Victim’s role and restorative justice in special reward proceedings

Ruolo della persona offesa e giustizia riparativa nei procedimenti speciali premiali

24.02.2022

Bartolomeo Romanelli

Assegnista di ricerca in Diritto processuale penale,

Università degli Studi di Milano - Bicocca

 

Ruolo della persona offesa e giustizia riparativa

nei procedimenti speciali premiali*  

 

English title:Victim’s role and restorative justice

in special reward proceedings

 

DOI: 10.26350/18277942_000067

 

Sommario: 1. Giustizia riparativa e riti speciali tradizionali: le ragioni di un’assenza. 2. Riflessi applicativi: il patteggiamento. 3. (Segue): il giudizio abbreviato. 4. (Segue): il procedimento per decreto. 5.Riconoscimento dell’offeso e deflazione processuale: la prospettiva della mutua esclusione. 6. La prospettiva dell’integrazione e la messa alla prova per adulti. 7. Snodi problematici nella costruzione di procedimenti speciali restorative. Il dissenso dell’offeso. 8. (Segue): riconoscimento degli elementi essenziali del caso e garanzie difensive. 9. (Segue): il fattore tempo. 10. Riflessioni conclusive alla luce della legge delega in materia di efficienza del processo penale e giustizia riparativa.

 

1. Giustizia riparativa e riti speciali tradizionali: le ragioni di un’assenza

 

La restorative justice – come definita dalle fonti sovranazionali di hard law[1]  e di soft law[2] – non è in sé riconducibile al paradigma della giustizia negoziata[3].

La prima privilegia una risposta all’illecito diversa dalla tradizionale sanzione afflittiva, in termini di ricomposizione del conflitto scaturito nel reato, mediante un percorso dialogico auspicabilmente destinato a sfociare in prestazioni lato sensu riparatorie[4].

Il paradigma della negotiated justice, per converso, si colloca interamente nel sistema penale tradizionale: in un’«ottica puramente efficientistica», si persegue la «finalità endo-processuale di riuscire a far sopravvivere il modello penale classico stato-centrico», mediante uno sfoltimento del carico giudiziario. La premialità processuale è il corrispettivo della rinuncia alle garanzie proprie del giudizio, non richiedendo necessariamente un momento dialogico con l’offeso o la collettività[5].

Il che non esclude la possibile ibridazione tra i due modelli[6]: il riferimento è all’ingresso di momenti di confronto e riparazione nei procedimenti speciali, come condizione unica o alternativa di accesso al rito, o come contenuto di forme di probation per l’imputato.

Si tratta tuttavia di una strada allo stato trascurata dal legislatore interno, almeno per quanto attiene ai tradizionali riti speciali deflattivi del dibattimento (giudizio abbreviato, patteggiamento e procedimento per decreto).

La scelta è condizionata da due fattori, l’uno di ordine sovranazionale, l’altro di ordine interno.

Sotto il primo profilo, fa difetto un vincolo sovranazionale all’introduzione nell’ordinamento interno di forme di giustizia riparativa. Da un lato, infatti, le fonti generali delle Nazioni Unite e del Consiglio d’Europa in materia di restorative justice non hanno valenza cogente. Dall’altro lato, nessun obbligo è disceso dalla legislazione eurounitaria. Come espressamente chiarito dalla Commissione europea[7], non fa eccezione la direttiva 2012/29/UE, che reca uno statuto minimo dei diritti della vittima nel processo penale e nei restorative justice programs[8]. In effetti, la direttiva manifesta un’«apertura condizionata»[9] alla restorative justice, che deve perseguire l’esclusivo interesse della vittima (art. 12 §1 lett. a))[10], onde evitare effetti di vittimizzazione secondaria (cons. 46).

Sotto il secondo profilo, l’assenza di spazi di dialogo con l’offeso è coerente con la sua marginalizzazione nei riti speciali deflattivi del dibattimento[11], avallata da una risalente elaborazione della Corte costituzionale.

Nella visione del giudice delle leggi, la persona offesa è infatti portatrice di un duplice interesse:quello al risarcimento del danno, esercitato a mezzo di costituzione di parte civile, e quello all’affermazione della penale responsabilità, «che si esercita mediante un’attività di supporto e di controllo dell’operato del pubblico ministero»[12].

Per un verso, tuttavia, la costituzione di parte civile non è oggetto di garanzia costituzionale, potendo dunque essere esclusa dal legislatore ordinario, purché non irragionevolmente[13]. Né risulta leso il diritto d’azione, potendo la pretesa risarcitoria essere veicolata in sede civile[14], in linea con il favor separationis del codice di rito.

In questa prospettiva, la «massima semplificazione nello svolgimento del processo», mediante l’instaurazione di un rito speciale deflattivo del dibattimento, costituirebbe un’idonea ratio giustificatrice dell’impossibilità di costituzione di parte civile, o dell’estromissione della parte civile costituita[15]. D’altro canto, non si potrebbe nemmeno subordinare l’accesso al rito alla «determinazione meramente potestativa della persona offesa, che non riveste la qualità di parte»[16].

Per altro verso, l’interesse penalistico dell’offeso sarebbe comunque soddisfatto, salvo casi-limite[17], dall’emanazione di pronunzie equiparate alla condanna[18], ancorché emesse all’esito di procedimenti speciali in cui egli non abbia potuto interloquire.

 

2. Riflessi applicativi: il patteggiamento

 

Su questo fondamento teorico, la disciplina codicistica dei procedimenti speciali premiali è accomunata dall’assunto dell’insussistenza di interessi dell’offeso realmente meritevoli di considerazione.

Il che emerge con evidenza nell’applicazione della pena su richiesta delle parti[19].

L’ordinamento non riconosce un interesse dell’offeso a perorare il rigetto della richiesta di patteggiamento o un differente contenuto dell’accordo.

È pur vero che le Sezioni Unite, ribadendo l’estraneità dell’offeso-danneggiato all’accordo sulla pena, gli hanno comunque accordato uno «ius loquendi sulle questioni che formano oggetto della valutazione del giudice», ricondotto alle «iniziative, esterne al patteggiamento, volte ad indurre il giudice a respingere l’accordo o a postulare la subordinazione dell’eventuale sospensione condizionale della pena alla eliminazione delle conseguenze dannose del reato»[20].

Tuttavia, a questa enunciazione di principio non si accompagna un sicuro riconoscimento del diritto di interlocuzione, né ad opera del dato positivo, né da parte del diritto vivente.

Se infatti la richiesta di patteggiamento perviene nella fase delle indagini preliminari, la persona offesa non ha diritto di essere avvisata dell’udienza ex art. 447 c.p.p.[21], né di costituirsi parte civile, onde argomentare in favore del rigetto della richiesta[22]. Il che consente la formazione dell’accordo all’insaputa dell’offeso, in contrasto con il diritto eurounitario all’informazione e all’ascolto della vittima[23].

In effetti, il combinato disposto degli artt. 6 e 10 della direttiva 2012/29/UE – recante uno statuto minimo dei diritti della vittima nel procedimento penale – attribuisce un diritto all’adeguata informazione sullo stato del procedimento, nonché a rendere una deposizione valutabile come prova[24]. Più nello specifico, alla vittima deve essere accordata la «possibilità di descrivere oggettivamente lo svolgimento dei fatti» e di «esprimere il proprio punto di vista»[25]. La direttiva, letta in combinato disposto con l’art. 47 CDFUE, fonda dunque il diritto delle vittime ad esporre le proprie opinioni e preoccupazioni, «including where they disagree with the defendant or the public prosecutor or both»[26].

Allo stato, non hanno tuttavia avuto successo i tentativi della giurisprudenza di merito di desumere dalla direttiva quantomeno un diritto dell’offeso a partecipare all’udienza ex art. 447 c.p.p., ove ne abbia avuto notizia, e di interloquire sull’accoglimento della richiesta[27]. La Corte di cassazione, infatti, ha finora escluso l’esistenza di un vincolo sovranazionale all’interlocuzione dell’offeso sulla congruità della pena irroganda[28].

I più recenti orientamenti del giudice di legittimità tendono anzi a limitare l’interlocuzione dell’offeso-danneggiato anche sulla richiesta di patteggiamento per l’udienza preliminare. In particolare, la costituzione di parte civile è preclusa «qualora la richiesta ed il consenso del pubblico ministero siano già stati formalmente portati a conoscenza» del danneggiato, poiché «il predetto è posto nella condizione di rendersi conto che la costituzione è insuscettibile di trovare sbocco nella condanna dell'imputato al risarcimento del danno»[29].

Sotto il profilo civilistico, poi, il giudice non può procedere alla quantificazione del danno, all’assegnazione di provvisionali o comunque a statuizioni sul credito risarcitorio[30], salva la rifusione delle spese per la costituzione (art. 444 c. 2 c.p.p.). Le pretese civilistiche devono infatti essere trasferite nella sede propria, ove la sentenza di patteggiamento non esplica efficacia di giudicato (art. 445 c. 1-bis c.p.p.)[31].

In via di prassi, il pubblico ministero ben potrebbe subordinare la prestazione del consenso al risarcimento in favore del danneggiato[32]. Non si tratta però di un requisito legale di ammissibilità della richiesta, onde il giudice non può modificare l’accordo fra le parti subordinando il beneficio della sospensione condizionale al risarcimento del danno[33]. Sicché, «il potere non risarcire è diventato … un profilo premiale del c.d. patteggiamento»[34], a fronte del quale può risultare «dileggiante» il richiamo alla tutela approntata dal giudizio civile, che versa in uno stato di cronica congestione[35].

Fanno eccezione ipotesi circoscritte in cui – a prevalente garanzia dello Stato soggetto passivo particolare – il legislatore ha condizionato l’accesso al patteggiamento a prestazioni restitutorie.

È il caso dell’art. 13 bis c. 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74[36], ove l’integrale pagamento del debito tributario o il ravvedimento operoso assurgono a requisiti di ammissibilità della richiesta[37], in ragione dell’interesse statuale all’«eliminazione delle conseguenze dannose del reato» mediante il recupero dei tributi evasi[38].

Nella stessa direzione si muove l’art. 444 c. 1-ter c.p.p., introdotto dalla l. 27 maggio 2015, n. 69, che subordina il patteggiamento per taluni delitti contro la pubblica amministrazione all’integrale restituzione del prezzo o del profitto del reato[39].

Il modello – anche ad immaginarne l’estensione ad altre fattispecie incriminatrici – tradisce peraltro una considerazione parziale e rigida degli interessi dell’offeso. Da un lato, infatti, non trova riconoscimento l’interesse all’interlocuzione nel procedimento a fini penali. Dall’altro lato, la natura doverosa dell’adempimento, fissato nell’an e nel quantum dalla legge, prescinde da un incontro dialogico con la vittima: ne consegue la sicura estraneità al paradigma della restorative justice[40].

3. (Segue): il giudizio abbreviato

 

«Solo prima facie meno “ostile” alla vittima» è il giudizio abbreviato, ove pure può permanere la pretesa civilistica.

Priva di veto sull’instaurazione del rito, l’offeso parte civile subisce infatti «uno “stato degli atti a priori giudicato “conveniente” dallo stesso imputato», il quale si giova di uno sconto secco di pena svincolato da controprestazioni a favore dell’offeso. La permanenza nella sede penale – in luogo della veicolazione della pretesa civilistica nella sede propria senza effetto sospensivo – va dunque valutata «con la consapevolezza dell’impossibilità di interloquire in maniera effettiva sull’evoluzione dell’accertamento»[41].

 

4. (Segue): il procedimento per decreto

 

La marginalizzazione dell’offeso connota anche il procedimento per decreto, stante l’eliminazione, ad opera della Consulta, del veto del querelante all’instaurazione del rito[42]. Il giudice delle leggi ha ravvisato l’irragionevolezza intrinseca ed estrinseca di tale prerogativa, introdotta dalla l. 16 dicembre 1999, n. 479.

Sotto il primo profilo, il querelante – irragionevolmente distinto dall’offeso da reati procedibili d’ufficio – non trarrebbe nocumento dall’emanazione del decreto. Da un lato, infatti, la domanda risarcitoria è proponibile in sede civile, in difetto però di efficacia extrapenale del decreto (art. 460 c. 5 c.p.p.). Dall’altro lato, la pretesa punitiva è comunque soddisfatta, eventualmente anche a seguito di memorie depositate dall’offeso nella fase delle indagini.

Sotto il secondo profilo, l’opposizione è ritenuta intrinsecamente contraddittoria stante la mancanza di analoga facoltà nella disciplina del patteggiamento, «in quanto tale rito speciale può essere una modalità di definizione del giudizio nonostante l’esercizio, da parte del querelante, del suo potere interdittivo». Le esigenze deflattive sottese al procedimento per decreto sarebbero dunque frustrate senza ragionevole giustificazione.

A seguito dell’intervento della Consulta, all’assenza di tutela civilistica nel processo penale si affianca l’impossibilità di interlocuzione nel rito dell’offeso, che resta all’oscuro sia della richiesta del pubblico ministero, sia dell’emanazione del decreto ove non cumuli la veste di querelante (arg. ex art. 459 c. 4 c.p.p.)[43]. Il che solleva seri dubbi di compatibilità con le garanzie procedimentali previste dalla direttiva 2012/29/UE.

 

5. Riconoscimento dell’offeso e deflazione processuale: la prospettiva della mutua esclusione

 

Il crescente protagonismo dell’offeso nel rito penale, sulla scorta delle suggestioni sovranazionali, induce oggi a interrogarsi sull’attualità di simili impostazioni di fondo. La considerazione degli interessi della «vittima»[44] – in forza di interventi attuativi interni di ordine generale[45] e particolare[46] – è del resto penetrata in territori finora inesplorati, come il procedimento cautelare[47] e la fase esecutiva[48]. L’assoluta impermeabilità dei riti speciali tradizionali può dunque apparire antistorica.

In questo contesto, si potrebbe continuare a invocare l’incompatibilità della premialità processuale, stante il suo scopo deflattivo, con le esigenze di ascolto, ristoro e protezione della persona offesa. Ne potrebbe tuttavia discendere un effetto collaterale: ove queste ultime esigenze siano ritenute preponderanti, il legislatore potrebbe cioè optare per una preclusione al rito speciale, non in grado di soddisfarle.

Si tratta di un fenomeno in parte già riscontrabile nel diritto positivo per due classi di reati.

In primo luogo, per delitti particolarmente gravi, l’ordinamento processuale sembra talora prediligere la celebrazione di un pubblico dibattimento, in cui riceve maggior riconoscimento il diritto della vittima ad essere sentita.

Nonostante la loro prevalente funzionalizzazione specialpreventiva, possono essere lette anche in quest’ottica le preclusioni oggettive al patteggiamento allargato (art. 444 c. 1-bis c.p.p.)[49], nonché soprattutto l’inammissibilità del giudizio abbreviato per i delitti puniti con l’ergastolo (art. 438 c. 1-bis c.p.p., inserito dalla l. n. 33/2019)[50].

A quest’ultimo riguardo, è di particolare interesse un recente arresto della Consulta, con cui si è sancita la costituzionalità dell’art. 438 c. 1-bis c.p.p.[51]. Il giudice delle leggi allude infatti a un diritto dell’offeso da reati gravi alla presentazione del caso in dibattimento, in linea con le suggestioni provenienti dalla giustizia penale internazionale[52].

In particolare, secondo la Consulta, la preclusione al giudizio abbreviato è giustificata anche se l’imputato ha già reso piena confessione nel corso delle indagini, con conseguente compiuto accertamento dei fatti. Infatti, la celebrazione del dibattimento risponde comunque all’«interesse … delle stesse vittime del reato», cui la direttiva 2012/29/UE attribuisce il «diritto di essere sentit[e]» e di «fornire elementi di prova» in conformità al diritto nazionale.

Del resto, dal diritto dell’imputato alla pubblicità delle udienze non discende anche un opposto diritto alla celebrazione del processo in camera di consiglio, mediante richiesta di abbreviato. La conclusione varrebbe tanto più per i «reati … gravi, che … addirittura ledono il nucleo dei diritti fondamentali delle vittime, a cominciare dalla loro stessa vita».

In secondo luogo, la valorizzazione del ruolo dell’offeso ha indotto a escludere la premialità processuale anche per reati espressione di micro-conflittualità individuale.

Il riferimento è all’esclusione dei tradizionali riti premiali per i reati di competenza del giudice di pace (art. 2 c. 1 lett. f), g) e l) d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274). Infatti, «ammettendo soprattutto l’applicazione della pena su richiesta delle parti ed il decreto penale di condanna, si svilirebbe il fine conciliativo» della giurisdizione onoraria, «alla luce della marginalità della figura della vittima al loro interno»[53]. In quest’ottica, la Consulta ha ribadito in più occasioni che il «costante coinvolgimento della persona offesa nel procedimento» davanti al giudice di pace giustifica l’inapplicabilità del patteggiamento[54].

 

 

6. La prospettiva dell’integrazione e la messa alla prova per adulti

 

Un’alternativa è rappresentata dall’abbandono del dogma della marginalizzazione della persona offesa nell’economia dei riti premiali.

Del resto, non si tratta di un elemento strutturale della premialità processuale, ma di una scelta contingente dell’ordinamento interno. L’esperienza comparatistica evidenzia infatti la frequente attribuzione alla vittima di poteri di interlocuzione, se non addirittura di veto, nelle procedure negoziate[55].

In questa direzione converge parte della dottrina, nell’auspicare un intervento di sistema sulla dinamica dei riti speciali.

Si propone così – sulla scia del diritto sovranazionale all’informazione e all’ascolto della vittima – l’implementazione delle informazioni all’offeso, nonché la previsione di un’interlocuzione non vincolante sull’instaurazione del rito[56].

Il disegno potrebbe completarsi con l’innesto, quale contropartita della premialità processuale, di prestazioni riparatorie o risarcitorie in favore dell’offeso[57].

In questa prospettiva si collocherebbe più agevolmente l’apertura a componenti restorative. Il positivo svolgimento dei restorative justice programs – calato nei tradizionali riti premiali – potrebbe giustificare uno sconto di pena, o financo l’estinzione del reato per casi di minor gravità.

Le istanze riformatrici hanno trovato un primo riscontro nell’introduzione della sospensione del procedimento con messa alla prova (artt. 168 bis ss. c.p. e 464 bis ss. c.p.p.), ad opera della l. n. 67/2014.

Il «nuovo rito speciale»[58] – pur svincolato dall’attuazione di specifiche fonti sovranazionali a tutela della vittima – sconta l’influsso della rinnovata attenzione per le esigenze del soggetto passivo del reato. La novella si propone la valorizzazione dell’interesse dell’offeso in tutte le sue declinazioni processuali, dalla protezione, alla partecipazione, sino alla reintegrazione del bene giuridico leso dal reato.

Sotto il primo profilo, ferma la prognosi di non recidiva per l’accesso al rito (art. 464 quater c. 3 c.p.p.), il contenuto del programma, volutamente flessibile[59], può essere sagomato sulle esigenze di tutela dell’integrità psicofisica dell’offeso. Le prescrizioni impartite, infatti, possono afferire «alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali» (art. 168 bis c. 2 c.p.p.)[60]. In aggiunta, il domicilio indicato nel programma deve essere idoneo ad «assicurare le esigenze di tutela della persona offesa dal reato» (art. 464 quater c. 3 c.p.p.).

Sul versante partecipativo, il rito speciale denota un’elevata considerazione del diritto dell’offeso all’ascolto[61].

Costui ha anzitutto diritto ad essere sentito in udienza sull’instaurazione del rito, previo avviso (art. 464 quater c. 1 c.p.p.). Il suo coinvolgimento è pure previsto nell’udienza finalizzata alla valutazione dell’esito della prova (art. 464 septies c. 1 c.p.p.) o della revoca della sospensione (art. 464 octies c. 2 c.p.p.)[62]. La violazione dei diritti partecipativi è autonomamente azionabile dall’offeso mediante ricorso per cassazione avverso l’ordinanza ammissiva della prova: ulteriori doglianze di legittimità devono invece essere veicolate dal pubblico ministero, eventualmente previa sollecitazione della persona offesa (art. 464 quater c. 7 c.p.p.)[63].

L’effettività delle garanzie partecipative va assicurata da un’adeguata informazione all’offeso, resa fin dal primo contatto con le autorità procedenti (art. 90 bis c. 1 lett. o) c.p.p., introdotto dal d.lgs. n. 212/2015).

Il rito soddisfa in via immediata anche le esigenze risarcitorie della persona offesa, a prescindere dalla costituzione di parte civile[64]. Il programma di trattamento ingloba infatti le prescrizioni e gli impegni assunti per elidere o attenuare le conseguenze del reato, compreso «il risarcimento del danno, le condotte riparatorie e le restituzioni» (art. 464 bis c. 4 lett. b) c.p.p.).

La prestazione risarcitoria è imprescindibile per l’accoglimento dell’istanza di sospensione, salvo concreta inesigibilità[65]. La centralità dell’adempimento è confermata, fra l’altro, dal necessario consenso dell’offeso per la rateizzazione del pagamento (art. 464 quinquies c. 1 c.p.p.).

Sulla carta, la novità più dirompente è tuttavia rappresentata dal richiamo, fra i contenuti del programma, alle «condotte volte a promuovere, ove possibile, la mediazione con la persona offesa» (art. 464 bis c. 4 lett. c) c.p.p.). Il che ha indotto a ravvisare nel paradigma conciliativo il fondamento del nuovo rito speciale[66] o quantomeno a salutare con favore un approccio maggiormente progettuale alla risposta al reato[67].

Non sfugge peraltro il ruolo ridotto giocato in concreto dalla componente restorative del programma.

Infatti, la mediazione è un contenuto meramente eventuale del rito (cfr. art. 141 ter c. 3 disp. att. c.p.p.)[68]. Ne è risultato uno scarso ricorso ai programmi di giustizia riparativa[69], con focalizzazione pressoché esclusiva sull’adempimento risarcitorio[70]. Quest’ultimo, di per sé e a prescindere dal dialogo con l’offeso, non rientra tuttavia nel paradigma restorative[71].

È pure estranea alla giustizia riparativa l’attuale conformazione del lavoro di pubblica utilità. Si tratta infatti di un requisito indefettibile di accesso al rito (art. 168 bis c. 3 c.p.), al di fuori di una dimensione dialogica tra l’imputato e la vittima o la collettività[72]. L’adempimento fa anzi assumere al programma una connotazione sanzionatoria[73], che ha fatto dubitare della compatibilità del rito con la presunzione di innocenza[74].

7. Snodi problematici nella costruzione di procedimenti speciali restorative. Il dissenso dell’offeso

 

Nel quadro normativo vigente, l’integrazione tra dinamiche restorative e riti speciali può essere esaminata da più angoli visuali. Infatti, per i riti speciali tradizionali vengono in rilievo esclusivamente istanze de iure condendo. Al proposito, si possono assumere a raffronto le scelte operate nell’introduzione della messa alla prova per adulti, ove l’innesto dei restorative justice programs nel procedimento penale è invece un problema di diritto positivo.

La definizione dei raccordi tra giustizia riparativa e riti speciali deve salvaguardare due fondamentali esigenze. Da un lato, occorre garantire la deflazione processuale, quale garanzia di funzionamento del sistema accusatorio[75]. Dall’altro lato, si impone la tutela dei diritti processuali dell’accusato, espressamente fatti salvi dalle fonti in materia di restorative justice[76], nonché dalla stessa disciplina eurounitaria a protezione della vittima[77].

Muovendo da quest’ultima prospettiva, un primo snodo cruciale è rappresentato dalla valenza di un eventuale diniego dell’offeso all’accesso a programmi di giustizia riparativa.

A livello sovranazionale, il consenso informato della vittima è precondizione dello svolgimento di restorative justice programs. A ciò si aggiunge il richiamo, operato dalla direttiva 2012/29/UE, al perseguimento dell’esclusivo interesse della vittima[78]. Nondimeno, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale, l’accesso a un procedimento speciale non potrebbe essere rimesso all’insindacabile beneplacito di chi non riveste la qualità di parte[79].

Due, dunque, le alternative astrattamente a disposizione nella costruzione di riti speciali a contenuto restorative.

Una prima opzione è data dalla sostituibilità della vittima diretta, in caso di indisponibilità, con vittime indirette o surrogate, secondo un modello invalso per la mediazione in fase esecutiva[80].

Si potrebbe obiettare che, in tal modo, il programma non verrebbe svolto nell’esclusivo interesse della vittima, come richiesto dal diritto eurounitario[81]. Indubitabilmente, il ricorso a vittime surrogate sposta «il baricentro del sistema … verso l’autore di reato», tanto più quando «la vittima (“autentica”) di quel reato abbia espresso il proprio dissenso a partecipare al percorso riparativo»[82]. Il che, tuttavia, non è sufficiente a ravvisare profili di incompatibilità con la direttiva 2012/29/UE.

Invero, la finalizzazione del programma all’interesse della vittima intende evitare effetti di vittimizzazione secondaria, che sono però largamente scongiurati dalla mancata partecipazione. La previsione – onde evitare squilibri – può dunque essere letta in chiave minimale: l’interesse dell’imputato all’accesso al programma non può cioè mai tradursi in un vincolo alla partecipazione della vittima diretta[83].

Il che è coerente con l’ampia delega al legislatore interno sulle modalità di partecipazione della vittima al rito penale (art. 10 e cons. 20 direttiva 2012/29/UE).

Stante il contenuto minimo del diritto eurounitario ad essere sentiti, dovrebbe però restare fermo quantomeno il previo interpello della vittima diretta, nonché la possibilità per costei di interloquire circa i riflessi del programma sul successivo decorso del procedimento. Diversamente, l’estraneità al procedimento e l’impossibilità di interlocuzione potrebbero effettivamente tradursi in una seconda vittimizzazione.

Il nodo può essere sciolto anche rendendo la mediazione con la vittima un contenuto eventuale del programma, in alternativa ad adempimenti risarcitori o riparatori, come accade nella sospensione del procedimento con messa alla prova. Il che priva di valenza ostativa la determinazione dell’offeso.

 

8. (Segue): riconoscimento degli elementi essenziali del caso e garanzie difensive

 

Le fonti di soft law in materia di restorative justice presuppongono, per l’accesso ai programmi, il riconoscimento dei fatti essenziali del caso ad opera delle parti[84]. In prospettiva maggiormente victim oriented, la direttiva 2012/29/UE richiede invece il riconoscimento al solo «autore del reato» (art. 12 §1 lett. c))[85].

Un simile requisito, radicalmente estraneo alla struttura dei riti speciali premiali[86], rischia di porsi in frizione «tanto con la presunzione di non colpevolezza (art. 27 comma 2 Cost.) che con il diritto di difesa sub specie di garanzia del nemo tenetur se detegere (art. 24 comma 2 Cost.)»[87]. Il che è particolarmente evidente ove si ravvisi la necessità di escludere dalla mediazione «tutti coloro che si dichiarano innocenti», dovendo il mediatore operare «con la certezza sostanziale che il fatto sussiste e che l’autore del reato se ne sia dichiarato, almeno virtualmente, responsabile»[88].

Se la mediazione diviene componente della premialità processuale, il requisito va stemperato per evitare profili di incostituzionalità. Dovrebbe cioè ritenersi sufficiente un riconoscimento dei profili fattuali della vicenda, indipendentemente dalla qualificazione giuridica[89], ed eventualmente anche a prescindere da una ascrizione soggettiva[90].

Del resto, le medesime fonti sovranazionali escludono la valenza confessoria della partecipazione a restorative justice programs[91], presidiando la garanzia con l’inutilizzabilità processuale delle dichiarazioni rese in tal sede.

Un apposito divieto probatorio non è allo stato previsto nella disciplina della messa alla prova per adulti. Ci si è in tal modo discostati sia dai lavori preparatori, sia dalla soluzione adottata per la conciliazione avanti al giudice di pace (art. 29 c. 4 d.lgs. n. 274/2000). La necessità di colmare la lacuna in via analogica[92] sembra scontrarsi con il principio di tassatività dell’inutilizzabilità[93], la cui natura eccezionale è stata di recente ribadita dalla Consulta[94]. Di qui, l’opportunità di un intervento correttivo da parte del legislatore[95].

 

9. (Segue): il fattore tempo

 

Dovendosi comunque preservare l’efficacia deflattiva dei riti premiali, occorre in ultimo confrontarsi con i tempi di accesso alla giustizia riparativa, nonché di espletamento del programma.

In ambo i casi, i tempi non appaiono preventivabili ex ante. Da un lato, infatti, occorre accedere al programma quando le parti sono pronte: in linea di principio, vanno dunque evitate distanze eccessivamente ridotte o, per converso, eccessivamente ampie dal fatto di reato[96]. Nondimeno, in presenza di reati gravi, la sola preparazione preliminare della vittima all’incontro con l’autore di reato può richiedere anni[97]. Dall’altro lato, la necessità per le parti di esprimersi compiutamente – anche riguardo a dettagli eccedenti la fattispecie delittuosa[98] – impone un certo grado di distensione del programma.

Le stesse fonti sovranazionali, tuttavia, si premurano di contemperare la sostenibilità per le parti dei tempi con la loro celerità e la ragionevolezza[99], anche in un’ottica di ragionevole durata del processo[100]. In definitiva, «il percorso mediativo non può avere una durata ad libitum»[101], specie ove innestato all’interno di un rito speciale: il che imporrebbe pur sempre la definizione di tempi certi sia per la richiesta di accesso al rito, sia per il termine ultimo del programma riparativo.

Si tratta di un profilo tenuto in conto dalla disciplina della messa alla prova per adulti: l’eventuale percorso di mediazione, infatti, deve necessariamente concludersi entro il termine massimo di sospensione del procedimento (cfr. art. 467 quater c. 5 c.p.p.).

 

10. Riflessioni conclusive alla luce della legge delega in materia di efficienza del processo penale e giustizia riparativa

 

La giustizia riparativa – a lungo trascurata nel dibattito pubblico – è oggi al centro dell’attenzione del riformatore, quale potenziale strumento di diversion. L’interesse sul tema si colloca in una più generale prospettiva di drastico contingentamento dei tempi processuali, richiesto ai fini della conservazione dei fondi europei per l’emergenza Covid-19[102].

Fra le proposte presentate dalla c.d. Commissione Lattanzi – istituita per elaborare emendamenti al d.d.l. A.C. 2435 in materia di efficienza del processo penale – è stata così inclusa l’emanazione di una legge organica in materia di giustizia riparativa, «nel prevalente interesse della vittima» e con recepimento delle garanzie sovranazionali, compresa l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese nei restorative justice programs (art. 9-quinquies)[103].

Il suggerimento è stato recepito dalla delega contenuta all’art. 1 c. 18 l. 27 settembre 2021, n. 134[104]. Nell’ottica del delegante, peraltro, il ricorso alla restorative justice deve rispondere all’interesse di tutte le parti coinvolte, incluso l’autore del reato e la comunità.

Vi è dunque da chiedersi se i tempi siano maturi per un innesto dei restorative justice programs nei tradizionali riti speciali premiali. Il tenore generale della delega, anche ipotizzandone l’attuazione in parte qua, non consente una risposta netta al quesito.

Per un verso, la giustizia riparativa dovrebbe essere fruibile in ogni stato e grado del procedimento, senza preclusioni in base alla gravità del reato, pur nell’ambito di criteri di accesso definiti dal delegato sulla scorta del quadro sovranazionale, e previa valutazione di utilità da parte dell’autorità giudiziaria.

Per altro verso, l’innesto di componenti restorative non è espressamente previsto negli interventi dedicati in via diretta ai tradizionali riti premiali (art. 1 c. 10)[105]. Né la delega – come già il testo predisposto dalla Commissione Lattanzi – si premura di individuare analiticamente gli istituti sostanziali e processuali che necessiteranno di un coordinamento con la legge organica in materia di giustizia riparativa[106]. È comunque significativo notare che i riti premiali tradizionali non sono nominati dalla Relazione Lattanzi fra gli istituti bisognosi di un tale raccordo[107]. Residua il dubbio che non si tratti di un’omissione volontaria, quanto piuttosto di una scelta coerente con la primaria vocazione deflattiva del legislatore, già adeguatamente soddisfatta dall’elisione del dibattimento.

Fra gli istituti attenzionati vi è invece la messa alla prova per adulti. L’utile esperibilità di «percorsi … riparatori» diviene infatti criterio selettivo di «ulteriori specifici reati» passibili di probation[108], purché puniti con pena non superiore nel massimo a sei anni (art. 1 c. 22 lett. a)), in luogo dei dieci anni proposti dalla Commissione Lattanzi (art. 9 quater)[109].

Non sono invece espressamente previste modifiche contenutistiche al programma: il che può costituire un limite della proposta. Si è infatti visto che la natura facoltativa della mediazione ha indotto a una sua pretermissione nella prassi, a tutto vantaggio del risarcimento del danno, maggiormente funzionale alle istanze deflattive. Il rafforzamento della componente restorative richiederebbe invece una costruzione in termini dialogici e flessibili dei contenuti del programma, incluso il lavoro di pubblica utilità.

Non sfugge però il rischio di fondo di un’ampia sovrapposizione tra giustizia riparativa e adempimento risarcitorio, nell’ottica di una spedita conclusione del procedimento[110]. Il pericolo è particolarmente acuto per la delega ad un’ulteriore estensione dei casi di procedibilità a querela (art. 1 c. 15), da cui discenderebbe la dilatazione dell’ambito applicativo dell’estinzione del reato per condotte riparatorie (art. 162 ter c.p.)[111]: istituto, quest’ultimo, allo stato estraneo al paradigma restorative, stante la mancanza di qualsivoglia componente dialogica[112].

 

Abstract: Having reconstructed the reasons for the traditional absence of restorative justice in special proceedings aimed at avoiding trial, the Author proposes an integration between the two models, also considering the growing role of victim in criminal proceedings. In this perspective, the contribution focuses on the main friction points between restorative justice and procedural rewards, proposing operational solutions. In conclusion, the essay analyzes the new article 1 par. 18 of the enabling act no. 134 of 2021 in the field of restorative justice, evaluating its possible impact on the system of special proceedings alternative to trial.

 

Keywords: restorative justice, special proceedings, victim, criminal proceedings.



* Il contributo è stato sottoposto a double blind peer review.

[1] Art. 12 Direttiva 2012/29/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI, in https://eur-lex.europa.eu (ultima consultazione il 14 febbraio 2022).  In argomento, con specifico riguardo alla giustizia riparativa, M. Kilchling – L. Parlato, Nuove prospettive per la restorative justice in seguito alla direttiva sulla vittima: verso un ‘’diritto alla mediazione’’? Germania e Italia a confronto, in Cass. pen., 11 (2015), pp. 4188 ss.; C. Mazzucato, “Direttiva Vittime” e giustizia riparativa: problemi, sfide, prospettive, in La giustizia riparativa nelle politiche educative del Comune di Milano (Atti del convegno svoltosi a Milano il 16 maggio 2018), Milano, 2019, pp. 197 ss.; V. Patané, Percorsi di giustizia riparativa nel sistema penale italiano, in Vittime di reato e sistema penale. La ricerca di nuovi equilibri, a cura di M. Bargis – H. Belluta, Torino, 2017, pp. 545 ss.; G. Rossi, La direttiva 2012/29/UE: vittima e giustizia riparativa nell’ordinamento penitenziario, in Archivio penale (archiviopenale.it), 2 (2015), pp. 508 ss.

[2] Art. 1 Basic Principles on the Use of Restorative Justice Programmes in Criminal Matters delle Nazioni Unite, del 2000, in https://un.org (ultima consultazione il 14 febbraio 2022); art. 3 Recommendation (2018) 8 of the Committee of Ministers to member States concerning restorative justice in criminal matters, del 3 ottobre 2018, in https://coe.int (ultima consultazione il 14 febbraio 2022). V. in ultimo la Dichiarazione dei Ministri della Giustizia degli Stati membri del Consiglio d’Europa sul ruolo della giustizia riparativa in materia penale, in occasione della conferenza dei Ministri della Giustizia del Consiglio d’Europa “Criminalità e Giustizia penale – il ruolo della giustizia riparativa in Europa” (13 e 14 dicembre 2021, Venezia, Italia), in https://rm.coe.int (ultima consultazione il 14 febbraio 2022).

[3] Per lo sviluppo della distinzione, anche in prospettiva storica, G. De Francesco, Il silenzio e il dialogo. Dalla pena alla riparazione dell’illecito, in Legisl. pen. (lalegislazionepenale.eu), 1° giugno 2021, pp. 10 ss.

[4] Per l’individuazione delle caratteristiche necessarie della giustizia riparativa si rinvia a C. Mazzucato, Tra il dire e il fare: sfide attuali e “crisi di crescita” della giustizia riparativa in Italia. Brevi riflessioni sulla giustizia senza ritorsione in un sistema penale ancora retribuzionistico, in El sistema de justicia penal y nuevas formas de observar la cuestiòn criminal. Ensayos en honor a Massimo Pavarini, ed. F. T. Tagle, Mexico, 2015, pp. 13 ss.; M. Dova,Pena prescrittiva e condotta reintegratoria, Torino, 2017, pp. 41 ss. Per indicazioni pratiche, cfr. United Nations Office on Drugs and Crime. Handbook on Restorative Justice programmes, Vienna, 2020, pp. 4 ss.

[5] J. Della Torre, La giustizia penale negoziata in Europa. Miti, realtà e prospettive, Milano, 2019, pp. 24 ss. Per una sottolineatura della finalizzazione non direttamente deflattiva della restorative justice, v. anche C. Grandi, Mediazione e deflazione penale: spunti per l’inquadramento di una relazione problematica, in Arch. pen. (archiviopenale.it), 2 (2020), pp. 1 ss.

[6] Per una «integrazione della logica deflattiva …. con quella riparatoria» cfr. M. Caputo, Il diritto penale e il problema del patteggiamento, Napoli, 2009, pp. 632.

[7] DG Justice Document related to the transposition and implementation of the Directive 2012/29/UE establishing minimum standards on the rights, support and protection of victims of crime, in https://e-justice.europa.eu, (ultima consultazione il 14 febbraio 2022), p. 32. Nel medesimo senso, con riguardo alla previgente decisione quadro 2001/220/GAI, cfr. C.G.U.E, sez. IV, 15 settembre 2011, C-438/09 e C-1/10, Gueye - Salmerón Sánchez, in https://curia.europa.eu (ultima consultazione il 14 febbraio 2022); C.G.U.E., sez. II, 21 ottobre 2010, C-205/09, Eredics – Sápi, ivi.

[8] Tanto è reso palese dal richiamo ad «eventuali servizi di giustizia riparativa» (art. 12 §1): né in senso diverso è invocabile l’avviso prescritto dall’art. 4 §1 lett. j), da riferirsi ai servizi eventualmente previsti dal diritto nazionale. Conf. C. Mazzucato, “Direttiva Vittime” e giustizia riparativa: problemi, sfide, prospettive, cit., p. 198. Contra, tuttavia, M. Kilchling, Restorative Justice: incorporating victims’ rights and needs, in Giustizia riparativa. Responsabilità, partecipazione, riparazione, a cura di G. Fornasari – E. Mattevi, Trento, 2019, pp. 14 ss.; M. Kilchling – L. Parlato, Nuove prospettive per la restorative justice in seguito alla direttiva sulla vittima: verso un ‘’diritto alla mediazione’’? Germania e Italia a confronto, cit., pp. 4191 ss.; nonché quanto esposto in Stati Generali dell’esecuzione penale. Tavolo 13 – Giustizia riparativa, mediazione e tutela delle vittime, in https://giustizia.it (ultima consultazione il 14 febbraio 2022), pp. 8 e 17.

[9] F. Parisi, I confini della restorative justice nella più recente normativa europea a tutela della vittima: ragionevole attuazione di una victim-centred justice o inevitabile condanna al destino di Sisifo?, in Sistema penale e tutela delle vittime tra diritto e giustizia, a cura di M. F. Cortesi – E. La Rosa – L. Parlato – N. Selvaggi, Milano, 2015, p. 128; Id., Il diritto penale tra neutralità istituzionale e umanizzazione comunitaria, in Dir. pen. cont. (archiviodpc.dirittopenaleuomo.org), 16 novembre 2012, pp. 7-8; Id., La restorative justice alla ricerca di identità e legittimazione. Considerazioni a partire dai risultati intermedi di un progetto di ricerca europeo sulla tutela delle vittime, ivi, 24 dicembre 2014, p. 2.

[10] Criticamente, C. Mazzucato, “Direttiva Vittime” e giustizia riparativa: problemi, sfide, prospettive, cit., p. 198; L. Parlato, Restorative Justice and Criminal Proceedings in Italy, in Europe in Crisis: Crime, Criminal Justice, and the Way Forward. Essays in Honour of Nestor Courakis, ed. C. D. Spinellis – N. Theodorakis – E. Billis – G. Papadimitrakopoulos, Atene, 2017, II, p. 1843. In termini diversi si pone del resto l’art. 15 Recommendation (2018) 8 of the Committee of Ministers to member States concerning restorative justice in criminal matters, del 3 ottobre 2018: «La giustizia riparativa non dovrebbe essere pensata o realizzata allo scopo di difendere gli interessi della vittima o dell’autore dell’illecito a favore dell’uno e a dispetto dell’altro. Piuttosto, essa offre uno spazio neutro dove tutte le parti sono incoraggiate e supportate nell’esprimere i propri bisogni e nel vederli quanto più possibile soddisfatti».

[11] L. Luparia, Quale posizione per la vittima nel modello processuale italiano?, in S. Allegrezza – H. Belluta – M. Gialuz – L. Luparia, Lo scudo e la spada: esigenze di protezione e poteri delle vittime nel processo penale tra Europa e Italia, Torino, 2012, p. 53.

[12] Corte cost., 27 febbraio 2015, n. 23, in Giur. cost., 1 (2015), pp. 134 ss., nt. R. Orlandi, Il querelante perde il diritto di ostacolare la definizione del processo con decreto penale di condanna. Chiaroscuri di una decisione non del tutto convincente.

Conf. Corte cost., 25 novembre 2020, n. 249, ivi, 6 (2020), pp. 2941 ss., nt. G. Spangher, Nessun diritto risarcitorio alla persona offesa in caso di durata irragionevole delle indagini preliminari; Corte cost., 17 gennaio 2020, n. 3, in Sist. pen. (sistemapenale.it), 20 gennaio 2020, nt. G. Leo, In fase di opposizione alla richiesta di archiviazione, il patrocinio a spese dello Stato va garantito alla persona offesa non abbiente senza possibilità di un sindacato preliminare sulle sue ragioni; Corte cost., 16 luglio 1991, n. 353, in Giur. cost., 5 (1991), pp. 2820 ss.

[13] Corte cost., 28 febbraio 1996, n. 60, in Giur. cost., 1 (1996), pp. 397 ss., nt. P. P. Rivello, La Corte costituzionale elimina un’irragionevole disparità tra processo penale comune e processo militare; Corte cost., 12 ottobre 1990, n. 443, ivi, 4 (1990), pp. 2633 ss.

[14] V. già Corte cost., 26 ottobre 1982, n. 171, in Giur. cost., 3 (1982), pp. 1739 ss.; Corte cost., 26 giugno 1975, n. 166, in Giust. civ., 1 (1975), p. 347.

[15] Corte cost., 12 ottobre 1990, n. 443, cit., pp. 2633 ss.

[16] Corte cost., 27 febbraio 2015, n. 23, cit., pp. 140-141; Corte cost., 16 aprile 1999, n. 124, in Giur. cost., 2 (1999), pp. 1036 ss.

[17] Infra, §5.

[18] Corte cost., 27 febbraio 2015, n. 23, cit., pp. 141-142.

[19] In questi termini, C. E. Paliero, L’autunno del patriarca. Rinnovamento o trasmutazione del diritti penale dei codici?, in Riv. it. dir. proc. pen., 4 (1994), p. 1230.

[20] Cass., sez. un., 7 novembre 2011, n. 40288, in Cass. pen., 6 (2012), p. 2062, nt. A. Scarcella, Ricorribilità per Cassazione della sentenza di patteggiamento relativamente alle spese di parte civile.

[21] Cass., sez. IV, 16 gennaio 2019, n. 1804, CED Cass. n. 275434; Cass., sez. III, 26 marzo 2018, n. 14008, ivi, n. 273156; Cass., sez. V, 19 luglio 2016, n. 30941, ivi, n. 267426; Cass., sez. IV, 24 ottobre 2007, n. 39122, ivi, n. 237836.

[22] Cass., sez. un., 23 dicembre 2008, n. 47803, in Cass. pen., 6 (2009), pp. 2313 ss., nt. L. Pistorelli, Per le Sezioni unite non è ammissibile la costituzione di parte civile nell’udienza fissata ex art. 447 c.p.p. Conf. Cass., sez. III, 27 gennaio 2020, n. 3176, CED Cass. n. 278023; Cass., sez. III, 26 marzo 2018, n. 14008, cit.

Adesivamente, R. Orlandi, I diritti della vittima in alcune particolari modalità di definizione del rito penale, in Vittime di reato e sistema penale. La ricerca di nuovi equilibri, cit., pp. 172 ss.

[23] J. Della Torre, La giustizia penale negoziata in Europa. Miti, realtà e prospettive, cit., p. 566; F. Trapella, La tutela del vulnerabile. Regole europee, prassi devianti, possibili rimedi, in Arch. pen. (archiviopenale.it),3 (2019), pp. 15-16.

[24] Con riguardo agli artt. 2 e 3 della decisione quadro 2001/220/GAI, cfr. C.G.U.E., sez. III, 9 ottobre 2008, C-404/07, Győrgy Katz c. István Roland Sós, in https://curia.europa.eu (ultima consultazione il 14 febbraio 2022). V. peraltro le precisazioni della direttiva 2012/29/UE, secondo cui tale dichiarazione potrebbe anche essere resa per iscritto (cons. 41).

[25] Così, sempre con riferimento al quadro previgente, C.G.U.E., sez. IV, 15 settembre 2011, C-438/09 e C-1/10, Gueye - Salmerón Sánchez, §59, cit.

[26] European Union Agency for Fundamental Rights, Victims’ rights as standards of criminal justice. Justice for victims of violent crimes. Part I, Lussemburgo, 2019, pp. 34-35.

[27] Trib. Torino, uff. g.i.p./g.u.p., 28 gennaio 2014 (giud. Recchione), in Dir. pen. cont. (archiviodpc.dirittopenaleuomo.org), 3 marzo 2014, nt. H. Belluta, Per piccoli passi: la vittima di reato cerca spazio nel procedimento penale.

[28] Così Cass., sez. V, 19 luglio 2016, n. 30941, cit. Conf. A. Sanna, Il “patteggiamento” tra prassi e novelle legislative, Milano, 2018, p. 51.

[29] Cass., sez. V, 3 dicembre 2020, n. 34530, CED Cass. n. 279979; Cass., sez. V, 5 giugno 2020, n. 17272, ivi, n. 279115.  Contra A. Sanna, Il “patteggiamento” tra prassi e novelle legislative, cit., p. 46.

[30] Cass., sez. V, 22 febbraio 2010, n. 7021, CED Cass. n. 246150.

[31] Peraltro, secondo un discutibile orientamento della giurisprudenza civilistica, la sentenza di patteggiamento «pur se priva del vincolo del giudicato, costituisce un importante elemento probatorio per il giudizio civile, in quanto presuppone pur sempre una ammissione di colpevolezza che esonera la controparte dall'onere della prova». Sicché, il giudice di merito, ove intenda disconoscerne la valenza probatoria, «ha il dovere di spiegare le ragioni per le quali l'imputato abbia ammesso una propria insussistente responsabilità ed il giudice penale vi abbia prestato fede» (ex multis, Cass. civ., sez. I, 19 giugno 2019, n. 16505, DeJure; Cass. civ., sez. lav., 7 febbraio 2019, n. 3643, ivi).

[32] S. M. Corso, Patteggiamento “versus” risarcimento: condizione meramente processuale di ammissibilità del rito speciale, in Riv. it. dir. proc. pen., 3 (2017), p. 1124; S. Marcolini, Il patteggiamento nel sistema della giustizia penale negoziata. L’accertamento della responsabilità nell’applicazione della pena su richiesta delle parti tra ricerca di efficienza ed esigenze di garanzia, Milano, 2005, p. 282; R. Orlandi, I diritti della vittima in alcune particolari modalità di definizione del rito penale, cit., p. 173.

[33] Cass., sez. IV, 22 luglio 2013, n. 31441, CED Cass. n. 256073; Cass., sez. VI, 12 aprile 2010, n. 13905, ivi, n. 246689.

[34] S. M. Corso, Patteggiamento “versus” risarcimento: condizione meramente processuale di ammissibilità del rito speciale, cit., p. 1125.

[35] Così C. E. Paliero, Metodologia de lege ferenda: per una riforma non improbabile del sistema sanzionatorio, in Riv. it. dir. proc. pen., 2 (1992), p. 542.  In prospettiva critica, v. anche M. Caputo, Il diritto penale e il problema del patteggiamento, cit., pp. 417 ss.; S. Marcolini, Il patteggiamento nel sistema della giustizia penale negoziata. L’accertamento della responsabilità nell’applicazione della pena su richiesta delle parti tra ricerca di efficienza ed esigenze di garanzia, cit., pp. 280-281; L. Parlato, Il contributo della vittima tra azione e prova, Palermo, 2012, pp. 326-327. A diverse conclusioni dovrebbe addivenirsi laddove si ritenga il processo penale strutturalmente inidoneo ad accogliere le pretese civilistiche. In questo senso, di recente, R. Casiraghi, Azione civile e parità delle armi in materia probatoria, in Riv. it. dir. proc. pen., 2 (2014), pp. 878 ss.; C. Santoriello – A. Gaito, Ma davvero il processo penale è luogo adatto al soddisfacimento delle istanze civilistiche?, in Arch. pen. (archiviopenale.it), 2 (2013), pp. 391 ss.

[36] Introdotto dal d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, in luogo di analoga disposizione inserita dal d.l. 13 agosto 2011, n. 138, conv. con modif. in l. 14 settembre 2011, n. 148. In argomento, in ultimo, L. Tavassi, Riti alternativi “ad effetti speciali” nella giustizia penale tributaria, in Arch. pen. (archiviopenale.it), 3 (2021), pp. 1 ss.

[37] Sempre che non costituiscano causa di non punibilità: cfr. Corte Suprema di Cassazione – Ufficio del Massimario e del Ruolo. Relazione su novità normativa n. 3/2020. La legge 19 dicembre 2019, n. 157 di conversione del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili”: Profili penalistici, in Sist. pen. (sistemapenale.it), 31 gennaio 2020, p. 21.

[38] In questo senso, Corte cost., 28 maggio 2015, n. 95, in Giur. cost., 3 (2015), pp. 788-789, che ha escluso la sussistenza di vulnus al principio di eguaglianza o al diritto di difesa.

[39] L’adempimento restitutorio è tanto più appetibile all’esito della l. 9 gennaio 2019, n. 3 (c.d. legge Spazzacorrotti). Invero, la richiesta di patteggiamento può essere subordinata all’esenzione dalle nuove pene accessorie ex art. 317 bis c.p., o all’estensione alle stesse della sospensione condizionale. Sui profili in esame, F. Zacché, Novità in tema di patteggiamento, in Una nuova legge contro la corruzione. Commento alla legge 9 gennaio 2019, n. 3, a cura di R. Orlandi – S. Seminara, Torino, 2019, pp. 283 ss.

[40] Contra, tuttavia, F. Trapella, Il patteggiamento nei giudizi per reati corruttivi, in Proc. pen. giust. (processopenaleegiustizia.it), 1 (2016), p. 126. V. anche V. Bonini, La deflazione virtuosa: intersezioni tra riti negoziali e restorative justice, in Istanze di deflazione tra coerenza dogmatica, funzionalità applicativa e principi di garanzia. Atti dell’incontro di studi. Pisa, 22 marzo 2019, a cura di G. De Francesco – A. Gargani – E. Marzaduri – D. Notaro, Torino, 2019, pp. 82-83. L’A. ravvisa nell’art. 444 c. 1-ter c.p.p. il «frutto di una combinazione tra restorative justice e altre componenti».

[41] Così, testualmente, L. Parlato, Il contributo della vittima tra azione e prova, cit., p. 335. Si noti, del resto, che il diritto vivente nega alla parte civile il diritto alla controprova in caso di richiesta condizionata (Cass., sez. II, 13 gennaio 2005, n. 320, CED Cass. n. 230656). La questione, pur sottoposta alla Consulta, non è mai stata esaminata nel merito per deficit delle ordinanze di rimessione: cfr. Corte cost., 29 dicembre 2008, n. 444, in Giur. cost., 6 (2008), pp. 5044 ss.; Corte cost., 11 aprile 2008, n. 101, ivi, 2 (2008), pp. 1191 ss. Né il codice riferisce alla parte civile le prerogative ex art. 441 bis c.p.p. in caso di nuove contestazioni (G. Todaro, Decreto penale di condanna e querelante: intervento della Consulta e lacune di sistema, cit., p. 2662).

[42] Corte cost., 27 febbraio 2015, n. 23, cit., pp. 134 ss.

[43] In termini critici, A. Cabiale, Recenti orientamenti della Corte costituzionale in tema di procedimento per decreto: una nuova garanzia per l’imputato e una in meno per la “vittima”, in Legisl. pen. (lalegislazionepenale.eu), 1° luglio 2015, pp. 9 ss.; R. Casiraghi, Il veto del querelante al decreto penale di condanna: privilegio o partecipazione della vittima?, in Ind. pen., 1-2 (2015), pp. 103 ss.; R. Orlandi, Il querelante perde il diritto di ostacolare la definizione del processo con decreto penale di condanna. Chiaroscuri di una decisione non del tutto convincente, cit., pp. 151 ss.; G. Todaro, Decreto penale di condanna e querelante: intervento della Consulta e lacune di sistema, in Cass. pen., 7-8 (2015), pp. 2653 ss.

[44] Per la distinzione tra «vittima» e «persona offesa», volendo, B. Romanelli, La persona offesa vulnerabile nel procedimento penale, Milano, 2020, pp. 104 ss. In termini non coincidenti, in prospettiva de iure condendo, si veda la Relazione finale e proposte di emendamenti al D.D.L. A.C. 2435 (24 maggio 2021), in Sist. pen. (sistemapenale.it), 25 maggio 2021, pp. 5 ss.

[45] Il riferimento è al d.lgs. 15 dicembre 2015, n. 212, di attuazione della direttiva 2012/29/UE.

[46] In ultimo, in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, si vedano la l. 19 luglio 2019, n. 69, nonché i ritocchi apportati dall’art. 2 c. 11-13 e c. 15 l. 27 settembre 2021, n. 134.

[47] Si rinvia all’ampia analisi di V. Bonini, Il sistema di protezione della vittima e i suoi riflessi sulla libertà personale, Milano, 2018, passim.

[48] In argomento, P. Spagnolo, Nuovi diritti informativi per la vittima dei reati, in Legisl. pen. (lalegislazionepenale.eu), 4 luglio 2016, pp. 3 ss.; D. Vicoli, Il ruolo della vittima nella fase esecutiva tra occasioni mancate e scenari futuri, in Vittime di reato e sistema penale. La ricerca di nuovi equilibri, cit., pp. 537 ss.

[49] Di cui peraltro si è recentemente proposta l’eliminazione: Relazione finale e proposte di emendamenti al D.D.L. A.C. 2435 (24 maggio 2021), cit., p. 25. Il suggerimento non è tuttavia stato raccolto dalla l. n. 134/2021.

[50] Sul punto, in prospettiva generale, A. De Caro, Le ambigue linee di politica penale dell'attuale legislatore: giudizio abbreviato e reati puniti con la pena dell'ergastolo, in Dir. pen. proc., 12 (2018), pp. 1627 ss.; G. Di Chiara, Giudizio abbreviato, reati "da ergastolo", populismo penale e Stato di diritto, in Proc. pen. giust. (processopenaleegiustizia.it), 5 (2019), pp. 1037 ss.; S. Preziosi, Ergastolo e paradigma punitivo nel fuoco del giudizio abbreviato: linee di intersezione fra diritto e processo penale, in Dir. pen. proc., 2 (2020), pp. 245 ss.; D. Vigoni, Ancora una riforma del giudizio abbreviato: l'inammissibilità per i delitti puniti con l'ergastolo, in Dir. pen. proc., 7 (2019), pp. 918 ss.

[51] Corte cost., 3 dicembre 2020, n. 260, in Sist. pen. (sistemapenale.it), 7 dicembre 2020, nt. G. Leo, L’esclusione del giudizio abbreviato per i delitti puniti con l’ergastolo: infondate o inammissibili le questioni di legittimità costituzionale. Le medesime argomentazioni sono sinteticamente riprese da Corte cost., 29 ottobre 2021, n. 208, in https://giurisprudenzapenale.com (ultima consultazione il 14 febbraio 2022). 

[52] Ci si riferisce soprattutto all’esperienza della Corte penale internazionale, ove l’interesse della vittima ad una più completa presentazione del caso può ostare ad accordi tra il Prosecutor e la difesa sulla non contestazione di determinati fatti (art. 69 ICC RPE).

[53] G. Varraso, Il procedimento davanti al giudice di pace, Milano, 2006, p. 38.

[54] Corte cost., 9 marzo 2016, n. 50, in Giur. cost., 2 (2016), pp. 534 ss.; Corte cost., 22 luglio 2005, n. 312, ivi, 4 (2005), pp. 3034 ss.; Corte cost., 8 giugno 2005, n. 228, ivi, 3 (2005), pp. 1959 ss.; Corte cost., 28 ottobre 2003, n. 318, ivi, 5 (2003), pp. 3064 ss.

[55] Sul punto, si rinvia a J. Della Torre, La giustizia penale negoziata in Europa. Miti, realtà e prospettive, cit., pp. 429 ss.; F. Peroni, La peripezia del patteggiamento in un trentennio di sperimentazione, in Arch. pen. (archiviopenale.it), 3 (2019), pp. 19-20.

[56] H. Belluta, Per piccoli passi: la vittima di reato cerca spazio nel procedimento penale, cit.; R. Casiraghi, Il veto del querelante al decreto penale di condanna: privilegio o partecipazione della vittima?, cit., pp. 108-109; J. Della Torre, La giustizia penale negoziata in Europa. Miti, realtà e prospettive, cit., pp. 430 ss.; L. Luparia, Quale posizione per la vittima nel modello processuale italiano?, cit., p. 53; S. Marcolini, Il patteggiamento nel sistema della giustizia penale negoziata. L’accertamento della responsabilità nell’applicazione della pena su richiesta delle parti tra ricerca di efficienza ed esigenze di garanzia, cit., pp. 280 ss.; R. Orlandi, I diritti della vittima in alcune particolari modalità di definizione del rito penale, cit., pp. 179-180; Id., Il querelante perde il diritto di ostacolare la definizione del processo con decreto penale di condanna. Chiaroscuri di una decisione non del tutto convincente, cit., pp. 151 ss.; F. Peroni, La peripezia del patteggiamento in un trentennio di sperimentazione, cit., p. 19; A. Sanna, Il “patteggiamento” tra prassi e novelle legislative, cit., p. 50; G. Todaro, Decreto penale di condanna e querelante: intervento della Consulta e lacune di sistema, cit., pp. 2661 ss.

[57] In questo senso, con varietà di accenti, H. Belluta, Per piccoli passi: la vittima di reato cerca spazio nel procedimento penale, cit.; J. Della Torre, La giustizia penale negoziata in Europa. Miti, realtà e prospettive, cit., pp. 567; S. Marcolini, Il patteggiamento nel sistema della giustizia penale negoziata. L’accertamento della responsabilità nell’applicazione della pena su richiesta delle parti tra ricerca di efficienza ed esigenze di garanzia, cit., pp. 284 ss.; L. Parlato, Il contributo della vittima tra azione e prova, cit., p. 330. Il che, del resto, appare sintonico allo spirito della direttiva 2012/29/UE, che raccomanda «misure per incoraggiare l’autore del reato a prestare adeguato risarcimento alla vittima» (art. 16 §2).In termini critici, con riferimento al patteggiamento, v. però A. Sanna, Il “patteggiamento” tra prassi e novelle legislative, cit., p. 52, secondo cui «l’arma così fornita alla parte lesa, oltre ad essere foriera d’intuibili discriminazioni nei confronti degli imputati meno abbienti, si presterebbe ad aggravare il carico afflittivo della sentenza concordata».

[58] In questo senso – richiamando la doppia anima dell’istituto, costituente al contempo una causa di estinzione del reato – Cass., sez. un., 31 marzo 2016, n. 36272, in Riv. it. dir. proc. pen., 2 (2017), pp. 827 ss., nt. L. Pellegrini, Sospensione del procedimento con messa alla prova: le circostanze non rilevano nella determinazione della pena edittale. Adesivamente, Corte cost., 27 aprile 2018, n. 91, in Giur. cost., 2 (2018), pp. 776 ss., nt. C. Cesari, La Consulta supera le perplessità e la messa alla prova si radica nel sistema costituzionale.

[59] Corte cost., 27 aprile 2018, n. 91, cit., p. 791; Corte cost., 10 marzo 2017, n. 54, in Giur. cost., 2 (2017), pp. 644 ss.

[60] Resta ferma, stante la riserva di legge ex art. 13 Cost., l’impossibilità di disporre misure para-detentive o di controllo quali il braccialetto elettronico (M. Miraglia, La messa alla prova dell’imputato adulto. Analisi e prospettive di un modello processuale diverso, Torino, 2020, p. 147).

[61] In questo senso, V. Maffeo,I profili processuali della sospensione con messa alla prova, Napoli, 2017, pp. 184 ss.; M. Miraglia, La messa alla prova dell’imputato adulto. Analisi e prospettive di un modello processuale diverso, cit., pp. 297 ss.; M. Montagna, Sospensione del procedimento con messa alla prova e attivazione del rito, in Le nuove norme sulla giustizia penale. Liberazione anticipata, stupefacenti, traduzione degli atti, irreperibili, messa alla prova, deleghe in tema di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio, a cura di C. Conti – A. Marandola – G. Varraso, Milano, 2014, pp. 392 ss.;R. Orlandi, Il querelante perde il diritto di ostacolare la definizione del processo con decreto penale di condanna. Chiaroscuri di una decisione non del tutto convincente, cit., pp. 150-151; A. Sanna, L’istituto della messa alla prova: alternativa al processo o processo senza garanzie?, in Cass. pen., 3 (2015), pp. 1262 ss.; G. Todaro, Decreto penale di condanna e querelante: intervento della Consulta e lacune di sistema, cit., p. 2663; C. Valbonesi, I profili penali della sospensione del procedimento con messa alla prova, inLe nuove norme sulla giustizia penale. Liberazione anticipata, stupefacenti, traduzione degli atti, irreperibili, messa alla prova, deleghe in tema di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio, cit., p. 368. Contra G. Mannozzi, Il “legno storto” del sistema sanzionatorio, in Dir. pen. proc., 7 (2014), pp. 781 ss., che definisce «esangue» il ruolo della persona offesa nel nuovo rito speciale; nonché R. Muzzica, Il ruolo della vittima negli istituti riparativi, in Legisl. pen. (lalegislazionepenale.eu), 22 novembre 2019, p. 15.

[62] Criticabilmente, non è invece prevista l’audizione dell’offeso laddove il giudice intenda modificare il piano in corso di esecuzione della prova, ai sensi dell’art. 464 quinquies c. 3 c.p.p. (M. Miraglia, La messa alla prova dell’imputato adulto. Analisi e prospettive di un modello processuale diverso, cit., p. 299).

[63] In argomento, cfr. Cass., sez. un., 29 luglio 2016, n. 33216, in Proc. pen. giust. (processopenaleegiustizia.it), 1 (2017), pp. 105 ss., nt. C. Pansini, Scelte funamboliche sulle forme di controllo relative al diniego di messa alla prova per l’imputato adulto.

Secondo la pronuncia in esame, la ricorribilità in cassazione ex art. 464 quater c. 7 c.p.p. si riferirebbe alle ordinanze ammissive del rito. Viceversa, all’ordinanza reiettiva sarebbe riservato l’appello ex art. 586 c.p.p. unitamente alla sentenza di primo grado. Conseguentemente, censure di merito sono deducibili solo in caso di reiezione della richiesta: il che risponde al dichiarato fine di favorire il ricorso al rito speciale.

[64] M. Miraglia, La messa alla prova dell’imputato adulto. Analisi e prospettive di un modello processuale diverso, cit., pp. 142 ss.

[65] Cass., sez. III, 1° aprile 2016, n. 13235, CED Cass. n. 266322. Richiede un risarcimento parametrato allo «sforzo massimo sostenibile dall’imputato alla luce delle sue condizioni economiche» Cass., sez. II, 30 luglio 2019, n. 34878, ivi, n. 277070.

[66] In questo senso, A. Sanna, L’istituto della messa alla prova: alternativa al processo o processo senza garanzie?, cit., pp. 1271 ss.; M. C. Saporito, La messa alla prova nell’esperienza giurisprudenziale: un faticoso percorso verso l’allineamento costituzionale, in Proc. pen. giust. (processopenaleegiustizia.it), 5 (2019), pp. 1339 ss.

[67] L. Eusebi, La sospensione del procedimento con messa alla prova tra rieducazione e principi costituzionali, in Dir. pen. proc., 12 (2019), pp. 1693 ss.

[68] L. Bartoli, La sospensione del procedimento con messa alla prova, Milano, 2020, p. 194; M. Dova,Pena prescrittiva e condotta reintegratoria, cit., pp. 152-153; V. Maffeo, I profili processuali della sospensione con messa alla prova, cit., pp. 184 ss.; C. Migliaccio, La postmodernità del diritto: il vaglio di legittimità costituzionale della messa alla prova in un processo senza ‘pena’ con finalità specialpreventive, in Proc. pen. giust. (processopenaleegiustizia.it), 6 (2018), p. 1080.

[69] Per riferimenti statistici, M. Dova,Pena prescrittiva e condotta reintegratoria, cit., p. 153.

[70] R. Muzzica, Il ruolo della vittima negli istituti riparativi, cit., pp. 17-18; Id., La sospensione del processo con messa alla prova per adulti: un primo passo verso un modello di giustizia riparativa?, in Proc. pen. giust. (processopenaleegiustizia.it), 3 (2015), pp. 170 ss.

[71] D. Arieti, La giustizia riparativa nel procedimento penale a carico di imputati adulti. L’esperienza del Centro di Giustizia Riparativa di Trento nel procedimento penale davanti al giudice di pace e nella messa alla prova: potenzialità e criticità, in Giustizia riparativa. Responsabilità, partecipazione, riparazione, cit., p. 202; L. Spadano, Le recenti ipotesi di condotte riparatorie post delictum: verso un progressivo ripensamento della giustizia criminale in chiave riparativa?, in Arch. pen. (archiviopenale.it), 1 (2020), p. 15.

[72] L. Bartoli, La sospensione del procedimento con messa alla prova, cit., p. 346; C. Mazzucato, Tra il dire e il fare: sfide attuali e “crisi di crescita” della giustizia riparativa in Italia. Brevi riflessioni sulla giustizia senza ritorsione in un sistema penale ancora retribuzionistico, cit., p. 9; M. Miraglia, La messa alla prova dell’imputato adulto. Analisi e prospettive di un modello processuale diverso, cit., pp. 159-160; L. Spadano, Le recenti ipotesi di condotte riparatorie post delictum: verso un progressivo ripensamento della giustizia criminale in chiave riparativa?, cit., pp. 15-16.

[73] Così, in motivazione, Corte cost., 30 luglio 2020, n. 179, in Giur. cost., 4 (2020), pp. 1968 ss.; Corte cost., 6 luglio 2020, n. 139, ivi, pp. 1599 ss.; Corte cost., 24 aprile 2020, n. 75, ivi, 2 (2020), p. 852; Corte cost., 29 marzo 2019, n. 68, ivi, 2 (2019), pp. 884 ss., nt. V. Bonini, Corte costituzionale e messa alla prova tra giurisdizione minorile e scelte codicistiche: il radicarsi di pericolosi quanto inutili paradigmi.

[74] Nel senso dell’illegittimità costituzionale del nuovo rito, implicante l’irrogazione di una pena ante giudicato di condanna, v. ex multis L. Bartoli, La sospensione del procedimento con messa alla prova, cit., pp. 339 ss.; G. De Vero, Circostanze del reato e sospensione del procedimento con messa alla prova, in La pena, ancora: fra attualità e tradizione. Studi in onore di Emilio Dolcini, a cura di C. E. Paliero – F. Viganò – F. Basile – G. L. Gatta, Milano, 2018, I, pp. 178 ss.; O. Mazza, Il regime intertemporale della messa alla prova, in Giur. cost., 6 (2015), pp. 2200-2201; Id., La presunzione d’innocenza messa alla prova, in Dir. pen. cont. (archiviodpc.dirittopenaleuomo.org), 9 aprile 2019, pp. 7 ss. La Corte costituzionale (Corte cost., 27 aprile 2018, n. 91, cit., pp. 776 ss.) ha invece affermato la compatibilità del rito con l’art. 27 c. 2 Cost., sulla base di due principali argomenti. Per un verso, «se è vero che nel procedimento di messa alla prova manca una condanna, è anche vero che correlativamente manca un’attribuzione di colpevolezza», non considerandosi l’imputato come colpevole. Per altro verso, il trattamento connesso alla prova non è una sanzione penale, in quanto non eseguibile coattivamente.

[75] In termini critici sulla possibilità di ottenere apprezzabili effetti deflattivi mediante la giustizia riparativa, v. però G. Mannozzi, La diversion: gli istituti funzionali all’estinzione del reato tra processo e mediazione, in Alternative al processo penale? Tra deflazione, depenalizzazione, diversion e prevenzione, a cura di F. Consulich – M. Miraglia – A. Peccioli, Torino, 2020, pp. 38-39.

[76] Art. 12 Basic Principles on the Use of Restorative Justice Programmes in Criminal Matters delle Nazioni Unite, del 2000; art. 23 Recommendation (2018) 8 of the Committee of Ministers to member States concerning restorative justice in criminal matters, del 3 ottobre 2018.

[77] Cons. 12, cons. 58 e art. 18 direttiva 2012/29/UE. Nel diritto vivente, v. soprattutto C.G.U.E., sez. I, 29 luglio 2019, C-38/18, Gambino – Hyka, §37 ss., in https://curia.europa.eu.

[78] Art. 7 Basic Principles on the Use of Restorative Justice Programmes in Criminal Matters delle Nazioni Unite, del 2000; art. 16 Recommendation (2018) 8 of the Committee of Ministers to member States concerning restorative justice in criminal matters, del 3 ottobre 2018; art. 12 §1 lett. a) direttiva 2012/29/UE. Cfr. anche l’art. 47 della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, dell’11 maggio 2011. Ivi, in materia di violenza domestica e di genere, si vieta il ricorso a forme obbligatorie di mediazione e conciliazione.

[79] Supra, §1.

[80] Trib. sorv. Venezia, 7 gennaio 2012, n. 5, in Dir. pen. proc., 7 (2012), pp. 833 ss., nt. G. Mannozzi, La reintegrazione sociale del condannato tra rieducazione, riparazione ed empatia. Più in generale, in argomento, G. Mannozzi, Le aperture alla giustizia riparativa nell’ambito delle misure alternative alla detenzione, in Giur. it., 6 (2016), pp. 1530 ss.; G. Rossi, La direttiva 2012/29/UE: vittima e giustizia riparativa nell’ordinamento penitenziario, cit., pp. 508 ss. Per una rilevante esperienza pratica in questa direzione, cfr. Il libro dell’incontro: vittime e responsabili della lotta armata a confronto, a cura di G. Bertagna – A. Ceretti – C. Mazzucato, Milano, 2015, passim.

[81] In direzione analoga, con riguardo alla messa alla prova per adulti, R. Muzzica, Il ruolo della vittima negli istituti riparativi, cit., p. 16.

[82] M. Dova, Pena prescrittiva e condotta reintegratoria, cit., pp. 49-50.

[83] In termini in parte analoghi V. Bonini, Le linee programmatiche in tema di giustizia riparativa: il quadro e la cornice, in Legisl. pen. (lalegislazionepenale.eu), 15 giugno 2021, p. 24, secondo cui la direttiva mira esclusivamente ad evitare un coinvolgimento della vittima nel percorso di giustizia riparativa in mancanza di un suo concreto interesse.

[84] Art. 8 Basic Principles on the Use of Restorative Justice Programmes in Criminal Matters delle Nazioni Unite, del 2000; art. 30 Recommendation (2018) 8 of the Committee of Ministers to member States concerning restorative justice in criminal matters, del 3 ottobre 2018.

[85] In ultimo, v. anche il cons. 3 della Dichiarazione dei Ministri della Giustizia degli Stati membri del Consiglio d’Europa sul ruolo della giustizia riparativa in materia penale, in occasione della conferenza dei Ministri della Giustizia del Consiglio d’Europa “Criminalità e Giustizia penale – il ruolo della giustizia riparativa in Europa” (13 e 14 dicembre 2021, Venezia, Italia), cit., che richiede il «riconoscimento preventivo dei fatti criminali da parte dell’autore».

[86] Cfr. Cass., sez. VI, 19 gennaio 1996, n. 649, CED Cass. n. 203647: «La richiesta di applicazione di pena ex art. 447 cod. proc. pen. non implica ammissione di responsabilità né tantomeno confessione per fatti concludenti, ma solamente rinuncia a difendersi e accettazione di una pena “scontata” in cambio delle energie e del tempo fatto risparmiare nell’interesse generale dell’amministrazione della giustizia». Conf., in motivazione, Cass., sez. un., 18 aprile 1997, n. 3600, in Cass. pen., 10 (1997), pp. 2666 ss., nt. D. Carcano, La sentenza di patteggiamento non è titolo per la revoca di una precedente sospensione condizionale della pena: una soluzione da rimeditare? In termini analoghi, con riferimento alla messa alla prova per adulti, Cass., sez. V, 4 giugno 2015, n. 24011, CED Cass. n. 263777. V. invece, per il giudizio direttissimo, l’art. 449 c. 5 c.p.p., ove è richiesta una confessione completa e non ritrattata (L. Luparia, La confessione dell’imputato nel sistema processuale penale, Milano, 2006, pp. 215 ss.).

[87] G. Di Chiara, Scenari processuali per l’intervento di mediazione: una panoramica sulle fonti, in Riv. it. dir. proc. pen., 2 (2004), p. 513.  Sul fondamento costituzionale e sovranazionale del diritto al silenzio, v. in ultimo Corte cost., 30 aprile 2021, n. 84, in Sist. pen. (sistemapenale.it), 3 maggio 2021.

[88] A. Ceretti, Mediazione, in Il processo penale dei minori: quale riforma per quale giustizia. Atti del convegno. Macerata, 4-5 luglio 2003, Milano, 2004, p. 116.

[89] In questi termini, V. Bonini, Le linee programmatiche in tema di giustizia riparativa: il quadro e la cornice, cit., pp. 26-27; E. A. A. Dei Cas, Qualche considerazione in tema di giustizia riparativa nell’ambito della legge delega Cartabia, in Arch. pen., 3 (2021), p. 15; G. Di Chiara, Scenari processuali per l’intervento di mediazione: una panoramica sulle fonti, cit., p. 513; C. Mazzucato, Mediazione e giustizia riparativa in ambito penale. Spunti di riflessione tratti dall’esperienza e dalle linee guida internazionali, in Verso una giustizia penale “conciliativa”. Il volto delineato dalla legge sulla competenza penale del giudice di pace, a cura di L. Picotti – G. Spangher, Milano, 2002, p. 119; G. Ubertis, Riconciliazione, processo e mediazione in ambito penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 4 (2005), p. 1333.

[90] M. Miraglia, La messa alla prova dell’imputato adulto. Analisi e prospettive di un modello processuale diverso, cit., pp. 174-175.

[91] Art. 8 Basic Principles on the Use of Restorative Justice Programmes in Criminal Matters delle Nazioni Unite, del 2000; art. 30 Recommendation (2018) 8 of the Committee of Ministers to member States concerning restorative justice in criminal matters, del 3 ottobre 2018.

[92] In questo senso, Corte Suprema di Cassazione – Ufficio del Massimario e del Ruolo. Rel. N. III/07/2014. Prime riflessioni sulle nuove disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili, in https://cortedicassazione.it (ultima consultazione il 14 febbraio 2022), p. 27, ove si richiama l’applicazione analogica dell’art. 228 c. 3 c.p.p. In termini, F. Nevoli, La sospensione del procedimento e la decisione ‘sulla prova’, in La deflazione giudiziaria. Messa alla prova per adulti e proscioglimento per tenuità del fatto, a cura di N. Triggiani, Torino, 2014, p. 170.

[93] Su cui si rinvia a C. Conti, Accertamento del fatto e inutilizzabilità nel processo penale, Padova, 2007, pp. 78 ss.

[94] Corte cost., 3 ottobre 2019, n. 219, in Giur. cost., 5 (2019), pp. 2582 ss., nt. P. Ferrua, Perquisizioni illegittime e sequestro: una singolare decisione di inammissibilità con effetti dissuasivi.

[95] L. Bartoli, La sospensione del procedimento con messa alla prova, cit., p. 201; M. Miraglia, La messa alla prova dell’imputato adulto. Analisi e prospettive di un modello processuale diverso, cit., pp. 178-179. L’introduzione di un’ipotesi di inutilizzabilità speciale è contemplata dalla delega ex art. 1 c. 18 lett. d) l. n. 134/2021: infra, §10.

[96] G. Di Chiara, La premura e la clessidra: i tempi della mediazione penale, in Dir. pen. proc., 4 (2015), pp. 381 ss.; C. Mazzucato, Mediazione e giustizia riparativa in ambito penale. Spunti di riflessione tratti dall’esperienza e dalle linee guida internazionali, cit., pp. 103 ss.

[97] United Nations Office on Drugs and Crime. Handbook on Restorative Justice programmes, cit., p. 56.

[98] C. Mazzucato, Appunti per una teoria 'dignitosa' del diritto penale a partire dalla restorative justice, cit., pp. 110 ss.

[99] Art. 15 Basic Principles on the Use of Restorative Justice Programmes in Criminal Matters delle Nazioni Unite, del 2000; artt. 31, 47, 48 Recommendation (2018) 8 of the Committee of Ministers to member States concerning restorative justice in criminal matters, del 3 ottobre 2018.

[100]C. Mazzucato, Mediazione e giustizia riparativa in ambito penale. Spunti di riflessione tratti dall’esperienza e dalle linee guida internazionali, cit., p. 103.

[101] G. Di Chiara, La premura e la clessidra: i tempi della mediazione penale, cit., p. 381.

[102] M. Cartabia, Ridurre del 25% i tempi del giudizio penale: un’impresa per la tutela dei diritti e un impegno con l’Europa, per la ripresa del Paese, in Sist. pen. (sistemapenale.it), 31 maggio 2021.

[103] In argomento, V. Bonini, Le linee programmatiche in tema di giustizia riparativa: il quadro e la cornice, cit., pp. 1 ss.; G. De Francesco, Brevi appunti sul disegno di riforma della giustizia, in Legisl. pen. (lalegislazionepenale.eu), 23 agosto 2021, pp. 1 ss.; E. A. A. Dei Cas, Qualche considerazione in tema di giustizia riparativa nell’ambito della legge delega Cartabia, cit., pp. 1 ss.; B. Romano, La riforma del sistema penale secondo la Commissione Lattanzi, in Legisl. pen. (lalegislazionepenale.eu), 23 giugno 2021, p. 6. Lamentava la mancata valorizzazione della restorative justice nell’originario disegno di legge D. Vigoni, Ampliamento delle procedure alternative e ipotrofia dei moduli riparatori (osservazioni a margine di un progetto di riforma), in Sist. pen. (sistemapenale.it), 26 febbraio 2021, pp. 12-13.

[104] Per i primi commenti sul punto, R. Bartoli, Verso la riforma Cartabia: senza rivoluzioni, con qualche compromesso, ma con visione e respiro, in Dir. pen. proc., 9 (2021), p. 1169; F. Consulich – M. Miraglia, Costo del processo e fuga dalla giurisdizione. Il volto futuribile del sistema penale in due topoi: la giustizia riparativa e l’Ufficio per il processo, in Discrimen (discrimen.it), 12 febbraio 2022, pp. 3 ss.; G. Daraio, Le alternative al carcere tra riforme tradite e svolte annunciate: prime osservazioni sulle novità contenute nella “legge Cartabia” (l. 27 settembre 2021, n. 134), in Arch. pen. (archiviopenale.it), 3 (2021), pp. 21 ss.; G. De Marzo, La legge delega disegnata dalla riforma Cartabia con riguardo al processo penale (seconda parte): dalla fase del giudizio all’esecuzione della pena, in Foro it., 11 (2021), pp. 293 ss.; E. N. La Rocca, Il modello di riforma “Cartabia”: ragioni e prospettive della Delega n. 134/2021, ivi, pp. 29 ss.; G. Varraso, La legge “Cartabia” e l’apporto dei procedimenti speciali al recupero dell’efficienza processuale, in Sist. pen. (sistemapenale.it), 2 (2022), pp. 45 ss.

[105] Nell’impianto delle proposte della Commissione Lattanzi, un indiretto favor per la giustizia riparativa sarebbe disceso dalla possibilità di patteggiare l’affidamento in prova al servizio sociale (art. 9 bis c. 1 lett. d)), inteso come sanzione sostitutiva delle pene detentive brevi, con ricorso alla mediazione in executivis. La proposta non è tuttavia stata recepita dalla delega, che non contempla l’affidamento in prova fra le sanzioni sostitutive (art. 1 c. 17). In argomento, G. Varraso, La legge “Cartabia” e l’apporto dei procedimenti speciali al recupero dell’efficienza processuale, cit., pp. 43 ss.

[106] L’art. 9-quinquies lett. e) del testo predisposto dalla Commissione operava un generico riferimento al recepimento dei restorative justice programs «in ogni stato e grado del procedimento di merito, nell’ambito degli istituti previsti dal codice penale, dal codice di procedura penale, dall’ordinamento penitenziario, dall’ordinamento minorile e da leggi speciali che possano essere arricchiti dall’innesto della prospettiva riparativa».

Dal canto suo, l’art. 1 c. 18 lett. e) della delega si limita a «prevedere che l’esito favorevole dei programmi di giustizia riparativa possa essere valutato nel procedimento penale e in fase di esecuzione della pena». Si sposa così un «modello flessibile e leggero» di giustizia riparativa, in luogo di un «modello forte e pesante» connotato dall’estinzione, all’esito dei restorative justice programs, di una cerchia selezionata di reati: R. Bartoli, Verso la riforma Cartabia: senza rivoluzioni, con qualche compromesso, ma con visione e respiro, cit., p. 1169.

[107] La Relazione suggerisce «l’innesto a livello normativo» della giustizia riparativa nell’ambito dei seguenti istituti: «non punibilità per particolare tenuità̀ del fatto (articolo 131-bis c.p.), commisurazione della pena (articolo 133 c.p.), estinzione del reato per condotte riparatorie (articolo 162-ter c.p.), sospensione condizionale della pena (articoli 163 ss. c.p.), sospensione del processo per messa alla prova (articoli 168-bis ss. c.p.), perdono giudiziale (articolo 169 co. 1), liberazione condizionale (articolo 176 c.p.), esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto (articolo 34 d.lgs. 274/2000), estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie davanti al giudice di pace (articolo 35 d.lgs. 274/2000), trattamento penitenziario (articoli 1 e 15 l. 354/1975) e misure alternative alla detenzione». A ciò si aggiunge il nuovo istituto della archiviazione meritata ex art. 3 bis d.d.l. A.C. 2435, non recepito però dalla legge di delega. Cfr. Relazione finale e proposte di emendamenti al D.D.L. A.C. 2435 (24 maggio 2021), cit., pp. 74-75.

[108] Evidenzia la vaghezza del criterio direttivo G. Varraso, La legge “Cartabia” e l’apporto dei procedimenti speciali al recupero dell’efficienza processuale, cit., p. 38.

[109] Parla di salutare rinuncia a una indebita «fuga in avanti» della Commissione – pur ritenendo astrattamente preferibile un riferimento al minimo edittale in luogo del massimo – R. Bartoli, Verso la riforma Cartabia: senza rivoluzioni, con qualche compromesso, ma con visione e respiro, cit., p. 1169.

[110] In questa direzione può essere letto un recente arresto della Consulta, che ha dichiarato non fondata la questione di costituzionalità dell’art. 2 c. 2-bis l. 24 marzo 2001, n. 89, nella parte in cui, ai fini dell’equa riparazione da irragionevole durata del processo, considera quest’ultimo iniziato per la persona offesa soltanto dalla costituzione di parte civile. Per la Corte, nell’ambito dell’attuazione della delega in materia di giustizia riparativa «i diritti, anche di natura civile, della vittima del reato potranno trovare migliore protezione, attraverso l’introduzione di meccanismi idonei a prevenirne la violazione».

Cfr. Corte cost., 26 ottobre 2021, n. 203, in https://processopenaleegiustizia.it (ultima consultazione il 14 febbraio 2022). Esprime perplessità sul punto G. De Marzo, La legge delega disegnata dalla riforma Cartabia con riguardo al processo penale (seconda parte): dalla fase del giudizio all’esecuzione della pena, cit., pp. 293 ss.

[111] Un’ulteriore valorizzazione dell’art. 162 ter c.p. era proposta dalla Commissione Lattanzi, che ne suggeriva l’estensione ai reati perseguibili a querela non rimettibile, sia pure con il consenso dell’offeso (art. 8 c. 1 lett. f)).

[112] V. per tutti C. Perini, Condotte riparatorie ed estinzione del reato ex art. 162 ter c.p.: deflazione senza “Restorative Justice, in Dir. pen. proc., 10 (2017), pp. 1274 ss.

In termini parzialmente diversi, E. Venafro, Le condotte riparatorie tra deflazione e mediazione, in Istanze di deflazione tra coerenza dogmatica, funzionalità applicativa e principi di garanzia. Atti dell’incontro di studi. Pisa, 22 marzo 2019, cit., pp. 72 ss.

Romanelli Bartolomeo



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