] Si tratta di quello che è stato definito neocostituzionalismo (si pensi ad autori quali Alexy, Dworking, Zagrebelsky, solo per citarne alcuni), i cui caratteri essenziali sono stati recentemente ben riassunti da N. Zanon, Pluralismo dei valori e delle culture, unità del diritto. Una riflessione, Lettura annuale 2015 della Fondazione Magna Carta, 5 marzo 2015, in http://magna-carta.it/articolo/la-lectio-magistralis-di-nicol-zanon, e poi ripresi in Id., Pluralismo dei valori e unità del diritto: una riflessione, in Quad. cost. n. 4/2015, p. 919 ss.: a) qualificazione dello Stato democratico contemporaneo come Stato costituzionale e non più legislativo; b) dicotomia qualitativa tra costituzione e legge; c) composizione del diritto costituzionale da principi più che da regole; d) rifiuto del tradizionale sillogismo della sussunzione e valorizzazione del metodo del bilanciamento tra principi; e) attribuzione di un’importanza crescente del potere giudiziario rispetto al potere politico-rappresentativo.

Sul punto cfr. più diffusamente, ex multis, S. Pozzolo, Neocostituzionalismo e positivismo giuridico, Giappichelli, Torino 2001.

[8] A. Ruggeri, Il futuro dei diritti fondamentali: viaggio avventuroso nell’ignoto o un ritorno al passato?, in Federalismi.it – Focus Human Rights n. 1/2013, p. 8. 

Giovanni Savoia



Download:
Savoia.pdf
 

Array
(
    [acquista_oltre_giacenza] => 1
    [can_checkout_only_logged] => 0
    [codice_fiscale_obbligatorio] => 1
    [coming_soon] => 0
    [disabilita_inserimento_ordini_backend] => 0
    [fattura_obbligatoria] => 1
    [fuori_servizio] => 0
    [has_login] => 1
    [has_messaggi_ordine] => 1
    [has_registrazione] => 1
    [homepage_genere] => 0
    [homepage_keyword] => 0
    [insert_partecipanti_corso] => 0
    [is_login_obbligatoria] => 0
    [is_ordine_modificabile] => 1
    [libro_sospeso] => 0
    [moderazione_commenti] => 0
    [mostra_commenti_articoli] => 0
    [mostra_commenti_libri] => 0
    [multispedizione] => 0
    [pagamento_disattivo] => 0
    [reminder_carrello] => 0
    [sconto_tipologia_utente] => carrello
    [scontrino] => 0
    [seleziona_metodo_pagamento] => 1
    [seleziona_metodo_spedizione] => 1
)

Inserire il codice per attivare il servizio.