fbevnts Public participation in the regulatory process as a tool of participatory democracy : myth or reality?

La partecipazione ai procedimenti regolatori delle Autorità indipendenti come strumento di democrazia partecipativa: mito o realtà?

28.04.2020

Martina Condorelli

Assegnista di ricerca in Diritto Amministrativo

Università Cattolica del Sacro Cuore

 

La partecipazione ai procedimenti regolatori delle Autorità indipendenti come strumento di democrazia partecipativa: mito o realtà?*

 

English title: Public participation in the regulatory process as a tool of participatory democracy : myth or reality?

DOI: 10.26350/004084_000067

 

Sommario: 1. Il problema della legittimazione delle Autorità indipendenti 2. La tesi della “legittimazione di tipo procedurale” delle Autorità indipendenti 3. La partecipazione ai procedimenti regolatori come strumento di attuazione della democrazia partecipativa: mito o realtà? 3.1. La costruzione giurisprudenziale del mito dell’attuazione della democrazia partecipativa nei procedimenti regolatori delle Autorità indipendenti 3.2. I modelli di partecipazione procedimentale negli atti di auto vincolo delle Autorità: la perpetuazione di un modello tradizionale 4. Considerazioni conclusive.

 

 

  1. Il problema della legittimazione delle Autorità indipendenti

 

Il problema del deficit di legittimazione delle Autorità indipendenti è inizialmente emerso nell’ambito del dibattito statunitense sul modello delle Independent Regulatory Commissions, che si è incentrato sul tema della mancanza di responsabilità (accountability) di tali istituzioni, c.d. non maggioritarie, nei confronti dei cittadini elettori o di altre istituzioni dotate di legittimazione democratica[1]. Con la diffusione del «regulatory state»[2], problemi analoghi sono stati rilevati anche negli altri ordinamenti europei che, negli ultimi quaranta anni, si sono dotati di Autorità di regolazione[3].

In particolare, in Italia, gli studiosi hanno constatato l’esistenza di una frizione tra il modello delle Autorità indipendenti e il dettato costituzionale[4]. Tali Autorità non solo non sono contemplate dalla Costituzione italiana, ma sembrerebbero porsi addirittura in contrapposizione con il paradigma dei rapporti tra amministrazioni statali e vertice dell’esecutivo descritto all’art. 95 Cost.. L’indipendenza che caratterizza i rapporti tra Governo e Autorità non consente, infatti, una chiara riconduzione di tali enti all’indirizzo politico dettato dall’Esecutivo, a sua volta emanazione della volontà generale espressa dai cittadini. Tale particolare regime di irresponsabilità politica comporta due corollari: da una parte, rende difficoltoso reperire un fondamento costituzionale al modello delle Autorità indipendenti[5]; d’altra parte, solleva il problema della definizione delle competenze e del controllo dei poteri delle Autorità.

Tali problemi – specialmente il secondo - potrebbero trovare una soluzione nella sottoposizione delle Autorità a una stretta osservanza del principio di legalità[6]. La legge - espressione della volontà generale – basterebbe infatti ad assolvere la funzione di garanzia dei privati, assicurando, al contempo, che l’amministrazione agisca entro determinati confini predefiniti dal legislatore, e, dall’altra parte, consentendo il ricorso alla tutela giurisdizionale, in caso di travalicamento di tali confini.

Il funzionamento delle Autorità indipendenti si caratterizza invece per un’importante deviazione dal principio di legalità, che è stata giustificata in ragione della natura dei fenomeni sottoposti alla competenza regolatoria delle Autorità indipendenti: secondo questa ricostruzione, le norme attributive dei poteri dovrebbero consentire una «contestualizzazione della norma» a condizioni tecnologiche e di mercato in rapidissima evoluzione[7]. Poteri e competenze sono perciò attribuiti alle Autorità mediante norme dal contenuto sovente indeterminato[8], che si limitano ad individuare le aree di competenza[9], senza fissare particolari limiti o criteri direttivi, tanto che tali norme sono state descritte come atti di «delega di poteri in bianco»[10]. In queste condizioni, l’attività di regolazione delle Autorità neppure può trovare la sua legittimazione atteggiandosi come mera esecuzione degli obiettivi (e dei criteri di perseguimento degli stessi) fissati dalla norma attributiva del potere[11].

L’istituzione delle Autorità e la scelta di delegare loro la cura di interessi particolarmente sensibili è stata quindi giustificata alla luce della loro competenza tecnica (c.d. «technocratic legitimacy»[12]) e capacità di elaborare politiche efficaci al perseguimento degli scopi per le quali sono state istituite attraverso un equo e neutro bilanciamento degli interessi in gioco (c.d. «output oriented legitimacy»)[13]. Tali tesi sono state tuttavia efficacemente confutate da chi ha dimostrato che i poteri delle Autorità non possono essere esercitati in modo assolutamente neutro, atteso che ogni atto – specialmente se di regolazione – richiede un bilanciamento tra interessi, pubblici e privati, di natura in parte politica[14]

 

  1. La tesi della “legittimazione di tipo procedurale” delle Autorità indipendenti

 

Atteso il carattere intrinsecamente politico della regolazione e vista la estraneità delle Autorità dal circuito rappresentativo-democratico, è stata rilevata l’esigenza di garantire ai portatori di interessi la possibilità di partecipare ai procedimenti regolatori, al fine di rappresentare adeguatamente le proprie istanze, dal momento che tale rappresentanza non può avere luogo al livello delle istituzioni c.d. maggioritarie. E’ stato quindi sostenuto, anche sulla scorta degli approdi della dottrina statunitense sul punto[15], che per fare fronte allo strutturale deficit democratico e di legittimazione delle Autorità indipendenti occorresse sottoporre i procedimenti regolatori a specifiche garanzie procedurali[16].

Tale tesi ha ricevuto un’ampia risonanza nella giurisprudenza amministrativa, che, dopo l’iniziale tendenza a negare il particolare rilievo delle garanzie partecipative nell’ambito dei procedimenti regolatori delle Autorità indipendenti[17], si è stabilmente orientata nel senso di affermare che sia necessaria una piena realizzazione della partecipazione degli interessati, al fine di apportare una legittimazione «dal basso» alle Autorità[18].

L’espressione di tale principio da parte del giudice amministrativo è particolarmente significativa, atteso che l’art. 13 della legge sul procedimento amministrativo, posto in chiusura del capo relativo alla partecipazione dei cittadini al procedimento, dispone che le garanzie procedurali ivi previste non si applichino ai procedimenti volti all’emanazione di atti normativi o generali[19]. A tale norma corrisponde la speculare esenzione dall’obbligo di motivare «gli atti normativi e quelli a contenuto generale»[20].

L’esenzione dall’obbligo di garantire la partecipazione ai procedimenti regolatori prevista dall’art. 13[21] è stata spiegata alla luce del fatto che, tradizionalmente, si considera che l’atto normativo non determini una lesione diretta della posizione sostanziale del cittadino, tale da giustificare l’attribuzione di un diritto al contraddittorio[22]. Inoltre, da un punto di vista strutturale, gli organi dell’amministrazione preposti all’adozione dei regolamenti non soffrono di problemi di legittimazione nell’esercizio delle proprie potestà regolamentari: da una parte, vi sono direttamente abilitati in virtù di una norma attributiva del potere; d’altra parte, si inseriscono nel circuito democratico attraverso il loro collegamento con gli organi dotati direttamente o indirettamente di rappresentanza[23]. In terzo luogo, la norma escluderebbe la necessità di garantire la partecipazione degli interessati al fine di evitare un eccessivo aggravio del procedimento: poiché i regolamenti coinvolgono di regola una gamma variegata di interessi, la partecipazione richiederebbe il coinvolgimento di un numero troppo elevato di soggetti[24].

La dottrina ha osservato, sin dall’indomani dell’emanazione della l. 241/1990, che tale ultimo ostacolo non sussisterebbe, invece, con riferimento all’attività di regolazione delle Autorità indipendenti, posto che il campo degli interessi sarebbe in questo caso limitato a quello delle «parti», ossia degli stake holders titolari di interessi contrapposti[25]. Allo stesso modo, le altre ragioni addotte a fondamento dell’esclusione delle garanzie partecipative non avrebbero ragion d’essere, nell’ambito dei procedimenti di regolazione: nello spostare il contraddittorio dagli organi rappresentativi dei cittadini agli interessati, la partecipazione realizzerebbe un modello alternativo rispetto a quello della rappresentanza politica, ben più adatto alla necessità di raccordare interessi e, al contempo, di rispondere alle esigenze del mercato in modo rapido ed efficiente[26].

In difetto di una legittimazione costituzionale e democratica delle Autorità, si collocherebbe proprio nel procedimento il momento del confronto tra i diversi interessi e istanze coinvolti dalla regolazione[27], che diventerebbe così la «sede formale del pluralismo»[28]. In questo modo, la partecipazione garantirebbe non solo la riduzione delle asimmetrie informative tra regolati e regolatore, la trasparenza[29] e l’accountability dell’Autorità nei confronti degli stakeholders e di tutti gli interessati[30], ma opererebbe altresì quale strumento di effettiva legittimazione “dal basso” dell’Autorità.

Addirittura, secondo alcuni Autori, l’adozione di procedimenti partecipativi da parte delle Autorità di regolazione consacrerebbe la legittimità costituzionale di queste ultime, ex art. 3, co. 2, Cost.: attuando il principio della partecipazione, i procedimenti delle Autorità contribuirebbero infatti a realizzare la forma di democrazia partecipativa ivi tratteggiata[31].  In tale prospettiva, la partecipazione non costituirebbe solo uno strumento per legittimare le Autorità agli occhi dei regolati, ossia per instillare in questi ultimi la «convinzione, puramente fattuale, della validità del diritto, dell’obbligatorietà di determinate norme o decisioni, o del valore dei principî nei quali esse trovano giustificazione»[32]; neppure servirebbe solo a compensare il deficit di legalità sostanziale[33], ma configurerebbe addirittura un tratto fondamentale della loro stessa funzione, idoneo a dare alla loro esistenza legittimazione costituzionale.

 

  1. La partecipazione ai procedimenti regolatori come strumento di attuazione della democrazia partecipativa: mito o realtà?

 

3.1. La costruzione giurisprudenziale del mito dell’attuazione della democrazia partecipativa nei procedimenti regolatori delle Autorità indipendenti

 

La tesi della legittimazione «dal basso» delle Autorità è stata oggetto di critiche molto accese[34]; eppure, sembrerebbe ormai far parte della vulgata sulle Autorità indipendenti, tanto da essere stata persino ripresa dalla Corte costituzionale in una sentenza del 2017[35], con cui è stata respinta la questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento alla disciplina in materia di auto finanziamento dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti[36] all’art. 23 Cost..

La norma primaria che abilitava l’A.R.T. all’imposizione ai gestori di un contributo finalizzato al proprio finanziamento era stata ritenuta dal giudice remittente priva dei contenuti essenziali idonei a delimitare adeguatamente la discrezionalità dell’Amministrazione[37]. La Corte costituzionale, pur ribadendo che, alla stregua dell’art. 23, il legislatore deve indicare compiutamente «il soggetto e l'oggetto della prestazione imposta […] senza che residui la possibilità di scelte del tutto libere e perciò eventualmente arbitrarie della stessa pubblica amministrazione […] a garanzia della libertà e proprietà individuale», ha altresì affermato che «l'eventuale indeterminatezza dei contenuti sostanziali della legge può ritenersi in certa misura compensata dalla previsione di talune forme procedurali aperte alla partecipazione di soggetti interessati e di organi tecnici». La concessione della possibilità di intervenire nel procedimento regolatorio agli stake holders è stata così ritenuta sufficiente a colmare le lacune della norma primaria, come se l’indizione della consultazione avesse potuto in qualche modo sostituirsi alla garanzia costituzionale rappresentata dalla riserva di legge, assolvendone la medesima funzione[38]. La pronuncia della Corte costituzionale in esame non è che l’ultimo approdo di un orientamento giurisprudenziale che, a partire dall’inizio degli anni 2000, ha costantemente ribadito che il deficit di legittimazione delle Autorità può essere colmato mediante la partecipazione degli stake holders ai procedimenti regolatori[39].

            La consultazione viene considerata dalla giurisprudenza amministrativa come un passaggio essenziale del procedimento regolatorio: sono infatti sanzionati con l’annullamento gli atti di regolazione adottati senza garantire agli interessati la possibilità di partecipare, in assenza di un giustificato motivo[40]. La giurisprudenza più recente esclude peraltro che le garanzie partecipative possano essere ridotte a un mero adempimento formale, la cui superfluità possa essere dimostrata a posteriori attraverso un ragionamento controfattuale analogo a quello consentito dall’art. 21 octies, co. 2, l. 241/1990, atteso «il carattere del tutto fondante che il rispetto della legalità in senso procedimentale riveste nell’ambito della legittimazione dell’esercizio delle attività di regolazione delle Autorità indipendenti […] nel cui ambito il corretto, doveroso e diligente esercizio dell’interlocuzione procedimentale ex ante costituisce di per sé una delle condizioni (non eliminabili e non sostituibili) di conformità a Costituzione dello stesso modello regolatorio prima ancora che di conformità a legge del suo concreto esercizio»[41]. Sulla stessa falsariga, un orientamento del giudice di merito censura gli atti regolatori adottati in seguito a una consultazione indetta sulla base di un documento inadeguato o incompleto[42].

La consultazione è quindi, secondo il giudice amministrativo, un passaggio procedimentale ineliminabile, salvo circostanze assolutamente eccezionali; deve inoltre svolgersi con modalità tali da garantire l’effettiva partecipazione degli interessati.

La giurisprudenza richiamata nulla dice, tuttavia, in merito al valore delle risultanze delle consultazioni, o meglio, in merito al dovere, per l’Amministrazione, di prendere in considerazione tali risultanze, anche solo per confutarle; eppure, tale punto risulta del tutto fondamentale al fine di verificare se la partecipazione ai procedimenti regolatori possa effettivamente costituire una modalità di attuazione del modello della democrazia partecipativa.

Come si è già detto, gli atti regolatori delle Autorità devono essere motivati, in deroga a quanto previsto dall’art. 3, co. 2, l. 241/1990, anche a garanzia della effettività della partecipazione[43]. La motivazione deve dare conto di alcuni elementi fondamentali, quali «l’adeguatezza della istruttoria, sulla base del rispetto delle regole procedimentali (consultazione, acquisizione dei fatti e degli interessi rilevanti)», nonché le «ragioni giustificative dell'atto di regolazione, soprattutto nei casi in cui dovessero essere contestati a monte i presupposti dell'azione regolatoria»[44]. L’Autorità dovrebbe sempre, insomma, giustificare la bontà dell’intervento realizzato e la non arbitrarietà delle regole poste, alla luce dei fatti e degli interessi rilevanti acquisiti nel corso della consultazione.

L’onere motivazionale non contemplerebbe tuttavia, secondo un filone giurisprudenziale ormai consolidato, l’obbligo di dare puntualmente conto delle ragioni del mancato accoglimento delle osservazioni formulate dai singoli stake holders:basterebbe, per la completezza della motivazione, un riferimento “globale” alle risultanze della consultazione. L’esclusione dell’obbligo di puntuale confutazione delle singole osservazioni rifletterebbe un’esigenza di economicità[45].

Tale orientamento pare particolarmente problematico, per due motivi.

Il primo è chiaro: consentendo alle Autorità di non confutare espressamente le osservazioni – o proposte alternative – degli interessati si dequotano le garanzie procedimentali degli stessi, rendendole sostanzialmente non giustiziabili, con la conseguenza di ridurre la tanto celebrata «legalità procedurale» ad un guscio semivuoto[46], e rischiando così la paventata burocratizzazione del potere regolamentare, di fatto del tutto accentrato nelle mani dell’Autorità[47].

Non solo: la giustificazione solo parziale dei processi decisionali seguiti dall’Autorità aumenta il rischio di «agency capture», ossia di un’indebita influenza, realizzata con mezzi poco trasparenti, da parte di entità economiche particolarmente potenti[48]. Se nell’atto regolatorio non viene dato conto della contrapposizione tra le diverse prospettive proposte dagli interessati – forti e deboli – risulta difficile ricostruire il percorso logico seguito dall’Autorità, e, conseguentemente, valutare la bontà, la proporzionalità, e, in ultima istanza, la «credibilità» della scelta di una delle prospettive rispetto all’altra[49]. La concezione della partecipazione sottesa agli orientamenti giurisprudenziali appena richiamati non sembra dunque neppure sufficiente a promuovere l’accountability dell’Autorità[50].

 Un’analoga limitazione della portata della partecipazione ai procedimenti regolatori, rispetto all’ideale dichiarato, emerge altresì dall’analisi degli atti di auto-vincolo emanati dalle Autorità in materia di consultazione degli interessati. Come vedremo infra, questi disegnano una disciplina della partecipazione talvolta insoddisfacente, sia con riferimento all’obiettivo dichiarato di supplire al deficit di legittimazione democratica, sia con riferimento all’esigenza di rendere più trasparenti i processi decisionali delle Autorità di regolazione. 

 

3.2. I modelli di partecipazione procedimentale negli atti di auto vincolo delle Autorità: la perpetuazione di un modello tradizionale

 

Conformemente agli auspici della dottrina e della giurisprudenza, delle forme di partecipazione ai procedimenti regolatori sono state previste sia da atti normativi istitutivi delle Autorità[51] sia, più dettagliatamente, da regolamenti adottati dalle stesse Autorità, che, generalmente, hanno assunto a modello la tecnica notice and comment di matrice statunitense[52].

Il primo atto di auto-vincolo risale al 1997, anno in cui l’Autorità garante per l’elettricità e il gas adottava una delibera sul procedimento[53] in cui venivano previste alcune forme embrionali di partecipazione ai procedimenti regolatori.  L’art. 5, co. 1, prevedeva in particolare che l’Autorità desse notizia dell’avvio del procedimento mediante la pubblicazione di un avviso sul Bollettino, «o in altra forma ritenuta idonea», fissando contestualmente un termine per l’invio di eventuali osservazioni o memorie scritte. La diffusione della bozza del provvedimento da adottare era tuttavia del tutto facoltativa[54], così come l’indizione di forme di partecipazione innovative (audizioni speciali, anche individuali) rispetto al modello della 241/1990[55].

A partire dagli anni 2000, le Autorità di regolazione si sono dotate di atti di auto-vincolo aventi specificamente ad oggetto le modalità di svolgimento delle consultazioni pubbliche nell’ambito dei procedimenti regolatori. Ancora una volta, l’AEEG è stata «pioniera», emanando, nel 2009, un atto recante la disciplina della partecipazione ai procedimenti di regolazione, nella cui motivazione si leggeva: «appare opportuno in particolare adottare una compiuta e più articolata disciplina della consultazione in quanto essa costituisce un importante strumento di democrazia deliberativa, di trasparenza e di qualità della regolazione»[56].

L’atto ampliava e rendeva obbligatoria la consultazione già prevista dalla delibera del 1997, prevedendo inoltre la possibilità di indire alcune forme innovative di partecipazione, oltre alle già citate «audizioni speciali», quali «gruppi di lavoro, incontri pubblici e seminari». Al di là delle petizioni di principio, tuttavia, le garanzie procedimentali previste dalla delibera del 2009 apparivano, a ben vedere, abbastanza scarne: all’art. 3 veniva per esempio previsto che il documento da diffondere ai fini della consultazione dovesse recare i meri «elementi essenziali del progetto di regolazione», mentre solo «eventualmente» l’Autorità avrebbe potuto pubblicare lo «schema dell’atto di regolazione da adottare». Gli stake holders avrebbero quindi potuto esprimersi su un documento recante informazioni solo parziali, non dettagliate, con l’ovvia conseguenza di una riduzione dell’ambito della partecipazione rispetto all’ideale dichiaratamente perseguito, quello della democrazia deliberativa[57].

Anche l’art. 4 prevedeva un modello di partecipazione limitata: l’urgenza, in particolare, avrebbe potuto giustificare un’abbreviazione dei termini per la consultazione sino a 7 giorni (dagli ordinari 30 del termine minimo per le consultazioni, previste dallo stesso art. 4), o, addirittura, in casi di «straordinaria urgenza o emergenza», la mancata indizione della procedura di consultazione tout court[58].

Anche l’onere motivazionale, con riferimento alle osservazioni svolte dai partecipanti, appariva decisamente limitato: all’art. 5, co. 1, si disponeva che «l’atto di regolazione è motivato tenendo conto anche delle eventuali osservazioni e proposte tempestivamente presentate nel corso della consultazione», mentre al co. 3, si prevedeva la mera facoltatività della diffusione di una «relazione tecnica esplicativa» che giustificasse puntualmente le scelte compiute dall’Autorità.   

Tale disciplina è stata sostanzialmente ripresa dal nuovo atto di auto-vincolo adottato dall’Autorità (ormai AEEGSI) nel 2014[59], che sembra però aver addirittura ulteriormente dequotato le garanzie di trasparenza e di partecipazione al procedimento regolatorio. Se l’art. 4 dell’atto del 2009 prevedeva che «scaduto il termine per la consultazione, le osservazioni e le proposte pervenute sono pubblicate sul sito internet a cura del responsabile del procedimento», oggi tale onere di pubblicazione è solo facoltativo: l’art. 6, co. 2, della nuova disciplina prevede infatti che «le osservazioni e le proposte, pervenute nell’ambito di una consultazione, possono essere pubblicate sul sito internet dell’Autorità a cura del responsabile del procedimento.»

La pubblicazione solo facoltativa delle osservazioni trasmesse dagli interessati compromette la trasparenza dei processi decisionali dell’Autorità e, conseguentemente, anche la loro accountability. Il problema relativo agli standard motivazionali richiesti viene così aggravato, poiché se non vengono pubblicate tutte le proposte o obiezioni formulate dagli operatori, risulta ancor più difficile valutare la bontà, ragionevolezza e proporzionalità delle scelte operate dall’Autorità, alla luce delle possibili alternative prospettate dagli interessati. Inoltre, la facoltatività della pubblicazione compromette anche l’ideale dichiarato di democrazia deliberativa, rendendo impossibile la circolazione delle informazioni, essenziale a un confronto costruttivo tra tutti gli interessati[60].

La delibera AEEG del 2009 ha fatto da modello anche per l’atto di auto-vincolo dell’Autorità di regolazione dei Trasporti, elaborato nel 2014[61], e per il regolamento concernente le procedure di consultazione nei procedimenti di competenza dell’AGCOM, adottato il 5 aprile 2019[62]. Questi riproducono infatti grosso modo la disciplina sopra esaminata, incorrendo nelle criticità già esposte.

Nel regolamento sulla consultazione dell’AGCOM è prevista la possibilità per gli interessati di richiedere, fornendone una congrua motivazione, un’audizione su questioni specifiche[63], ma la decisione su tale istanza è comunque rimessa alla discrezionalità del responsabile del procedimento[64]. Il regolamento AGCOM si distingue anche per una particolare disciplina della motivazione degli atti normativi: è infatti previsto che l’Autorità rediga una sintesi delle risultanze della consultazione – da pubblicare sul sito dell’Autorità o da inserire nella motivazione dell’atto adottato – nella quale devono essere specificati gli «orientamenti generali ricavabili dalle osservazioni formulate», nonché le «motivazioni che giustificano le definitive determinazioni dell’Autorità»[65]. Ciò implica la necessità di dare conto delle alternative presentate dagli interessati che abbiano partecipato alla consultazione, seppur raggruppate per «orientamenti»; lo strumento della relazione può così compensare le criticità già esposte in ordine alla mera facoltà di pubblicazione delle osservazioni ricevute durante la consultazione.

Nell’atto di auto-vincolo dell’ART, manca del tutto, invece, una disciplina specifica della pubblicazione degli atti della consultazione, nonché della motivazione dell’atto di regolazione, anche se tale lacuna non consente di ritenere applicabile la disciplina generale prevista dall’art. 3 della l. 241/1990.

Il Regolamento relativo alla partecipazione ai procedimenti di regolazione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, approvato il 23 giugno 2018 si presenta molto più corposo rispetto agli altri atti di auto-vincolo considerati. L’art. 3 si apre con una petizione di principio («l’Autorità favorisce la massima partecipazione dei soggetti interessati ai procedimenti di regolazione»), rispetto al quale sono però previste una serie di deroghe: sono ad esempio esclusi dalla consultazione gli atti «che hanno limitato impatto sul mercato» (co.3, lett. e) e «gli atti emanati per l’esigenza di mero adeguamento a modifiche normative sopravvenute» (co. 3, lett. c)[66]. E’ inoltre esclusa la necessità di sottoporre l’atto alla consultazione «quando questa è incompatibile con esigenze di opportunità e di urgenza». Infine, vi si specifica che l’Autorità è tenuta a prendere in considerazione solo le osservazioni che vengano giudicate come «strettamente pertinenti e utili all’assunzione delle scelte di competenza»[67].

La vaghezza della formulazione di tali previsioni derogatorie pare lasciare all’Autorità un ampio margine di manovra quanto alla possibilità di disattendere il principio di «massima partecipazione» sopra richiamato. Ciò risulta peraltro del tutto incoerente con la giurisprudenza che ritiene che le deroghe al principio di legalità in senso procedimentale debbano essere motivate in modo molto puntuale, visto il loro carattere «eccezionale»[68].

Malgrado l’ampio ambito di discrezionalità lasciato all’Autorità dalle disposizioni richiamate, può osservarsi che il regolamento prevede, quantomeno formalmente, una garanzia maggiore, in termini di accountability, vincolando l’Autorità a pubblicare tutte le osservazioni ricevute sul sito istituzionale di ANAC[69]. Tale previsione non è tuttavia sufficiente per fugare le perplessità sopra esposte. E’ molto frequente, con riferimento a ANAC - che per sua natura si rivolge a una platea molto più ampia e eterogenea di soggetti interessati, rispetto ad altre Autorità - l’ipotesi di consultazioni ad alta partecipazione. La pubblicazione di tutti i documenti ricevuti, in questi casi, risulta meno efficace, dal punto di vista della trasparenza, rispetto allo strumento del rapporto di sintesi, poiché impone agli interessati, al fine di ricostruire il percorso logico seguito dall’Autorità, la lettura di un numero elevatissimo di documenti. 

 

  1. Considerazioni conclusive

 

 

Anche dall’analisi degli atti di auto-vincolo emerge, quindi, come la partecipazione quale strumento di attuazione del modello della democrazia partecipativa - o addirittura deliberativa - rimanga in larga misura solo un mito.

I limiti alla partecipazione che emergono dall’analisi degli atti di auto-vincolo paiono peraltro coerenti con le indicazioni rese dalla giurisprudenza ormai consolidata, che nega, come si è accennato, che l’Autorità debba specificare nella motivazione dell’atto regolatorio le ragioni che l’hanno spinta a disattendere una data osservazione o proposta[70]. Al di là dell’obbligo generale di indire le consultazioni, più volte ribadito dalla giurisprudenza[71], le garanzie di partecipazione non sono, in definitiva, assistite da una piena giustiziabilità[72]; anzi, sotteso a questi orientamenti giurisprudenziali è il concetto che l’unica detentrice del potere decisionale rimane l’Autorità[73].

La partecipazione conserva la principale – forse, a ben vedere, l’unica - finalità di attenuare le asimmetrie informative tra Autorità e operatori (ma non tra operatori)[74]; non già, come annunciato in via di principio, quella di garantire una forma di «legittimazione dal basso» dell’Autorità, né tramite una vera e propria deliberazione tra gli operatori, né, tantomeno, attraverso il raggiungimento di un consenso degli interessati attorno alle regole elaborate[75]

Alla luce dell’effettiva limitatezza delle garanzie dei diritti di partecipazione nei procedimenti regolatori, è possibile esprimere alcune considerazioni.

Deve rilevarsi, in primo luogo, quanto sia problematico l’impiego della tesi della legalità procedurale da parte della giurisprudenza amministrativa – ma anche costituzionale – al fine di giustificare un’espansione dei poteri regolamentari delle Autorità al di là di quanto tracciato dalla norma primaria. Visto il disinteresse della politica verso la maggiore definizione dei limiti entro i quali le Autorità dovrebbero esercitare i loro poteri regolatori, non rimane che auspicare un vero ampliamento delle garanzie partecipative degli interessati, che, seppure incapace di colmare il deficit di legalità sostanziale, possa almeno contribuire al contempo ad assicurare proporzionalità e maggiore trasparenza dei processi decisionali delle Autorità. Invero, a prescindere dalla questione se sia possibile supplire al deficit di democraticità e alla caduta della legalità sostanziale che caratterizzano l’attività delle Autorità attraverso la partecipazione procedimentale[76], quest’ultima, se demagogicamente valorizzata senza che ne sia assicurata l’effettività e la giustiziabilità, rischia di favorire fenomeni di agency capture in assoluta controtendenza con la pretesa democratizzazione dell’attività delle Autorità indipendenti.

  In particolare, malgrado esista un rischio di «ossificazione» dei procedimenti regolatori[77], sarebbe opportuno un rafforzamento dell’obbligo di motivazione degli atti, attraverso l’imposizione alle Autorità dell’onere di dare conto della scelta di aderire a una data ricostruzione, disattendendone altre che possano apparire egualmente ragionevoli. Una misura di questo tipo contribuirebbe senz’altro a rendere più trasparenti le scelte regolatorie, fugando eventuali sospetti di agency capture e promuovendo così la «credibilità» delle Autorità, che d’altronde si fonda in larga misura sulla percezione della loro imparzialità o neutralità.

Una motivazione più completa garantirebbe, inoltre, l’effettiva osservanza del principio di proporzionalità nelle scelte regolatorie[78]. Tale principio assume particolare rilevanza, in considerazione del deficit di legalità sostanziale, visto che «quando la base legislativa del potere esercitato manchi è di fatto l’amministrazione a stabilire in fin dei conti in modo completo il rapporto di prevalenza/soccombenza fra i vari interessi toccati dal provvedimento»[79]: diviene allora fondamentale, a garanzia dei privati, non solo giustificare l’adeguatezza di una misura rispetto agli scopi perseguiti, ma anche dare conto della preferibilità di tale misura rispetto alle alternative, meno gravose per gli interessati che se n’erano fatti promotori nell’ambito della consultazione.

 

Abstract: The paper aims to verify whether public participation in Independent Authorities’ rule-making constitutes a tool of participatory democracy, capable of compensating the democratic deficit which affects those Authorities, by providing them with a « bottom-up » legitimacy.

 

Key words: Participation, Participatory democracy, procedural legality, Independent Authorities, Regulation, Policy-making, Rule-making.

 


[1] Sull’esperienza statunitense, v. M. Manetti, Poteri neutrali e Costituzione, Milano 1994, 53 ss.. (sulla questione del deficit di legittimazione delle I.R.C., v. p. 86 ss.); S. Cassese, Le autorità indipendenti: origini storiche e problemi odierni, in S. Cassese, C. Franchini, I garanti delle regole, Bologna 1996, 217; P. Fava, Le tecniche di consultazione degli interessati nei procedimenti di regolazione delle Agencies statunitensi e gli standards minimi di consultation della Commissione europea, in Rass. avv. Stato, 2007, 289.

[2] G. Majone, The Rise of the Regulatory State in Europe, West European Politics, 1994, 77 e Id., From the positive to the regulatory state, Journal of Public policy, 1997, 139.

[3] V., per esempio, per la Francia, L. Cohen-Tanugi, Une doctrine pour la régulation, Le débat, 1988, 56 ; in Europa, G. Majone, The regulatory State and its legitimacy problems, West European Politics, 1999, 1.

[4] Cfr., per esempio G. Pericu, Brevi riflessioni sul ruolo istituzionale delle Autorità amministrative indipendenti, Dir. Amm., 1996, 1; M. Manetti, Poteri neutrali e Costituzione, cit., 93 ss..

[5] V. però S. Battini, Indipendenza e amministrazione fra diritto interno ed europeo, Riv. trim. dir. pubbl., 2018, 947, secondo il quale il problema dell’apparente incompatibilità tra il dettato costituzionale e il modello delle Autorità potrebbe essere risolto facendo discendere la legittimazione di tali enti dall’ordinamento europeo, ex art. 117 Cost., visto che in molti casi il legislatore comunitario ne ha imposto l’istituzione al fine di evitare indebite interferenze tra Stato imprenditore e Stato regolatore. L’Autore osserva inoltre che, comunque, il concetto di indipendenza europea impone la recisione del legame tra esecutivo - che persegue gli interessi della Nazione - e Autorità, a cui è invece affidato il compito di preservare la concorrenza sul mercato interno a prescindere dagli interessi della Nazione.

[6] In questo senso, cfr. N. Bassi, Principio di legalità e poteri amministrativi impliciti, Milano 2001, (part. 188 ss.) e Id., Principio di legalità e principio di certezza del diritto a confronto nella regolazione amministrativa dei servizi economici generali, in La regolazione dei servizi di interesse economico generale, Torino 2010, 156 (part. 164 ss.); S. Santoli, Principio di legalità e potestà regolamentare delle autorità indipendenti, Giur. Cost., 2003, 1785.

[7] Cfr. M. Clarich, Garanzia del contraddittorio nel procedimento (intervento al Convegno intitolato «Le Autorità Amministrative indipendenti», tenutosi a Roma il 9 maggio 2003), reperibile in www.giustizia-amministrativa.it. Tale tesi è stata sostenuta anche dalla giurisprudenza amministrativa: cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 1 ottobre 2014, n. 4874, in www.giustizia-amministrativa.it,  in cui viene specificato che «la parziale deroga al principio di legalità sostanziale si giustifica in ragione dell'esigenza di assicurare il perseguimento di fini che la stessa legge predetermina: il particolare tecnicismo del settore impone, infatti, di assegnare alle Autorità il compito di prevedere e adeguare costantemente il contenuto delle regole tecniche all'evoluzione del sistema» e, da ultimo, dalla giurisprudenza costituzionale (cfr. Corte cost., 7 aprile 2017, n. 69, Giorn dir. amm., 2018, 55, con nota di B. Carotti, La Corte costituzionale torna sul finanziamento delle Autorità indipendenti e in Quaderni Costituzionali, 2017, 913, con nota di M. Picchi, Partecipazione e legalità procedurale nella sentenza della Corte costituzionale sul contributo per il finanziamento dell’Autorità di regolazione dei trasporti.)

[8] Con riferimento alle Autorità di regolazione nel settore dei servizi di pubblica utilità, può essere richiamato l’art. 2 co. 12 della l. 14 novembre 1995 n. 481, che enumera le funzioni delle istituende Autorità in termini quantomeno generici: cfr., per esempio, la lettera h), che prevede che l’Autorità, nel perseguimento delle proprie finalità istituzionali «emana le direttive concernenti la produzione e l'erogazione dei servizi da parte dei soggetti esercenti i servizi medesimi, definendo in particolare i livelli generali di qualità riferiti al complesso delle prestazioni e i livelli specifici di qualità riferiti alla singola prestazione da garantire all'utente […] ».

[9] F. Politi, Regolamenti delle autorità amministrative, Enc. giur., 1991, XXVI, 1.

[10] M. Clarich, Garanzia del contraddittorio nel procedimento, cit..

[11] Secondo un’altra ricostruzione, facente leva sulla particolare posizione di indipendenza rispetto alla politica e il rapporto diretto con il gruppo sociale di riferimento che caratterizzano le Autorità, la dequotazione del principio di legalità sostanziale sarebbe dovuta alla titolarità di un grado maggiore di autonomia rispetto alle altre Amministrazioni, tale da giustificare un diverso rapporto tra legge e regolamenti delle Autorità indipendenti: cfr., in questo senso, A. Massera, Le autorità amministrative indipendenti e l’ordinamento giuridico, Relazione al convegno “Attualità e necessità del pensiero di Santi Romano” del 14 e 15 giugno 2018.     

[12] M. Manetti, Poteri neutrali e Costituzione, cit., 117, cita il mito della tecnocrazia quale terzo fattore di «neutralizzazione» delle Autorità nel discorso politico.  

[13] Secondo F. Scharpf, Governing in Europe: effective and democratic?, Oxford 1999, 6, la output oriented legitimacy si fonda sul fatto che le scelte dell’Autorità «effectively promote the common welfare of the constituency in question». In senso analogo, A. Predieri, L’erompere delle Autorità indipendenti, Firenze 1997, 94.

[14] G. Morbidelli, Sul regime amministrativo delle Autorità indipendenti, in A. Predieri (a cura di), Le autorità indipendenti nei sistemi istituzionali ed economici, I, Milano 1997, 145 (part. 159 ss.). M. Maggetti, Legitimacy and Accountability of Independent Regulatory Agencies: a critical review, NCCR Democracy Living Reviews, 2010, Vol. 2, 1, osserva peraltro che la «output oriented legitimacy» presuppone che l’Autorità sia percepita dai regolati come neutrale: « even theoretical “Pareto-optimal” regulatory policies are rarely framed as “win-win” situations in practice, because their properties and political implications are differently perceived and/or strategically constructed by the various actors concerned with the problem […]. In fact, the relevant stakeholders rarely find an agreement concerning such a perspective; they normally understand the game as competitive, and they struggle for obtaining the most favourable compromise […]».

[15] Per una ricostruzione di tali orientamenti dottrinali, cfr. G. Grasso, Spunti per uno studio sulle autorità amministrative indipendenti: il problema del fondamento costituzionale (Italia, Francia, Stati Uniti d’America), Quad. reg., 1993, 1303.

[16] S. Cassese, Negoziazione e trasparenza nei procedimenti davanti alle Autorità indipendenti, in Il procedimento davanti alle Autorità indipendenti, Torino 1999, 42, che contrapponeva la legittimazione discendente dalla «democrazia politica», da quella derivante dalla «democrazia procedimentale».

[17] Inizialmente, la giurisprudenza amministrativa tendeva a sottolineare la mera funzione istruttoria e collaborativa (tesa ad attenuare le asimmetrie informative tra Autorità e operatori del settore) della consultazione; cfr., in questo senso, Cons. Stato, sez. VI, 10 ottobre 2005, n. 5467, in Foro amm. C.d.S., 2005, 3003, in cui veniva negata, con riferimento alla disciplina di adozione di atti generali da parte dell’AEEG, la sussistenza di un obbligo per l’Autorità consentire una partecipazione «piena» degli operatori alla formazione della regola: «nessuna norma di legge prevedeva che il provvedimento tariffario dovesse essere codeciso o comunque concertato con gli operatori del mercato del gas […] L’invocato principio di partecipazione al procedimento amministrativo, con riferimento all’adozione di atti lato sensu normativi, quale è stato quello in esame, di regolazione del mercato da parte di una autorità indipendente, non poteva essere dilatato al punto da imporre una sorta di formazione progressiva dell’atto, con un’acquisizione delle valutazioni degli interessati sui diversi e progressivi passaggi della decisione, quasi che si trattasse di una misura sanzionatoria implicante la necessità di una contestazione in eundo onde garantire la piena corrispondenza tra quanto deciso con quanto contestato

[18] Ex multis, cfr. T.A.R. Lombardia, sez. III, 11 ottobre 2010, n. 6913, citata da T.A.R. Lombardia, sez. II, 19 febbraio 2015, n. 509, entrambe reperibili in www.giustizia-amministrativa.it, si legge che «l'esercizio dei poteri regolatori da parte dell'autorità, poste al di fuori della tradizionale tripartizione dei poteri e al di fuori del circuito di responsabilità delineato dall'art. 95 cost., è giustificato anche in base all'esistenza di un procedimento partecipativo, inteso come strumento della partecipazione dei soggetti interessati sostitutivo della dialettica propria delle strutture rappresentative. In assenza di responsabilità e di soggezione nei confronti del Governo, l'indipendenza e neutralità delle Autorità può trovare un fondamento dal basso, a condizione che siano assicurate le garanzie del giusto procedimento e che il controllo avvenga poi in sede giurisdizionale. Del resto, non è pensabile che l'attività di regulation venga svolta senza la necessaria partecipazione al procedimento dei soggetti interessati: nei settori regolati dalle Autorità, in assenza di un sistema completo e preciso di regole di comportamento con obblighi e divieti fissati dal legislatore, la caduta del valore della legalità sostanziale deve essere compensata, almeno in parte, con un rafforzamento della legalità procedurale, sotto forma di garanzie del contraddittorio. Uno strumento essenziale per arricchire la base conoscitiva dell'attività di regolazione è costituito dalla consultazione preventiva, volta a raccogliere il contributo informativo e valutativo dei soggetti interessati. Tale consultazione preventiva viene svolta da tempo proprio dall'Autorità per l'Energia elettrica e il Gas attraverso audizioni e meccanismi di "notice and comment", con cui viene data preventivamente notizia del progetto di atto e viene consentito agli interessati di fare pervenire le proprie osservazioni, che richiedono poi necessariamente che l'atto regolatorio venga motivato». In termini analoghi, cfr. anche Cons. Stato, sez. VI, 1 ottobre 2002 n. 5105; 11 aprile 2006 n. 2007, entrambe reperibili in www.giustizia-amministrativa.it; 11 aprile 2006, n. 2201, in Giur. it., 2006, 1514; 27 dicembre 2006, n. 7972, Giorn. dir. amm., 2007, 377, con nota di S. Screpanti, La partecipazione ai procedimenti regolatori delle Autorità Indipendenti; 2 marzo 2010 n. 1215, con nota di I. Piazza, Sui rapporti tra principi e regole nella disciplina dei procedimenti di regolazione delle autorità indipendenti, Foro amm. C.d.S., 2011, 288; S. Del Gatto, La partecipazione ai procedimenti di regolazione delle autorità indipendenti, in Giornale dir. amm., 2010, 947; L. Salomoni, Regolazione del mercato elettrico e partecipazione degli operatori: alla ricerca della legittimazione del potere delle autorità (note a margine di Cons. Stato, sez. VI, 2 marzo 2010, n. 1215, in www.lexitalia.it).

[19] Art. 13, l. 241/1990. Per una ricostruzione della genesi della norma, con riferimento all’originale schema di disegno di legge sul procedimento amministrativo della Commissione Nigro (reperibile, insieme al parere dell’Ad. gen. del Consiglio di Stato, in Foro it., 1988, III, 22), cfr. M. Nigro, Il procedimento amministrativo tra inerzia legislativa e trasformazioni dell’amministrazione, Dir. proc. amm., 1989, 23; G. Pericu, I procedimenti di massa, in F. Trimarchi (a cura di), Il procedimento amministrativo tra riforme legislative e trasformazioni dell’Amministrazione, Milano 1990, 95.

[20] Art. 3, co. 2, l. 7 agosto 1990, n. 241. Sulla specularità dell’art. 13 e dell’art. 3, co. 2, l. 241/1990 cfr. G. Della Cananea, Gli atti amministrativi generali, CEDAM, 2000, 274 ss. e M. Cocconi, L’obbligo di motivazione degli atti amministrativi generali, Riv. trim. dir. pubbl., 2009, 707 (part. 710 ss.).

[21] E’ stato correttamente precisato da A. Travi, Accordi tra proprietari e comune e modifiche al piano regolatore ed oneri esorbitanti, Foro it., 2002, V, 274, che l’art. 13 non pone un divieto; esso infatti, « non impedisce all’amministrazione di ammettere una partecipazione del tipo di quella prevista per i procedimenti ‘individuali’ anche rispetto ai procedimenti per «l’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione»: più semplicemente si limita ad escludere che in questi casi l’amministrazione ‘sia tenuta a garantire’ tale partecipazione».

[22] Cfr. M. Cocconi, Garanzie procedurali e atti amministrativi a contenuto generale, in Istituzioni del Federalismo, 2018, 129 (part. 132 – 133), secondo la quale tale argomentazione si fonderebbe sulla «necessaria coerenza fra il regime procedimentale e quello processuale dell’atto […] La mancanza di una lesione personale e concreta procurata dall’atto, viceversa, come non concretizza, di regola l’interesse ad agire in sede processuale, così come non esige l’attivazione, in sede procedimentale, di garanzie partecipative e motivazionali dirette ad evitarla o giustificarla».

[23] Il riferimento è, per esempio, agli atti regolamentari adottati dai Ministeri, o, ancora, agli atti generali di pianificazione adottati dagli organi politici degli enti territoriali, che però godono di una legittimazione democratica diretta.

[24] E. Castorina, Considerazioni sui profili costituzionali dei limiti di partecipazione al procedimento amministrativo, Dir. proc. amm., 1994, 70 (part. 78 ss.), secondo cui l’art 13 esprimerebbe il «raggiungimento di un assetto equilibrato dei principî costituzionali di democraticità e di buon andamento della pubblica amministrazione». In senso conforme, in giurisprudenza, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 31 maggio 2003, n. 3037, reperibili sul sito www.giustizia-amministrativa.it, secondo cui «il principio della massima partecipazione procedimentale deve essere contemperato con l’esigenza dell’amministrazione di concludere procedimenti di portata generale senza rallentamenti e paralisi».

[25] In questo senso, cfr. S. A. Frego Luppi, L’amministrazione regolatrice, Torino 1999, 182 ss.

[26] M. Passaro, Le Amministrazioni indipendenti, Torino 1997, 249 ss.

[27] In questo senso, cfr. F. Merusi., Giustizia amministrativa e autorità indipendenti, Dir. amm., 2002, 43, secondo cui «non essendo organi o enti politicamente rappresentativi, o comunque connessi ad una responsabilità politica, attesa la deliberata cesura con la responsabilità ministeriale, la legittimazione del loro potere consiste esclusivamente nell'altro istituto che sta alla base degli ordinamenti democratici: il contraddittorio completo e paritario. […] Quando la rappresentanza non c'è, il contraddittorio deve essere completo ed integrale, perché connaturato all'esistenza stessa di una autorità amministrativa indipendente. Non per garantismo, ma per giustificare l'esistenza stessa di una autorità». 

[28] M. Passaro, Le Amministrazioni indipendenti, cit., 250. Nello stesso senso, M. Manetti, Profili di giustizia costituzionale delle AAII, in Annuario AIPDA 2002, Milano 2003, 211 (part. 229). 

[29] Prevenendo così fenomeni di agency capture. In questo senso, cfr. M. Clarich, I procedimenti di regolazione, in A.A.V.V., Il procedimento davanti alle Autorità indipendenti, Torino 1999, 9, rifacendosi alle analisi economiche della regolazione di A. Ogus, Regulation – legal form and economic theory, Oxford 1994, 57 ss.; S. Cassese, Negoziazione e trasparenza nei procedimenti davanti alle Autorità indipendenti, cit., 37. Sul punto, cfr. anche M. Clarich, Le autorità indipendenti nello «spazio regolatorio»: l’ascesa e il declino del modello, Dir. pubbl., 2004, 1035. 

[30] In questo senso, le consultazioni vengono annoverate tra gli strumenti idonei a migliorare la qualità della regolazione.

[31] M. Manetti, Profili di giustizia costituzionale delle AAII, cit., 229; cfr. altresì M. Manetti, Autorità indipendenti: tre significati per una costituzionalizzazione, in Studi in onore di Leopoldo Elia, Milano 1999, II, 911 (part. 919), in cui, in termini leggermente diversi, l’A. rilevava che il procedimento poteva atteggiarsi come una forma di «attuazione del fondamentale principio di partecipazione, […] espressione della sovranità popolare che in particolare caratterizza la Costituzione italiana, a norma dell’art. 3, co. 2, Cost.» Negli scritti citati, l’A. riprendeva una idea tratteggiata da A. Predieri, L’erompere delle Autorità indipendenti, cit., 13 ss., per il quale le Autorità contribuirebbero ad attuare l’obiettivo di rimozione degli ostacoli alla partecipazione dei cittadini all’organizzazione del Paese.

M. Manetti specificava che la legittimazione costituzionale derivante dall’osservanza di un procedimento partecipatorio non avrebbe dovuto confondersi o sovrapporsi con la «generica legittimazione procedurale», cui sarebbero soggette tutte le istituzioni delle moderne società complesse, secondo quanto teorizzato da N. Luhmann, Procedimenti giuridici e legittimazione sociale (a cura di A. Febbrajo, trad. di S. Siragusa), Milano  1995.

[32] Tale forma di legittimazione, del tutto agiuridica, è così descritta in N. Luhmann Procedimenti giuridici e legittimazione sociale, cit., 18.

[33] M. Passaro, Le amministrazioni indipendenti, cit., 253.

[34] Tra i detrattori di tale tesi, si possono ricordare G. Grasso, Le Autorità amministrative indipendenti della Repubblica tra legittimità costituzionale e legittimazione democratica, Milano 2006, 82 ss.; G. De Minico, Regole. Comando e consenso, Torino 2005, 60 ss. e M. Cuniberti, Autorità indipendenti e libertà costituzionali, Milano 2005, 418 ss.

[35] Corte cost., 7 aprile 2017, n. 69, cit.. La sentenza si inserisce nel filone inaugurato da Corte cost., 5 maggio 1988, n. 507, Foro it., 1988, I, 2098, con nota di richiami, in cui si affermava che l’art. 23 Cost. può considerarsi rispettato «quando esista, per l'emanazione dei provvedimenti amministrativi concernenti le prestazioni, un modulo procedimentale […] al fine di evitare eventuali arbitrii dell'amministrazione

[36] Art. 37, co. 6, lett. b), d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, conv. con modifiche dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214.

[37] T.A.R. Piemonte, sez. II, ord. 17 dicembre 2015, n. 1746, in www.giustizia-amministrativa.it.

[38] Cfr. M. Ramajoli, L’attuale configurazione delle Autorità indipendenti di regolazione: la natura giuridica delle funzioni e la tipologia degli atti, 2019, in www.giustizia-amministrativa.it; Id., Consolidamento e metabolizzazione del modello delle Autorità di regolazione nell’età dell’incertezza, Riv. reg. merc., 2018, 170 ss. (part. 178 ss.).

[39] C. Stato, sez. VI, 1 ottobre 2002, n. 5105, cit.; 11 aprile 2006, n. 2007, cit.; 20 aprile 2006, n. 2201, in www.giustizia-amministrativa.it; 2 marzo 2010, n. 1215, cit.; 2 maggio 2012, n. 2521, in Rass. avv. Stato, 2013, 112, con nota di V. Romano, Potere amministrativo implicito e atto amministrativo implicito: ammissibilità e condizioni di legittimità dell’uno e dell’altro; T.A.R. Lombardia, sez. III, 17 ottobre 2013, n. 2310, reperibile in www.giustizia-amministrativa.it. La tesi della legalità procedurale era stata altresì sostenuta dall’ad. gen. delle sezioni consultive nel parere del 6 febbraio 2006, n. 355, reso sullo schema di d. lgs. recante il “Codice dei  contratti pubblici di lavori, servizi e forniture», in cui si affermava che « l’esercizio di poteri regolatori da parte di autorità poste al di fuori della tradizionale tripartizione dei poteri del circuito di responsabilità delineato dall’art. 95 della Costituzione è giustificato anche in base all’esistenza di un procedimento partecipativo, inteso come strumento della partecipazione dei soggetti interessati sostitutivo della dialettica propria delle strutture rappresentative. Il rischio di una caduta del valore della legalità sostanziale deve essere compensato, almeno in parte, con un rafforzamento della legalità procedurale, sotto forma di garanzie del contraddittorio». Sulla base di tali considerazioni, l’ad. gen. proponeva l’inserimento all’art. 8 di un obbligo generale di consultazione preventiva per l’AVCP.

[40] In questo senso, cfr., per esempio, T.A.R. Lazio, Sez. I, 3 novembre 2010, n. 33133, in DeJure, o ancora Cons. Stato, sez. VI, 20 marzo 2015, n. 1532, Foro amm., 2015, 760, in cui si affermava l’assoluta eccezionalità delle ipotesi in cui l’Autorità può esimersi dall’indire una procedura di consultazione in virtù di ragioni di «straordinaria urgenza». Il giudice osservava infatti che «laddove si ammettesse che la sussistenza delle richiamate ragioni possa essere invocata in modo – per così dire – ampio ed elastico, ne conseguirebbe un’ulteriore e indebita (in quanto tendenzialmente autoprodotta) estensione della deroga al generale principio secondo cui l’esercizio dell’attività di regolazione deve essere ricondotto in modo diretto o indiretto a un circuito di legittimazione democratica (ovvero, in carenza – e in via eccezionale –, accompagnato da pregnanti e indefettibili garanzie di carattere partecipativo).»

[41] Cons. Stato, 29 luglio 2019, n. 5324; sez. VI, 20 marzo 2015, n. 1532, cit., in www.giustizia-amministrativa.it.

[42] In questo senso, cfr. T.A.R. Lombardia, sez. II, 20 agosto 2019, n. 1901; 6 settembre 2016, n. 1629; sez. III, 17 ottobre 2013, n. 2313, tutte reperibili in www. giustizia-amministrativa.it.

[43] Cfr. in questo senso, Cons. Stato, sez. VI, 20 aprile 2006, n. 2201, cit.. In dottrina, cfr. M. Cocconi, L’obbligo di motivazione degli atti amministrativi generali, cit., 721, osserva che la motivazione perde la sua funzione «difensiva» e assume piuttosto il ruolo di «assicurare la democraticità della procedura ed un elevato grado di legittimazione alla scelta compiuta dall’amministrazione

[44] Cons. Stato, sez. VI, 15 dicembre 2014, n. 6153, Foro amm., 2014, 311.

[45] In questo senso, cfr. T.A.R. Lombardia, sez. II, 13 maggio 2014, n. 1245, in www.giustizia-amministrativa.it, o ancora Cons. Stato

Condorelli Martina



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