L’Enciclica FRATELLI TUTTI: aspetti giuridici di una proposta di fratellanza
Andrea Giovita
Dottorato in Diritto Canonico presso Pontificia Università Lateranense, in servizio alla Nunziatura Apostolica in Rep. del Congo e Gabon
Katia Laffusa
Dottoranda in Scienze dell'Economia Civile, Istituzioni e Governance presso Università Lumsa di Roma
L’Enciclica FRATELLI TUTTI:
aspetti giuridici di una proposta di fratellanza*
English title: The Encyclical BROTHERS ALL: juridical aspects of a brotherhood proposal
DOI: 10.26350/18277942_000045
Sommario: 1. Fratelli tutti. struttura e teleologia. 2. La teoria degli opposti nell’antropologia di Papa Francesco. 3. La carità politica e il bene comune. 4. Diritto, diritti, fratellanza e giustizia: un’utopia operativa. 5. Conclusione.
Un’utopia, in un giovane,
cresce bene se è accompagnata
da memoria e discernimento.
L’utopia guarda al futuro,
la memoria guarda al passato,
e il presente si discerne.
(Papa Francesco[1])
- Fratelli tutti. Struttura e teleologia
Enciclica, dal greco en kyklos, “in cerchio”, “in circolo”, è una lettera circolare, indirizzata a tutta la Chiesa, su temi teologici, spirituali oppure sociali. Si tratta di un intervento che rientra nel Magistero ordinario del Romano Pontefice, attraverso il quale egli analizza ed approfondisce un determinato aspetto della dottrina cristiana. In questo caso, l’Enciclica Fratelli Tutti[2] rientra nell’ambito dei documenti sociali[3]. Il documento ha per tema la fraternità e l’amicizia sociale. La visione del mondo del Santo di Assisi, come sottolinea Papa Francesco, è stata quella
«di una fraternità aperta, che permette di riconoscere, apprezzare e amare ogni persona al di là della vicinanza fisica, al di là del luogo del mondo dove è nata o dove abita»[4].
Questa nuova Enciclica offre l’occasione per riflettere su un concetto profondamente prossimo all’uomo e caro a molti pensatori, l’utopia[5], nella prospettiva di una visione aperta e positiva verso la contemporaneità della società[6], verso quell’oltre che chiamiamo futuro. In questo senso, per Papa Francesco l’utopia non è mera astrazione[7], ma attualizzazione della sua carica positiva e della sua valenza politica:
«Le utopie sono in primo luogo frutto dell’immaginazione, proiezioni nel futuro di una costellazione di desideri e aspirazioni. L’utopia prende forza dall’insoddisfazione e dal malessere generati dalla realtà attuale, ma anche dalla convinzione che è possibile un mondo diverso. Non è pura evasione ma una forma che la speranza assume in una concreta situazione storica e che si accompagna a una ricerca concreta dei meccanismi o delle strategie per realizzarla. L’utopia scaturisce dal rifiuto intelligente di una situazione considerata cattiva, ingiusta, disumanizzante, alienante. L’utopia, dunque, per Bergoglio è critica della realtà, ma anche ricerca di nuove strade. Papa Francesco indica un compito radicale: ricostruire l’immaginario della fede e della convivenza umana in una società mutante, dove i riferimenti simbolici e culturali non sono più quelli di una volta» [8].
L’utopia di Francesco non è un orizzonte ideale ma un vero e proprio piano d’azione, un progetto puntuale e plurale. La visione utopica, che non è evasione dal reale, ma la ‘forma che la speranza assume’, permette di cogliere la reale portata che ha questa Enciclica. Per fare questo non si può dimenticare il contributo derivante dall’ecclesiologia in uscita, missionaria, presentata nella Esortazione Apostolica di Papa Francesco, Evangelii gaudium (EG), laddove si rinviene l’idea di una società fraterna e quindi giusta, capace di dialogo e di relazione.
Si tratta di una visione utopica di una fratellanza che va oltre, che invita i protagonisti alla ricerca della verità, indicando loro una strada di ulteriorità rispetto alle diverse interpretazioni personali[9]. Viene proposta una fratellanza che ha un enorme potenziale, che non si accontenta di essere narrata o celebrata, ma chiede di essere sempre ricercata, perché nascosta, trovata e nuovamente cercata perché è utopicamente infinita. Questa continua ricerca offre al pensiero spazi di indipendenza e di continua creatività[10].
Nel 1967 san Paolo VI parlava della Chiesa come “esperta di umanità”[11].
A partire da questa peculiarità della Chiesa si può comprendere il ruolo della fratellanza e della sua portata generativa, ed è proprio questa la motivazione profonda che muove Papa Francesco a parlare di nuovo al mondo. Il grande tesoro del Vangelo di Gesù Cristo, il patrimonio spirituale e culturale millenario, con il suo messaggio di amore, pace e fraternità, rendono la Chiesa portatrice di una parola valida ed incisiva per l’uomo e per il mondo di oggi.
In un momento storico in cui l’umanità si trova ad affrontare l’emergenza sanitaria, data dalla pandemia da Covid-19, le parole del Papa si presentano come uno slancio utopico, come un faro e uno sprone all’apertura di nuovi percorsi condivisi di riflessione e di rinascita, perché tutti
«riconoscendo la dignità della persona umana, possiamo far rinascere tra tutti un’aspirazione mondiale alla fraternità […]. Sogniamo come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!»[12].
Nell’Introduzione all’Enciclica il Papa afferma con chiarezza chi sono i suoi interlocutori:
«pur avendola scritta a partire dalle mie convinzioni cristiane, che mi animano e mi nutrono, ho cercato di farlo in modo che la riflessione si apra al dialogo con tutte le persone di buona volontà»[13].
Il dialogo è inteso come strumento di un progetto[14] che deve essere condiviso e realizzato in fraternità[15]. La fraternità vera richiede impegno, sacrificio, sforzo e capacità di superare i conflitti[16], senza paura e senza cedimenti[17]. Il Papa scrive:
«Là Francesco ricevette dentro di sé la vera pace, si liberò da ogni desiderio di dominio sugli altri, si fece uno degli ultimi e cercò di vivere in armonia con tutti. A lui si deve la motivazione di queste pagine»[18].
- La teoria degli opposti nell’antropologia di Papa Francesco
La Fratellanza è presentata da Francesco come l’integrazione delle parti in una molteplicità e il superamento dei conflitti in una unità. Questi sono due dei principi, presenti già nella Evagelii gaudium, impiegati da Papa Francesco per sviluppare una cultura dell’incontro in una pluriforme armonia[19].
Integrazione delle parti nella molteplicità e superamento dei conflitti sono principi, secondo il pensiero di Guardini[20] rielaborato da Bergoglio, che aiutano a superare le tensioni polari presenti nella società, a sviluppare una visione utopica e a costruire la fraternità e la pace. Tali principi sono[21]: il tempo è superiore allo spazio; l’unità prevale sul conflitto; la realtà è più importante dell’idea; il tutto è superiore alla parte. Nella Fratelli tutti tornano queste tensioni polari, come globalizzazione e localizzazione:
«Va ricordato che tra la globalizzazione e la localizzazione si produce una tensione. Bisogna prestare attenzione alla dimensione globale per non cadere in una meschinità quotidiana. Al tempo stesso, non è opportuno perdere di vista ciò che è locale, che ci fa camminare con i piedi per terra. Le due cose unite impediscono di cadere in uno di questi due estremi: l’uno, che i cittadini vivano in un universalismo astratto e globalizzante, […]; l’altro, che diventino un museo folkloristico di eremiti localisti, condannati a ripetere sempre le stesse cose, incapaci di lasciarsi interpellare da ciò che è diverso e di apprezzare la bellezza che Dio diffonde fuori dai loro confini. Bisogna guardare al globale, che ci riscatta dalla meschinità casalinga. Quando la casa non è più famiglia, ma è recinto, cella, il globale ci riscatta perché è come la causa finale che ci attira verso la pienezza. Al tempo stesso, bisogna assumere cordialmente la dimensione locale, perché possiede qualcosa che il globale non ha: essere lievito, arricchire, avviare dispositivi di sussidiarietà. Pertanto, la fraternità universale e l’amicizia sociale all’interno di ogni società sono due poli inseparabili e coessenziali. Separarli conduce a una deformazione e a una polarizzazione dannosa»[22].
Il conflitto[23] è una realtà che deve essere accettata[24], per risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo dove poter sviluppare una comunione nelle differenze[25]. L’unità dello Spirito armonizza tutte le diversità[26], soprattutto la dispersione dialettica che colpisce l’interiorità personale e la convivenza sociale[27].
Qui si riconosce l’influsso di due pensatori: I. Quiles[28], la cui filosofia ha riflettuto sull’unità della persona[29], e R. Guardini, il cui sguardo aiuta a discernere la pienezza umana di un’epoca[30].
Le radici guardiniane di Papa Francesco sono note; qui sarà oggetto di particolare attenzione la sua teoria degli opposti[31] per comprenderne compiutamente l’antropologia[32].
La Teoria degli opposti è facilmente declinabile nel binomio Chiesa Universale\Chiesa Particolare. Spesso esse sono considerate in contrapposizione o solamente fatte derivare l’una dall’altra, come fossero semplici contenitori. Grazie alla sinergia che deriva da tale teoria, ad esempio in ambito giuridico, ogni rinnovata produzione normativa che si realizza nell'alveo più ristretto della Chiesa Particolare, oltre ad esprimere la libertà racchiusa nel destino escatologico universale dell'uomo in modo più comprensibile ed efficace per la cultura del luogo, si mostra come la costruttrice di una vera comunione.
Una tale impostazione favorisce il riconoscimento della diversità\molteplicità di doni, di natura e di grazia, immagine della medesima ricchezza e diversità propria del Corpo di Cristo. Inoltre, facilita una feconda comunicazione, da intendere come la versione più immediata della comunione, luogo in cui si ha la possibilità di affrontare e risolvere, senza annullamenti unilaterali, difficoltà e conflitti.
Papa Francesco propone un cammino di comunione, e lo fa indicandoci l’orizzonte utopico nella direzione tracciata col suo magistero e le sue Encicliche[33] con l’intento di superare le opposizioni polari, mantenendo le differenze e accettando le tensioni intese come “le preziose potenzialità delle polarità in contrasto”[34].
Si potrebbe ragionevolmente affermare che, da un punto di vista teorico-speculativo, con questa Enciclica il Papa apporta un contributo di aggiornamento e per certi aspetti completa e attualizza la teoria di R. Guardini sulla superiore unità che integra gli opposti in tensione[35]. Dall’inizio del suo pontificato, in linea con l’insegnamento conciliare, Papa Francesco propone un’antropologia sociale del popolo e un’ecclesiologia del popolo di Dio che fonda la capacità di superare le opposizioni polari in ciascuna comunità[36]. La sua filosofia sociale si esprime nel secondo principio che sta alla base e alimenta una cultura dell’incontro.
«Per questo è necessario postulare un principio che è indispensabile per costruire l’amicizia sociale: l’unità è superiore al conflitto. La solidarietà, intesa nel suo significato più profondo e di sfida, diventa così uno stile di costruzione della storia, un ambito vitale dove i conflitti, le tensioni e gli opposti possono raggiungere una pluriforme unità che genera nuova vita. Non significa puntare al sincretismo, né all’assorbimento di uno nell’altro, ma alla risoluzione su di un piano superiore che conserva in sé le preziose potenzialità delle polarità in contrasto»[37].
Nel 1989 J. Bergoglio sviluppò questo tema in un saggio di antropologia politica in chiave pastorale[38]. In questo scritto utilizza un metodo ispirato a R. Guardini, citando ampiamente le sue opere come Der Gegensatze Das Ende der Neuzeit, formulando alcune bipolarità presenti nella cultura contemporanea; inoltre propone un’antropologia che integra l’individuo e la comunità attraverso la solidarietà, presentando l’ontologia che sta alla base di questa proposta. Con R. Guardini propone un metodo fenomenologico-dialettico liberato da risonanze hegeliane. Sottolinea l’interazione dinamica esistente tra realtà opposte e da ciò ne coglie sia la vita che l’unità dell’essere. Infine, offre una formulazione della solidarietà che ispirò sicuramente il testo di Evangelii gaudim sopra citato, in grado di trasformare i conflitti nelle forme di una unità pluriforme.
Questa antropologia aiuta a pensare l’unità plurale in un popolo e nel mondo[39]. Il principio di Papa Francesco che afferma ‘il tutto è superiore alla parte[40] è infatti espresso con l’immagine del poliedro.
«II modello non è la sfera, che non è superiore alle parti, dove ogni punto è equidistante dal centro e non vi sono differenze tra un punto e l’altro. Il modello è il poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità […]. È l’unione dei popoli, che, nell’ordine universale, conservano la loro peculiarità; e la totalità delle persone in una società che cerca un bene comune che veramente incorpora tutti»[41].
Come è ormai evidente l’antropologiapromossa da Papa Francesco propone una conversione della società che aspira utopisticamente a realizzare l’armonia delle differenze. Il che, in una prospettiva di fede cristiana, significa che tutti gli uomini di buona volontà sono animati dallo Spirito santo che dona l’armonia nel seno delle tensioni, poiché è il vincolo di amore nella Trinità e il nesso della comunione nella Chiesa[42].
La comunione appare realizzabile ancor meglio nell’orizzonte dell’ontologia trinitaria[43], come visione d’insieme di un tutto che, nell’ottica di quell’oltre utopico della Fratelli Tutti, è la Società nel suo complesso, non solo la Chiesa, ma la fraterna comunità degli umani, orizzonte ontologico che necessita di un approccio transdisciplinare[44].
- La carità politica e il bene comune
Il capitolo V dell’Enciclica, “La migliore politica” (nn. 154-197) affronta tematiche che attengono al bene comunee al governo della cosa pubblica.
Il Pontefice, infatti, approfondisce il concetto di popolo, inteso come una realtà dinamica, dove è possibile costruire slanci utopici comuni[45]. Questa realtà presenta legami sociali e culturali, da svilupparsi con processi lenti e difficili in un progetto comune[46].
Sia il populismo, che «strumentalizza politicamente la cultura del popolo, sotto qualunque segno ideologico, al servizio del proprio progetto personale e della propria permanenza al potere»[47], sia il liberalismo, da intendere come mera somma di interessi che coesistono[48] intaccano il pieno sviluppo della persona e dei popoli. Essi negano cioè quel nucleo teoretico e sostanziale che può essere individuato come elemento peculiare e dinamico del vivere insieme, e che trova nella carità una delle sue proposte di azione, in particolare laddove essa riguarda l’agire insieme, l’agire per l’altro, l’agire con l’altro. Ciò che tiene insieme le diverse polarità, per dirla con Guardini, evitando eccessi pericolosi, è la carità, con la capacità di includere tutto e tutti[49], rafforzando l’incontro fra le persone[50].
Papa Francesco sostiene che la carità sia anche “carità politica”, la quale dovrebbe animare ogni attività volta al bene comune[51], così da offrire uno sguardo ampio sulla realtà e sui veri bisogni delle persone, specialmente superando gli individualismi[52]: la politica è più nobile dell’apparire, del marketing, di varie forme di maquillage mediatico[53].
Uno dei fini di questa carità politica sarebbe proprio quello di unificare, contro i rischi disgreganti della globalizzazione[54], costruendosi su azioni concrete e non su semplici parole e buone intenzioni[55].
Una riflessione interessante sul senso della vera politica si rinviene nelle espressioni del Pontefice, in cui fa riferimento a due prospettive dell’amore, secondo la dottrina di San Tommaso d’Aquino ossia amore elicito e amore imperato[56]: il primo rivolto a persone concrete e popoli, come atti che scaturiscono dalla virtù della carità, il secondo come dinamica che cambia istituzioni, ordinamenti e strutture in una prospettiva maggiormente solidale e aperta[57]. Scrive il Papa:
«È carità stare vicino a una persona che soffre, ed è pure carità tutto ciò che si fa, anche senza avere un contatto diretto con quella persona, per modificare le condizioni sociali che provocano la sua sofferenza. Se qualcuno aiuta un anziano ad attraversare un fiume – e questo è squisita carità –, il politico gli costruisce un ponte, e anche questo è carità. Se qualcuno aiuta un altro dandogli da mangiare, il politico crea per lui un posto di lavoro, ed esercita una forma altissima di carità che nobilita la sua azione politica»[58].
Sempre nell’ambito del discorso sull’amore sociale, il Pontefice parla della scelta preferenziale per gli ultimi e i poveri, sottolineando il rischio di alimentare una logica di passività[59] ed evidenziando come sia l’educazione il punto nevralgico:
«L’educazione è al servizio di questo cammino, affinché ogni essere umano possa diventare artefice del proprio destino. Qui mostra il suo valore il principio di sussidiarietà, inseparabile dal principio di solidarietà»[60].
In evidente continuità anche con il magistero di Benedetto XVI[61], Papa Francesco invita ad una profonda riforma delle Nazioni Unite. Per superare il monopolio del potere in mano a pochi, tale istituzione dovrebbe essere intesa come una vera famiglia delle Nazioni, dove attraverso il principio del rispetto degli impegni presi (pacta sunt servanda), si possa vincere la tentazione di servirsi del diritto della forza anziché della forza del diritto[62].
La carità politica, a dire di Papa Francesco, specialmente in chi ha un ruolo di guida, passa attraverso l’apertura a tutti, rinunciando a difendere le proprie convinzioni a tutti i costi[63], mantenendo uno spirito di dialogo e collaborazione orientato al bene[64].
«è grande nobiltà esser capaci di avviare processi i cui frutti saranno raccolti da altri, con la speranza riposta nella forza segreta del bene che si semina. La buona politica – e si potrebbe parlare della “buona pastorale - unisce all’amore la speranza, la fiducia nelle riserve di bene che ci sono nel cuore della gente, malgrado tutto»[65].
Di grande attualità, in un mondo lacerato da violenze e guerre, è il messaggio del capitolo VII, “Percorsi di un nuovo incontro” (nn. 225-270). Papa Francesco esorta alla costruzione della pace, che nasce sempre dalla ricerca della verità[66], della giustizia, della memoria, del perdono e del superamento della logica della vendetta[67]. Il perdono e la riconciliazione, però, sebbene siano temi centrali del messaggio cristiano, non devono mai lasciare spazio agli eccessi, come il fatalismo, l’inerzia o l’ingiustizia, oppure dall’altro lato, l’intolleranza e la violenza[68].
Le domande finali, oltre ad essere un invito ad un esame di coscienza per i politici, suonano come delle belle provocazioni anche da un punto di vista istituzionale:
«A che scopo? Verso dove sto puntando realmente?”. Perché, dopo alcuni anni, riflettendo sul proprio passato, la domanda non sarà: “Quanti mi hanno approvato, quanti mi hanno votato, quanti hanno avuto un’immagine positiva di me?”. Le domande, forse dolorose, saranno: “Quanto amore ho messo nel mio lavoro? In che cosa ho fatto progredire il popolo? Che impronta ho lasciato nella vita della società? Quali legami reali ho costruito? Quali forze positive ho liberato? Quanta pace sociale ho seminato? Che cosa ho prodotto nel posto che mi è stato affidato? »[69].
- Diritto, diritti fratellanza e giustizia: un’utopia operativa
Il messaggio che il Papa esprime nella Fratelli Tutti ci porta in modo quasi obbligato a pensare in una prospettiva collettiva e a rileggere certe categorie in chiave interconnessa e inter-relazionale. Tra queste, si fa riferimento, senza dubbio, a quelle che attengono al diritto e alla giustizia[70].
Se il termine “Giustizia” ricorre 21 volte nella Fratelli tutti, la parola “Fraternità” ricorre 44 volte; questo dato non può non destare una riflessione: la giustizia e la fraternità camminano di pari passo[71]. Tuttavia, la regola di giustizia necessita, per essere quanto più autentica possibile[72], di essere eccedente, di traboccare di fraternità.Ad essere oggetto di riflessione è dunque il nesso tra diritto, fraternità e giustizia, al fine di comprenderne se e in che termini si possa parlare di essere e sentirsi ‘fratelli tutti’ in una dimensione peculiare quale quella del diritto[73].
In primo luogo, il Papa ribadisce che siamo Fratelli tutti nella vita civile, nel vivere sociale e politico, nel prenderci cura della cosa pubblica[74]. L’umanità, intesa come soggetto uno e plurale al contempo, attraverso l’enciclica, ha l’occasione di riflettere sul valore del confronto, del riconoscimento reciproco e del soccorso vicendevole come antidoto alla crisi pandemica.
Esiste un legame indissolubile, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli[75]. Un’ appartenenza che esula dalla sfera privata o familiare, che recide il legame di sangue e che ci avvince nella vita sociale, sebbene mutilata dalla virtualità cui ci ha costretti il Covid-19.
Siamo di fronte ad una sfida epocale ed è questo il monito sotteso alle parole di Papa Francesco.
Forse, è il tempo di pretendere una certa visione dell’umanità, di esigerla. Sono di ispirazione ancora oggi le parole di Antonio Genovesi:
«Dio è di tutti e di nessuno. Dio è di tutti coloro che si studiano di essere giusti, onesti, e non è di nessuno di quelli che non si curano né della giustizia né della virtù»[76].
Questa esigenza coinvolge anche il campo giuridico[77]: il diritto è chiamato ad oltrepassare i formalismi e i barocchismi della tecnica giuridica e ad occuparsi degli altri, della comunità, di alterità[78]. È intriso di una tensione nei riguardi del bene comune e del prossimo, vive di reciprocità e prossimità. Nella enciclica non compare il termine “diritto”, non è esplicitato, tuttavia il testo ne è intriso, quasi che ne fosse l’inchiostro o il layout.
Il diritto, al di là delle numerose definizioni e approcci che si sono susseguiti nello sviluppo della filosofia del diritto[79], primariamente attiene alla giustizia e trova nella centralità della persona il suo baricentro. Non è casuale che sia proprio un dottore della Legge a chiedere a Gesù: ‘chi è il mio prossimo?’ Il prossimo è colui che ha compassione. La compassione è il centro della prossimità, la prossimità è relazione[80], è giustizia:
«un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui»[81].
Compassione, cura, fraternità, giustizia. Questi termini sono elementi di un unico paradigma, che presuppone necessariamente una bilateralità, un rapporto Io-Tu[82] di fatto inesauribile: esso si alimenta di un sentimento unico ed agapico di amore incondizionato ed universale[83].
«L’amore per il prossimo, che consiste semplicemente nel prendersi cura amorevolmente dell’altro, del suo essere e divenire etico, è una disposizione verso gli altri, verso i gruppi umani, verso l’intera umanità. L’amore cristiano si sforza di farci entrare in rapporto con gli uomini, nel tentativo di aprirsi agli altri nella dimensione più ampia possibile»[84].
La fratellanza è dunque il presupposto ontologico e logico della giustizia[85].
«La fraternità ha qualcosa di positivo da offrire alla libertà e all’uguaglianza. Che cosa accade senza la fraternità consapevolmente coltivata, senza una volontà politica di fraternità, tradotta in un’educazione alla fraternità, al dialogo, alla scoperta della reciprocità e del mutuo arricchimento come valori? »[86].
La nozione di diritto sottesa alla Fratelli tutti impone dunque una riflessione sui legami tra equità, fraternità e giustizia. L’angolo visuale dell’oltre utopico consente di ripensare la fratellanza come elemento della giustizia e del diritto, attraverso l’esaltazione della amicizia e della equità.
Già Aristotele evidenziava questi aspetti nell'etica della palù. Infatti, il maestro di color che sanno[87] descriveva e stabiliva il primato dell'amicizia rispetto alla giustizia:
«quando si è amici non vi è bisogno di giustizia; mentre, anche essendo giusti, si ha bisogno dell'amicizia, e il punto più alto della giustizia sembra appartenere alla natura dell'amicizia»[88].
In questo caso l'amicizia è da intendersi tanto relazione personale quanto forma della solidarietà, indipendentemente dal suo fondamento e dalla simmetria dello scambio sociale che realizza; in quanto legame tra uguali o tra disuguali[89] è fraternità. L’amicizia è dunque quell’oggi della fraternità utopica che si slancia nell’orizzonte dell’universale futuro[90].
Una lettura in chiave giuridica, giova ribadirlo, si nutre pertanto della consapevolezza del ruolo nevralgico della fraternità in ambito sociale, istituzionale, politico e giuridico[91].
Attraverso la lente, anzi il caleidoscopio della fraternità, si possono ripensare anche i rapporti che si sviluppano sotto l’egida della giustizia, nonché le sue concrete manifestazioni: la fraternità intesa come comprensione e riconoscimento reciproco deve entrare nella vita pubblica, nelle aule, nei processi:
«la vera riconciliazione non rifugge dal conflitto, bensì si ottiene nel conflitto, superandolo attraverso il dialogo e la trattativa trasparente, sincera e paziente. La lotta tra diversi settori, “quando si astenga dagli atti di inimicizia e dall’odio vicendevole, si trasforma a poco a poco in una onesta discussione, fondata nella ricerca della giustizia”»[92].
A mo’ di esempio si può far riferimento alle dinamiche del processo giudiziale, così come concepito dalla Costituzione italiana e dal Codice di procedura civile, in cui il ruolo di ogni parte è fondamentale e retto da principi insuperabili[93].
La procedimentalizzazione della vicenda processuale consente di dar vita al rapporto dialettico: nella dinamica delle parti il giudice ha un ruolo di analisi e di ricomposizione dei conflitti, laddove, superando la polarizzazione antitetica delle parti in causa, opera una sintesi hegeliana del conflitto, mediante un riconoscimento reciproco delle parti[94].
Nella dialettica triadica del processo si invera la tragedia e al contempo la bellezza del riconoscimento[95]. Quasi che le parti fossero nel loro tramutare gli interessi e le attitudini un corpo mistico. Solo se la parte, l’imputato, chi è chiamato a giudicare si spoglia del suo status giuridico e riconosce primariamente l’altro come persona, come simile nel dissimile la giustizia può essere veramente autentica. La fraternità è in tal senso portatrice di ulteriore dignità alla giustizia[96].
Interessante è da ultimo la riflessione del Papa sul perdono, la memoria e la vendetta. Coloro che perdonano, infatti,
«non dimenticano, ma rinunciano ad essere dominati dalla stessa forza distruttiva che ha fatto loro del male. Spezzano il circolo vizioso, frenano l’avanzare delle forze della distruzione. Decidono di non continuare a inoculare nella società l’energia della vendetta, che prima o poi finisce per ricadere ancora una volta su loro stessi. Infatti, la vendetta non sazia mai veramente l’insoddisfazione delle vittime. Ci sono crimini così orrendi e crudeli, che far soffrire chi li ha commessi non serve per sentire che si è riparato il delitto; e nemmeno basterebbe uccidere il criminale, né si potrebbero trovare torture equiparabili a ciò che ha potuto soffrire la vittima. La vendetta non risolve nulla»[97].
Di fronte alle ingiustizie, si presentano le due situazioni estreme, quella della guerra[98] e quella della pena di morte. Entrambe, dice il Papa, sono false risposte[99]. La pena di morte[100], è considerata inadeguata moralmente e non più necessaria penalmente.[101]
Il Papa ribadisce, come già aveva fatto in precedenza, che è questo il tempo per testimoniare, attraverso cambiamenti concreti, un diverso pensiero sul diritto penale che riconosca la vita al centro del diritto e la persona al centro della pena. In tal modo, essa può ambire pienamente a riabilitare e rieducare[102], così come sancito dalla Costituzione italiana[103].
La giustizia invocata dal Papa è pertanto una giustizia declinata al plurale, che riguarda tutti, non solo gli operatori del diritto, attiene a quella che Martin Buber indica come communitas[104]: «comunità è il non essere più fianco a fianco di una moltitudine di persone, ma l'essere l'uno con l'altro»[105].
- Conclusione
L’orizzonte utopico[106] nel quale è inserita la riflessione della Fratelli Tutti consente di leggere la realtà attuale, la sua complessità e i suoi continui dinamismi con occhi rinnovati, poiché in essa emergono potenzialità e criticità mai in contrasto, ma in una opposizione dialogante e generativa.
L’utopia di Francesco non è un orizzonte ideale ma un vero e proprio piano d’azione, un progetto puntuale e plurale, per un mondo più giusto, solidale e rispettoso delle diversità[107].
La chiave di lettura derivante dall’influenza della dialettica delle opposizioni polari consente di cogliere a pieno il messaggio del Papa. Egli, come spesso accade nei suoi scritti, attinge alla forza della Parola di Dio e alla Tradizione della Chiesa per trovare ciò che possa gettare luce sulla realtà, per poi cercare di illuminarla e rispondere alle sfide principali, non fermandosi al semplice evento fattuale, ma spingendo sempre verso un oltre utopico che pone il fatto nella relazione (in comunione) della complessità e molteplicità dell’esistenza umana.
L’ispirazione di stampo francescano ha contribuito a far sì che Papa Francesco abbia potuto ribadire, in un modo più sistematico e organico, la precipuità di temi quali la fraternità e l’amicizia sociale, presenti in molti dei suoi interventi, sin dall’inizio del suo pontificato[108].
Il documento si presenta quasi come una sintesi di tutto l’insegnamento sociale del Pontefice, costruendosi principalmente su richiami ad interventi precedenti.
A dire dello stesso Pontefice, poi, accanto a San Francesco, un’altra fonte di ispirazione deriva dall’incontro con il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb ad Abu Dhabi, conclusosi con la firma del Documento sulla Fratellanza Umana per la pace mondiale e la convivenza comune (4 febbraio 2019), di cui si trovano citati testualmente ampi stralci nell’appello finale dell’Enciclica.
L’appello finale si concretizza in un vero e proprio elogio della fratellanza, un appello all’unità ancor più forte laddove vi sono divisione e differenze, attraverso lo strumento del dialogo, sempre aperto e rinnovato[109]. Il messaggio dell'Enciclica tocca fortemente il Diritto e la Giustizia, per un Diritto fraterno e una Giustizia rigenerativa. Non si tratta di pensare la reciprocità, ma di “pensare in reciprocità”[110].
Utilizzando un linguaggio personologico, si potrebbe affermare che non solo l’altro, il tu, aiuta l’io a riflettere, ma questi lascia che, in sé stesso, il tu rifletta e si rifletta. Questa conoscenza pericoretica scaturisce nel momento in cui ciascuno fa propria la dinamica agapica, desiderando di creare lo spazio affinché l’altro possa esistere ed esprimersi, così generandolo nella libertà della relazione[111].
Abstract: This paper analyzing the juridical profiles of the Encyclical “Brothers all”. The Encyclical makes a reading of contemporary society, which thanks to the utopian leap of fraternity, proposes new paths that look to the near future with hope and trust. Precisely this fraternal vision pushes humanity to go beyond its limits. Brotherhood goes hand in hand with justice, giving law greater authenticity and humanity a greater conscience. In this programmatic and proactive utopian perspective, a law is proposed that is truly fraternal according to a justice that does not divide and "weigh" men, but, according to equity and charity, generates new relationships. The right implicitly proposed in “Brothers all” can be concretized in that fraternal beyond according to a regenerative justice.
Key words: philosophy of law, fraternity, law, justice, utopia, common good.
* Il contributo è stato sottoposto a double blind peer review.
[1] Discorso del Santo Padre in occasione dell'Udienza ai partecipanti alla Plenaria della Pontificia Commissione per l'America Latina, 28/02/2014.
[2] L’Enciclica Fratelli tutti, (d’ora in poi abbreviata con FT) firmata sulla tomba di San Francesco in Assisi e pubblicata il 4 ottobre scorso da Papa Francesco, si sviluppa in otto capitoli e 287 paragrafi. Il titolo è preso dalle parole del Poverello di Assisi, tratte dalle Ammonizioni, n. 6.
[3] Il 15 maggio 1891, per la prima volta un Papa, Leone XIII ha indirizzato alla Chiesa universale un’enciclica di argomento sociale, la Rerum Novarum, iniziando la tradizione del cosiddetto magistero sociale della Chiesa. L’affermazione del socialismo reale, dopo le grandi sistematizzazioni di Marx ed Engels, grazie al successo filosofico e politico di queste correnti e all’influenza sul mondo operaio, pur prendendo le distanze dal concetto socialista di “lotta di classe”, considerato anticristiano, Papa Gioacchino Pecci faceva proprie le giuste rivendicazioni della classe operaia, il diritto di associazione sindacale, nonché il giusto salario per i lavoratori. Da quel momento, in tutto il corso del XX secolo, altri pontefici, come Pio XI, Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, fino a Papa Francesco, (tutti i successivi pontefici) hanno toccato nel loro magistero temi sociali, contribuendo a costruire la “dottrina sociale della Chiesa”. Una declinazione della teologia morale, che guarda specialmente alle dimensioni sociali della vita umana.
[4] FT1
[5]Sul tema dell’utopia si vedano: P. Ricoeur, Per un’utopia ecclesiale, Torino 2018; e M. Cacciari – P. Prodi, Occidente senza utopie, cit.; A. Iaccarino, Il processo quale locus dialogico per la ricerca della verità, in «Vergentis» 7 (2018) pp.267-278., pp. 267-278; e R. Mordacci, Ritorno a utopia, Bari 2020.
[6]Scriveva Papa Paolo VI nella Lettera apostolica Octogesima adveniens: “L’appello all’utopia è spesso un comodo pretesto per chi vuole eludere i compiti concreti e rifugiarsi in un mondo immaginario. Vivere in un futuro ipotetico rappresenta un facile alibi per sottrarsi a responsabilità immediate. Bisogna però riconoscere che questa forma di critica della società esistente stimola spesso l’immaginazione prospettica, ad un tempo per percepire nel presente le possibilità ignote che vi si trovano iscritte e per orientare gli uomini verso un futuro nuovo; tramite la fiducia che dà alle forze inventive dello spirito e del cuore umano essa sostiene la dinamica sociale; e se non si nega a nessuna apertura, può anche incontrarsi con il richiamo cristiano”. 14 maggio 1971, in AAS 63 (1971) 401-441. Cfr. A. Iaccarino, Legittimazione e limiti degli ordinamenti giuridici tra mito eutopia, in Legittimazione e limiti degli ordinamenti giuridici. XIV Colloquio Giuridico Internazionale, (a cura di) G.L. Falchi - A. Iaccarino, Città del Vaticano 2012, pp. 67-70.
[7]Cfr. J.M. Bergoglio, La nacion por construir. Utopia, pensamento y compromiso, Buenos Aires 2005, trad. It. Popolo, Milano 2014.
[8] “L’utopia per Bergoglio è critica della realtà, ma anche ricerca di nuove strade”. Intervista a padre Antonio Spadaro, 18 giugno 2017.
[9] Sul tema v., A. Iaccarino, L’orizzonte giuridico dell’incontro con l’altro, in Jus-online (jus.vitaepensiero.it), vol. VI, N 6, dicembre 2020, pp. 53-92.
[10] Cfr. L. Alici, Natura e persona: la differenza della libertà, in L. Congiunti – A. Ndreca – G. Formica (a cura di), Oltre l’individualismo. Relazioni e relazionalità per ripensare l’identità, Roma 2017, pp. 171-183.
[11] Cfr. Paolo VI, Lettera enciclica Populorum progressio, 26.3.1967, in AAS, 69 (1967), n. 13.
[12] FT 8
[13] FT 6
[14] Cfr. G. Bombelli, Persona, comunità e il problema della dignità, in Jus, 63 (2016), pp. 349-382; V. Melchiorre, Per un’ermeneutica della persona, in A. Pavan – A. Milano (a cura di), Persona e personalismi, Napoli 1987.
[15] Cfr. E. Resta, Il diritto fraterno, Bari-Roma 2020.
[16] Su questo tema v., N. Lipari, Le fonti del diritto, Milano 2018; G. Del Vecchio, La giustizia, Roma 1946, p. 3; Dante Alighieri, De monarchia, II, V, 1.
[17] L'articolo 1 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1948) recita: "Tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali per dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e coscienza e devono agire gli uni nei confronti degli altri in uno spirito di fraternità”
[18] FT 4
[19] EG 220. Si veda, R. Di Ceglie, Il diritto come ‘relazione’: per un’analisi metafisica, in P. Gherri (a cura di), Categorialità e trascendentalità del Diritto, Roma 2007, p. 85.
[20]Cfr. R. Guardini, L’opposizione polare. Saggio per una filosofia del quotidiano, Brescia 1997.
[21] Cfr. EG 217-237.
[22] FT 142.
[23] EG 226-230.
[24] FT 156: "Negli ultimi anni l’espressione “populismo” o “populista” ha invaso i mezzi di comunicazione e il linguaggio in generale. Così essa perde il valore che potrebbe possedere e diventa una delle polarità della società divisa. Ciò è arrivato al punto di pretendere di classificare tutte le persone, i gruppi, le società e i governi a partire da una divisione binaria: “populista” o “non populista”. Ormai non è possibile che qualcuno si esprima su qualsiasi tema senza che tentino di classificarlo in uno di questi due poli, o per screditarlo ingiustamente o per esaltarlo in maniera esagerata"; cfr. anche EG 226.
[25] EG 227-228.
[26] EG 230.
[27] FT 163: "La categoria di popolo, a cui è intrinseca una valutazione positiva dei legami comunitari e culturali, è abitualmente rifiutata dalle visioni liberali individualistiche, in cui la società è considerata una mera somma di interessi che coesistono. Parlano di rispetto per le libertà, ma senza la radice di una narrativa comune. In certi contesti, è frequente l’accusa di populismo verso tutti coloro che difendono i diritti dei più deboli della società. Per queste visioni, la categoria di popolo è una mitizzazione di qualcosa che in realtà non esiste. Tuttavia, qui si crea una polarizzazione non necessaria, poiché né quella di popolo né quella di prossimo sono categorie puramente mitiche o romantiche, tali da escludere o disprezzare l’organizzazione sociale, la scienza e le istituzioni della società civile". Cfr. anche EG 229.
[28] Cfr. P. Gilbert, Ismael Quiles e l’in-sistenza, in«La Civiltà Cattolica», 4059-4060 (2019) vol. III, pp. 249-259.
[29] EG 229 e anche Cfr. I. Quiles, S.I., Filosofia de la educación personalista, Buenos Aires 1981, pp. 46-53.
[30] EG 224; “Romano Guardini: L’unico modello per valutare con successo un’epoca è domandare fino a che punto si sviluppa in essa e raggiunge un’autentica ragion d’essere la pienezza dell’esistenza umana, in accordo con il carattere peculiare e le possibilità della medesima epoca”. R. Guardini, Das Ende der Neuzeit, Würzburg 1965, pp. 30-31.
[31] Il saggio giovanile di R. Guardini sull’opposizione polare (1925) analizza il ritmo dialettico che attraversa internamente tutta la realtà. L’opposizione è un elemento fondamentale delta vita umana. Der Gegensatz delinea una teoria delle polarità presenti nella comunità umana. Sviluppa una tipologia sistematica delle opposizioni in se stesse e nelle loro reciproche relazioni. Le organizza in opposti categoriali e opposti trascendentali. I primi si dividono in due serie: intra-empirici (pienezza/forma, atto/struttura, individualità/totalità) e trans-empirici (produzione/disposizione, originalità/regola, immanenza/trascendenza). I secondi, trascendentali, costituiscono la contrarietà in quanto tale: unità/molteplicità e affinità/ particolarizzazione. A questi opposti ne aggiunge uno sul piano vitale: misura/ritmo; e un altro nell’ambito gnoseologico: intuizione/concetto. R. Guardini chiama opposizione il vincolo tra due realtà che si respingono e si legano l’una con l’altra e, più profondamente, si presuppongono reciprocamente e non possono essere ridotte l’una all’altra. È una forma singolare di vincolo che mantiene in tensione un’inclusione relativa e un’esclusione relativa, combinando concretamente i binomi di opposti trascendentali. R. Guardini ha analizzato varie serie di opposti ed i loro incroci per rendere conto della ricchezza della vita umana. La sua teoria della Weltanschauung esprime l’arte di conoscere le realtà nelle loro correlazioni e nella totalità del mondo. Le sfumature delle realtà possono essere colte mediante simboli e concetti concreti, a differenza dei concetti astratti, cioè mediante quelli che procedono attraverso una successione articolata di proposizioni dialettiche. Di qui, R. Guardini collega strettamente la sua metafisica dell’opposizione a una gnoseologia del concreto. Cfr. R. Guardini, L’opposizione polare, saggio per una filosofia del concreto vivere, Brescia 1997.
[32] Non possiamo dimenticare soprattutto l’ecclesiologia, oltre all’antropologia citata, che soggiace al suo modo di discernere, guidare e riformare la Chiesa. Cfr. C.M. Galli, La riforma missionaria della chiesa secondo Francesco, in A. Spadaro- C.M. Galli (a cura di), La riforma e le riforme nella Chiesa, BTC177, Brescia 2016, pp. 37-65.
[33] Ci riferiamo ovviamente a tutte e tre le Encicliche: alla Lumen fidei, alla Laudato sii e a FT, nonché ad altri suoi scritti come l’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium.
[34] FT 245.
[35] Cfr. R. Guardini, L’opposizione polare, cit.
[36] Cfr. C.M. Galli, La riforma missionaria della chiesa, cit.
[37] EG 228.
[38] Cfr. M. Gallo (ed.), Pastorale sociale. Il pensiero sociale e politico di Bergoglio e Papa Francesco, Milano 2015, pp.287-305.
[39] Cfr. C.M. Galli, La riforma missionaria della chiesa, cit.
[40] EG 234-237.
[41] EG 236.
[42] Cfr. EG 40; 117; 130s.; 220; 242; 254 e anche C.M. Galli, La riforma missionaria della chiesa, cit., pp. 37-65.
[43] P. Coda, La Trinità come pensiero. Un manifesto, in «Sophia» 1 (2017), pp. 9-17. Cfr. anche P. Coda, La Trinità delle Persone come attuazione agapica dell'essere uno. Il contributo di A. Rosmini per un rinnovamento della teo-ontologia trinitaria, in K.-H. Menke - A. Staglianò, Credere pensando. Domande della teologia contemporanea nell'orizzonte del pensiero di Antonio Rosmini, Brescia 1997, pp. 251-272
[44] S. Rondinara, Dalla interdisciplinarità alla transdisciplinarità. Una prospettiva epistemologica, in «Sophia» 0 (2008), pp. 61-70; cfr. anche S. Rondinara, Ontologia trinitaria ed epistemologia della transdisciplinarità, in P. Coda- A. Clemenzia -J. Tremblay (a cura di), un pensiero per abitare la frontiera, Roma 2016. E sullo stesso tema si veda anche: S. Rondinara, Dalla interdisciplinarità alla transdisciplinarità. Una prospettiva epistemologica, in «Sophia» 0 (2008), pp. 61-70.
[45] Cfr. N. Fraser, La bilancia della giustizia. Ripensare lo spazio politico in un mondo globalizzato, Lecce 2012.
[46] FT 158.
[47] FT 159.
[48] FT 163.
[49] FT 165. Si veda R. Esposito, Communitas. Origine e destino della comunità, Torino 2006; A. Iaccarino, Nessuno resti escluso. La giustizia oltre i confini, Città del Vaticano 2013, p. 22.
[50] G. Bertagna – A. Ceretti – C. Mazzucato, Il libro dell’incontro. Vittime e responsabili della lotta armata a confronto, Milano 2015.
[51] Cfr. E. Pulcini, La cura del mondo, Paura e responsabilità nell’età globale, Tornino 2009.
[52] S.B. Bevans – R.D. Schroeder, Dialogo profetico. La forma della missione per il nostro tempo, Milano 2015.
[53] FT 197.
[54] FT 182. Cfr. A.J. Arnaud, Le sfide della globalizzazione alla modernità giuridica, in M. Vogliotti (a cura di), Saggi sulla globalizzazione giuridica e il pluralismo normativo, Torino 2013, pp. 77-94.
[55] FT 185. Su questi temi v., P. Donati, Scoprire i beni relazionali. Per generare una nuova socialità, Soveria Mannelli 2019; P. Donati – R. Solci, I beni relazionali. Che cosa sono e cosa producono, Torino 2011; M. Nussbaum, The Fragility of Goodness: Luck and Ethics in Greek Tragedy and Philosophy, Cambridge 2001, pp. 343-371.
[56] Cfr. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae II-II, q. 27, art. 2, resp.; Ibid. I-II, q. 26, a. 3, resp.; Ibid., q. 110, a. 1, resp.
[57] S.B. Bevans – R.D. Schroeder, Teologia per la missione oggi, Brescia 2010.
[58] FT 186
[59] FT 187
[60] ibid.
[61] Cfr. Benedetto XV, Enciclica Caritas in veritate, 29 giugno 2009, in AAS 101 (2009), n. 67.
[62] FT 174. Su questo tema v., E. Opocher, Lezioni di filosofia del diritto, Padova 1993;G. Giorgio, La via del comprendere. Epistemologia del processo di diritto, Torino 2015.
[63] Cfr. E. Resta, La certezza e la speranza, Roma- Bari 2007.
[64] FT 190; Cfr. E. Pulcini, Tra cura e giustizia. Le passioni come risorsa sociale, Torino 2020.
[65] FT 196.
[66] Cfr. L. Pareyson, Verità e interpretazione, Torino 1971.
[67] Cfr. N. Fraser, La bilancia della giustizia. Ripensare lo spazio politico in un mondo globalizzato, Lecce 2012; A. Iaccarino, Responsabilità e istituzionalità in prospettiva filosofica, in Apollinaris, 82 (2009), p. 181.
[68] FT 237.
[69] FT 197.
[70] Cfr. P. Parolari, Migrazioni, interlegalità, pluralismo giuridico, in Rivista di filosofia del diritto, 7 (2018), pp. 42-45; S. Veca, Dell’incertezza, Milano 2006, pp. 118-127; Id., La penultima parola e altri enigmi. Questioni di filosofia, Roma-Bari 2001, pp. 3-40
[71] Cfr. E. Resta, Il diritto fraterno, Bari-Roma 2020; Cfr. M. Cartabia – A. Ceretti, Un’altra storia inizia qui, la giustizia come ricomposizione, Firenze - Milano 2020; A.M. Baggio (a cura di), Il principio dimenticato. La fraternità nella riflessione politologica contemporanea, Roma 2007.
[72] Cfr. M. Cacciari – N. Irti, Elogio del diritto, Milano 2019.
[73] Cfr. A. Cosseddu (a cura di), I sentieri del giurista sulle tracce della fraternità. Ordinamenti a confronto, Torino 2016; M. R. Manieri, Fraternità. Rilettura civile di un’idea che può cambiare il mondo, Venezia 2013.
[74] Cfr. J.C. Toronto, Confini morali. Un argomento politico per l’etica della cura, Reggio Emilia 2006.
[75] FT32
[76]A. Genovesi, La logica per i giovanetti dell’Abate Antonio Genovesi, Milano 1830, p. 236.
[77] Cfr. A. Iaccarino, Nessuno resti escluso. cit.
[78] Cfr. G. Giorgio, La via del comprendere. cit.
[79] E. Opocher, Lezioni di filosofia del diritto, cit.; A. Rosmini, Filosofia del diritto, in A. Nicoletti – F. Ghia (a cura di), Opere di Antonio Rosmini, vol. XXVIII, Roma 2015.
[80] Cfr. P. Coda, Il Concilio della Misericordia, Roma 2015, p. 255.
[81] Lc 10,25-37
[82] Cfr. M. Buber, Il principio dialogico e altri saggi, Cinisello Balsamo 1993; E. Levinas, Totalità e infinito. Saggio sull’esteriorità, Milano1990.
[83]“Il divino presente nell’uomo costituisce la ragione per cui la persona non è riducibile alla particolarità chiusa della sua onticità naturalistica, empirica, emozionale, intellettiva. È tale elemento a configurare la persona nella sua globale capacità di comprendere, comunicare e amare nella prospettiva della pienezza della agape evangelica.” S. Cotta, La persona come “diritto sussistente”, oggi, Milano, 1989, p. 178
[84]A. Ales Bello, Husserl, sul problema di Dio, Roma, 1985, pp.88 s.
[85] Cfr. M. R. Manieri, Fraternità, cit.
[86] FT 103
[87] Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto IV, vv. 131, 132, Roma 2007, p. 55.
[88] Aristotele, Etica Nicomachea, VIII, 1,4.
[89] Cfr. E. Resta, Il diritto fraterno, Bari-Roma 2020.
[90] Cfr. A. Cosseddu (a cura di), I sentieri del giurista sulle tracce della fraternità, cit.; A. Iaccarino, L’orizzonte giuridico dell’incontro con l’altro, cit.
[91] Si veda, P. Ricoeur, La giustizia dello Stato e l’etica della vittima, in Vita e Pensiero, (2005), p. 17; A. Cosseddu, Ripensare la legalità nello ‘spazio’ giuridico contemporaneo: un ‘ponte’ fra teoria e prassi, in Id. (a cura di), I sentieri del giurista sulle tracce della fraternità, cit., pp. 40-43.
[92] FT 244.
[93] Cfr. F. Viola – G. Zaccaria, Diritto e interpretazione. Lineamenti di teoria ermeneutica del diritto, Roma-Bari 2002.
[94] Cfr. G. Giorgio, La via del comprendere, cit.
[95] Su questi temi è interessante la visione proposta da E. Opocher, Lezioni di filosofia del diritto, cit.; L. Pareyson, Verità e interpretazione, cit.
[96] F. Viola, Lo statuto normativo della dignità umana, in A. Abignente – F. Scamardella (a cura di), Dignità della persona. Riconoscimento dei diritti nelle società multiculturali, Napoli 2013, pp. 283-295.
[97] FT 251.
[98] Le crescenti possibilità offerte dalle nuove tecnologie hanno assunto un potere distruttivo incontrollabile; pertanto, “non possiamo più pensare alla guerra come soluzione, dato che i rischi probabilmente saranno sempre superiori all’ipotetica utilità che le si attribuisce. Davanti a tale realtà, oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile “guerra giusta”. Mai più la guerra” (FT, 258). Si tratta della piena adozione magisteriale di quella posizione già espressa da Papa Francesco in occasione di una intervista al giornalista francese Dominique Wolton, in cui aveva affermato: “Ancora oggi, dobbiamo riflettere bene sul concetto di «guerra giusta». Abbiamo imparato in filosofia politica che, per difendersi, si può fare la guerra e considerarla giusta. Ma una guerra può davvero definirsi «giusta»? Non è piuttosto una «guerra di difesa»? Perché l’unica cosa giusta è la pace” cfr. D. Wolton (a cura di), Papa Francesco e Dominique Wolton, Dio è un poeta: un dialogo inedito su politica e società, Milano 2018, p. 43.
[99] FT 255.Su questo tema v.,L. Eusebi, Fare giustizia: ritorsione al male o fedeltà al bene?, in L. Eusebi (a cura di), Una giustizia diversa. Il modello riparativo e la questione penale, Milano 2015, p. 3; Id., Dinnanzi all’‘altro’ che ci è problema. L’‘incostituzionalità’ di ogni configurazione dell’‘altro’ come nemico, in Archivio giuridico, 229 (2009), pp. 433-454.
[100] FT 263 – 270. Su questo tema v., L. Eusebi, Rinunciare alla pena di morte, cit., pp. 104-115; A. Sen, Identità e violenza, trad. it., Roma-Bari 2006, pp. 3-5.
[101]«Le paure e i rancori facilmente portano a intendere le pene in modo vendicativo, quando non crudele, invece di considerarle come parte di un processo di guarigione e di reinserimento sociale» FT 266.
[102] Cfr. il can. 1341 del Codice di Diritto Canonico (CIC): “L'Ordinario provveda ad avviare la procedura giudiziaria o amministrativa per infliggere o dichiarare le pene solo quando abbia constatato che né con l'ammonizione fraterna né con la riprensione né per altre vie dettate dalla sollecitudine pastorale è possibile ottenere sufficientemente la riparazione dello scandalo, il ristabilimento della giustizia, l'emendamento del reo”.
[103] Art. 27 comma 3 Cost.: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
[104] Cfr. R. Esposito, Communitas. Origine e destino della comunità, cit.
[105] M. Buber, Between man and man, London e Glasgow 1961, p. 51
[106] La visione utopica, che non è evasione dal reale, ma la forma che la speranza assume, ci dà le coordinate per poter accogliere il messaggio e la reale portata che ha questa Enciclica, come presentato all’inizio di questo scritto “L’utopia per Bergoglio è critica della realtà, ma anche ricerca di nuove strade”. Cfr. Intervista a padre Antonio Spadaro, 18 giugno 2017.
[107] Cfr. M. Cacciari – P. Prodi, Occidente senza utopie, Bologna 2016.
[108] FT 5.
[109] Cfr. M. Cartabia – A. Ceretti, Un’altra storia inizia qui, la giustizia come ricomposizione, Firenze - Milano 2020.
[110] Il pensare, in questo senso, non è una semplice speculazione, seppure ardita per i suoi contenuti e il suo linguaggio, ma è un gioco di riflessione tra la dinamicità dell’essere che si dice e si dona nella realtà e l’intelligere del soggetto che abita quel “luogo”. È un atto del pensare, dunque, radicalmente impregnato di quel “dove” in cui il soggetto risiede. Dal momento, tuttavia, che il soggetto si colloca all’interno del luogo della Trinità, il suo pensare dev'essere anch'esso, in qualche modo, pericoretico. Cfr. A. Clemenzia, Sul luogo dell’ecclesiologia, questioni epistemologiche, Roma 2018.
[111] Per un approfondimento, cfr. A. Clemenzia, Il “negativo” nella logica crucis. H. Mublen in dialogo con G.W.E Hegel, in P. Coda - J. Tremblay - A. Clemenzia (ed.), Il Nulla-Tutto dell'amore. La teologia come sapienza del Crocifisso, Roma 2013, pp. 159-199.
Giovita Andrea
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