fbevnts The decision of Cass. ss.uu. 9 september 2021, no. 24414: some remarks about the crucifix in the classrooms

Ancora sul crocifisso nelle aule scolastiche: considerazioni a margine della decisione delle Sezioni Unite del 9 settembre 2021, n. 24414

27.12.2021

Anna Sammassimo

Ricercatrice di Diritto canonico ed ecclesiastico, Università degli Studi di Padova

 

Ancora sul crocifisso nelle aule scolastiche:

considerazioni a margine della decisione delle Sezioni Unite del 9 settembre 2021, n. 24414*

 

English title: The decision of Cass. ss.uu. 9 september 2021, no. 24414: some remarks about the crucifix in the classrooms

DOI: 10.26350/18277942_000058

 

Sommario: 1. Premessa. 2. Il caso. 3. La sentenza delle Sezioni Unite. 4. Crocifisso e autonomia scolastica. 5. Una questione di metodo. 6. Conclusioni.

 

 

  1. Premessa

 

La questione dell’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche è nuovamente giunta di fronte al Giudice. A pronunciarsi, da ultimo, sono statele Sezioni unite civili con una recentissima sentenza che avrebbe potuto mettere la parola “fine” su una questione ormai divenuta classica del diritto ecclesiastico. Il condizionale è, tuttavia, d’obbligo, in quanto la Suprema Corte è intervenuta con una modalità che, in realtà, non è una vera e propria soluzione bensì una indicazione di metodo: quello dell’accomodamento ragionevole[1]. La Corte di Cassazione ha, cioè, affermato che la comunità scolastica può decidere di esporre il crocifisso in aula grazie ad una valutazione che sia frutto del rispetto delle convinzioni di tutti i componenti della medesima comunità, ricercando però, nel contempo, un ragionevole accomodamento tra eventuali posizioni difformi[2]. In effetti, è da rilevarsi che già da tempo parte della dottrina aveva auspicato, in tema di esposizione di simboli religiosi a scuola, soluzioni più articolate rispetto al “rigido schema dell’aut-aut[3], facendo riferimento proprio a modelli lato sensu mediatori[4] che consentirebbero di anticipare e comporre eventuali conflitti, piuttosto che risolverli ex post nel contraddittorio giudiziale[5].

Le Sezioni Unite sembrano, dunque, aver raccolto tale auspicio, mettendo «un punto fermo su alcuni aspetti della questione»[6] anche se la soluzione proposta non pare affatto essere risolutiva in quanto apre la porta ad ulteriori aspetti problematici della querelle, «non privi di forte ambiguità e destinati a incidere negativamente in ambito scolastico»[7].

 

  1. Il caso

 

La sentenza delle Sezioni Unite affronta il caso di un insegnante di materie letterarie presso un Istituto professionale di Stato che, per rimanere fedele alle proprie convinzioni, durante le sue ore di lezione, aveva provveduto sistematicamente, in autotutela[8], a rimuovere il crocifisso dalla parete per riappenderlo al termine delle stesse, così contravvenendo ad una circolare del dirigente scolastico che aveva recepito una richiesta, proveniente dagli studenti riuniti in assemblea, di affissione del simbolo. A tale assemblea avevano fatto seguito la circolare n. 25/65 del 21 ottobre 2008, con cui il dirigente scolastico aveva richiamato i docenti al dovere di rispettare la volontà espressa dagli studenti, e l’ordine di servizio del 23 ottobre 2008, con cui lo stesso dirigente aveva disposto che il simbolo religioso fosse fissato stabilmente alla parete, diffidando formalmente il docente dal continuare in siffatta rimozione che stava creando negli studenti frustrazione, incertezza e preoccupazione. Perseverando con tale sua condotta, il docente veniva sospeso dall’insegnamento per 30 giorni dal dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale, previo parere del Consiglio di disciplina. Si rivolgeva quindi al Tribunale di Terni, Sezione lavoro, con due distinti ricorsi, poi riuniti, impugnando sia l’ordine di servizio del dirigente scolastico sia il provvedimento dell’ufficio scolastico che gli aveva inflitto la sanzione disciplinare: il primo in quanto discriminatorio nei confronti dei docenti che non si riconoscevano nel crocifisso; il secondo poiché volto a sanzionare una condotta che, ad avviso del ricorrente, costituiva invece legittimo esercizio del potere di autotutela in relazione ai diritti fondamentali di libertà di insegnamento e di libertà di coscienza in materia di religione.

Quanto sopra mette già in evidenza alcuni profili di novità inerenti il caso di specie rispetto ai precedenti giunti nelle aule giudiziarie: innanzitutto, all’origine della vicenda c’è una delibera di un’assemblea studentesca a favore dell’esposizione del crocifisso e non l’ottemperanza ad una disposizione legislativa o regolamentare che la imponga; poi, in questo caso, è l’insegnante dissenziente a contestare la presenza in aula del simbolo e non gli studenti – o i loro genitori – come fino ad oggi è (quasi) sempre accaduto.

La dottrina[9] aveva già sottolineato tali aspetti in sede di commento all’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite, assieme al fatto che, in questa occasione, chiamata a pronunziarsi sia stata la giurisdizione ordinaria mentre, fino ad ora, in ambito interno, era stato, per lo più[10], il giudice amministrativo[11] a doversi occupare del problema ed a tracciare «alcune coordinate essenziali, provando a governare, per via giurisprudenziale, una materia comunemente ritenuta priva di puntuale regolamentazione di rango legislativo»[12].

Il Tribunale di Terni, con sentenza del 29 marzo 2013, n. 122, respingeva le lagnanze del docente. Rifacendosi alla sentenza della Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo del 18 Marzo 2011 (caso Lautsi e altri c. Italia), infatti, il giudice ribadiva che il crocifisso è un simbolo religioso passivo e riteneva che la sua presenza, non producendo una indebita influenza sugli allievi, a maggior ragione non fosse idonea a limitare la libertà di religione, di espressione e di insegnamento di un docente di materie letterarie, ossia di una persona dotata di età, esperienze, maturità e formazione ben superiori a quelle di un ragazzo. Quanto, poi, al profilo discriminatorio, il Tribunale lo riteneva inesistente potendosi escludere che gli atti posti in essere dal dirigente scolastico fossero stati motivati da ragioni religiose consistenti nel positivo apprezzamento per i valori cristiani, come esplicitato nella circolare (4).

Anche la Corte d’appello di Perugia, Sezione lavoro, respingeva il gravame proposto dal docente e con sentenza del 19 dicembre 2014, n. 165, riteneva l’esposizione del crocifisso non lesiva di diritti inviolabili della persona né fonte di discriminazione tra individui di fede cristiana e soggetti appartenenti ad altre confessioni religiose.

Il docente proponeva allora ricorso in Cassazione e la Sezione lavoro del Supremo collegio, con ordinanza interlocutoria del 18 settembre 2020, n. 19618[13], rimetteva gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite «sul rilievo che il ricorso prospetta una questione di massima di particolare rilevanza, che involge il bilanciamento, in ambito scolastico, fra le libertà ed i diritti tutelati rispettivamente dagli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 297 del 1994, che garantiscono, da un lato, la libertà di insegnamento intesa come autonomia didattica e libera espressione culturale del docente, e, dall’altro, il rispetto della coscienza civile morale degli alunni». Il Primo Presidente disponeva l’assegnazione alle Sezioni Unite del ricorso, la cui discussione veniva fissata all’udienza pubblica del 6 luglio 2021.

 

  1. La sentenza delle Sezioni Unite

 

La sentenza delle Sezioni Unite del 6 luglio 2021, n. 24414[14], pubblicata il successivo 9 settembre, propone una soluzione in qualche modo “salomonica” alla questione portata alla sua attenzione.

Ribadisce che la norma sull’obbligo di esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche è, ancora oggi, in vigore in Italia[15] ed aggiunge che tale obbligo è perfettamente compatibile con il dettato costituzionale[16].

Ritiene, però, illegittima la circolare adottata, nel caso concreto, dal dirigente scolastico il 21 ottobre 2008 perché, nel richiamare tutti i docenti della classe al dovere di rispettare e tutelare la volontà degli studenti – espressa a maggioranza in un’assemblea – di vedere esposto il crocifisso nella loro aula, non ha ricercato un ragionevole accomodamento con la posizione manifestata dal docente dissenziente. Da tale illegittimità deduce l’invalidità della sanzione disciplinare inflitta allo stesso per avere, contravvenendo all’ordine di servizio contenuto nella circolare, rimosso il crocifisso dalla parete dell’aula all’inizio delle sue lezioni per poi ricollocarlo al suo posto alla fine delle medesime.

Nega, però, il profilo discriminatorio in quanto la circolare non integrerebbe una forma di discriminazione a causa della religione nei confronti del docente e pertanto non determinerebbe le conseguenze di natura risarcitoria previste dalla legislazione antidiscriminatoria.

Infine, pur affermando esplicitamente che il crocifisso descrive uno dei tratti del patrimonio culturale italiano e rappresenta una storia e una tradizione di popolo (11.8), non sembra, tuttavia, trarne le dovute conseguenze considerandolo, di fatto, un simbolo esclusivamente rappresentativo di una fede religiosa ed anzi un simbolo fra tanti.

Le contraddizioni sono numerose[17] oltre che ben evidenti.

Premessa la vigenza dell’art. 118, ci si sarebbe aspettati che, nel caso sottoposto all’attenzione ed al giudizio dell’Alto Consesso, anche senza la delibera assembleare voluta dagli studenti, il crocifisso avrebbe dovuto essere appeso nelle aule dell’Istituto in ragione del quadro normativo appena richiamato. Invece, la sentenza sembra abbandonare il ragionamento fino ad ora seguito per interpretare con una buona dose di originalità la citata normativa (la sentenza parla espressamente di “interpretazione evolutiva”), “sdoppiandone” il contenuto ed affermando che se l’esposizione del crocifisso è compatibile con l’impianto della Costituzione italiana e con il principio supremo di laicità dello Stato, non lo è altrettanto l’obbligo di esposizione di esso. Qui si rinviene la prima operazione salomonica che suscita non poche perplessità. Questi i passaggi.

Innanzitutto la sentenza spiega che l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, prevista dall’art. 118 del citato regio decreto, aveva un carattere obbligatorio ed esclusivo negli anni Venti o comunque negli anni precedenti alla Costituzione della Repubblica italiana, in quanto espressione di un contesto ordinamentale in cui (i) la religione cattolica era la sola religione dello Stato ed elemento costitutivo della compagine statale e (ii) alla Chiesa e alla religione cattolica era riconosciuto un preciso valore politico come fattore di unità della nazione. Questa concezione, però, - precisa il Supremo Collegio – viene rovesciata con l’avvento della Costituzione repubblicana o, al più tardi, dopo la dichiarazione congiunta in sede di protocollo addizionale dell’Accordo di modifica del 1984 tra l’Italia e la Santa Sede di considerare «non più in vigore il principio originariamente richiamato dai Patti lateranensi, della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano». In altri termini, l’obbligo di esporre il crocifisso, espressione della scelta confessionale dello Stato fascista per il quale la religione cattolica costituiva un fattore di unità della nazione, non sarebbe compatibile con il regime attuale di democrazia costituzionale perché l’identificazione dello Stato con una religione non è più consentita. Conseguentemente, per la sentenza in esame, l’ostensione obbligatoria (per determinazione dei pubblici poteri) nella scuola pubblica del crocifisso, quale che possa essere il significato che individualmente ciascun componente della comunità scolastica ne possa trarre, è incompatibile con la indispensabile distinzione degli ordini dello Stato e delle confessioni atteso che la Costituzione repubblicana, ispirata al principio di laicità dello Stato ed alla salvaguardia della libertà religiosa positiva e negativa, non la consente.

Orbene, il ragionamento delle Sezioni Unite non tiene conto, innanzitutto, del fatto che la previsione di affissione del crocifisso nelle aule scolastiche italiane risale ad un momento storico anteriore a quello citato e precisamente alla laicissima legge Casati del 1859, emanata in pieno conflitto risorgimentale tra lo Stato e la Chiesa[18]: dunque, il ragionamento svolto si basa su delle premesse storiche e politiche – nonché logiche – non del tutto esatte.

In secondo luogo, pur richiamando espressamente l’ordinanza della Corte Costituzionale n. 389/2004, che aveva escluso la illegittimità della normativa in questione, il Supremo Consesso ne disattende il contenuto. Anzi, sembra sconfinare apertamente dai binari del proprio ruolo istituzionale per sostituirsi alla Corte Costituzionale se non, anche, al legislatore. Ciò accade nel momento in cui si afferma che la disposizione regolamentare non può più essere letta come implicante l’obbligo di esporre il crocifisso nelle scuole[19] ma è da interpretare nel senso che l’aula possa accoglierne la presenza allorquando la comunità scolastica interessata valuti e decida in autonomia di esporlo nel rispetto e nella salvaguardia delle convinzioni di tutti, affiancando al crocifisso, in caso di richiesta, gli altri simboli delle fedi religiose presenti all’interno della stessa comunità scolastica e ricercando un ragionevole accomodamento che consenta di favorire la convivenza delle pluralità.

Anche il ricorso al criterio del ragionevole accomodamento suscita non poche perplessità. Come è stato giustamente sottolineato, esso«corrisponde alla tecnica del bilanciamento dei diritti praticato nella nostra giurisprudenza costituzionale, visto in opposizione all'applicazione della semplice logica maggioritaria»[20]: il bilanciamento dei diritti, però, presuppone che siano in gioco interessi e posizioni giuridiche negoziabili, seppure entro certi limiti e, talvolta, anche in collegamento a diritti fondamentali[21]. Non può invece essere utilizzato quando si tratti di interessi pubblicistici non disponibili - nemmeno ex parte Rei publicae, tantomeno a opera dei privati - quale, ad esempio, il principio di laicità in alcuni suoi riflessi (in primis neutralità, equidistanza, imparzialità, distinzione degli ordini)[22].

Questo è un punto sul quale il ragionamento delle Sezioni Unite risulta non convincente: manca, nella fattispecie in esame, la fondamentale premessa per l'applicazione del criterio di bilanciamento, ossia la lesione anche solo potenziale di una libertà o di un diritto fondamentale[23].

Come pure non convince del tutto l'impostazione, adottata anche in questa pronuncia, che consente il ricorso all’accomodamento in via giurisprudenziale, a prescindere dalla circostanza che un due of accomodation, magari in forma implicita, sia previsto o meno dalla legge[24]. Esigenze di sistema, infatti, imporrebbero che sia il legislatore a decidere in quali materie e casi potersi limitare a dettare una disciplina sommaria, consentendo che la soluzione “mite” da applicare in concreto sia raggiunta per la via dell'accomodamento ragionevole, nel perimetro predefinito per legge[25].

Infine, «la regola dell'accomodamento ragionevole, se anche fosse praticabile - ciò che nella fattispecie non è per la mancanza di un conflitto tra diritti -, andrebbe comunque applicata non in astratto ma tenendo sempre conto del contesto concreto, cioè della scuola pubblica italiana, nella quale, come puntualmente rilevato dalla CEDU, ciascuno può esprimere liberamente le proprie convinzioni in materia religiosa, anche mediante l'uso di simboli di altre fedi, e nella quale il docente riveste una posizione di superiorità, sul piano didattico e disciplinare, che gli consente non solo di esprimere sempre, mediante la sua attività di insegnamento, le proprie convinzioni ma anche di imporle di fatto agli studenti, laddove questi ultimi sono in posizione di mera soggezione, esposti al potere valutativo e disciplinare del primo»[26].

 

  1. Crocifisso e autonomia scolastica

 

Dunque, per le Sezioni Unite, la disposizione regolamentare sugli arredi scolastici può diventare - e diventa - compatibile con il nuovo contesto costituzionale nel momento in cui una interpretazione evolutiva tramuti l’obbligo (di esposizione del crocifisso) in una facoltà[27], affidando alle singole comunità scolastiche la decisione circa la presenza dei simboli religiosi nelle proprie aule[28]. In questo modo, però, la Corte ‘prende’ una disposizione normativa (pur fragile nel senso anzidetto ma comunque ancora in vigore), quale quella che regolamenta la presenza o meno nelle scuole del crocifisso, e la ‘consegna’ alla autonomia delle singole istituzioni scolastiche[29], anzi gliela “impone”[30].

Per questo si ritiene che la suddetta interpretazione evolutiva sia, in realtà, un vero e proprio ‘aggiornamento normativo’ adagiato su due direttrici. La prima è quella che trasforma l’imposizione autoritativa della presenza del crocifisso in facoltatività della collocazione, subordinandola, dunque, ad una richiesta degli studenti e cioè ad una richiesta che proviene dal basso, dalla comunità. La seconda direttrice, poi, muove da una posizione di esclusività (solo quel simbolo) in direzione della pluralità dei simboli ispirata ad un universalismo concreto, fondato empiricamente e democraticamente responsivo rispetto alla mutata composizione etnica e quindi anche religiosa della popolazione.

Le ragioni di tale ‘aggiornamento costituzionalmente orientato’ sono, per l’Alto Consesso, da rinvenire nella concezione del principio di laicità inteso quale tutela del pluralismo a sostegno della massima espansione della libertà di tutti secondo criteri di imparzialità e non come indifferenza dello Stato di fronte all’esperienza religiosa. Riprendendo, cioè, l’orientamento espresso in molte occasioni dalla Corte Costituzionale, le Sezioni Unite ribadiscono che la laicità italiana non è ‘neutralizzante’, non nega le peculiarità e le identità di ogni credo né persegue un obiettivo di tendenziale e progressiva irrilevanza del sentire religioso, destinato a rimanere nella intimità della coscienza dell'individuo. Tutt’altro: il concetto di laicità sotteso alle norme costituzionali è, tendenzialmente, inclusivo e aperto (di neutralità) e non escludente (di secolarizzazione): come tale, dunque, riconosce la dimensione religiosa presente nella società e si alimenta della convivenza di fedi e convinzioni diverse.

Sul piano delle coscienze individuali tale concetto si traduce, poi, nel riconoscimento a tutti del pari pregio dei singoli convincimenti etici nella costruzione e nella salvaguardia di una sfera pubblica ove confrontare dialogicamente le varie posizioni presenti nella società pluralista.

Orbene, essendo la scuola pubblica italiana un luogo istituzionale ma anche uno spazio pubblico condiviso, la presenza di simboli religiosi è ivi consentita quando costituisce l’effetto di una scelta che proviene dal basso e descrive ricognitivamente le fedi, le culture e le tradizioni dello Stato-comunità di persone che abita tale spazio, mentre non può essere tollerata se frutto di una determinazione unilaterale del potere pubblico e conseguentemente specchio, in qualche modo, della visione generale dello Stato-istituzione[31].

Ad ulteriore supporto del proprio ragionamento, le Sezioni Unite aggiungono che non rappresenta esercizio della libertà religiosa come posizione giuridica soggettiva degli individui (anche raccolti in formazioni sociali) l’imposizione, per effetto di una scelta del potere pubblico, dell’affissione del crocifisso alle pareti delle scuole pubbliche. Tale imposizione, infatti, non solo non sarebbe esplicazione della libertà religiosa ‘positiva’ della comunità ma violerebbe e comprimerebbe la libertà religiosa ‘negativa’ del non credente, di chi non si riconosce o comunque si sente turbato da tale simbolo.

 

  1. Una questione di metodo

 

A questo punto della sentenza, seguitane attentamente l’argomentazione, ci si aspetterebbe che la soluzione della vicenda processuale consista nella conferma della sanzione disciplinare per l’insegnante dissenziente ed invece così non è.

Infatti, dopo aver ribadito (i) che l’obbligo di esporre il crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche è ancora vigente, (ii) che, se il suddetto obbligo può considerarsi incostituzionale, tale non può considerarsi l’esposizione del crocifisso per volontà della comunità che si raccoglie nell’aula, (iii) che dunque il venir meno dell’obbligo non significa, di per sé, divieto di esposizione del crocifisso ma facoltatività di essa e materia dell’autonomia scolastica, le Sezioni Unite ritengono illegittima la circolare con cui, il 21 ottobre 2008, il dirigente scolastico aveva richiamato i docenti al dovere di rispettare la volontà espressa dagli studenti e, conseguentemente e per derivazione, sanzionano l’invalidità della sanzione disciplinare inflitta al suddetto docente per avere contravvenuto ad essa e rimosso il crocifisso dalla parete dell’aula all’inizio delle sue lezioni per poi ricollocarlo al suo posto alla fine delle medesime[32].

A chi cerchi di seguire il nesso logico tra argomentazione e conclusione della sentenza potrebbe sembrare che questo sia un po’ sfuocato ed effettivamente lo sarebbe se i Giudici non avessero aggiunto un ultimo passaggio relativamente alla necessità, in situazioni del genere, di percorrere la strada del cd. accomodamento ragionevole, ossia la ricerca di una soluzione mite che si articola in scelte da effettuare caso per caso alla luce delle concrete esigenze nei singoli istituti scolastici con la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti e con il metodo della ricerca del più ampio consenso.

Per le Sezioni Unite, si tratta, in sostanza, di una questione di metodo: la soluzione del conflitto tra i diritti degli alunni e quelli del docente non può essere affidata alla semplice prevalenza del gruppo più numeroso[33] né, all’opposto, al potere di veto del singolo. Bisogna, invece, privilegiare un approccio dialogante e tendente ad un consenso condiviso ed al superamento delle posizioni in tensione attraverso, appunto, un ragionevole accomodamento sulle modalità di esposizione del crocifisso – o simbolo sacro –, consentendo, ad esempio, alla libertà negativa del docente dissenziente di incidere sul quomodo della collocazione del simbolo religioso[34].

Nel caso concreto tutto ciò avrebbe dovuto tradursi, secondo i giudici, nella ricerca condivisa e dialogante di una diversa modalità di esposizione del crocifisso, che tenesse conto anche della posizione del docente dissenziente, rimasto asseritamente estraneo al processo deliberativo: si sarebbe potuto, ad esempio, organizzare una diversa collocazione spaziale del crocifisso sulla parete, oppure affiancarlo con altri simboli religiosi o, infine, spostarlo momentaneamente durante la lezione del docente dissenziente. Non avendo, nel caso di specie, il dirigente scolastico percorso la suddetta strada, la sua circolare è valutata illegittima perché non ha tenuto conto del contesto scolastico, considerato nella totalità degli appartenenti ad esso, caratterizzato da una pluralità di fedi e di convinzioni esplicitamente areligiose, violando così il principio di laicità sotteso alla Costituzione italiana.

È stato sottolineato[35] che si può anche convenire sulla ragionevolezza in astratto di alcune di queste soluzioni, che vorrebbero riflettere il carattere sempre più pluralista, multietnico e plurireligioso della società italiana, ma, da quanto si apprende dalla stessa motivazione della sentenza, nessuno dei protagonisti della vicenda le aveva concretamente fatte proprie: non il docente, che si è limitato a rimuovere sistematicamente il crocifisso dalla parete durante la sua lezione, né gli studenti in assemblea di classe e gli altri docenti in consiglio di classe, che non avevano sollevato alcuna obiezione all’affissione del crocifisso in aula richiesta dalla maggioranza degli alunni. Pertanto le summenzionate indicazioni delle Sezioni Unite potrebbero apparire come un'ulteriore imposizione dall'esterno alla comunità scolastica - non da parte del legislatore né del dirigente scolastico ma dei giudici - in contrasto con la tanto conclamata autonomia delle istituzioni scolastiche, che peraltro oggi rappresenta un principio tutelato a livello costituzionale (art. 117, comma 3, Cost.).

 

  1. Conclusioni

 

Come si anticipava, la decisione delle Sezioni Unite in commento suscita non poche perplessità, sia per le contraddizioni presenti nella motivazione sia perché sembra assumere compiti e funzioni che esulano dalle competenze e dal ruolo istituzionale di un organo giurisdizionale.

Essa, infatti, scompone – del tutto arbitrariamente – la previsione normativa relativa all’obbligo di affissione del crocifisso nelle aule della scuola (secondaria) pubblica in due distinte fattispecie, tacciando di incostituzionalità quella, aderente alla norma stessa ed anzi da essa esplicitamente prevista, della obbligatorietà della suddetta esposizione, e conferendo all’autonomia scolastica competenza su quella, estrapolata dalla prima grazie ad un’operazione di ‘interpretazione evolutiva’, della facoltatività della stessa[36].

Orbene, si ritiene che se la pur ‘fragile’ disposizione di cui all’art. 118 del r.d. n. 965/1924 è ancora in vigore, come la stessa sentenza in commento ha dimostrato, se ne debbano trarre tutte le dovute conseguenze non potendosi così conferire all’autonomia scolastica la possibilità di decidere, caso per caso ed in base alle concrete circostanze umane ed ambientali, se affiggere il crocifisso alla parete oppure no. Il crocifisso, infatti, è ancora oggi inserito tra gli arredi delle aule scolastiche e ciò non può essere considerato contrastante con il principio di laicità, sia perché esso è un simbolo passivo, come ricorda la stessa sentenza in commento sulle orme della Grande Camera, sia perché esso, «a parte il significato per i credenti, rappresenta il simbolo della civiltà e della cultura cristiana, nella sua radice storica, come valore universale, indipendentemente da una specifica confessione religiosa», come ha ribadito il Consiglio di Stato nel noto parere n. 63 del 27 aprile 1988. La soluzione cui sono giunte le Sezioni Unite non solo appare contra legem ma rischia anche di alimentare ulteriori e più numerosi conflitti[37], dal momento che essa non pone una regola chiara per la risoluzione di questi ultimi limitandosi a suggerire un approccio dialogante tra le persone coinvolte.

Forse ritenendo che ogni muro spoglio possa rappresentare anche un’occasione sprecata[38], le Sezioni Unite hanno preferito privilegiare questo inedito approccio decisorio, non costretto nella rigida alternativa win-lose[39]ma ispirato a quel “principio della ragion più liquida”[40] che porta ad individuare, caso per caso, soluzioni di accomodamento ragionevole che possano essere un buon compromesso per tutti (o almeno da tutti accettabile)[41].

Certo, pur essendo comprensibili le ragioni di buon senso che hanno spinto i Giudici della Cassazione ad operare in tale direzione, non si può, tuttavia, condividere lo straripamento dai confini e dai parametri fissati dal legislatore, perché un siffatto approccio rischia, da un lato, di esasperare gli animi sia dei credenti sia dei dissenzienti e, dall’altro, di alimentare la confusione su temi molto delicati e particolarmente caldi nell’attuale contesto multiculturale. È stato sottolineato che la soluzione adottata dal collegio, seppure per diversi aspetti apprezzabile, sembra ancora lontana da quella ottimale, che potrà essere raggiunta solo se e quando il legislatore, facendo propria la prospettiva inaugurata nel diritto vivente da questa pronuncia, deciderà di interrompere il proprio irragionevole silenzio e disciplinare per legge la materia[42].

Se, dunque, da un lato,l’auspicio è che sia il legislatore ad intervenire in materia[43], dall’altro lato, è anche auspicabile che, in ossequio a quel concetto di laicità positiva delineato dalle stesse Sezioni Unite, tale intervento non porti all’eliminazione del simbolo, anche per rispetto a chi non solo in quel simbolo ha sempre creduto e continua a credere[44] ma che quel simbolo considera parte integrante della propria storia e della propria cultura[45].

 

Abstract: The judgment deals with the question of the compatibility between the presence of the crucifix, ordered by the school director of a public institute on the basis of a resolution taken by a majority of the class assembly of students, and the (c.d. negative) freedom of teaching and conscience in religious matters to be ensured to every teacher. It establishes that the determination of the school director addressed to all the teachers of the class is in contrast with the principle of the freedom of teaching of the dissenting teacher who wishes to give lessons without being forced into the religious matrix imprinted by the symbol affixed to the wall when it does not conform to the model and method of a ‘dialoguing’ community that seeks together the composition of equal and contrary rights and when it does not express a compromise mediation solution.

 

Keywords: crucifix, reasonable accomodation, public school.

 

 


* Il contributo è stato sottoposto a double blind peer review.

[1] Quello del ragionevole accomodamento è un principio di origine giurisprudenziale secondo il quale nel caso di conflitto tra differenti posizioni soggettive costituzionalmente garantite (come, ad esempio, la libertà religiosa e la tutela della salute o il diritto all’istruzione o il principio di uguaglianza) il giudice deve cercare appunto un accomodamento ragionevole, una mediazione fra una legge astratta e generale e l’esigenza di ammettere una deroga alla stessa. Il principio in esame costituisce quindi una particolare tecnica ermeneutica, un canone interpretativo. La nozione di ragionevole accomodamento emerge in ambito giurisprudenziale negli Stati Uniti quale peculiare visione di un atteggiamento separatista ‘benevolente’ verso il fenomeno religioso, finalizzato inizialmente a offrire risposte di carattere individualizzato alle istanze concernenti l’esercizio della libertà religiosa. In Canada, tale nozione si intreccia con le politiche del multiculturalismo, che costituiscono la «risposta statale alla diversità»; cfr. A. Madera, Il porto di simboli religiosi nel contesto giudiziario, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, 2020, p. 4. Per una minima bibliografia al proposito, cfr. anche E. Bribosia, J. Ringelheim, I. Rorive, Reasonable Accommodation for Religious Minorities: A Promising Concept for European Antidiscrimination Law, in Maastricht Journal for European and Comparative Law Review 17 (2010), pp. 138 ss.; L. Caprara, La rilevanza civile della giurisdizione religiosa. Il caso inglese, Milano, 2019, pp. 29 ss.; D. Ferri, Reasonable Accomodation as a Gateway to the Equal Enjoyment of Human Rights: from New York to Strasbourg, in Social inclusion, 2018, p. 3; Id., La gestione della diversità religiosa: l’esperienza canadese degli accomodamenti ragionevoli, in G. Canobbi (a cura di), Per una città interculturale e interreligiosa, Brescia, 2016, pp. 105 ss.; J. Maclure, L’accomodamento ragionevole e la concezione soggettiva della libertà di coscienza, in Iride 66 (2012), pp. 349 ss.; L. Van Bellingen, L’accommodement raisonnable de la religion dans le secteur public: analyse de cadre juridique belge au regard de l’experience canadienne, in Revue Interdisciplinaire d’Études Juridiques 75 (2015), pp. 221 ss.

[2]Recita la sentenza: «[L]’accomodamento ragionevole […è] frutto ed espressione della laicità come metodo, un metodo in grado di accomunare credenti e non credenti e di far coesistere e dialogare tra loro le diverse fedi e convinzioni attraverso il rifiuto di chiusure dogmatiche contrapposte. Evita sia una decisione basata sulla semplice applicazione della regola di maggioranza sia un potere di veto illimitato concesso al singolo» (19).

[3] N. Colaianni, Il crocifisso di nuovo in Cassazione, p. 18; S. Ferrari, I simboli religiosi nello spazio pubblico, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica 1 (2012), p. 317 ss.

[4] N. Colaianni, Simboli religiosi e processo di mediazione, in www.statoechiese.it 1 (2014); M. Ricca, Dike meticcia. Rotte di diritto interculturale, Soveria Mannelli 2008; Id., Oltre Babele. Codici per una democrazia interculturale, Bari 2008; P. Consorti, Conflitti, mediazione e diritto interculturale, Pisa 2013.

[5]M. Toscano, Il crocifisso 'accomodato'. Considerazioni a prima lettura di Corte cass., Sezione Unite civili, n. 24414 del 2021, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale (www.statoechiese.it) 18 (2021), p. 51.

[6]P. Cavana, Le Sezioni Unite della Cassazione sul crocifisso a scuola: alla ricerca di un difficile equilibrio tra pulsioni laiciste e giurisprudenza europea, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale rivista telematica (www.statoechiese.it) 19 (2021), p. 2.

[7] Ibidem.

[8] Osserva P. Cavana, Le Sezioni Unite della Cassazione sul crocifisso a scuola: alla ricerca di un difficile equilibrio tra pulsioni laiciste e giurisprudenza europea, cit., p. 21: «… la rimozione del crocifisso, ripetutamente attuata dal docente, non poteva certo qualificarsi come esercizio di autotutela – che, come precisato dalla stessa Cassazione, richiede una lesione dei diritti fondamentali del pubblico dipendente – ma semplicemente come un abuso di autorità, che sembra evocare anche un certo dogmatismo di matrice laicista».

[9] Cfr., tra gli altri, P. Cavana, “A chiare lettere – Confronti”. Il crocifisso davanti alle Sezioni Unite della Cassazione: difesa di diritti o accanimento iconoclasta?, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale – rivista telematica (www.statoechiese.it) 14 (2021), p. 61; M. Toscano, Crocifisso nelle aule scolastiche: una fattispecie inedita al vaglio delle Sezioni Unite, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica 3 (2020), pp. 887 ss. Puntualizza, però, al proposito A. Licastro, Il crocifisso e i diritti del lavoratore nell’ambiente scolastico (aspettando le Sezioni Unite della Cassazione), in Stato, Chiese e pluralismo confessionale – rivista telematica (www.statoechiese.it) 7 (2021), p. 40, nt. 8, che non è la prima volta che a contestare la presenza del crocifisso in aula sia un insegnante; cfr. anche N. Fiorita, La resistibile ascesa di un simbolo religioso: storia recente del crocefisso, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica 1 (2006), pp. 231 ss.; Id., Se Terni non è Valladolid, in www.forumcostituzionale.it (6 luglio 2009), p. 1, il quale sottolinea che, sin dall’inizio, l’azione proposta dall’insegnante presentava «alcuni profili molto originali e di sicuro interesse».

[10] Negli anni Ottanta era stato investito della questione il Pretore di Roma (cfr. decisione del 28 aprile 1986 pubblicata in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 1986, II, pp. 429 ss.).

[11] Cfr., principalmente, Cons. St., Sez. II, par. 27 aprile 1988 n. 63, in Cons. stato, 1992, I, 507 ss.; Tar Veneto, Sez. I, ord. 14 gennaio 2004 n. 56, in Foro it., 2004, III, pp. 235 ss.; Tar Veneto, Sez. III, 22 marzo 2005 n. 1110, in Foro it., 2005, III, pp. 329 ss., con nota di N. Fiorita; Cons. St., Sez. VI, dec. 13 febbraio 2006 n. 556, in Foro it., 2006, III, pp. 181 ss., con nota di A. Travi; Cons. St., Sez. II, par. 15 febbraio 2006 n. 4575/03 e 2482/04, in Giurisdizione amministrativa I (2006), pp. 329 ss.; Tar Lombardia (Brescia), 15 luglio 2006 n. 203, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica 3 (2006), p. 783 (solo massima).

[12] A. Licastro, Il crocifisso e i diritti del lavoratore nell’ambiente scolastico (aspettando le Sezioni Unite della Cassazione), in Stato, Chiese e pluralismo confessionale – rivista telematica (www.statoechiese.it) 7 (2021), pp. 36-37.

[13] In commento cfr., ex plurimis, P. Cavana, “A chiare lettere – Confronti”. Il crocifisso davanti alle Sezioni Unite della Cassazione: difesa di diritti o accanimento iconclasta?, cit., p. 61 ss.; A. Licastro, Il crocifisso e i diritti del lavoratore nell’ambiente scolastico (aspettando le Sezioni Unite della Cassazione, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale – rivista telematica (www.statoechiese.it) 7 (2021); M. Toscano, Crocifisso nelle aule scolastiche: una fattispecie inedita al vaglio delle Sezioni Unite, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica 3 (2020), pp. 887 ss.

[14] Tra i numerosi commenti pubblicati si segnalano: F. Alicino, Il crocifisso nelle aule scolastiche alla luce delle Sezioni Unite 24414/2021. I risvolti pratici della libertà, in www.diritticomparati.it, 11 novembre 2021, p. 1 ss.; P. Cavana, Le Sezioni Unite della Cassazione sul crocifisso a scuola: alla ricerca di un difficile equilibrio tra pulsioni laiciste e giurisprudenza europea, cit.; N. Colaianni, Dal “crocifisso di Stato” al “crocifisso di classe” (nota a margine di Cass., SS. UU., 9 settembre 2021, n. 24414) in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, cit., 17 (2021), p. 17 ss.; P. Dubolino, Sezioni Unite e crocifisso: perché il “ragionevole accomodamento” non convince, in www.centrostudilivatino.it, 16 settembre 2021;  A. Licastro, Crocifisso “per scelta”. Dall’obbligatorietà alla facoltatività dell’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche (in margine a Cass. Civ., sez. un., ord. 9 settembre 2021, n. 24414, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale – rivista telematica (www.statoechiese.it) 21 (2021), p. 1 ss.; M. Ganarin, Ancora su Cassazione e crocifisso, fra laicità e reasonable accomodation, in www.centrostudilivatino.it, 25 settembre 2021; A. Salvi, Sezioni Unite e crocifisso: perplessità sulla regola del caso per caso, ivi, 15 settembre 2021; I. Spadaro, Il problema dell’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche nella sentenza n. 24414/2021 delle Sezioni Unite civili, in www.diritticomparati.it, 11 novembre 2021, p. 1 ss.; M. Toscano, Il crocifisso 'accomodato'. Considerazioni a prima lettura di Corte cass., Sezioni Unite civili, n. 24414 del 2021, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, cit., 18 (2021), p. 45 ss.

[15] Pur sottolineando che la fonte di tale obbligo è «affidata ed appesa ad un quadro normativo fragile» per due ordini di fattori: formale l’uno, essendo detta esposizione prevista da regolamenti (ed in particolare dall’art. 118 del r.d. n. 965/1924 e dall’art. 119 del r.d. 1297/1928) che includono il crocifisso tra gli arredi scolastici; temporale l’altro, essendo la disciplina in questione risalente all’epoca precostituzionale e dunque ad un periodo segnato dal confessionismo di Stato e da una struttura fortemente accentrata e autoritaria dello Stato stesso.

[16]Come, del resto, era stato affermato dalla stessa Corte costituzionale (ord. 13-15 dicembre 2004, n. 389) quando, investita del dubbio di legittimità della normativa che dispone l’obbligatorietà dell’esposizione del crocifisso nelle scuole pubbliche sotto il profilo della compatibilità con il principio supremo di laicità dello Stato, aveva dichiarato l’inammissibilità della questione in ragione sia della natura regolamentare dei testi che prescrivono detta presenza, sia della insussistenza di qualsiasi rapporto di integrazione e specificazione, ai fini dell'oggetto del quesito di costituzionalità proposto, fra le due menzionate legislazioni e le disposizioni regolamentari (10).Va segnalato che gode di un certo seguito l’opinione secondo cui la Corte costituzionale avrebbe potuto addentrarsi nell’esame del merito sulla scorta di fondamenti giuridici altrettanto validi e che, pertanto, sarebbe lecito considerare «come una vera e propria scelta la decisione di non decidere»: cfr. N. Fiorita, La resistibile ascesa di un simbolo religioso: storia recente del crocefisso, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 1 (2006), p. 236 e, in termini quasi identici, M. C. Folliero, Multiculturalismo e aconfessionalità. Le forme odierne del pluralismo e della laicità, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale – rivista telematica (www.statoechiese.it) marzo 2007, p. 11; N. Fiorita e L. Zannotti, La Corte in Croce, in Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose, dicembre 2004, p. 1; A. G. Chizzoniti, Identità culturale e religiosa degli italiani ed esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche. La Corte costituzionale si interroga, ma non si espone, ibidem, dicembre 2004; A. De Oto, Simboli religiosi nella Pubblica Amministrazione: l’inesauribile vicenda del crocifisso, in AA.VV., Simboli e comportamenti religiosi nella società plurale, Napoli, 2006, pp. 199 ss., sul punto p. 201 e p. 213. Si veda anche B. Randazzo, Laicità «positiva» e crocifisso nelle aule scolastiche: incostituzionalità dell’obbligo di esposizione e incostituzionalità dell’obbligo di rimozione, in Quaderni costituzionali, IV (2004), pp. 841 ss., spec. p. 842; A. Pugiotto, Sul crocifisso la Corte costituzionale pronuncia un’ordinanza pilatesca, in Forum di Quaderni costituzionali, cit. (e, con altro titolo, in Diritto e giustizia, III [2005], pp. 80 ss.). Contra, S. Lariccia, Garanzie e limiti della giustizia italiana per l’attuazione del principio di laicità, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, dicembre 2004, e G. Casuscelli, Il crocifisso nelle scuole: neutralità dello Stato e «regola della precauzione», in Il diritto ecclesiastico, I (2005), pp. 514 ss.; quest’ultimo Autore sarebbe incline ad attribuire intenti elusivi e “pilateschi” non già alla Corte costituzionale bensì al Tar Veneto che, ritenuta l’incostituzionalità della normativa in questione, avrebbe potuto disapplicarla in prima istanza evitando di investire il Giudice delle leggi di una questione evidentemente inammissibile. In senso conforme C. Martinelli, La questione del crocifisso tra esperienza giurisprudenziale e intervento parlamentare, in E. Dieni, A. Ferrari e V. Pacillo (a cura di), I simboli religiosi tra diritto e culture, Milano 2006, pp. 147 ss., spec. p. 157.

[17] Di “numerose contraddizioni” parla anche P. Cavana, Le Sezioni Unite della Cassazione sul crocifisso a scuola: alla ricerca di un difficile equilibrio tra pulsioni laiciste e giurisprudenza europea, cit., p. 123,  che le attribuisce al fatto che la sentenza sia stata «redatta forse in modo affrettato e senza adeguato approfondimento».

[18] Come opportunamente sottolinea P. Cavana, “A chiare lettere – Confronti”. Il crocifisso davanti alle Sezioni Unite della Cassazione: difesa di diritti o accanimento iconoclasta?, cit., 64, tale precedente storico dimostrerebbe che tale simbolo «interroga da sempre in modo trasversale cattolici e laici e che la sua presenza nella scuola pubblica non è attualmente imposta da alcuna norma confessionale o concordataria ma riflette una tradizione diffusa nel nostro paese che supera barriere confessionali e ideologiche».

[19] Al proposito sia permesso richiamare la citata ordinanza n. 389 del 2004 laddove si dà atto che “la difesa del Presidente del Consiglio sostiene che […] le norme regolamentari richiamate dal remittente non stabiliscono alcun obbligo di esposizione del Crocifisso, e che, in assenza di un obbligo legale di esposizione, il problema sarebbe quello di verificare se le norme costituzionali consentano l’esposizione di quel simbolo del cattolicesimo” (mio il corsivo). La Corte costituzionale ha, però, “evita[to] di esprimersi” su questa tesi dell’Avvocatura: così F. Rimoli, La Corte, la laicità e il crocifisso, ovvero di un appuntamento rinviato, in Giurisprudenza costituzionale, 6 (2004), p. 4303. Reputa che le norme regolamentari si limitino a prevedere «il Crocifisso tra gli oggetti facenti parte dell’”arredamento” delle classi delle scuole (rispettivamente) medie ed elementari», senza disporne l’esposizione e senza dire nulla “sul quando e sul dove, all’interno dell’aula scolastica, vada collocato”, G. D’Elia, Il Crocifisso nelle aule scolastiche, in Forum di Quaderni costituzionali, 28 novembre 2009, p. 2 e p. 7.

[20]P. Cavana, Le Sezioni Unite della Cassazione sul crocifisso a scuola: alla ricerca di un difficile equilibrio tra pulsioni laiciste e giurisprudenza europea, cit., p. 7. L’A., del tutto condivisibilmente, si oppone anche alla rappresentazione della regola di maggioranza come oppressiva delle minoranze: «ferma la tutela dei diritti fondamentali e del principio di eguaglianza davanti alla legge, che vieta ogni forma di discriminazione, la regola della maggioranza è l'anima della democrazia, che tutti devono accettare come regola prima di ogni forma di pacifica convivenza civile. E se così non fosse si dovrebbe supporre che tutte le leggi votate dal Parlamento siano oppressive perché frutto inevitabile dell'applicazione della regola della maggioranza. Senza parlare delle stesse decisioni di un collegio di giudici, come le stesse sezioni unite, ove spesso si decide il destino di persone di patrimoni, che sono sempre prese a maggioranza dei loro componenti».

[21] M. Toscano, p. 61.

[22] Ibidem. L’A. sottolinea i principi-valori che definiscono la forma di Stato e di governo si pongono quale coscienza ordinamentale che, come tutte le coscienze, non tollera eccezioni, nemmeno per venire incontro alla volontà concertata dei portatori di interesse. Al proposito, P. Cavana, Le Sezioni Unite della Cassazione sul crocifisso a scuola: alla ricerca di un difficile equilibrio tra pulsioni laiciste e giurisprudenza europea, cit., p. 8, chiarisce anche che la motivazione della sentenza sembra fare un po’ di confusione parlando a volte di conflitto e bilanciamento di diritti altre volte di conflitto e bilanciamento di valori. Giuridicamente i giudici avrebbero dovuto pronunciarsi sul conflitto tra diritti precisi e determinati o tra interessi di pari rilevanza costituzionale e non su un conflitto tra valori «che, come noto, sono entità di natura soggettiva e arbitraria, strettamente dipendenti dalle convinzioni e ideologie e professate a livello individuale e/o collettivo e di cui si dovrebbe discutere a livello politico e nelle aule parlamentari, non in quelle giudiziarie. Sui rischi, a livello legislativo e soprattutto giudiziario, di una “tirannia dei valori”, che hanno natura soggettiva e carattere tendenzialmente assoluto, refrattario a ogni forma di mediazione o compromesso con altri valori, l’A. da ultimo citato richiama C. Schmitt, La tirannia dei valori. Riflessioni di un giurista sulla filosofia dei valori, Milano 2008.

[23] P. Cavana, Le Sezioni Unite della Cassazione sul crocifisso a scuola: alla ricerca di un difficile equilibrio tra pulsioni laiciste e giurisprudenza europea, cit., p. 8.

[24] In questo caso, invece, l'accomodamento viene introdotto addirittura contra legem, forzando il tenore della disposizione ben al di là del suo significato.

[25] M. Toscano, Il crocifisso 'accomodato'. Considerazioni a prima lettura di Corte cass., Sezione Unite civili, n. 24414 del 2021, cit., p. 61.

[26]P. Cavana, Le Sezioni Unite della Cassazione sul crocifisso a scuola: alla ricerca di un difficile equilibrio tra pulsioni laiciste e giurisprudenza europea, cit., p. 20.

[27] Osserva sempre P. Cavana, Le Sezioni Unite della Cassazione sul crocifisso a scuola: alla ricerca di un difficile equilibrio tra pulsioni laiciste e giurisprudenza europea, cit., p. 5, che «si potrebbe osservare che il ricorso al principio di laicità dello Stato, come declinato dai giudici in quello della distinzione degli ordini e dell’equidistanza dello Stato rispetto a tutte le religioni, farebbe presumere l'esclusione assoluta del crocifisso, in quanto simbolo religioso, dalla scuola pubblica». In tal senso anche G. Disegni, La Cassazione e il crocifisso, un infelice compromesso, in https://moked.it/blog/2021/09/10/la-cassazione-e-il-crocifisso-un-infelice-compromesso/ (ultimo accesso 2 gennaio 2022).

[28] In dottrina, nella prospettiva della valorizzazione delle decisioni degli organi di autonomia scolastica, si era già espresso, in particolare, R. Botta, L’esposizione del crocifisso tra “non obbligo” e divieto, in Corriere giuridico, 8 (2005), p. 1077; Id., Simboli religiosi ed autonomia scolastica, ivi, 2004, n. 2, p. 242. Cfr. pure L. Pedullà, Il crocifisso, simbolo di valori civili: “scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani”, in Politica del diritto, 2 (2006), p. 337 ss. (cit. a p. 342 s.) - il quale si rifà al novellato art. 117 Cost., alla luce del quale la questione dell’esposizione del crocifisso sarebbe oggi “rimessa all’autonomia scolastica che ha ormai assunto rango costituzionale” - nonché, con varietà di accentuazioni, fra gli altri, B. Randazzo, Laicità “positiva” e crocifisso nelle aule scolastiche: incostituzionalità dell’obbligo di esposizione e incostituzionalità dell’obbligo di rimozione, cit., p. 843; M. Canonico, Il Crocifisso nelle aule scolastiche: una questione ancora aperta, in Il Diritto ecclesiastico, I (2004), p. 259 ss., e M. Pacini, La Cedu e il crocifisso nelle aule scolastiche, in Giornale di diritto amministrativo, 8 (2011), p. 859.

[29] Cfr. Cass. Civ., sez. un., sent. 14 marzo 2011, n. 5924 (caso Tosti), ove i giudici ritennero infondata la tesi secondo cui “il rifiuto del ricorrente di tenere udienza poteva ritenersi giustificato dalla mancata autorizzazione a esporre nelle aule giudiziarie la menorah, simbolo della religione ebraica. Per poter accogliere tale pretesa è infatti necessaria una scelta discrezionale del legislatore, che allo stato non sussiste. È vero infatti che sul piano teorico il principio di laicità è compatibile sia con un modello di equiparazione verso l’alto (laicità per addizione) che consenta a ogni soggetto di vedere rappresentati nei luoghi pubblici i simboli della propria religione, sia con un modello di equiparazione verso il basso (laicità per sottrazione). Tale scelta legislativa, però, presuppone che siano valutati una pluralità di profili, primi fra tutti la praticabilità concreta e il bilanciamento dell’esercizio della libertà religiosa da parte degli utenti di un luogo pubblico con l’analogo esercizio della libertà religiosa negativa da parte dell’ateo o del non credente, nonché il bilanciamento tra garanzia del pluralismo e possibili conflitti tra una pluralità di identità religiose tra loro incompatibili” (6.6). In questo senso cfr. da ultimo A. Masotti, Crocifisso, il giurista Vari: nella sentenza della Cassazione aspetti positivi e anche ombre, 10 settembre 2021, in https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2021-09/sentenza-cassazione-crocifisso-scuola-cristianesimo-costituzione.html (ultimo accesso 27 dicembre 2021).

[30] Sottolinea, tra l’altro, P. Cavana, Le Sezioni Unite della Cassazione sul crocifisso a scuola: alla ricerca di un difficile equilibrio tra pulsioni laiciste e giurisprudenza europea, cit., p. 15, che «[i]mporre alla scuola la regola della reasonable accomodation nei dettagliati termini indicati dalla sentenza, in assenza di questo necessario presupposto ossia della esistenza di una lesione reale o anche solo potenziale di diritti o interessi costituzionalmente rilevanti, equivale a disattendere di fatto la pronuncia della Corte europea e comporta una violazione del principio dell'autonomia scolastica, se non addirittura una indebita interferenza nelle attribuzioni del legislatore, visto che appena qualche anno fa (2011) le stesse Sezioni Unite della Cassazione avevano affermato, in relazione alla discussa questione dell'affissione del crocifisso nelle aule giudiziarie, pure prevista da una fonte regolamentare, che spettasse solo al legislatore l'opzione in materia tra una laicità per sottrazione (rimozione di ogni simbolo religioso) o una laicità per addizione (aggiunta di altri simboli religiosi accanto al crocifisso)…. sembra senz'altro possibile affermare che talvolta l'accomodamento ragionevole possa essere il metodo (se non ideale, quantomeno) migliore per comporre conflitti legati alle differenze di identità, religiosa così come culturale; questo può certamente valere con riferimento all'ambiente scolastico, nel quale, più che altrove, le identità si plasmano e si alimentano del confronto reciproco nel loro definirsi. Tuttavia esso non può diventare un metodo di applicazione generale a prescindere da una base legale: in particolare, laddove il sistema richiede l'attribuzione di diritti questi devono essere innanzitutto riconosciuti dal legislatore nel quadro di una disciplina essenziale - sommaria, se si vuole - della materia, senza costringere i potenziali titolari a vederli realizzati solo all'esito di un processo di mediazione».

[31] «La scuola pubblica non ha e non può avere un proprio credo da proporre, non ha fede da difendere, né un agnosticismo da privilegiare ma è un luogo aperto che favorisce l’inclusione e promuove l’incontro di diverse religioni e convinzioni filosofiche. Anche altri simboli, nati come religiosi ed esterni alla identità tradizionale del Paese, sono suscettibili di diventare nella scuola pubblica aperta a tutti simboli culturali di integrazione. Anzi, l’aggiunta di simboli delle varie religioni non solo pone le varie religioni sullo stesso piano ma insegna anche agli studenti che è fondamentale il rispetto reciproco delle varie fedi religiose» (13.2).

[32] In ulteriore contraddizione con l’accoglimento della censura con la quale il ricorrente denunciava la violazione e falsa applicazione degli art. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 Cost. e del principio costituzionale supremo di laicità dello Stato, le Sezioni Unite respingono i motivi con i quali il ricorrente sosteneva che il provvedimento dirigenziale avesse violato la sua libertà (negativa) di religione e lo avesse discriminato; M. Toscano, Il crocifisso 'accomodato'. Considerazioni a prima lettura di Corte cass., Sezione Unite civili, n. 24414 del 2021, cit., p. 49, parla di una «tensione interna che anima l’intera pronuncia e che rende arduo rinvenirvi un’unica, diritta, linea di coerenza».

[33] «Privilegiare un approccio dialogante rivolto alla ricerca, in concreto, di una pratica concordanza con il più ampio consenso significa non appiattirsi su una logica maggioritaria, dove i molti scelgono e decidono e i pochi soccombono: una logica che, anziché accogliere, con uno sforzo di sintesi e di mediazione, identità diverse su un piano di parità considera sic et simpliciter decisiva la volontà manifestata dalla maggioranza che si sia espressa a favore di una delle due opzioni in campo» (20). In realtà al proposito si concorda con P. Cavana, “A chiare lettere – Confronti”. Il crocifisso davanti alle Sezioni Unite della Cassazione: difesa di diritti o accanimento iconoclasta?, cit., 65, quando sottolinea che «sull’argomento della decisione presa a maggioranza dagli alunni […], è facile rispondere con la CEDU che la presenza del crocifisso non lede i diritti di alcuno poiché non esige ossequio né impone a chicchessia, tanto meno al docente, alcun comportamento sia di carattere commissivo che omissivo».

[34]Nel percorso delle Sezioni Unite l'accomodamento ragionevole è impiegato come metodo che si coniuga bene con il principio di laicità “all'italiana”, non indifferente ma aperta ed inclusiva, dialogante; cfr. N. Colaianni, Il crocifisso di nuovo in Cassazione, cit., p. 4 ss.

[35]P. Cavana, Le Sezioni Unite della Cassazione sul crocifisso a scuola: alla ricerca di un difficile equilibrio tra pulsioni laiciste e giurisprudenza europea, cit., p. 7.

[36] Sottolinea M. Toscano, Il crocifisso 'accomodato'. Considerazioni a prima lettura di Corte cass., Sezione Unite civili, n. 24414 del 2021, cit., p. 56, che l'originaria portata della disposizione viene superata e stravolta, sia perché la presenza del crocifisso non è più automatica ma viene condizionata all'esperimento di un confronto mediato che segue i criteri dell'accomodamento ragionevole, sia perché “c'è ora spazio per una interpretazione estensiva [sarebbe forse meglio dire analogica] in direzione della pluralità dei simboli”.

[37] Tra l’altro, come afferma sempre M. Toscano, Il crocifisso 'accomodato'. Considerazioni a prima lettura di Corte cass., Sezione Unite civili, n. 24414 del 2021, cit., p. 52, in un contesto, quale quello della scuola pubblica, in cui, «in questa materia la conflittualità è molto minore di quanto si potrebbe immaginare leggendo le sentenze e i commenti di dottrina intorno alla nostrana “piccola guerra dei crocifissi” (Così F. Margiotta Broglio, Il fenomeno religioso nel sistema giuridico dell’Unione Europea, in F. Margiotta Broglio, C. Mirabelli, F. Onida, Religioni e sistemi giuridici. Introduzione al diritto ecclesiastico comparato, Bologna 1997, p. 87 ss., spec. p. 229)».

[38] M. Toscano, Perché temere il muro bianco? Scuola, libera formazione della coscienza e principio di neutralità, in Stato, Chiese e pluralismo religioso, cit., 3 (2019) p. 246 dove, però si immaginava, come unica alternativa legittima (oltre che preferibile) rispetto al “muro bianco”, una soluzione per certi aspetti (non secondari) diversa da quella fornita dalle Sezioni Unite.

[39]M. Toscano, Il crocifisso 'accomodato'. Considerazioni a prima lettura di Corte cass., Sezione Unite civili, n. 24414 del 2021, cit., p. 52.

[40] N. Colaianni, Il crocifisso di nuovo in Cassazione, cit., p. 18.

[41]«Lo hanno potuto fare, tuttavia, con il limitato armamentario del giudice che, anche qualora concepisca il proprio ruolo in modo estensivo (seppure con “prudenza mite” [8]), non può (e non dovrebbe aspirare a) sostituirsi al legislatore. Per intraprendere questa nuova via è stato quindi necessario esordire con una forzatura, affermando la possibilità di reinterpretare l'articolo 118 del r.d. n. 965 in modo conforme a Costituzione. Si tratta, a parere di chi scrive, di un'operazione ardua e financo azzardata, poiché riconduce alla portata della norma un significato - la possibilità che il crocifisso sia esposto all'esito di un procedimento di mediazione “accomodante” - incompatibile sia con il suo tenore letterale sia con la sua ratio»; M. Toscano, Il crocifisso 'accomodato'. Considerazioni a prima lettura di Corte cass., Sezione Unite civili, n. 24414 del 2021, cit., p. 52.

[42] La definisce una soluzione subottimale M. Toscano, Il crocifisso 'accomodato'. Considerazioni a prima lettura di Corte cass., Sezione Unite civili, n. 24414 del 2021, cit., p. 47. L’A. spiega: «La soluzione fornita dalle Sezioni Unite pare quindi, tutto considerato, una soluzione valida, seppure raggiunta al prezzo di (non piccole) concessioni sul terreno del rigore giuridico. Tuttavia non è, e non può essere, la soluzione ottimale. Non lo è perché, seppur indirizzando la materia in una prospettiva ragionevole, lascia alcune questioni risolte. Innanzitutto, se con l'approdo uniformante del muro bianco si sarebbe ottenuta quantomeno un'omogenea protezione, su tutto il territorio nazionale, dei medesimi interessi, con la scelta della mediazione accomodante sorgono problemi inediti; a tacer d'altro: a chi compete il ruolo di mediazione? Con quali modalità si svolge il procedimento e quali poteri ha il mediatore? Come gestire le situazioni in cui, magari per fattori di condizionamento ambientale o interpersonale, alcune delle parti in causa possano contare su un potere negoziale sensibilmente superiore a quello altrui? Al contempo, la ricetta fornita dalle Sezioni Unite non può essere quella ottimale perché, come in tutti i casi in cui gli ostinati silenzi del legislatore conducono il giudice a intervenire oltrepassando la sfumata linea di confine che separa l'interpretazione del diritto dalla sua creazione, anche in questa occasione la via segnata dalla giurisprudenza non può essere una via piana. Resto quindi convinto che in questa materia, nonostante la sentenza comodante della Cassazione, sia ancora necessario un intervento del legislatore, oggi se vogliamo reso più agevole perché si muoverebbe su un terreno in qualche modo già arato dalla Suprema Corte»; ivi, p. 67. Ciò vale, a maggior ragione, se si considera con la via della produzione legislativa come strada maestra per “attuare una laicità autenticamente democratica” (anche, se si vuole, del portato di metodo dal quale si dipana l'intero percorso motivazionale della sentenza in esame): cfr. S. Domianello, La rappresentazione dei valori nei simboli: un'illusione che alimenta ipocrisia e  fanatismo, in M. Parisi (a cura di), Simboli e comportamenti religiosi nella società globale, Napoli 2006, p. 17 ss.

[43] In senso favorevole a una soluzione legislativa della questione, oltre agli Autori già citati, cfr. anche S. Ceccanti, E se la corte andasse in Baviera?, e M. Cartabia, Il crocifisso e il calamaio, cit.; N. Colaianni, Il crocifisso di nuovo in Cassazione, cit., p. 15, il quale esclude che “per quanto prezioso, [il] pluralismo spontaneo” che caratterizza molte comunità scolastiche in Italia possa prescindere da una legge regolatrice della materia; A. Licastro, Il crocifisso, cit., p. 67, che, poco prima della decisione delle Sezioni Unite auspicava «aggiornamenti normativi che possono mutare tale quadro e sciogliere i dubbi oggi esistenti»; C. Pinelli, Esposizione Del crocifisso nelle aule scolastiche e libertà di religione, in Osservatorio sul rispetto dei diritti fondamentali in Europa (www.europeanrights.eu), 10 maggio 2011.

[44] Osserva P. Cavana, Le Sezioni Unite della Cassazione sul crocifisso a scuola: alla ricerca di un difficile equilibrio tra pulsioni laiciste e giurisprudenza europea, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, cit., p. 23: «sorprende anche il curioso atteggiamento di alcuni commentatori, sempre pronti a stracciarsi le vesti per la (doverosa) tutela della libertà di coscienza dei non credenti e in questo caso invece assertori della sostanziale irrilevanza della questione, come se la libertà in materia religiosa avesse un peso diverso a seconda che sia fatta valere da credenti o da non credenti».

[45] Osserva ancora P. Cavana, Le Sezioni Unite della Cassazione sul crocifisso a scuola: alla ricerca di un difficile equilibrio tra pulsioni laiciste e giurisprudenza europea, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, cit., p. 23: «… a me pare che le numerose contraddizioni di questa pronuncia, redatta forse in modo affrettato e senza adeguato approfondimento, siano tali da rendere a questo punto auspicabile un intervento del legislatore sulla delicata questione che recepisca i principi affermati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo (sent. Lautsi) , come è sempre accaduto in altri ambiti, e consenta poi eventualmente alla nostra Corte costituzionale, giudice dei diritti, di pronunciarsi in merito. Con una decisione che, tenendo conto delle istanze della comunità scolastica, renda finalmente giustizia ha un simbolo che più di qualsiasi altro incarna le migliori tradizioni - di profonda umanità e solidarietà - del nostro paese, al di là di ogni differenza di credo e che hai ispirato nel corso dei secoli le più alte espressioni dello spirito e dell'arte italiane»

Sammassimo Anna



Download:
5 Sammassimo.pdf
 

Array
(
    [acquista_oltre_giacenza] => 1
    [can_checkout_only_logged] => 0
    [codice_fiscale_obbligatorio] => 1
    [coming_soon] => 0
    [disabilita_inserimento_ordini_backend] => 0
    [fattura_obbligatoria] => 1
    [fuori_servizio] => 0
    [has_login] => 1
    [has_messaggi_ordine] => 1
    [has_registrazione] => 1
    [homepage_genere] => 0
    [homepage_keyword] => 0
    [insert_partecipanti_corso] => 0
    [is_login_obbligatoria] => 0
    [is_ordine_modificabile] => 1
    [libro_sospeso] => 0
    [moderazione_commenti] => 0
    [mostra_commenti_articoli] => 0
    [mostra_commenti_libri] => 0
    [multispedizione] => 0
    [pagamento_disattivo] => 0
    [reminder_carrello] => 0
    [sconto_tipologia_utente] => carrello
    [scontrino] => 0
    [seleziona_metodo_pagamento] => 1
    [seleziona_metodo_spedizione] => 1
)

Inserire il codice per attivare il servizio.