Nuovo codice doganale e disciplina del valore: alcune riflessioni sulla ricomprensione delle royalties alla luce delle novità introdotte
Marco Allena
Professore associato di Diritto tributario, Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza
Nuovo codice doganale e disciplina del valore: alcune riflessioni sulla ricomprensione delle royalties alla luce delle novità introdotte
SOMMARIO: - 1. Introduzione: nuovo Codice Doganale e determinazione del valore in dogana. - 2. La disciplina del valore: cenni. - 3. Royalties e diritti di licenza nel nuovo Codice: le condizioni per includerli nel valore da dichiarare in Dogana. - 3.1. Non inclusione delle royalties nel prezzo effettivamente pagato o da pagare e corresponsione delle stesse “in relazione alle merci da valutare”. - 3.2. Il terzo requisito: il pagamento delle royalties come “condizione di vendita” della merce. - 3.3. Le operazioni tra soggetti collegati. - 4. Imprescindibilità della analisi delle singole fattispecie al fine di verificare in quali casi il pagamento delle royalties sia “condizione di vendita”. - 5. Criteri alternativi e forfettizzazione degli elementi in dogana. - 6. Inclusione delle royalties nel valore in dogana alla luce del nuovo Codice e giurisprudenza di merito, in attesa di pronunce della Cassazione.
1. Introduzione: nuovo Codice Doganale e determinazione del valore in dogana.
La determinazione del valore delle merci in importazione[1], in relazione alla partecipazione dei diritti di licenza (le c.d. royalties) al valore tassabile, è uno degli argomenti maggiormente delicati della materia doganale.
L’attenzione ad esso dedicata è peraltro piuttosto recente, e ciò spiega, accanto ad un incremento della dottrina in materia soprattutto negli ultimi anni, l’assenza, ad oggi, di pronunce della Cassazione[2].
Una trattazione del tema non può prescindere da alcuni cenni al nuovo Codice Doganale, stanti le grandi novità dallo stesso introdotte[3].
Con l’entrata in vigore, il 1 maggio 2016, del Regolamento UE n. 952/2013[4], del Regolamento di Esecuzione n. 2015/2447, del regolamento Delegato n. 2015/2446 e del Regolamento Delegato Transitorio n. 2016/341, il nuovo corpus del diritto doganale unionale è finalmente esecutivo, con tutto il carico di novità che accompagna la recente disciplina legislativa[5].
Tra le principali novità del nuovo impianto normativo si può menzionare la modifica del sistema della rappresentanza in dogana[6], così come il perseguimento dell’obiettivo di semplificazione e razionalizzazione dei regimi doganali applicabili alle merci, con particolare riguardo al nuovo regime di perfezionamento attivo[7]; e ancora, non si possono dimenticare le modifiche alla disciplina dell’AEO, che ha accresciuto enormemente l’importanza nel nuovo sistema doganale del relativo status, che nei prossimi anni diventerà indispensabile per gli operatori economici che vorranno rimanere competitivi sul mercato europeo. Per incentivare l’adozione dello status di AEO, infatti, il codice unionale prevede numerose agevolazioni agli operatori, sia in relazione alla riduzione dei controlli fiscali da parte dell’Agenzia delle Dogane sia in tema di velocizzazione del processo di sdoganamento delle merci[8].
L’implementazione delle misure di favore nei confronti dell’AEO conferma anche il decisivo passo delle Agenzie fiscali verso i contribuenti nell’ottica di un rapporto tra dogane e operatori fondato sulla cooperazione tra le parti, riducendo di conseguenza i costi di controllo e di enforcement delle norme unionali.
Infine, merita menzione l’introduzione di ulteriori procedure doganali semplificate[9].
Resta ancora irrisolto il tradizionale conflitto tra valore in dogana e transfer pricing: le due discipline presentano regole ispirate a finalità tra loro opposte, con la conseguenza che in presenza di un unico prezzo la medesima operazione intercompany può talora presentare valori diversi[10].
Di conseguenza, tentativi di convergenza devono per il momento ancora essere gestiti localmente dai singoli Paesi[11]: a tal proposito l’Amministrazione italiana ha dato prova di un notevole dinamismo[12], e non sono mancati impulsi degni di nota da parte degli organismi internazionali[13].
Nemmeno è stata risolta, in sede di discussione in merito al (meglio, in vista del e successivamente al) nuovo codice unionale, la annosa querelle sulla natura dell’IVA all’importazione[14]. Sul punto è intervenuta la sentenza della Corte Europea di Giustizia nel caso Equoland[15], che ha riconosciuto l’IVA all’importazione come tributo interno, sottolineando che il meccanismo dell’inversione contabile (c.d. reverse charge) integra una modalità di effettivo assolvimento dell’imposta.
Modifiche importanti, che avranno conseguenze notevoli sul sistema, hanno toccato anche il valore in dogana[16].
Ci occuperemo in questa sede di uno degli ambiti di tale disciplina, e vedremo le novità apportate dal nuovo codice doganale alle norme sulla ricomprensione delle royalties nel valore delle merci da dichiarare in dogana.
Tale tema dava luogo, già nel precedente sistema normativo, a diverse discussioni, che né la dottrina né la giurisprudenza di legittimità hanno avuto il tempo di risolvere.
L’approvazione e l’entrata in vigore del nuovo Codice rappresentano dunque un’ottima occasione per fare il punto su una delle tematiche più interessanti in materia, vale a dire la ricomprensione, nella dichiarazione del valore in dogana, dei corrispettivi e diritti di licenza (ossia le c.d. royalties).
Per comprendere le novità apportate dalla nuova disciplina unionale delle royalties non si può non partire dall’analisi delle norme in tema di “valore in dogana”[17], alla luce appunto delle novità del nuovo Codice.
2. La disciplina del valore: cenni.
La disciplina unionale in tema di valore in dogana delle merci[18] è ricompresa nel Codice Doganale Unionale (CDU) di cui al Reg. Ue 952/13, con particolare riferimento agli artt. da 69 a 76, e nel Regolamento di esecuzione 2015/2447 (R.E.), oltre che nel Regolamento Delegato 2015/2446 (RD) e nel Regolamento Delegato Transitorio 2016/341[19].
In particolare, l’art. 70 del CDU, nel disciplinare il metodo di determinazione del valore basato sull’analisi del valore di transazione, qualifica al primo paragrafo quest’ultimo – base primaria per il calcolo del valore in dogana delle merci – come “il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando sono vendute per l’esportazione verso il territorio doganale dell’Unione, eventualmente adeguato” [20].
Al secondo paragrafo dell’art. 70 viene ulteriormente precisato che il prezzo effettivamente pagato o da pagare è “il pagamento totale che è stato o deve essere effettuato dal compratore nei confronti del venditore, per le merci importate, e comprende tutti i pagamenti che sono stati o devono essere effettuati, come condizione della vendita delle merci importate.”La necessaria ricomprensione nella valorizzazione della merce della totalità dei pagamenti, da effettuarsi come condizione di vendita, comporta, come opportunamente rilevato dalla Circolare n. 5/D/2017 del 21 aprile 2017, che tale dato sia ora elemento essenziale della “base primaria per il valore in dogana delle merci” (art. 70, paragrafo 1, CDU) in forza degli artt. 73, lett. a) e 70, paragrafo 2, CDU. Al contrario, nel previgente CDC, quello che a tutti gli effetti risulta essere un principio cardine del “valore in dogana” era relegato a mero ruolo di “aggiustamento” da addizionare a tale valore (artt. 32 e ss. CDC).
Al fine della applicazione del valore di transazione devono ricorrere tutte le condizioni seguenti:
“a) non devono esistere restrizioni per la cessione o per l’utilizzazione delle merci da parte del compratore, oltre a una qualsiasi delle seguenti:
i) restrizioni imposte o richieste dalla legge o dalle autorità pubbliche nell’Unione;
ii) limitazioni dell’area geografica nella quale le merci possono essere rivendute;
iii) restrizioni che non intaccano sostanzialmente il valore in dogana delle merci;
b) la vendita o il prezzo non devono essere subordinati a condizioni o prestazioni per le quali non possa essere determinato un valore in relazione alle merci da valutare;
c) nessuna parte dei proventi di qualsiasi rivendita, cessione o utilizzazione successiva delle merci da parte del compratore deve ritornare, direttamente o indirettamente, al venditore, a meno che non possa essere operato un appropriato adeguamento;
d) il compratore e il venditore non devono essere collegati o la relazione non deve aver influenzato il prezzo.”
Diversamente opereranno i metodi secondari di determinazione del valore in dogana, di cui all’art. 74, ai sensi del quale “quando il valore in dogana delle merci non può essere determinato a norma dell’articolo 70, si prendono in considerazione, nell’ordine, le lettere da a) a d) del paragrafo 2, fino alla prima di queste lettere che consente di determinarlo. L’ordine di applicazione delle lettere c) e d) del paragrafo 2 è invertito se il dichiarante lo richiede.
Il valore in dogana, ai sensi del paragrafo 1, è:
a) il valore di transazione di merci identiche, vendute per l’esportazione verso il territorio doganale dell’Unione ed esportate nello stesso momento o pressappoco nello stesso momento delle merci da valutare;
b) il valore di transazione di merci similari, vendute per l’esportazione verso il territorio doganale dell’Unione ed esportate nello stesso momento o pressappoco nello stesso momento delle merci da valutare;
c) il valore basato sul prezzo unitario al quale le merci importate, o merci identiche o similari importate, sono vendute nel territorio doganale dell’Unione nel quantitativo complessivo maggiore a persone non collegate ai venditori; oppure
d) valore calcolato, eguale alla somma:
i) del costo o del valore delle materie e delle operazioni di fabbricazione o altre, utilizzate per produrre le merci importate;
ii) di un importo rappresentante gli utili e le spese generali, pari a quello che comportano generalmente le vendite di merci della stessa qualità o dello stesso tipo delle merci da valutare, realizzate da produttori del paese di esportazione per l’esportazione a destinazione dell’Unione;
iii) del costo o del valore degli elementi di cui all’articolo 71, paragrafo 1, lettera e). 3. Se il valore in dogana non può essere determinato a norma del paragrafo 1, esso viene determinato, sulla base dei dati disponibili nel territorio doganale dell’Unione, mediante mezzi ragionevoli compatibili con i principi e con le disposizioni generali:
a) dell’accordo relativo all’applicazione dell’articolo VII dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio;
b) dell’articolo VII dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio;
c) del presente capo.”
Ulteriore elemento di novità è rappresentato dalla precisazione contenuta nel Regolamento di esecuzione n. 2447/2015, recante, per l’appunto, le modalità di applicazione delle disposizioni del CDU, con particolare riguardo al momento della rilevanza del valore in dogana.
In particolare, l’articolo 128 R.E. precisa che il valore di transazione delle merci vendute per l’esportazione verso il territorio doganale dell’Unione è fissato al momento dell’accettazione della dichiarazione doganale sulla base della vendita avvenuta immediatamente prima che le merci venissero introdotte in tale territorio doganale.
È perciò rilevante, a fini doganali, l’ultima vendita internazionale effettuata prima che le merci entrino nel territorio doganale dell’Unione. Come precisato dalla Commissione Europea nel documento TAXUD/B4/2016 n. 808781, è necessario che la stessa sia realmente una “vendita per l’esportazione” (c.d. last sale rule principle), essendo irrilevante la c.d. “vendita nazionale”[21].
Nel caso in cui le merci siano vendute per l’esportazione verso il territorio doganale dell’Unione, non prima di essere introdotte in tale territorio doganale, ma mentre si trovano in custodia temporanea o sono vincolate a un regime speciale diverso dal transito interno, dall’uso finale o dal perfezionamento passivo, il valore di transazione è determinato sulla base di tale vendita (art. 128, paragrafo 2, R.E.).
Nell’ipotesi appena menzionata le merci, al momento dell’ingresso nel territorio doganale dell’Unione, non sono dichiarate per essere immesse in libera pratica, ma saranno poste in custodia temporanea o vincolate ad un regime speciale per il quale il pagamento dei diritti rimane sospeso[22].
Sul punto, la Circolare n. 5/D/2017 chiarisce che nell’ipotesi di cui al paragrafo 1 dell’art. 128 R.E. il calcolo del valore deve arrestarsi al momento precedente anche all’eventuale introduzione in deposito. Diversamente, nel caso contemplato dal paragrafo 2 della medesima disposizione, il calcolo del valore/base imponibile si sposta fino al momento della materiale estrazione dal deposito, presentando come fattura di accompagnamento quella avvenuta in regime sospensivo e, quindi, seppur all’interno del territorio doganale dell’Unione, della vendita allo Stato estero immediatamente precedente l’estrazione con contestuale immissione in libera pratica e/o immissione in consumo.
All’art. 129 R.E. vi è l’ulteriore specificazione per cui il prezzo effettivamente pagato o da pagare “comprende la totalità dei pagamenti eseguiti o da eseguire come condizione della vendita delle merci importate dal compratore a una delle seguenti persone:
a) il venditore;
b) un terzo a beneficio del venditore;
c) un terzo collegato al venditore;
d) un terzo quando il pagamento a quest’ultimo è effettuato per soddisfare un obbligo del venditore”.
I pagamenti possono essere fatti, per via diretta o indiretta, anche mediante lettere di credito e titoli negoziabili.
Con il CDU è stato, quindi, ridefinito il concetto di valore di transazione, considerata base primaria per il valore in dogana, con il graduale venir meno della c.d. first sale rule, per cui a rilevare sarà d’ora in poi solo l’ultima vendita avvenuta prima dell’introduzione della merce nel territorio della UE.
3. Royalties e diritti di licenza nel nuovo Codice: le condizioni per includerli nel valore da dichiarare in Dogana.
Con preciso riferimento al nostro tema, occorre premettere che il Codice non fornisce una definizione di “royalties e diritti di licenza”.
A tal riguardo, pertanto, si può richiamarne la definizione generica individuata nell’articolo 12, secondo paragrafo, del Modello OCSE di convenzione sul reddito e sul patrimonio (2014), tale per cui essa ricomprende: “i compensi di qualsiasi natura corrisposti per l’uso o la concessione in uso di un diritto d’autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche, ivi comprese le pellicole cinematografiche e le registrazioni per trasmissioni radiofoniche e televisive, di brevetti, marchi di fabbrica o di commercio, disegni o modelli, progetti, formule o processi segreti, nonché per l’uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche e per informazioni concernenti esperienze di carattere industriale, commerciale o scientifico (comunemente definite “know-how”)” [23].
Tale definizione, già utilizzata dalla previgente normativa, chiarisce che royalties e diritti di licenza costituiscono compensi corrisposti per una serie di diritti immateriali.
Il Codice e gli atti di esecuzione dello stesso, tuttavia, non fanno distinzione tra i vari diritti.
I versamenti di royalties e diritti di licenza non vengono a costituire l’oggetto di specifiche disposizioni, ma piuttosto rientrano nelle disposizioni generali dell’articolo 71 del CDU e 136 del R.E., norme a cui si deve pertanto fare riferimento.
Come confermato anche dalle recenti prese di posizione dell’Agenzia delle Dogane, notevole e decisiva importanza assumono in materia i contratti tra le parti, la cui interpretazione sarà fondamentale da ogni punto di vista (così, da ultimo, anche la Circolare n. 8/D/2016)[24].
Ora, l’art. 71, paragrafo 1, lett. c) del CDU dispone che per la determinazione del valore in dogana ai sensi del disposto di cui al sopra descritto art. 70, il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate è integrato dai “corrispettivi e i diritti di licenza relativi alle merci da valutare, che il compratore, direttamente o indirettamente, è tenuto a pagare come condizione della vendita delle merci da valutare, nella misura in cui detti corrispettivi e diritti di licenza non siano stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare”[25].
In altre parole, ai sensi dell’art. 71, paragrafo 1, lett. c) del CDU le royalties vanno incluse nel valore in dogana solo qualora sussistano tre condizioni concorrenti:
1) non siano state già incluse nel prezzo effettivamente pagato o da pagare; e
2) si riferiscano alle merci da valutare; e
3) l’acquirente sia tenuto a pagarle, o direttamente o indirettamente, come “condizione di vendita” delle merci da valutare.
Tale disciplina va integrata dall’art. 136 del Regolamento di Esecuzione (UE) n. 2015/2447 (adottato dalla Commissione Europea il 24 novembre 2015).
In particolare, a mente dell’art. 136 citato, alle merci importate sono connessi corrispettivi e diritti di licenza se i diritti trasferiti nell’ambito dell’accordo relativo alla licenza o ai corrispettivi sono “incorporati nella merce”.
Non è invece determinante il metodo di calcolo dell’importo dei corrispettivi o dei diritti di licenza.
Esaminiamo dunque le tre condizioni di cui all’art. 71, paragrafo 1, lett. c), partendo dalle prime due e soffermandoci su alcune particolarità.
3.1. Non inclusione delle royalties nel prezzo effettivamente pagato o da pagare e corresponsione delle stesse “in relazione alle merci da valutare”.
Come precisato dal doc. TAXUD/B4/2016 n. 808781, un riferimento diretto alle merci importate è particolarmente chiaro quando le merci stesse costituiscono l’oggetto del contratto di licenza, riportando a titolo esemplificativo il caso in cui vengano importate merci che incorporano il marchio per il quale viene pagato il diritto di licenza, per cui quest’ultimo deve essere considerato come correlato alla merce importata.
Sulla base degli orientamenti esistenti, sempre richiamati nel documento TAXUD/B4/2016 n. 808781, al fine di stabilire se un corrispettivo sia correlato o meno alla merce oggetto della valutazione, occorre innanzitutto determinare che cosa il licenziatario riceva a fronte del versamento.
La norma introduce una presunzione semplice, prevedendo che qualora il metodo di calcolo dell’importo di un corrispettivo o di altro diritto di licenza si basi sul prezzo delle merci importate, si presume, salva prova contraria, che il pagamento di tale corrispettivo o diritto di licenza si riferisca alle merci oggetto della valutazione.
Il menzionato art. 136 R.E., al terzo paragrafo, disciplina l’ipotesi in cui i corrispettivi o i diritti di licenza si riferiscano solo in parte alle merci da valutare, riferendosi in parte ad altri ingredienti o componenti aggiunti alla merce successivamente alla loro importazione, oppure ad attività o servizi successivi all’importazione, prevedendo che venga effettuato un “opportuno adeguamento”.
Il successivo paragrafo 4 dell’art. 136 R.E. precisa le ipotesi in cui i corrispettivi e i diritti di licenza debbano essere considerati condizione della vendita delle merci importate, per cui dovranno essere inclusi nel valore doganale all’importazione se risulti soddisfatta in via alternativa una delle condizioni in esso previste, per le quali rinviamo al successivo paragrafo.
A mente della disposizione citata è appena il caso di rilevare come sia del tutto irrilevante a tal riguardo il Paese in cui è stabilito il destinatario del pagamento dei corrispettivi e o dei diritti di licenza.
Nel caso in cui il soggetto che importa i beni corrisponda le royalties non al venditore extracomunitario, ma ad un terzo, può ragionevolmente rilevare – a prescindere dall’analisi dei contratti di vendita – l’ipotesi di cui alla lett. c), paragrafo 4, art. 136, R.E., ossia che le merci non possono essere vendute all’acquirente o da questo acquistate senza versamento dei corrispettivi o dei diritti di licenza a un licenziante.
3.2. Il terzo requisito: il pagamento delle royalties come “condizione di vendita” della merce.
Al pari del previgente Codice, anche nell’attuale disciplina la maggiore complessità consiste nello stabilire quando il pagamento delle royalties debba essere una “condizione per la vendita”, alla luce dell’esame dei profili richiamati nel precedente paragrafo.
A tal fine, non è ad esempio necessario che il contratto di compravendita tra l’importatore e il venditore extracomunitario preveda espressamente che la fornitura possa essere interrotta nel caso in cui l’importatore/licenziatario non versi le royalties al licenziante.
Nei casi in cui le royalties siano versate non al venditore, ma ad un soggetto terzo, ai fini della loro inclusione nel valore in dogana è sufficiente che a richiedere il pagamento dei corrispettivi sia un soggetto “collegato” al venditore[26].
Occorre precisare che risulta superato il piuttosto complesso sistema normativo pregresso, di cui agli artt. 157 e ss. Reg. CEE 2454/1993, vigente ora l’unica disposizione in materia di cui all’art. 136 R.E.
Tale disciplina applicativa, come confermato anche dalla Agenzia delle dogane e dei Monopoli con la circolare 8/D/16, stabilisce che il pagamento delle royalties è da includere nel valore anche quando non è richiesto espressamente dal venditore o da persona ad esso legata, unica condizione invece imposta dal previgente art. 157 par. 2, delle DAC.
Come accennato in precedenza, l’articolo 136, par. 4 R.E., dispone che “Le royalties e i diritti di licenza sono considerati pagati come condizione della vendita delle merci importate quando è soddisfatta unadelle seguenti condizioni:
(a) il venditore o una persona ad esso collegata chiede all’acquirente di effettuare tale pagamento, o
(b) il pagamento da parte dell’acquirente è effettuato per soddisfare un obbligo del venditore,o
(c) le merci non possono essere vendute all’acquirente o da questo acquistate senza versamento delle royalties o dei diritti di licenza.”
Una rilevante novità della nuova normativa è rappresentata proprio dalla circostanza per cui tali condizioni, a differenza di quelle previste dal previgente CDC, non devono sussistere congiuntamente: sicché oggi è sufficiente che sia soddisfatta una soltanto di esse perché le royalties debbano essere incluse nel valore doganale dei beni importati[27].
Con riguardo al primo dei tre presupposti, esso si considera integrato solo qualora un soggetto controlli direttamente o indirettamente l’altro (art. 127, par. 1, lett. e) R.E.), vale a dire quando il primo sia in grado di esercitare, di diritto o di fatto, un potere di costrizione o di orientamento sul secondo[28].
Quanto al concetto di “persone legate”, ripreso dall’art. 143 delle DAC e oggi trasfuso nell’art. 127 R.E., con specifico riguardo alla locuzione “imporre orientamenti”, la recentissima Circolare n. 5/D/2017 chiarisce che il concetto di collegamento non varia rispetto al passato, in considerazione del fatto che l’endiadi formata dalle parole “costrizione” e “orientamento” è ora semplicemente rimodulata nella locuzione “imporre orientamenti”[29].
In merito al terzo presupposto, esso rappresenta una novità, dal momento che la disposizione fa espresso riferimento sia al fornitore sia “all’acquirente”, e non tiene più conto della circostanza che il venditore richieda il pagamento dei diritti di licenza[30].
In adesione agli attuali orientamenti espressi dalla Agenzia delle Dogane a seguito della recente novella, il criterio da applicare per stabile se il valore in dogana debba o meno essere integrato dalle royalties, nei termini sopra descritti, consiste essenzialmente nel capire se il venditore può vendere o se il compratore può comprare le merci senza pagare royalties o diritti di licenza.
La sussistenza di tale condizione non deve necessariamente essere esplicita, potendo al contrario risultare anche in modo implicito. Ciò significa che la mancata specificazione, nell’accordo di licenza, in merito alla circostanza di subordinare la vendita delle merci importate al pagamento di un corrispettivo o di un diritto di licenza, non esclude di per sé che tali corrispettivi debbano integrare il valore in dogana.
Ulteriore profilo da tenere in considerazione è dato dall’articolo 136, par. 4 lett. c) R.E., laddove chiarisce, rendendolo esplicito, il fatto che le royalties sono, per definizione, pagate al proprietario dei diritti concessi in licenza (licenziante) e vengono versate dall’acquirente delle merci.
Tale disciplina, del resto, rispecchia il Commento n. 25.1 del TCCV – Comitato tecnico del valore in dogana.
Con tale precisazione, la norma indica che le condizioni delle disposizioni di vendita si basano su impegni vincolanti assunti, sia dall’acquirente che dal venditore. Ciò dimostra che il criterio della “condizione di vendita” non si riferisce soltanto alle condizioni imposte dal venditore a se stesso ma anche imposte all’acquirente.
Quest’ultimo profilo riflette altresì il disposto del citato articolo 71, par. 1 lett. c) CDU, che precisa:“royaltiese diritti di licenza relativi alle merci da valutare che l’acquirente deve pagare come condizione di vendita delle merci da valutare”.
3.3. Le operazioni tra soggetti collegati.
Il CDU e il R.E. dedicano una disciplina specifica alle operazioni tra soggetti collegati.
Ai sensi dell’articolo 70, paragrafo 3, lett. d) del CDU, difatti, il valore di transazione si applica, tra l’altro, purché il compratore e il venditore non siano collegati o la relazione non abbia influenzato il prezzo. In particolare, le operazioni tra soggetti collegati trovano nell’articolo 134 Reg. n. 2447/2015 la loro disciplina applicativa[31].
In primis, nella norma viene previsto che quando tra il compratore e il venditore vi sia un collegamento, al fine di determinare se tale legame non abbia influenzato il prezzo della transazione, ove necessario, sono esaminate le circostanze proprie della vendita ed è data al dichiarante/importatore la possibilità di fornire ulteriori informazioni particolareggiate eventualmente necessarie in merito a tali circostanze.
Ad ogni modo, è comunque prevista la valutazione delle merci secondo il metodo di cui all’articolo 70, paragrafo 1, CDU se il dichiarante dimostra che il valore di transazione dichiarato è estremamente vicino a uno dei seguenti valori assunti come criteri, determinati allo stesso momento o pressappoco allo stesso momento:
a) il valore di transazione in occasione di vendite, tra compratori e venditori che non sono legati in alcun caso particolare, di merci identiche o similari per l’esportazione a destinazione del territorio doganale dell’Unione;
b) il valore in dogana di merci identiche o similari, determinato a norma dell’articolo 74, paragrafo 2, lett. c), CDU;
c) il valore in dogana di merci identiche o similari, determinato a norma dell’articolo 74, paragrafo 2, lett. d), CDU.
Tali valori devono essere utilizzati su richiesta del dichiarante, e non sostituiscono il valore di transazione dichiarato.
Lo stesso art. 134 R.E. precisa che al momento di stabilire il valore di merci identiche o similari, si debba tener conto dei seguenti elementi:
a) le differenze dimostrate tra i livelli commerciali;
b) le quantità;
c) gli elementi elencati all’articolo 71, paragrafo 1, del codice;
d) i costi sostenuti dal venditore in occasione di vendite in cui venditore e compratore non sono collegati, se tali costi non sono sostenuti dal venditore in occasione di vendite tra soggetti collegati.
I valori assunti come criteri devono essere utilizzati su richiesta del dichiarante; ad ogni modo la norma prevede che tali valori non sostituiscono il valore di transazione dichiarato.
Tali circostanze assumeranno, pertanto, concreto rilievo e dovranno essere opportunamente considerate per le operazioni che dovessero avvenire tra i diversi soggetti, al fine di individuare il metodo di valutazione del valore in dogana delle merci, presupposto cui farà seguito l’eventuale inclusione delle royalties versate a terzi licenziatari.
4. Imprescindibilità della analisi delle singole fattispecie al fine di verificare in quali casi il pagamento delle royalties sia “condizione di vendita”.
Come anticipato nei paragrafi precedenti, la corresponsione delle royalties è da ritenersi “condizione di vendita” qualora dal legame tra le componenti negoziali dei contratti di compravendita e i contratti di licenza emerga che “le merci non possono essere vendute all’acquirente o da questo acquistate senza versamento delle royalties o dei diritti di licenza”,con ciò venendo in rilievo non solo i vincoli che il venditore impone a se stesso, ma anche all’acquirente.
A tal fine, dovrà pertanto ipotizzarsi se l’operazione commerciale nel suo complesso possa o meno avvenire a prescindere dal versamento dei diritti di licenza[32].
È a questo proposito che diventa determinante, nelle varie fattispecie, la specifica analisi dei contratti di compravendita, secondo quanto precisato dal Commento n. 25.1 del TCCV – Comitato tecnico del valore in dogana, in tema di royalties e diritti di licenza a terzi.
E infatti il Commentario, al punto 8, nella determinazione se una royalty o diritto di licenza costituisca condizione di vendita dei beni da valutare qualora le royalties siano pagate a parti terze non legate al venditore, rileva come ciò dipenda da una revisione di tutte le circostanze della vendita e dell’importazione dei beni.
Secondo il Comitato Tecnico alcuni fattori che dovranno essere presi in considerazione nel determinare se il pagamento delle royalties o dei diritti di licenza sia una condizione della vendita sono: il richiamo alla royalty o al diritto di licenza nei contratti di vendita o nei documenti connessi; il riferimento alla vendita dei beni nei contratti di licenza; la possibilità che, secondo i termini dei contratti di vendita o dei contratti di licenza, i contratti di vendita possano essere risolti come conseguenza della risoluzione dei contratti di licenza, qualora il compratore/importatore non paghi la royalty o il diritto di licenza al licenziante (ciò infatti indicherebbe il legame tra il pagamento del diritto di licenza o della royalty e la vendita dei beni da valutare); la presenza di una clausola nel contratto di licenza che indichi che qualora le royalties o i diritti di licenza non siano pagati, il produttore non potrà produrre o vendere i beni incorporanti la proprietà intellettuale all’importatore; l’esistenza, nel contratto di licenza, di clausole che consentano al licenziante di gestire la produzione o la vendita tra il produttore e l’importatore (vendite per l’esportazione nel paese dell’importazione) secondo criteri che oltrepassino il mero controllo qualità.
È soltanto da un attento esame della rispondenza di tali profili all’interno delle singole fattispecie che potranno riscontrarsi i punti di contatto tra i casi concreti e gli indicatori del Commentario 25.
Infatti, da una parte e innanzitutto, si può ragionevolmente ritenere che l’Amministrazione Finanziaria fondi su tali indici la sussistenza del pagamento della royalty o del diritto di licenza come condizione di vendita dei beni da valutare; dall’altra, e in secondo luogo, la qualità e la quantità degli indicatori di cui essa potrebbe avvalersi sembrano idonee a sostenere che in determinati casi le royalties debbano integrare il valore in dogana dei beni.
5. Criteri alternativi e forfettizzazione degli elementi in dogana.
Occorre evidenziare che in linea generale, qualora i dubbi sul valore in dogana non dovessero essere superati dalle informazioni supplementari fornite all’Autorità, diventerebbero applicabili i criteri alternativi, che sostanzialmente non si discostano da quanto previsto nel previgente CDC e che consistono nel valore di meri identiche o similari, nel valore basato sul prezzo unitario al quale le merci importate sono vendute nel territorio doganale dell’Unione, nonché nel valore calcolato sulla base dei costi diretti o indiretti di produzione.
Va precisato che costituisce elemento innovativo del CDU la previsione della possibilità di richiedere all’Autorità Doganale la forfettizzazione degli elementi del valore e dello stesso valore di transazione. In particolare, all’art. 73 del Codice sono previste semplificazioni nella determinazione degli importi che costituiscono parte del valore in dogana oltre che degli elementi aggiuntivi e diminutivi sulla base di criteri specifici e in presenza di autorizzazione dell’Autorità Doganale.
Tale sistema di semplificazione del valore può risultare particolarmente utile in tema di diritti di licenza e royalties, atteso che la quantificazione di questi potrebbe non essere nota al momento dello sdoganamento, maturando solo in caso di effettiva vendita delle merci recanti i marchi in licenza (dipendendo dal cd. fatturato netto).
In particolare, in tali casi potrebbe risultare utile l’opzione, che andrà valutata con particolare cautela ed attenzione, consistente nella richiesta all’autorità doganale per l’autorizzazione al calcolo semplificato ai sensi dell’art. 73 CDU.
Ai sensi di quest’ultima norma, difatti, le autorità doganali possono autorizzare su richiesta la determinazione dei seguenti importi sulla base di criteri specifici, se non sono quantificabili alla data di accettazione della dichiarazione in dogana: si tratta degli importi che formano il valore di transazione (e che non possono essere quantificati all’atto dell’espletamento delle formalità doganali) e degli importi che devono essere inclusi o non devono essere considerati quali elementi del valore in dogana.
Va inoltre considerata l’ulteriore circostanza per cui i diritti di licenza non attengono sempre a tutte le merci importate, essendo compresa una quota di prodotti non venduti, resi o giacenti nei magazzini non coperti dai contratti di licenza.
La procedura semplificata di cui all’art. 73 CDU pertanto potrebbe rivelarsi in tali ipotesi uno strumento tecnico di portata rilevante e innovativa.
Tale procedura, tuttavia, richiede per la propria attivazione la presenza congiunta di una serie di condizioni. Innanzitutto, che l’applicazione del procedimento di cui all’art. 166 del CDU, ovvero la dichiarazione semplificata (con tale procedura le dichiarazioni doganali possono vedere indicato il valore solo in un momento successivo, restando la bolletta “sospesa” per un periodo determinato intercorrente tra la data di introduzione della merce nell’UE e quelle di conoscenza e comunicazione degli importi delle royalties) comporti, nel caso concreto, un costo amministrativo notevole; in secondo luogo, che il valore in dogana determinato non differisca in modo significativo da quello determinato in assenza di autorizzazione.
La concessione dell’autorizzazione in parola è inoltre subordinata ad ulteriori requisiti: che il richiedente soddisfi il criterio di cui all’art. 39 lett. a) CDU, ovvero il requisito soggettivo utile per ottenere lo status di Operatore Economico Autorizzato; l’utilizzazione di un sistema contabile compatibile con i principi contabili generalmente accettati e applicati nello Stato Membro in cui è tenuta la contabilità e che faciliterà i controlli doganali mediante audit; la disponibilità di un’organizzazione amministrativa corrispondente al tipo e alla dimensione dell’impresa, adatta alla gestione dei flussi di merci nonché di un sistema di controllo interno in grado di individuare le transazioni illegali o irregolari.
Ora, è evidente che la possibilità fornita dall’art. 73 CDU di addivenire, in presenza di tutti i presupposti e requisiti accennati, ad un accordo con l’Autorità doganale, consentirà una gestione operativamente efficiente delle operazioni di sdoganamento, fornendo la possibilità di un criterio di calcolo certo ed evitando complesse procedure di differimento di revisione dell’accertamento o di differimento della determinazione del valore.
6. Inclusione delle royalties nel valore in dogana alla luce del nuovo Codice e giurisprudenza di merito, in attesa di pronunce della Cassazione.
La ricomprensione delle royalties nel valore imponibile in dogana è stata oggetto sino ad ora di limitati interventi giurisprudenziali, come già accennato.
Quanto ai presupposti per l’inclusione dei diritti di licenza nel valore in dogana, con riguardo ai requisiti espressi dall’art. 71 del CDU e, precedentemente, dall’art. 32 del Reg. CEE n. 2913/1992, la giurisprudenza ha ribadito che affinché rientrino nel valore doganale anche le royalties è necessario che sussistano tre condizioni fondamentali: il rapporto tra il fornitore estero e la casa madre con cui l’azienda in considerazione abbia stipulato un accordo infragruppo, il pagamento delle royalties riferibile alle merci oggetto di valutazione ed infine il pagamento delle stesse come condizione di vendita delle merci dai fornitori[33].
In particolare, si rileva che le royalties devono essere corrisposte come una condizione di vendita della merce, e a tal fine è sufficiente che a richiedere il pagamento sia un soggetto “legato” al venditore[34], arrivando però ad escludere tale legame in relazione all’obbligo di rispettare elevati standard qualitativi imposti dal licenziante.
Alle medesime conclusioni era giunta la Commissione tributaria regionale di Milano, secondo la quale il controllo di qualità e le determinate condizioni di lavoro imposte ai fabbricanti devono essere valutate nel proprio complesso, e non necessariamente implicano un controllo gestionale del licenziante sulle società stesse[35].
Tuttavia tale requisito sussisterebbe ogniqualvolta il contratto di licenza conferisca al licenziante il potere, ad esempio, di procedere all’approvazione dei modelli o di fissare le condizioni di prezzo[36].
Più di recente, la giurisprudenza ha affermato che la somma pagata dalla società importatrice a titolo di royalty per lo sfruttamento dei marchi di fabbrica a un soggetto terzo, completamente estraneo, non avendo alcun controllo e/o rapporto con le ditte fornitrici, è irrilevante ai fini della determinazione del valore doganale delle merci, in quanto tale pagamento non rappresenta condizione di vendita e, pertanto, non è soggetto a imposizioni di confine, come dazi o IVA[37].
Sempre in merito alla nozione di “condizione di vendita delle merci da valutare”, la Commissione regionale milanese ha affermato che essa deve essere intesa come conditio in base alla quale il venditore è disposto ad autorizzare la vendita dei prodotti solo in presenza del pagamento dei diritti di licenza[38]. I giudici hanno altresì ribadito che per integrare una “condizione di vendita”, il controllo di fatto non può limitarsi ad un mero controllo di qualità della merce prodotta con il marchio soggetto a licenza, ma deve assumere la forma di un vero e proprio potere di interdizione dell’attività del licenziatario, finalizzato allo specifico interesse patrimoniale del licenziante al pagamento delle royalties. In senso conforme, una pronuncia successiva della medesima commissione aggiunge che la verifica in parola debba risultare non solo facendo riferimento alle clausole espresse nel contratto, ma anche dalle note che le parti si sono trasmesse[39].
Da ultimo, ancora la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha avuto modo di pronunciarsi nuovamente sulla questione. In riferimento agli art. 32, comma primo, lett. c) del Reg. CEE n. 2913/1992 e all’art. 157 delle DAC, ora artt. 71 CDU e 136 R.E. consegue che, “ove nel prezzo dei beni pagato o da pagare dal compratore non fosse incluso il corrispettivo e i diritti di licenza questi debbono essere inclusi nel “valore in dogana” se l’importo versato o da versare a tale titolo si riferisce ai beni specificamente sottoposti a valutazione e se il venditore in assenza di tale ulteriore onere del compratore non avrebbe effettuato la vendita”.
Con particolare riguardo all’ipotesi in cui il titolare dei diritti sul bene non sia il venditore ma un terzo, l’importo del corrispettivo e del diritto di licenza va incluso nel “valore in dogana” dei beni sottoposti a valutazione solo se è lo stesso venditore o persona ad esso legata ad indicare all’acquirente la necessità di effettuare il pagamento a una terza persona. Quanto al riferimento alla nozione di “persona ad esso legata”, o “collegata”, per usare la nuova terminologia dell’art. 136, par. 4, R.E., la Commissione ribadisce che debba trattarsi di un soggetto avente un collegamento con il venditore “che lo legittima ad esprimersi in termini vincolanti nel negozio giuridico in questione nei confronti del compratore”[40].
Sebbene non vi siano orientamenti consolidati in materia, e in assenza di giurisprudenza di legittimità, non si può fare a meno di rilevare come le sentenze di merito si fondino tutte su un’attenta ricostruzione dei rapporti contrattuali in essere e sui vari elementi fattuali, indispensabili appunto ai fini della valutazione dei rapporti intercorrenti fra le parti. L’esame del dato contrattuale rappresenta infatti l’elemento decisivo alla luce del quale stabilire, in ciascun singolo caso, l’imponibilità delle royalties corrisposte[41].
Va da sé che, a maggior ragione alla luce della entrata in vigore del nuovo Codice, diventa quanto mai importante una presa di posizione della Cassazione, indispensabile per fornire elementi di certezza in un ambito così rilevante.*Il contributo è stato sottoposto a double blind peer review
[1] Per un inquadramento generale del tema, si veda P. Boria, Diritto tributario europeo, Milano 2015; S. Armella, Diritto doganale, Milano 2015; E. Varese, Dazi e regimi doganali nell’Unione Europea, Torino 2012; A. Pezzinga, La legge doganale comunitaria e nazionale coordinata e commentata, Milano 2000; A. De Cicco, Legislazione e tecnica doganale, Torino 1999; U. Calderoni, Valore in dogana delle merci. Nozioni e tecnica del suo accertamento, Padova 1955.
[2] Fonte: archivio sentenze Cassazione Civile, De Jure, Giuffrè.
[3] Per una panoramica della previgente disciplina, ci si permette di rinviare al nostro M. Allena, Royalties e valore in dogana, in Diritto e pratica tributaria, 5 (2014), I, pp. 865-880; nonché al nostro I Diritti di licenza in M. Scuffi, G. Albenzio e M. Miccinesi (a cura di), Diritto Doganale, delle Accise e dei Tributi ambientali, Milano 2014, parte II, capitolo XI.
[4] È pur doveroso precisare che stante il disposto dell’art. 288, comma primo, del Reg. UE n. 952/2013 gli articoli 2, 7, 8, 10, 11, 17, 20, 21, 24, 25, 31, 32, 36, 37, 40, 41, 50, 52, 54, 58, 62, 63, 65, 66, 68, 75, 76, 88, 99, 100, 106, 107, 115, 122, 123, 126, 131, 132, 138, 142, 143, 151, 152, 156, 157, 160, 161, 164, 165, 168, 169, 175, 176, 178, 180, 181,183, 184, 186, 187, 193, 196, 200, 206, 207, 209, 212, 213, 216, 217, 221, 222, 224, 225, 231, 232, 235, 236, 239, 253, 265, 266, 28, 273, 276, 279, 280, 281, 283,284, 285 e 286 trovano applicazione già a decorrere dal 30 ottobre 2013.
[5] Esso costituisce il punto di arrivo dell’evoluzione dell’unione doganale e della stessa Unione Europea dalla sua prima costituzione ad oggi, dopo le importanti tappe dei regolamenti n. 2913/92, n. 2454/93, n. 993/01 e n. 648/05. Per un commento sull’evoluzione segnalata e sull’entrata in vigore delle disposizioni del nuovo Codice, cfr. Diritto Doganale, delle Accise e dei Tributi ambientali, in M. Scuffi, G. Albenzio e M. Miccinesi (a cura di), Milano 2014.
[6] Si veda, anche per una generale panoramica sulle novità introdotte dal nuovo Codice, F. Cerioni, Entrato in vigore il codice doganale dell’Unione Europea, in Corr. Trib., 46 (2013), p. 3648.
[7] Si veda B. Ferroni, M. Trabucco, I regimi doganali: cosa cambia con il nuovo Codice doganale dell’Unione, in Il Fisco, 40 (2014), p. 3693.
[8] Per un approfondimento sul procedimento autorizzativo, si vedano il par. 6, nonché gli allegati nn. 1 e 2, della Circolare n. 5/D/2017 del 21 aprile 2017.
[9] Sulle quali, per approfondimenti, si rinvia a B. Ferroni, M. Trabucco, Procedure doganali semplificate: le prospettive del nuovo Codice, in Il Fisco, 36 (2014), p. 3547.
[10] Per approfondimenti sul rapporto tra transfer pricing e valore in dogana, si veda, S. Armella, Diritto doganale, Milano 2015, p. 263 e ss.; ancora, A. Marchesi, M. Zanda, Politiche di transfer pricing e valore del gruppo multinazionale, Milano 2001.
[11] Sul punto, vedi B. Ferroni, La convivenza (ancora difficile) tra valore in dogana e transfer pricing, in Il Fisco, 24 (2014), p. 2379; ancora, M. Fabio, Transfer pricing e valore doganale: un’intesa possibile fra due diverse prospettive, in Fisc. e Comm. Int., 6 (2015).
[12] Si fa rifermento alla Circolare n. 16/D del 6 novembre 2015, frutto di una collaborazione fra Agenzia delle dogane con l’Agenzia delle entrate, nel tentativo di semplificazione dei due sistemi. Per una panoramica completa sulla Circolare citata, si rinvia a S. Armella, L. Piemontese, L’Amministrazione finanziaria riconosce i valori di “transfer pricing” anche ai fini doganali, in Corr. Trib., 3 (2016), p. 199. Sulla prassi amministrativa internazionale, si veda D. Avolio, B. Santacroce, E. Sbandi, Transfer pricing e valore in dogana: le linee guida dell’ICC di Parigi, in Corr. Trib., 31 (2012), p. 2396.
[13] Cfr. M. Fabio, “Transfer pricing” e valore doganale: le istruzioni della Organizzazione Mondiale delle Dogane, in Fisc. e Comm. Int., 11 (2015).
[14] In sede di accertamento doganale volto a recuperare a tassazione le royalties era infatti prassi contestare, oltre il maggior dazio, anche l’IVA all’importazione sui diritti di licenza, anche se l’imposta fosse già assolta dall’importatore attraverso il c.d. reverse charge o in via ordinaria, innescando così un fenomeno di duplicazione dell’imposta.
[15] Cfr. Corte Europea di Giustizia, sent. 17 luglio 2014, C-272/13. Per un approfondimento sul contenuto e gli effetti della pronuncia, si rinvia ad S. Armella, L. Ugolini, Gli effetti della sentenza “Equoland” sul trattamento IVA delle “royalties”, in Corr. Trib., 38 (2014), p. 2975.
[16] Si veda, S. Armella, L. Mannarino, Nuovo codice doganale dell’Unione: cosa cambia nelle regole sul valore doganale, in Corr. Trib., 19 (2016), p. 1507.
[17] Per la speculare tematica dell’assolvimento del tributo doganale e delle connesse garanzie, si veda A. Marcheselli, La riscossione dei diritti doganali, tra tutela degli interessi finanziari della UE, efficienza dei mercati e diritti fondamentali, in Dir. e pratica Trib., 1 (2014).
[18] Per le relative procedure di determinazione dell’obbligazione doganale, si veda F. D’alfonso, Nuovo Codice Doganale: immissione in libera pratica, in Pratica fiscale e professionale, 37 (2016), p. 36.
[19] La previgente normativa sull’inclusione dei diritti di licenza sul valore in dogana è rintracciabile nell’art. 32, comma primo, lett. c) del Reg. CEE n. 2913/1992 (CDC) e negli artt. da 157 a 162 delle Disposizioni Attuative (DAC-CDC). Rilevante è inoltre il documento TAXUD 800/2002-IT approvato dal Comitato del Codice Doganale e revisionato nel 2007. Per una panoramica, si veda B. Santacroce, E. Sbandi, R. Lupi, Royalties “integratrici del prezzo” e valore in dogana, in Dialoghi Tributari, 3 (2012).
[20] Diversamente, l’art. 29, comma primo, del Reg. CEE n. 2913/1992 disponeva che: “Il valore in dogana delle merci importate è il valore di transazione, cioè il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando siano vendute per l’esportazione a destinazione del territorio doganale della Comunità, previa eventuale rettifica effettuata conformemente agli articoli 32 e 33 (…)”.
[21] Ossia una vendita intervenuta tra acquirente e venditore in ambito comunitario, dal momento che si qualifica come priva delle caratteristiche di una vendita per l’esportazione nell’UE. Cfr. L. Ugolini, Il nuovo valore di transazione nel CDU e la disciplina delle “royalties”, in Corr. Trib., 47-48 (2016), p. 3678.
[22] L. Ugolini, Ibid.
[23] La definizione ricalca la versione previgente dell’art. 12, par. 2, dell’OECD “Model Double Taxation Convention on income and on capital” (1977).
[24] Cfr. F. D’Alfonso, Il valore doganale, in Pratica fiscale e professionale, 35 (2016), p. 30.
[25] La disposizione citata riproduce il contenuto del previgente art. 32, comma primo, lett. c) del Reg. CEE n. 2913/1992. Per una panoramica sulle relative “linee guida” dell’Agenzia delle dogane espresse dalla Circolare 21/D/2012, si rinvia a A. Marocco, L. De Angelis, La daziabilità delle royalties corrisposte per l’utilizzo dei marchi, in Fisc. e Comm. Int., 4 (2013), p. 29.
[26] In altre parole, se il licenziante è comunque “legato” al venditore, la condizione in parola può ritenersi integrata. Sulla rilevanza del concetto di “controllo” nella previgente disciplina, cfr. P. Massari, “Royalties” e diritti di licenza nella giurisprudenza di merito, in attesa di pronunce di legittimità, in Corr. Trib., 16 (2014).
[27] Cfr. L. Ugolini, Il nuovo valore di transazione nel CDU…, cit., p. 3678.
[28] Con la precisazione che rimane irrilevante – come era in relazione al concetto di “persone legate” espresso dalle DAC – il mero controllo sulla qualità della produzione, che rientra nella normale prassi commerciale. Cfr. ancora L. Ugolini, Il nuovo valore di transazione nel CDU…, cit.
[29] Tale affermazione non è priva di conseguenze; infatti, come chiarito dalla circolare richiamata, rimane valevole quanto espresso dalla precedente Circolare n. 16/D/2015 in tema di accordi infragruppo.
[30] In altri termini, secondo la nuova disposizione, potrebbe ravvisarsi una “condizione di vendita” implicita quando, in caso di mancato pagamento delle royalties da parte del licenziatario, il contratto di licenza preveda che il fornitore non possa più vendere la merce all’importatore o quest’ultimo non possa più acquistarla. Cfr. L. Ugolini, Il nuovo valore di transazione nel CDU…, cit.
[31] Il previgente art. 160 delle Disposizioni di Attuazione del Reg. CEE 2913/1992 (DAC-CDC) utilizzava il termine “persone legate”, per la cui nozione era tassativamente prevista dall’art. 143 delle DAC-CDC, sul presupposto che esista un “controllo rilevante sul piano giuridico di una società nei confronti dell’altra”. Per una panoramica sul punto, si veda P. Massari, “Royalties” e diritti di licenza…, cit.; ancora, D. Avolio, B. Santacroce, F. Sbandi, Il concetto di “persone legate” e il concetto di qualità nell’accertamento di valore in dogana, in Corr. Trib., 25 (2012).
[32] Basti pensare, ad esempio, alla vendita di un prodotto contrassegnato da un marchio di fabbrica.
[33] Cfr. Comm. Trib. Prov. di Milano, Sentenza n. 4871 del 28 maggio 2015.
[34] La giurisprudenza riferita all’art. 143 delle DAC-CDC che tale legame ricorresse anche in tutti i casi di “controllo indiretto”, inteso come qualunque forma di controllo rilevante sul piano giuridico di una società nei confronti dell’altra. Cfr. Sentenza Comm. Trib. Prov. di Firenze del 6 marzo 2009, n. 31/IX/09; in senso conforme, sempre della stessa Commissione, Sentenza n. 40/XIX/2009 del 17 marzo 2009.
[35] Cfr. Comm. Trib. Reg. di Milano, Sentenza n. 3 del 18 gennaio 2013, sulla quale si veda P. Massari, “Royalties” e diritti di licenza…, cit., p. 1268.
[36] Si fa riferimento al caso “Giochi Preziosi”, deciso da Comm. Trib. Prov. di Milano con Sentenza 16 febbraio 2011, n. 39/31/11, e Sentenza 1 marzo 2011, n. 51/31/11; entrambe tuttavia riformate in appello da Comm. Trib. Reg. della Lombardia con Sentenza n. 74 del 24 maggio 2013 e Sentenza n. 174 del 19 novembre 2013. Cfr. P. Massari, “Royalties” e diritti di licenza…, cit.
[37] Cfr. Comm. Trib. Prov. di La Spezia, Sentenza n. 613 del 29 maggio 2015. Per un commento, si veda, diffusamente, F. Cerioni, L’esclusione delle “royalties” del valore in dogana tra strategie aziendali elusive e incertezze dei giudici tributari, in Corr. Trib., 30 (2015), p. 2349.
[38] Cfr. Comm. Trib. Reg. della Lombardia, Sentenza n. 658 del 4 febbraio 2016.
[39] Cfr. Comm. Trib. Reg. della Lombardia, Sentenza n. 846 del 29 giugno 2016.
[40] Cfr. Comm. Trib. Reg. della Lombardia, Sentenza n. 271 del 31 gennaio 2017.
[41] Cfr. Comm. Trib. Reg. della Lombardia, Sentenze n. 2321 del 26 maggio 2015, n. 4947 del 25 settembre 2014, n. 174 del 19 novembre 2013; conforme, Comm. Trib. Prov. Di Pisa, sentenza n. 179 del 26 aprile 2016.
Allena Marco
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