La giustizia riparativa nell’esecuzione penale: riforme inattuate
Michele Pisati
Dottorando in Diritto processuale penale,
Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano
La giustizia riparativa nell’esecuzione penale:
riforme inattuate*
English title: Restorative Justice at the Post-conviction Stage:
Missed Opportunities
DOI: 10.26350/18277942_000066
Sommario: 1. Premessa. 2. La giustizia riparativa nella legge n. 354 del 1975: la “prescrizione riparativa” dell’affidamento in prova al servizio sociale.3. Il volontariato in favore della collettività e delle famiglie delle vittime. 4. Le “azioni di riparazione” nel programma di trattamento ex art. 27 d.P.R. n. 230 del 2000. 5. Segue: … E nei giudizi sui progressi trattamentali. Giustizia riparativa e liberazione condizionale. 6. Un primo (e unico) tentativo definitorio nello Statuto della Cassa delle ammende. 7. La giustizia riparativa nella legge-delega del 2017 e le rinunce del 2018. 8. La “nuova” osservazione scientifica della personalità in chiave riparativa. 9. Giustizia riparativa e divieto di concessione dei benefici dopo la sentenza n. 253 del 2019. 10. Segue: ergastolo “ostativo”, “sicuro ravvedimento” e adempimenti riparativi. Gli spunti offerti dall’ordinanza n. 97 del 2021. 11. Il lavoro di pubblica utilità tra dimensione premiale e riparativa. 12. Giustizia riparativa ed esecuzione penale minorile: profili generali. 13.Percorsi riparativi nelle misure penali di comunità e negli Istituti Penali per Minorenni. 14. Soluzioni riparative alle infrazioni disciplinari ex art. 23 d.lgs. n. 121 del 2018. 15. Conclusioni, de iure condendo.
1. Premessa
Era l’art. 1, c. 85, lett. f), della l. 23 giugno 2017, n. 103 a delegare il Governo, nell’adozione dei decreti di modifica della legge sull’ordinamento penitenziario (l. 26 luglio 1975, n. 354, da ora o.p.) e del relativo regolamento (d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, da ora reg. es.), all’introduzione della giustizia riparativa in ambito penitenziario.
Non era difficile immaginare che i successivi rivolgimenti politici, per l’accavallarsi di due Parlamenti nell’iter di attuazione, avrebbero circoscritto la portata innovativa della legge-delega. La giustizia riparativa[1], spesso associata in modo semplicistico a malintese logiche di perdono[2], sembrava infatti distante dalla cultura penale che, nei decreti attuativi, ha puntato, viceversa, sulla certezza della pena per riaffermare la centralità del carcere[3].
Meno prevedibile era il quadro risultante dalle “novelle” approvate nel 2018, che mantiene vistosi, benché isolati, riferimenti all’area semantica della restorative justice.
Si può dunque cercare di cogliere i messaggi programmatici e le specifiche normae agendi inerenti il nuovo assetto, al fine di rispondere all’interrogativo fondamentale sugli spazi da attribuire alla giustizia riparativa, la cui introduzione (non solo) nell’ordinamento penitenziario è incoraggiata dalla Direttiva 2012/29/UE (cd. Direttiva “Vittime”)[4].
2. La giustizia riparativa nella legge n. 354 del 1975: la “prescrizione riparativa” dell’affidamento in prova al servizio sociale
Per comprendere di conseguenza le ragioni dell’intento riformatore del 2017 e la portata delle rinunce del delegato, occorre soffermarsi, innanzi tutto, sul ruolo e sulla funzione attribuiti, tradizionalmente, alla giustizia riparativa dopo la condanna.
Nel farlo, si deve riscontrare che la giustizia riparativa e la mediazione reo-vittima, che ne costituisce la più diffusa, ma non unica[5], declinazione, non erano mai menzionate in via espressa nella normativa penitenziaria, prima delle ultime modifiche.
Esistevano solo cenni sporadici – e per vero ambigui – valorizzati dalla dottrina e dalla prassi per veicolare, a diversi livelli, gli impegni del condannato nei confronti della vittima e della comunità, a fronte di una crescente insoddisfazione per l’effettività della risposta penale alle istanze di rieducazione e pacificazione sociale, nonché in chiave di recupero del ruolo della vittima, per lo più circoscritto nella fase di cognizione a istanze risarcitorie[6].
Senonché, un’indagine obiettiva svela che, in assenza di una disciplina normativa organica e di un’adeguata cornice concettuale, si è finiti per attribuire la qualifica “riparativa” a una gamma di pratiche ed esperienze non ascrivibili al paradigma restorative, secondo gli standard fissati dalle Nazioni Unite, dal Consiglio d’Europa[7] e dall’Unione Europea.
Le obiezioni coinvolgono, in primo luogo, l’art. 47, c. 7, o.p. nella versione risultante dalla modifica operata con l. 10 ottobre 1986, n. 663 (“Legge Gozzini”), secondo cui, nel verbale delle prescrizioni redatto al momento dell’affidamento in prova al servizio sociale, «deve anche stabilirsi che l’affidato si adoperi in quanto possibile in favore della vittima del suo reato [corsivo nostro]»[8].
Se il riferimento alla vittima ha orientato la magistratura di sorveglianza alle prime sperimentazioni “riparative”, dagli anni novanta del secolo scorso[9], risultano abbastanza chiari i motivi che suggeriscono cautela nel ricondurre la previsione de qua alla giustizia riparativa, a cominciare dalla difficile convivenza fra la logica prescrizionale della misura e l’assoluta libertà che dovrebbe governare l’adesione e la partecipazione ai programmi mediativi[10]. Segnatamente, l’inadempimento delle prescrizioni può comportare conseguenze deteriori per il condannato in termini di revoca della misura o valutazione finale negativa (art. 47, c. 11-12, o.p.)[11].
Non sfuggono le possibilità di pressioni e impulsi coercitivi sulla volontà del reo, tali da alterare la genuinità degli esiti dei programmi.
A ciò si aggiunga che in una misura, come l’affidamento in prova, orientata all’assolvimento di un progetto elaborato sulla base delle necessità rieducative del reo, emergono rischi di marginalizzazione e, finanche, di strumentalizzazione della vittima[12]. Né vanno trascurate le applicazioni giurisprudenziali, le quali, nel concretizzare il generico disposto normativo, appiattiscono la “prescrizione riparativa” ex art. 47, c. 7, o.p. sul risarcimento del danno e sul lavoro non retribuito in favore della collettività, in un’ottica di intensificazione sanzionatoria[13].
Problematiche, queste, rese più evidenti dai discutibili orientamenti di una parte della magistratura di sorveglianza incline a non concedere il beneficio in assenza di un segnale di impegno verso le vittime o la comunità misurato in un’ottica di monetizzazione del danno da reato[14]. La focalizzazione pressoché esclusiva della probation penitenziaria[15] sulla riparazione pecuniaria dell’offesa impedisce di ravvisare quella componente dialogico-relazionale che costituisce il proprium della giustizia riparativa.
3. Il volontariato in favore della collettività e delle famiglie delle vittime
Non meno profondo appare il solco, con il paradigma riparativo, dei progetti di pubblica utilità svolti in favore della collettività e dell’attività a titolo volontario e gratuito a sostegno delle famiglie delle vittime, di cui all’art. 21, c. 4-ter, o.p. introdotto con d.l. 1° luglio 2013, n. 78, conv. in l. 9 agosto 2013, n. 94.
È vero che, come osservato dai primi commentatori, tale previsione può evocare, in apparenza, nuovi scenari sul versante della mediazione penale, giusta il richiamo alle vittime[16]. Questa forma di lavoro, aperta a tutti salvo che si tratti di autori di reati “di mafia”[17], potrebbe esprimere una sorta di risarcimento indiretto alla società e ai soggetti passivi del reato (o, in questo caso, ai loro familiari), ad esempio quando i proventi alimentino iniziative a favore di questi ultimi[18].
È altrettanto vero che la concezione della giustizia riparativa, da intendersi in senso tecnico, riceve qui evidenti smentite.
In primis, è la preclusione per i condannati a certi delitti della ammissione a questa attività a porre in dubbio uno degli assunti della restorative justice, secondo cui essa dovrebbe poter trovare applicazione «a prescindere dal nomen iuris del reato e/o della pena edittale, guardando alle singole e concrete circostanze dell’episodio criminoso e al contesto in cui si inscrivono determinate forme di criminalità»[19].
Da un secondo punto di vista, la norma, nell’imporre un onere di prestazione gratuita in via esclusiva a carico del reo, sembra veicolare una idea di riparazione quale emenda morale, per non dire apertamente retributiva e coercitiva. Peraltro, in una situazione di (patologica ma strutturale) penuria di offerte di lavoro penitenziario in senso proprio di cui agli artt. 20 e 21-ter o.p., la volontarietà della partecipazione, requisito imprescindibile dei programmi riparativi, può risultare svilita nei detenuti che siano “costretti” a riempire il vuoto della vita penitenziaria attraverso le attività socialmente utili[20].
Infine, l’art. 21, c. 4-ter, o.p. non prevede alcun incontro volontario tra il reo e la vittima o i suoi familiari in presenza di un terzo competente (cd. facilitatore o mediatore); né è specificato in quale modo l’attività di volontariato possa costituire un sostegno effettivo per le vittime e i loro congiunti[21]. La decisione sull’attivazione del volontariato ex art. 21, c. 4-ter, o.p. prescinde da qualsiasi dimensione dialogica e, specialmente, dalla doverosa previa consultazione dei rappresentanti della società civile[22] e del soggetto passivo del reato o dei suoi congiunti, delineando rischi di intrusioni non volute e non previste nella vita privata della vittima[23].
Si tratta di rischi amplificati dalla mancanza, nel diritto interno, di norme a tutela del soggetto passivo del reato nello svolgimento dei percorsi riparativi, sulla scorta dei requisiti minimi di sicurezza delineati dall’art. 12, c. 1, della Dir. 2012/29/UE[24], funzionali a scongiurare effetti di vittimizzazione secondaria e ripetuta (cons. 46)[25].
4. Le “azioni di riparazione” nel programma di trattamento ex art. 27 d.P.R. n. 230 del 2000
Altrettanto problematica è la lettura “riparativa” dell’art. 27, c. 1, reg. es. In particolare, è nella «riflessione sulle condotte antigiuridiche poste in essere, sulle motivazioni e sulle conseguenze negative delle stesse per l’interessato medesimo e sulle possibili azioni di riparazione delle conseguenze del reato, incluso il risarcimento dovuto alla persona offesa» che si è ravvisato un ulteriore “canale” per iniziative lato sensu riparative nell’esecuzione penale[26].
In questa prospettiva, spetta all’équipe penitenziaria, nell’ambito dell’osservazione scientifica della personalità, offrire al condannato l’occasione per programmare attività volte a lenire il danno provocato dal reato, le quali, a loro volta, saranno accolte nel programma di trattamento ex art. 13 o.p.[27].
Nello stesso senso, si sono orientati gli interventi di supporto alla valutazione critica del fatto dei servizi sociali ai sensi dell’art. 118, c. 8, lett. d), reg. es., che assegna agli Uffici di esecuzione penale esterna il compito di favorire «una sollecitazione ad una valutazione critica adeguata da parte della persona degli atteggiamenti che sono stati alla base della condotta penalmente sanzionata, nella prospettiva di un reinserimento sociale compiuto e duraturo»[28].
In effetti, i contenuti dell’esecuzione penale segnano, nel regolamento del 2000, un indubbio progresso da un approccio essenzialmente trattamentale, evocante l’ambito medico, retaggio delle impostazioni positivistiche[29], a uno più moderno, critico e rielaborativo, arricchito della logica di sostegno rispetto alla coscienza di una responsabilità verso la vittima e la comunità[30].
Eppure, a tacer d’altro, merita evidenziare che l’art. 27 reg. es. esprime una logica imperniata sulle esigenze rieducative del condannato e sul risarcimento pecuniario del danno subìto dalla persona offesa, piuttosto che sul coinvolgimento in percorsi riparativi condivisi con le vittime, anche indirette o surrogate[31].
Si è ben lontani dal modello “riparativo”, sia perché soltanto alle attività di riparazione elaborate all’esito di un percorso condiviso è possibile attribuire autentica valenza riparativa, sia perché «[l]a giustizia riparativa non dovrebbe essere pensata o realizzata allo scopo di difendere gli interessi della vittima o dell’autore dell’illecito a favore dell’uno e a dispetto dell’altro»[32].
5. Segue: … E nei giudizi sui progressi trattamentali. Giustizia riparativa e liberazione condizionale
Nel quadro normativo risultante dalla novella del 2000, l’espletamento di programmi di giustizia riparativa è stato valorizzato, in via esegetica, nell’ambito di istituti antecedenti allo sviluppo del discorso riparativo, a lungo trascurati da dottrina, giurisprudenza e amministrazione penitenziaria[33].
Il riferimento è, in particolare, all’acquisizione del valore riparativo nella centralità delle valutazioni della magistratura di sorveglianza[34] ai fini del giudizio sui progressi trattamentali per concessione della semilibertà (art. 50 o.p.)[35] e della liberazione condizionale.
Soprattutto l’art. 176 c.p. è tra le ipotesi elettive per l’esplicarsi del meccanismo riparativo in ambito penitenziario[36], con l’avallo della giurisprudenza costituzionale, a partire dalla sentenza n. 138 del 2001[37].
La Corte costituzionale, in questa pronuncia, ha messo in luce i nessi tra il “sicuro ravvedimento” di cui all’art. 176 c.p. e gli adempimenti riparativi del condannato[38], muovendo dal presupposto per cui la condizione di accesso alla liberazione condizionale non può essere identificata nella mera astensione da violazioni delle norme penali e di disciplina penitenziaria nel corso dell’esecuzione della pena.
Per il Giudice delle leggi, il “sicuro ravvedimento” postula «comportamenti positivi, sintomatici dell’abbandono, anche per il futuro, delle scelte criminali», e, poiché «tra i valori fondamentali della vita in comune deve evidentemente annoverarsi – ed in posizione prioritaria – la solidarietà sociale, la quale richiede l’adempimento di doveri che l’art. 2 della Costituzione definisce inderogabili (…) rispetto a chi si sia reso autore di un reato, un indice particolarmente significativo dell’acquisita consapevolezza di tale valore non può non essere rappresentato dall’atteggiamento assunto nei confronti della vittima del reato stesso»[39].
Il che significa, da un lato, che l’interessamento per le sorti delle vittime da parte del condannato che non ha mezzi adeguati per adempiere le obbligazioni civili può tenere luogo del sacrificio economico richiesto dall’art. 176, c. 4, c.p.[40].
Dall’altro lato, i dicta della Corte costituzionale hanno consentito, alla successiva giurisprudenza di merito[41] e di legittimità[42], di sviluppare ulteriormente, in chiave restorative, la valutazione sul sicuro ravvedimento non tanto sotto l’aspetto oggettivo della reintegrazione patrimoniale quanto sotto l’aspetto della soggettiva revisione critica del fatto ex art. 27, c. 1, reg. es.[43], esteriorizzata da dati obiettivamente apprezzabili in sede giudiziale, come l’incontro tra reo e vittime[44] ovvero altri comportamenti autenticamente riparativi, a prescindere dall’atteggiamento recettivo delle vittime[45].
Si tratta di traguardi interpretativi particolarmente significativi, atteso che la liberazione condizionale riveste un ruolo centrale, nell’ordinamento penitenziario, in quanto accessibile, sussistendone i presupposti, anche ai condannati all’ergastolo, ed è anzi idonea a orientare in favore della compatibilità della pena ex art. 22 c.p. con il principio di rieducazione[46]. Sulla stessa linea esegetica, gli obiettivi elaborati nell’ambito di progetti riparativi possono assumere rilievo, secondo alcune decisioni, ai fini della prova del ravvedimento per la concessione di benefici ai collaboranti[47] ex art. 16-nonies d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, conv. in l. 15 marzo 1991, n. 82[48].
S’impongono, ciò nonostante, due notazioni, che suggeriscono l’opportunità di una valutazione prudente sulla fattibilità dell’incontro tra reo e vittima e l’adozione di particolari cautele nel percorso, nel contesto della liberazione condizionale.
La generica e problematica formulazione dell’art. 176 c.p. alimenta prese di posizione insidiosamente eticizzanti da parte della prassi, che giunge ad asserire che «non può aversi ravvedimento senza pentimento» e perdono[49].
A ciò si aggiunga che la liberazione condizionale si colloca, di regola, in un momento terminale del percorso rieducativo[50], quando, in virtù del decorso del tempo dal fatto, le posizioni della vittima e del reo potrebbero essersi irrigidite, con accentuazione delle difficoltà di comprensione reciproca[51].
Ciò denota la debolezza di un simile assetto, che in tanto delega agli operatori penitenziari e alla magistratura di sorveglianza la definizione di cadenze[52], oggetto, attori, della giustizia riparativa in executivis, in quanto si regge su un dato normativo scarno ed equivoco, ancorché suggestivo.
6. Un primo (e unico) tentativo definitorio nello Statuto della Cassa delle ammende
Dai rilievi svolti, sembra che il discorso, pur nella sua sinteticità, sia ormai maturo per le prime conclusioni.
Da un lato, è emersa la difficoltà di reinterpretare in ottica riparativa gli istituti dell’ordinamento penitenziario, giacché la giustizia riparativa non coincide – o almeno non coincide di per sé – con nessuno di essi[53]. Dall’altro lato, ciò che accomuna tutte le situazioni esaminate è l’assenza di univoche coordinate legislative in cui sviluppare le attività in senso lato riparative, che amplifica il rischio di fraintendimenti concettuali e declinazioni improprie e disomogenee, considerata la scarsa sensibilizzazione degli operatori e della cittadinanza sul tema[54].
Una prima soluzione di continuità all’inerzia normativa nel settore che ne occupa si è avuta, nel 2017, in una fonte che, quantunque secondaria e circoscritta nel proprio ambito applicativo, è di estremo interesse.
Si allude allo Statuto della Cassa delle ammende (d.p.c.m. 10 aprile 2017, n. 102), che colloca i programmi di giustizia riparativa in favore delle vittime del reato o della comunità locale fra i destinatari dei fondi della Cassa delle ammende, ente con funzioni di finanziamento, fra l’altro, di programmi di reinserimento in favore di detenuti e internati (art. 2, c. 2, lett. d).
Contestualmente, il d.p.c.m. n. 102 del 2017 enuncia una definizione di “giustizia riparativa”, l’unica a potersi rinvenire nel diritto interno.
«Ai fini del presente statuto si intendono, se non diversamente detto, per (…) ‘giustizia riparativa’: qualsiasi procedimento consensuale, svolto anche mediante l’attività di mediatori, finalizzato alla conciliazione della vittima con l’autore del reato e che preveda da parte del reo lo svolgimento di attività consistenti in prestazione di condotte volte alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato ovvero alla riparazione o risarcimento del danno ovvero lo svolgimento di lavoro di pubblica utilità o l’affidamento al servizio sociale» (art. 1, lett. l).
Mentre l’intento definitorio, in uno con l’impegno economico sul versante della giustizia riparativa, è inequivoca manifestazione della volontà di favorirne l’implementazione, la formulazione dello Statuto svela un grave inconveniente, in virtù della scelta rivedibile di discostarsi dalle nozioni di “giustizia riparativa” generalmente accettate, in particolare, da quella enunciata dalla Dir. 2012/29/UE, la quale, sebbene non recepita in parte qua, dovrebbe costituire ineludibile criterio orientativo per l’attività normativa ed esegetica.
Il timore è che il legislatore abbia preso spunto dalle pratiche riparative dell’esperienza penitenziaria nazionale – peraltro non regolate e, come osservato, non sempre coerenti – per proporre attività di matrice restitutoria, riduttive se raffrontate alla logica, più ampia e ambiziosa, della giustizia riparativa come «risoluzione delle questioni risultanti dal reato con l’aiuto di un terzo imparziale» (art. 1, lett. d), Dir. 2012/29/UE)[55].
Vengono, in questo modo, perpetuati alcuni equivoci.
In primo luogo, l’indicazione del d.p.c.m. n. 102 del 2017 per cui i programmi di giustizia riparativa sono svolti «anche mediante l’attività di mediatori» si presta a un’interpretazione che confina la presenza del soggetto terzo e imparziale alla facoltatività, quando la stessa è, a ben vedere, requisito indefettibile dei programmi di giustizia riparativa, secondo l’impostazione uniforme della Direttiva e delle altre raccomandazioni degli organismi internazionali[56].
In secondo luogo, la finalità di conciliazione, attribuita per tabulas ai programmi dall’art. 1 d.p.c.m. n. 102 del 2017, senza più precise indicazioni, può veicolare una logica transattiva, più vicina alla “giustizianegoziata” del diritto privato piuttosto che alla giustizia riparativa[57].
Né a tali insidie concettuali pone rimedio la preferenza espressa dallo Statuto della Cassa delle ammende per l’endiadi concettuale «riparazione e risarcimento del danno da reato», che pare non superare l’idea della monetizzazione dell’offesa subìta.
Infine, lo stesso riferimento all’affidamento in prova al servizio sociale e ai lavori di pubblica utilità, in base alle considerazioni già svolte, non mette al riparo dalla promozione, attraverso il finanziamento da parte della Cassa delle ammende, di prassi devianti dal restorative paradigm[58].
7. La giustizia riparativa nella legge-delega del 2017 e le rinunce del 2018
In tale contesto, non poteva non essere accolta con favore la citata delega legislativa in materia di giustizia riparativa approvata con l. n. 103 del 2017, al termine di un tormentato percorso iniziato nel 2014[59], inserita nel più ampio reticolo di direttive volte a riformare l’ordinamento penitenziario nel segno della responsabilizzazione del detenuto e del superamento degli automatismi preclusivi (art. 1, c. 82, 83 e 85, l. n. 103 del 2017)[60].
Emerge, finalmente, l’intento di colmare l’assenza di una strategia italiana sulla giustizia riparativa, attraverso l’adeguamento dell’ordinamento penitenziario alla Dir. 2012/29/UE e l’identificazione di una espressa base giuridica per i programmi riparativi nella fase esecutiva, segnando un indubbio progresso verso la legalità della pena[61].
Più in particolare, la disposizione dell’art. 1, c. 85, lett. f), l. n. 103 del 2017, elaborata sulla scorta dei lavori degli Stati generali dell’esecuzione penale[62], contiene, quale principio e criterio direttivo, la «previsione di attività di giustizia riparativa e delle relative procedure, quali momenti qualificanti del percorso di recupero sociale» da attuare in ambito carcerario ed extra moenia («sia in ambito intramurario sia nell’esecuzione delle misure alternative»)[63], accessibili tanto per gli adulti quanto per i minori.
Invero, ancorché non inserita tra i vincoli specifici per l’adozione dell’ordinamento penitenziario “minorile” (art. 1, c. 85, lett. p), la direttiva di cui alla lett. f) mostra una portata generale.
Dal punto di vista sistematico, si è ben messo in evidenza che «l’opzione per la giustizia riparativa suonava come arnese strategico fondante per l’intero ordinamento penitenziario (al punto che la porzione della delega sui minorenni si poteva permettere di ignorare il punto)»[64].
Sul piano testuale, il legislatore ha rinunciato a definire, anzitutto, i contenuti delle «attività» riparative[65], che sembrano doversi ricondurre alla nozione di “servizi di giustizia riparativa” accolta dalla Dir. 2012/29/UE, i cui modelli di intervento, come espressamente chiarito dalla Commissione europea, spaziano dalla mediazione reo-vittima a pratiche diferrenti, quando l’incontro diretto tra l’autore e la vittima del suo reato non sia opportuno o possibile per indisponibilità dell’uno o dell’altro ovvero per assenza di una vittima specifica. Si pensi agli incontri estesi a gruppi di vittime, gruppi di autori, membri della comunità, famiglie coinvolte nella commissione di un reato[66].
Anche la scelta di non dettagliare, quantomeno, gli elementi essenziali delle «procedure» di giustizia riparativaimpone l’integrazione con le garanzie minime di consensualità, confidenzialità, volontarietà e partecipazione attiva dei soggetti coinvolti, alla presenza di un facilitatore, delineate dalle fonti sovranazionali.
Il che significa che, stanti le regole di cui agli artt. 76 e 77 Cost., era del Governo il potere di confezionare, negli ampi limiti della delega e nell’alveo dei vincoli internazionali, una disciplina organica dei casi e dei modi per l’avvio e lo svolgimento dei programmi e delle garanzie per i partecipanti, che si sarebbe dovuta affiancare e coordinare al corpus penitenziario[67].
Al contempo, la delega presenta anomalie abbastanza vistose. Il legislatore delegante non ha avuto il coraggio di emancipare la giustizia riparativa dalle tradizionali – e desuete anche nel lessico – logiche trattamentali.
Le incertezze nelle scelte di fondo della legge sono arrivate al punto da denominare – non senza ambiguità – quale «momento qualificante del percorso di recupero sociale» quello che dovrebbe essere un percorso regolato da princìpi e regole peculiari rispetto al diritto penale tradizionale[68].
In altri termini, benché funzione trattamentale e vocazione riparativa dell’esecuzione penale siano aspetti connessi, la giustizia riparativa, se correttamente intesa e applicata, imporrebbe di «ripensare la logica che caratterizza l’esecuzione penale superando la nozione tradizionale di trattamento» e promuovere «l’idea di un soggetto che partecipa in modo attivo alla costruzione del proprio progetto di reinserimento sociale, il quale, a sua volta, deve tener conto anche della vittima e della comunità»[69].
Conferma le difficoltà di abbandonare la tradizionale concezione reocentrica la stessa mancanza, nell’art. 1, c. 85, lett. f), di un esplicito riferimento alla vittima[70].
In ogni caso, come già anticipato, l’iter di attuazione si è concluso in una sostanziale abdicazione ai profili più innovativi della delega in parola, a causa dell’avvicendarsi di una maggioranza diversa da quella che aveva elaborato la legge-delega[71].
Che il vero problema consistesse nel difetto di volontà politica di implementare un modello di giustizia imperniato sull’incontro piuttosto che sulla segregazione carceraria, è dimostrato dalle dichiarazioni programmatiche del nuovo Governo, secondo cui era «necessario riscrivere la cd. ‘riforma dell’ordinamento penitenziario’ al fine di garantire la certezza della pena per chi delinque, la maggior tutela della sicurezza dei cittadini»[72]. Un approccio parimenti ostruzionistico si riscontra nelle motivazioni del parere negativo dalla Commissione Giustizia della rinnovata Camera dei deputati sul progetto di decreto attuativo sulla giustizia riparativa, che ha segnato il definitivo abbandono della delega ex art. 1, c. 85, lett. f)[73] e, di qui, la rinuncia a dare compiuta disciplina alla giustizia riparativa[74].
La nuova compagine governativa non ha tuttavia rinunciato ad avviare un nuovo procedimento di esercizio delle altre deleghe, recuperando le precedenti proposte e operandovi una «selezione degli istituti da respingere perché contrari alla concezione del diritto penitenziario populista»[75].
Se l’inversione di rotta ha travolto gran parte degli innesti in senso riparativo, alcuni residui del disegno originario sono sfuggiti – è lecito domandarsi quanto consapevolmente[76] – all’opera di selezione, restituendo un quadro normativo non sempre coerente, foriero più di interrogativi che di risposte.
8. La “nuova” osservazione scientifica della personalità in chiave riparativa
L’intervento operato sull’art. 13 o.p. dal d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 123 (Riforma dell'ordinamento penitenziario, in attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 82, 83 e 85, lettere a), d), i), l), m), o), r), t) e u), della legge 23 giugno 2017, n. 103) rappresenta, a ben guardare, l’unica traduzione in realtà normativa dell’attenzione alla giustizia riparativa nell’ordinamento penitenziario per adulti[77].
In seguito alle modifiche, il c. 3 dispone che «[n]ell’ambito dell’osservazione scientifica della personalità, è offerta all’interessato l’opportunità di una riflessione sul fatto criminoso commesso, sulle motivazioni e sulle conseguenze prodotte, in particolare per la vittima, nonché sulle possibili azioni di riparazione».
La riforma segna, proprio per questi riferimenti riparativi, nonché per il richiamo alla vittima e il superamento delle logiche risarcitorie, un avanzamento, almeno sul piano terminologico, rispetto al pur significativo dettato dell’art. 27, c. 1, reg. es.[78], che, come accennato, già contiene in nuce la prospettiva fatta propria dalla riforma[79].
Ciò, secondo la Relazione illustrativa, «è il frutto della maturata sensibilità anche in materia di tutela dei diritti delle vittime, di acquisizione dei princìpi della giustizia riparativa e della moderna vittimologia e trova riconoscimento e collocazione a livello di normativa primaria in attuazione del criterio di delega sub f) limitato all’ambito intramurario»[80].
È vero che, malgrado i proclami, nella titolazione del d.lgs. n. 123 del 2018 non figura il richiamo alla delega in materia di giustizia riparativa ex art. 1, c. 85, lett. f), l. n. 103 del 2017, come se tutto ciò fosse un «lemb[o] imbarazzant[e] dell’intervento riformatore, da tenere celat[o] alla pubblica opinione»[81].
È altrettanto vero che la previsione di iniziative riparative, nelle quali il condannato è chiamato a confrontarsi con il reato e la vittima, risulta in linea con il principio di responsabilizzazione accolto nel novellato art. 13, c. 1, o.p. ed espressamente contemplato dalla direttiva di delega ex art. 1, c. 85, lett. r), l. n. 103 del 2017[82].
Rilevanti le implicazioni della “novella”.
Per un verso, si eleva a rango di norma primaria il dovere per l’équipe penitenziaria, specialmente per le aree giuridico-pedagogiche, di offrire – e mai imporre – momenti di riflessione in chiave riparativa nel contesto dell’osservazione scientifica della personalità.
I percorsi elaborati dovranno quindi trovare spazio nel programma di reinserimento sviluppato sulla base dell’osservazione ai sensi dell’art. 13, c. 2, o.p. In ottica sistematica, non può non rinvenirsi un incentivo, per la magistratura di sorveglianza, a prendere in considerazione gli adempimenti riparativi realizzati dal condannato nei giudizi sull’accesso ai benefici[83], sulla scia dei citati orientamenti che rinvengono nella partecipazione ai programmi un indice di progresso nel percorso trattamentale[84].
Per altro verso, benché, coerentemente all’abdicazione alla delega in materia di misure alternative alla detenzione (art. 1, c. 85, lett. b), l. n. 103 del 2017), il delegato abbia circoscritto la riflessione sulle azioni di riparazione nell’osservazione intramuraria, non va trascurata la riscrittura delle competenze degli U.e.p.e. ex art. 72 o.p. a opera del d.lgs. n. 123 del 2018.
Sulla scorta dell’art. 118 reg. es., in cui già si intravede uno spazio per azioni “riparative” extra moenia[85], si è previsto lo svolgimento di «attività di osservazione del comportamento per l’applicazione delle misure alternative alla detenzione» (art. 72, c. 2, lett. b), o.p.)[86]. Si è rilevato che l’osservazione de qua non potrà non ricalcare il modello delineato dall’art. 13 o.p., sollecitando anche gli operatori degli U.e.p.e. a individuare percorsi calibrati su obiettivi di riparazione[87].
Se tutto ciò è vero, non è men vero che la scelta di non dettare norme specifiche e di coordinamento sui programmi di giustizia riparativa implica un considerevole depotenziamento della carica riformatrice del “nuovo” c. 3[88].
Già nel corso dei lavori preparatori era emersa la consapevolezza dell’opportunità di approvare la norma sub condicione, in quanto da armonizzare con un disegno organico in materia di giustizia riparativa e mediazione penale[89].
In assenza di tale cornice normativa, si ripropongono, al di là delle operazioni di cosmesi terminologica, numerose criticità già esaminate con riferimento all’art. 27 reg. es.[90]. Nello specifico, l’art. 13, c. 3, o.p. non mette ordine nei malintesi che la legge delega intendeva superare: non chiarisce l’ambiguo nesso fra giustizia riparativa e trattamento penitenziario[91]; né la locuzione «possibili azioni di riparazione» pone al riparo da facili deviazioni, fuori di sicure coordinate, sul solo risarcimento del danno[92].
9. Giustizia riparativa e divieto di concessione dei benefici dopo la sentenza n. 253 del 2019
Vanno segnalati ulteriori risultati con tutta probabilità non valutati dal delegato il quale, rifiutando di riconsiderare gli automatismi preclusivi di cui all’art. 4-bis o.p. come indicato dalla legge-delega (art. 1, c. 85, lett. e), l. n. 103 del 2017)[93], nel novellare l’art. 13, c. 3, o.p. non introduce tuttavia alcun distinguo, ai fini della promozione di una riflessione in chiave riparativa, in base all’entità della pena o al titolo del reato.
Si aprono, compatibilmente con le esigenze di prevenzione speciale e tutela delle vittime, possibili vie responsabilizzanti anche per coloro che sono soggetti al regime “ostativo”[94].
Se, come anticipato, per i collaboranti, una volta venuta meno la presunzione di pericolosità ex artt. 4-bis o.p. e 2 d.l. n. 152 del 1992, lo svolgimento di programmi riparativi può rilevare, nel giudizio di sorveglianza sull’accesso ai benefici, quale indice ulteriore di progresso nel percorso rieducativo e di ravvedimento[95], sono i più recenti arresti della giurisprudenza costituzionale e convenzionale a suffragare una lettura che consenta di valorizzare tale fattore nei confronti dei non collaboranti, in linea con il principio di massima inclusività della restorative justice[96].
In primo luogo, merita richiamare la sentenza n. 253 del 2019 della Corte costituzionale, in cui si è dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 4-bis, c. 1, o.p., nella parte in cui non prevede che ai detenuti per i delitti ivi contemplati, anche diversi da quelli di “contesto” mafioso, possano essere concessi permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia a norma dell’art. 58-ter o.p., allorché siano stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti[97].
Simile lettura è suffragata dalle indicazioni promananti dalla Corte e.d.u., che, nella sentenza Viola contro Italia, ha sottoposto a critica la disciplina nazionale nella parte in cui, nel considerare la collaborazione come unica dimostrazione della dissociazione del condannato dal contesto criminale di appartenenza, finisce per trascurare altri elementi che permettono di valutare i progressi compiuti dal detenuto[98].
Se la collaborazione non può più essere elevata a indice esclusivo dell’assenza di pericolosità, la partecipazione a un programma di giustizia riparativa, che si concretizzi in congrue condotte riparatorie anche di natura non economica, potrebbe rilevare per la concessione dei permessi premio ex art. 30-ter o.p. ai non collaboranti, in quanto sintomatica di un grado di rieducazione adeguato al beneficio stesso e della riduzione della pericolosità sociale[99].
«[L]a rielaborazione (…) della condotta criminosa da parte del soggetto che l’abbia tenuta e la sua scelta autonoma, specie se accompagnata da un serio impegno riparativo, di tornare ad accogliere i vincoli di una corretta partecipazione sociale rappresentano il fattore in assoluto più efficace per riaffermare l’autorevolezza delle norme violate e, dunque, il consenso circa la loro vigenza»[100].
Da qui l’opportunità di rimarcare la differenza tra collaborazione con la giustizia ex art. 58-ter o.p., che si concretizza in uno scambio di informazioni utili a fini investigativi e, il più delle volte, in una denuncia a carico di terzi o in una autoincriminazione[101], da un lato, e lo spontaneo riconoscimento dei fatti essenziali del caso, dall’altro.
Quest’ultimo, presupposto dell’accesso ai programmi di giustizia riparativa in conformità alle fonti sovranazionali[102], non ha infatti valenza confessoria o etero-accusatoria né può costituire, di regola, il fondamento di ulteriori accertamenti investigativi, in quanto si esaurisce integralmente all’interno del percorso di mediazione. Ciò ridimensiona la tensione della partecipazione ai programmi con il diritto al silenzio del condannato, nella particolare accezione di libertà di non collaborare[103].
10. Segue: ergastolo “ostativo”, “sicuro ravvedimento” e adempimenti riparativi. Gli spunti offerti dall’ordinanza n. 97 del 2021
Questi risultati sono ancor più da enfatizzare alla luce di recenti e significative considerazioni svolte sempre dalla Corte costituzionale, che andrebbero anch’esse valorizzate con riguardo alla liberazione condizionale per i condannati alla pena “perpetua” non collaboranti.
Il riferimento è all’ordinanza n. 97 del 2021, in cui il Giudice delle leggi, investito della questione di legittimità degli artt. 4-bis, c. 1, 58-ter o.p. e 2 d.l. n. 152 del 1991 (conv. con modif. in l. 12 luglio 1991, n. 203) nella parte in cui escludono che possa essere ammesso a tale beneficio il condannato all’ergastolo per delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416-bis c.p. ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste, che non abbia collaborato con la giustizia, ha disposto il rinvio della trattazione della questione al maggio 2022, dando al Parlamento un congruo tempo per affrontare la materia.
La Corte ha tuttavia svolto interessati considerazioni che confermano e sviluppano gli assunti di fondo dei precedenti richiamati.
Si è affermato chela vigente disciplina del cd. “ergastolo ostativo” si pone in contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost. e 3 CEDU, laddove preclude a chi non abbia utilmente collaborato con la giustizia, la possibilità di accedere al procedimento per chiedere la liberazione condizionale, anche quando il suo ravvedimento risulti sicuro[104].
In linea con l’indirizzo espresso nella sentenza n. 253 del 2019, per la Corte è «necessario che la presunzione in esame [id est, la preclusione ex art. 4-bis, c. 1, o.p.] diventi relativa e possa essere vinta da prova contraria, valutabile dal tribunale di sorveglianza», alle rigorose condizioni ivi enucleate, ossia l’acquisizione di congrui e specifici elementi, tali da escludere, sia l’attualità di suoi collegamenti con la criminalità organizzata, sia il rischio del loro futuro ripristino[105].
Si propone, ancora una volta, il superamento della presunzione di pericolosità gravante sul condannato non collaborante in base a fattori diversi dalla collaborazione e indicativi del percorso di risocializzazione dell’interessato[106], che integrano la valutazione sul “sicuro ravvedimento” dell’istante ex art. 176 c.p.
Si schiude, in continuità con l’indirizzo espresso dalla sentenza n. 138 del 2001 sui nessi tra «sicuro ravvedimento» e azioni di riparazione[107], un nuovo spazio difensivo e di discrezionalità giurisdizionale, che, con il rigore imposto dalla gravità dei delitti de quibus, potrà rappresentare un importante banco di prova per dare rilievo ad adempimenti riparativi particolarmente significativi del condannato all’ergastolo[108] ex art. 4-bis, c. 1, o.p.[109], tali da ricondurre la mancata collaborazione a ragioni diverse dalla persistente adesione all’organizzazione criminale o che attestino la conseguita rieducazione[110].
Del resto, è la stessa Corte costituzionale, sempre nel rispetto della discrezionalità legislativa, a suggerire «l’introduzione di prescrizioni peculiari che governino il periodo di libertà vigilata del soggetto in questione» dopo la concessione della liberazione condizionale[111], che, secondo i primi commentatori, ben potrebbero adattarsi a contenuti di tipo riparatorio, peraltro già sperimentati nella prassi della magistratura di sorveglianza[112].
11. Il lavoro di pubblica utilità tra dimensione premiale e riparativa
Prima di lasciare il terreno dell’esecuzione penale per adulti, occorre mettere in luce come le istanze in favore dell’istituzionalizzazione della giustizia riparativa, alla base della delega del 2017, escano ulteriormente deluse dalle modifiche sulla disciplina del lavoro penitenziario, uno degli ambiti in cui si registrano i maggiori equivoci rispetto al paradigma restorative[113].
In sintesi, il d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 124 (Riforma dell'ordinamento penitenziario in materia di vita detentiva e lavoro penitenziario, in attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 82, 83 e 85, lettere g), h) e r), della legge 23 giugno 2017, n. 103) ha abrogato il primo periodo dell’art. 21, c. 4-ter, o.p., che regolava la prestazione di attività, a titolo volontario o gratuito, in progetti di pubblica utilità, e ha contestualmente disciplinato, in modo autonomo, il lavoro di pubblica utilità nell’art. 20-ter o.p., addirittura inserendolo fra gli elementi del trattamento (art. 15 o.p.)[114].
Nello stesso tempo, si è mantenuta ferma la disciplina delle altre attività di volontariato a sostegno delle vittime e delle loro famiglie, di cui al secondo periodo dell’art. 21, c. 4-ter, o.p.
Il distinguo topografico sarebbe servito, nel disegno originario, a tracciare una differenza concettuale e operativa.
Come enunciato dalla Relazione illustrativa, «la premialità ricollegata alla partecipazione a progetti di pubblica utilità striderebbe col particolare significato che il lavoro per la vittima riveste nel trattamento rieducativo, e che rende opportuno collocare quest’ultimo nell’ambito delle pratiche di giustizia riparativa, alle quali del resto esso tipicamente appartiene»[115].
Il passaggio, che rappresenta un indice emblematico delle “tracce” riparative sfuggite all’opera del delegato, può essere compreso soltanto ricordando l’ipotesi, emersa durante i lavori preparatori, di introdurre una maggiorazione dello sconto di pena in sede di liberazione anticipata ex art. 54 o.p. a fronte della partecipazione al public work penitenziario, con finalità promozionali e di deflazione[116].
Si tratta dell’ennesimo frutto della disinvoltura con la quale il legislatore ha interpretato la giustizia riparativa in ambito penitenziario.
La presunta incompatibilità tra giustizia riparativa e logica premiale rispecchia un discutibile paternalismo, inteso a garantire la genuinità nell’approccio ai programmi in una visione “purista” della riparazione[117], e finisce per oscurare la realistica comprensione dei variegati meccanismi che animano l’atteggiamento del condannato, portando a sottovalutare le dinamiche virtuose che possono scaturire dal contesto riparativo[118].
Senonché, va segnalato che la proposta, la quale si riconnetteva alla politica di riduzione del ricorso al carcere, avversata dal delegato, non ha trovato spazio nella versione definitiva del d.lgs. n. 124 del 2018[119], nonostante ne sia rimasto segno nella relazione di accompagnamento.
Una volta venuta meno la ragione che ne giustificava la separazione dai lavori in favore delle vittime, i progetti di pubblica utilità restano sospesi tra l’ambito più propriamente trattamentale e quello in senso lato riparativo[120].
L’attrazione delle attività gratuite negli elementi del trattamento (art. 15 o.p.) profila la possibilità di letture che associano l’indisponibilità al lavoro del condannato come scarsa adesione al programma individualizzato di trattamento, con effetti negativi sull’accesso ai benefici e inevitabili ricadute sull’apprezzamento della volontarietà che dovrebbe caratterizzare ogni adempimento riparativo.
Non è, pertanto, scongiurato il rischio che la promozione di attività, in via potenziale, responsabilizzanti e costruttive, nei rapporti con la comunità esterna, si trasformi, in pratica, in una “sanzione” di marcata impronta retributiva.
12. Giustizia riparativa ed esecuzione penale minorile: profili generali
Maggiori aperture si rinvengono nell’inedita disciplina dell’esecuzione penale nei confronti dei condannati minorenni varata ex novo con il d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 121 (da ora o.p.m.) in attuazione dell’art. 1, c. 85, lett. p), l. n. 103 del 2017[121].
In effetti, nelle fonti interne – se si eccettua lo Statuto della Cassa delle ammende (d.p.c.m. n. 102 del 2017)[122] – la locuzione “giustizia riparativa” si riscontra una sola volta, appunto nell’art. 1, c. 2, primo periodo, o.p.m., secondo cui «[l]’esecuzione della pena detentiva e delle misure penali di comunità deve favorire percorsi di giustizia riparativa e di mediazione con le vittime di reato».
La stessa collocazione sistematica della giustizia riparativa, prima tra le finalità dell’esecuzione penale minorile ex art. 1, c. 2, o.p.m., attesta il favor per questo modello alternativo di soluzione dei conflitti[123].
Ancorché, come rilevato, la legge-delega, nell’enumerare gli otto criteri direttivi per l’esecuzione penale minorile, non menzionasse, almeno in via espressa, la giustizia riparativa[124], la scelta del delegato si giustifica alla luce delle fonti sovranazionali in materia, che riconoscono alla mediazione un ruolo chiave nelle reazioni sociali alla delinquenza giovanile[125], nonché in ottica di coerenza sistematica.
La giustizia riparativa, che si propone come giustizia di comunità, non può non assumere un ruolo primario nel sistema congegnato dal d.lgs. n. 121 del 2018, fondato sul coinvolgimento diretto e immediato della collettività nel processo di recupero e reinserimento sociale del minore, come testimoniato dalla traslazione terminologica e concettuale da misure alternative alla detenzione alle misure di comunità di cui agli artt. 2 ss. o.p.m.[126].
Anche sul lato empirico si riscontrano effetti benefici della giustizia riparativa per il minore, in termini di effettivo cambiamento nella prospettiva di vita, rafforzamento dei legami sociali, miglioramento delle capacità relazionali, ossia, in buona sostanza, di riduzione del tasso di recidiva[127].
Il d.lgs. n. 121 del 2018 ha, quindi, il merito di fare del settore penitenziario minorile «terreno fertile e privilegiato dove sperimentare concretamente percorsi innovativi di giustizia riparativa»[128], interrogando sugli «’spazi normativi’» in cui essi possono esplicarsi[129].
Prima di rispondere, s’impongono alcune considerazioni di ordine generale.
In primo luogo,merita evidenziare che, diversamente da quanto osservato con riferimento alla modifica dell’art. 13 o.p.[130], il legislatore ha qui recepito la giustizia riparativa intra ed extra moenia, in virtù dell’espressa indicazione dell’art. 1, c. 2, o.p.m., che, nel dare piena attuazione alla delega legislativa, non subordina la fattibilità dei percorsi allo stato di libertà del condannato[131].
In secondo luogo, nel richiamare i «percorsi di giustizia riparativa e di mediazione con le vittime di reato [corsivo nostro]», l’art. 1 o.p.m. apre al ricorso a pratiche differenti dalla sola victim-offender mediation[132].
In terzo luogo, va segnalata la configurazione di un vero e proprio dovere, per gli operatori degli istituti penali minorili e degli Uffici di servizio sociale per minorenni (U.s.s.m.), di favorire l’attivazione di simili programmi. La mancata attivazione dovrebbe dipendere dalle peculiarità della vicenda concreta e dalla (in)disponibilità dei suoi protagonisti, non dalla penuria di risorse o dall’inerzia dell’amministrazione penitenziaria[133]. Resta attuale l’avvertimento della Corte costituzionale per cui «sul legislatore incombe non solo l’obbligo di tenere presenti le finalità rieducative delle pene, ma anche di predisporre tutti i mezzi idonei a realizzarle e le forme atte a garantirle»[134].
In ultimo, può osservarsi l’assenza di preclusioni, connesse all’entità della pena o al titolo del reato, alla praticabilità dei programmi di giustizia riparativa. Solo così, del resto, il sistema può dirsi coerente con il principio di accessibilità dei programmi di restorative justice e con il divieto costituzionalmente imposto di meccanismi presuntivi in malam partem nel settore minorile[135].
13. Percorsi riparativi nelle misure penali di comunità e negli Istituti Penali per Minorenni
Seguendo l’ordine del d.lgs. n. 121 del 2018, che rispecchia la preferenza verso l’esecuzione extramuraria, le priorità fissate nell’art. 1, c. 2, o.p.m. collocano la giustizia riparativa, anzitutto, nell’esecuzione delle misure penali di comunità ex art. 2, c. 1, o.p.m., ossia l’affidamento in prova al servizio sociale (art. 4), l’affidamento in prova con detenzione domiciliare (art. 5), la detenzione domiciliare (art. 6), la semilibertà (art. 7) e l’affidamento in prova in casi particolari previsto dal d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Le strategie di riparazione e mediazione si attagliano, d’altronde, agli obiettivi di evoluzione positiva della personalità e inserimento sociale attribuiti per tabulas a tali misure (artt. 4, c. 3, 6, c. 3, 7, c. 3, o.p.m.).
Ne viene che la previsione di percorsi di giustizia riparativa dovrebbe trovare spazio nel programma di intervento educativo, comune a tutte le misure ex art. 2, c. 2, o.p.m., approvato dal tribunale di sorveglianza e proposto dall’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni (c. 4)[136]. L’attività di osservazione e valutazione della personalità del minore condotta dagli U.s.s.m., propedeutica alla formulazione del programma, assume, in quest’ottica, una funzione cruciale, nel sondare la fattibilità dei percorsi[137].
Occorre nondimeno sgombrare il campo da un equivoco. Le misure di giustizia riparativa nel contesto extramurario non possono essere oggetto delle prescrizioni che il tribunale di sorveglianza può porre a corredo del provvedimento dispositivo della misura di comunità ex artt. 4, c. 2, 6, c. 2, 7, c. 2, o.p.m., in virtù della piena volontarietà che deve caratterizzare l’accesso e lo svolgimento dei programmi[138]. Non è casuale il disposto dell’art. 1, c. 2, o.p., per cui le misure di comunità devono favorire percorsi di giustizia riparativa e mediazione penale.
Al più, l’attivazione di un percorso di giustizia riparativa potrebbe rilevare, in fase genetica, nella formulazione delle prescrizioni in modo rispondente alle esigenze di continuità del percorso riparativo e, nel corso dell’esecuzione, ai fini dell’eventuale attenuazione delle prescrizioni in base agli artt. 4, c. 5 e 6, c. 2, o.p.m., quando dagli incontri di mediazione emergano positivi progressi nella personalità del minore.
Per le stesse ragioni, non può ravvisarsi un connotato stricto sensu riparativo nelle attività di utilità sociale, anche a titolo gratuito o di volontariato, che il tribunale di sorveglianza prescrive nel disporre una misura penale di comunità ai sensi dell’art. 3, c. 1, o.p.m.[139].
Quanto, poi, alle (poche[140]) norme sull’esecuzione inframuraria, la sede fisiologica in cui prevedere percorsi di giustizia riparativa e di mediazione penale è verosimilmente il progetto di intervento educativo, che definisce le linee essenziali della permanenza negli Istituti Penali per Minorenni del singolo condannato in modo funzionale a «coltivare relazioni con il mondo esterno e attuare la vita di gruppo e la cittadinanza responsabile (…) e alla prevenzione del rischio di commissione di ulteriori reati» (art. 14, c. 1, o.p.m.)[141].
Ne deriva, anche per gli operatori intra moenia, l’impegno di favorire, fin dall’inizio dell’esecuzione, la possibilità di costruire un percorso riparativo, nonché di monitorare, nel prosieguo, la fattibilità dei programmi, aggiornando di conseguenza il progetto in base al grado di adesione da parte del minore, e coordinandolo con le altre iniziative educative[142].
Le ripercussioni sistematiche devono essere esaminate alla luce della fondamentale sentenza n. 263 del 2019 della Corte costituzionale[143].
Nel dichiarare l’illegittimità dell’art. 2, c. 3, o.p.m. laddove, rinviando all’art. 4-bis o.p., impediva l’accesso alle misure penali di comunità nei confronti dei minori non collaboranti condannati per i delitti “ostativi”, il Giudice delle leggi ha restituito ai giudici della sorveglianza il potere di apprezzamento delle specificità di ciascun caso, dando una indicazione fondamentale ai fini della presente indagine.
«Solo attraverso il necessario vaglio giudiziale è possibile tenere conto, ai fini dell’applicazione dei benefici penitenziari, delle ragioni della mancata collaborazione, delle condotte concretamente riparative, dei progressi compiuti nell’ambito del percorso riabilitativo, secondo quanto richiesto dagli artt. 27, terzo comma, e 31, secondo comma, Cost.»[144].
Ne consegue, per un verso, la necessità che la magistratura di sorveglianza, nei giudizi sull’accesso alle misure di comunità, valuti la partecipazione dell’istante a percorsi di giustizia riparativa o di mediazione, per poter misurare, come suggerito dalla Corte, i progressi nel percorso di recupero. Per altro verso, si conferma l’equazione fra giustizia riparativa e riacquisto di spazi sempre più ampi di libertà da parte del detenuto minore, in forza del criterio di progressione che deve ispirare il progetto di intervento educativo ex art. 14, ult. c., o.p.m.[145].
Tutto ciò considerato, si possono rilevare le ennesime drammatiche conseguenze della miopia del legislatore, il quale, abbandonando il progetto di un disegno organico in materia di giustizia riparativa, ha svilito l’altisonante proclama della disposizione di apertura del d.lgs. n. 121 del 2018[146]. Manca, in altri termini, il corredo di norme che avrebbe dato forma e contenuto alla giustizia riparativa nell’esecuzione penale minorile.
14. Soluzioni riparative alle infrazioni disciplinari ex art. 23 d.lgs. n. 121 del 2018
Resta da menzionare un’ultima soluzione normativa, adottata nel d.lgs. n. 121 del 2018, in cui si è intravista una conferma dell’accoglimento del paradigma riparativo nella vita degli istituti minorili[147]. Si tratta dell’art. 23, c. 1, o.p.m., che annovera le «attività dirette a rimediare il danno cagionato» (lett. b), fra le sanzioni disciplinari applicabili per una delle infrazioni elencate all’art. 77 reg. es.
In effetti, l’ampiezza della formula legislativa adottata appare idonea a veicolare attività diverse dal semplice risarcimento del danno cagionato, concepite in ottica pedagogica[148]. Le infrazioni disciplinari, le quali sono, di frequente, il riflesso dei conflitti fra detenuti ovvero fra questi e gli operatori degli istituti penali, si prestano parimenti a soluzioni riparative[149].
Sono altre le considerazioni che suggeriscono maggiore prudenza nel ricondurre la sanzione in parola alla giustizia riparativa[150]: la prima è che l’approccio riparativo, essenzialmente volontario, è inconciliabile con la logica coattiva della sanzione, benché disciplinare[151]; la seconda concerne l’assenza della vittima nella previsione de qua.
Nello stesso senso depongono le vicende che hanno condotto alla conformazione attuale dell’art. 23 o.p.m., con particolare riferimento all’opzione del delegato di escludere dal testo definitivo del d.lgs. n. 121 del 2018 la proposta, emersa durante i lavori preparatori, di prevedere la possibilità di non irrogare la sanzione disciplinare – ivi compresa quella “rimediale” di cui alla lett. b) – ove il trasgressore avesse partecipato a un programma di giustizia riparativa[152].
La soluzione proposta era, in verità, più rispondente alle indicazioni delle “Regole europee per i delinquenti minori che siano oggetto di sanzioni o di misure”, per cui «Disciplinary procedures shall be mechanisms of last resort. Restorative conflict resolution and educational interaction with the aim of norm validation shall be given priority over formal disciplinary hearings and punishments» (art. 94.1 CM/Rec(2008)11)[153].
Per dare spazio a pratiche autenticamente riparative nei conflitti endocarcerari, sempre da favorire in via prioritaria secondo la direttiva generale di cui all’art. 1, c. 2, o.p.m.[154], l’unica possibilità è, allo stato, ricondurre, sul piano esegetico, la partecipazione a un programma riparativo fra gli indici del fatto che il trasgressore si asterrà da ulteriori infrazioni disciplinari ovvero delle eccezionali circostanze che, rispettivamente, facoltizzano la sospensione o il condono della sanzione disciplinare in virtù dell’art. 80 reg. es.[155], applicabile ai minori giusta il rinvio ex art. 1, c. 1, o.p.m.
15. Conclusioni, de iure condendo
La rinuncia alla delega in materia di giustizia riparativa ex art. 1, c. 85, lett. f), l. n. 103 del 2017 rivela l’immagine di una riforma «’mutilata’», per non dire sconvolta in parte qua, che mostra lacune ancora troppo ampie per poter essere colmate dagli ordinari strumenti ermeneutici[156]. Non sfuggono, allo stesso tempo, i superstiti accenti “riparativi” negli artt. 13 o.p. e 1 o.p.m., che pongono la giustizia riparativa al centro dell’esecuzione penale per adulti e minori senza definirne forme e contenuti.
Ciò rende indifferibile lo studio di una disciplina che risponda adeguatamente alle istanze – fin qui sistematicamente deluse ma non perciò meno pressanti – di una regolamentazione prevedibile, completa, supportata da idonee risorse, della giustizia riparativa in ambito penitenziario, che faccia tesoro dell’esperienza maturata in altri ordinamenti continentali[157] e delle indicazioni di fonte sovranazionale.
Pertanto, non può che essere accolta con favore la delega al Governo ex art. 1, c. 18, l. 27 settembre 2021, n. 134, per l’introduzione «di una disciplina organica della giustizia riparativa», che recepisce e sviluppa le proposte della cd. Commissione Lattanzi, istituita con d.m. 16 marzo 2021 per la formulazione di emendamenti al d.d.l. A.C. 2435 (Delega al Governo per l'efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti d'appello)[158].
Spicca, ai fini che ne occupa, l’intento di «prevedere la possibilità di accesso ai programmi di giustizia riparativa (…) durante l’esecuzione della pena (…) senza preclusioni in relazione alla fattispecie di reato o alla sua gravità» (c. 18, lett. c), suggerendo la necessità di innestare la prospettiva restorative nelle disposizioni generali e negli istituti dell’ordinamento penitenziario[159].
Si tratta di un’importante occasione per chiarire, finalmente, i profili sistematici e di dettaglio della giustizia riparativa, assumendo come punto di partenza una definizione univoca di restorative justice, onde evitare equivoci che ne pregiudichino la corretta comprensione e implementazione, nonché per individuare lo standard di formazione degli operatori e di erogazione dei programmi[160].
Su questa linea, dovrebbero introdursi specifiche cautele per salvaguardare la posizione tanto della vittima quanto del condannato nei percorsi di giustizia riparativa, affinché la limitazione della libertà personale in cui si trova il detenuto non incida sulla volontarietà in ordine all’accesso, allo svolgimento e all’eventuale interruzione dei programmi.
Rilevanti i criteri direttivi enunciati dalla delega sub lett. e).
Da un lato, occorre prevedere che l’impossibilità di attuare un programma di giustizia riparativa o il suo fallimento non producano effetti negativi sulla posizione giuridica in executivis dell’autore del reato[161]. Ciò servirebbe a intercettare le istanze di chiarimento in ordine alle derive prescrizionali dell’affidamento in prova e dei lavori di pubblica utilità, sganciati dalle logiche tipiche della giustizia riparativa[162].
Dall’altro lato, nel «prevedere che l’esito favorevole dei programmi di giustizia riparativa possa essere valutato (…) in fase di esecuzione della pena», la legge-delega impone di superare le diffidenze in merito all’atteggiamento strumentale del condannato, per introdurre disposizioni di raccordo espresso tra gli adempimenti riparativi svolti dall’interessato e le valutazioni giudiziali sull’accesso ai benefici[163].
Quanto ai condannati per reati compresi nell’elenco ex art. 4-bis o.p., non può essere vanificata l’opportunità per ripensare il sistema degli automatismi penitenziari e delle misure alternative offerta dall’ordinanza n. 97 del 2021 della Corte costituzionale, che ha sollecitato il legislatore ad adeguare il sistema ai princìpi costituzionali e convenzionali[164]. Nel farlo, il legislatore non potrà non confrontarsi con le indicazioni della Consulta, secondo cui occorre «ten[ere] conto sia della peculiare natura dei reati connessi alla criminalità organizzata di stampo mafioso, e delle relative regole penitenziarie, sia della necessità di preservare il valore della collaborazione con la giustizia in questi casi»[165].
Si potrebbero recuperare le suggestioni emerse nel corso dei lavori degli Stati generali nel senso dell’introduzione di una fattispecie di mancata collaborazione accompagnata da concrete condotte riparative[166], ferma restando, per la natura dei reati in questione, la necessità di accertare, oltre alla sussistenza degli altri presupposti legali per la concessione dei benefici, l’assenza di persistenti vincoli con il contesto criminale d’appartenenza.
Sotto un diverso versante, le garanzie per il coinvolgimento e la salvaguardia della vittima potrebbero essere dettagliate sui pochi princìpi di sicurezza e riservatezza dettati dalla Direttiva “Vittime”, richiamata dalla lett. a) della delega in materia di giustizia riparativa. Sul piano strutturale, non sarebbe particolarmente oneroso adibire allo svolgimento dei programmi luoghi, interni o esterni al carcere, idonei ad assicurare un ambiente riservato, confortevole e il più possibile neutro, per gli incontri tra reo e vittima, tenendo altresì conto delle esigenze di sicurezza[167].
In stretta connessione, non va sottovalutato il riferimento della legge-delega alla necessaria «rispondenza dei programmi di giustizia riparativa all’interesse della vittima del reato, dell’autore del reato e della comunità» (art. 1, c. 18 lett. d). Il legislatore sceglie qui di adottare una prospettiva più ampia rispetto a quella veicolata dalla Dir. 2012/29/UE, per cui «si ricorre ai servizi di giustizia riparativa soltanto se sono nell’interesse della vittima». Ne viene l’avallo alle proposte volte ad «allargare il dialogo, il confronto, lo scambio comunicativo tra autore del reato e vittima ad altri soggetti (gruppi parentali, esponenti della comunità e delle istituzioni locali), nella prospettiva di un governo collettivo del conflitto generato dal reato»[168].
Le deleghe di cui alle lett. f-g), sostenute da risorse finanziarie[169], dovrebbero, inoltre, dare impulso all’implementazione di servizi di giustizia riparativa sicuri e affidabili, attraverso l’istituzionalizzazione di professionalità ad hoc, terze ed imparziali, deputate a valutare la fattibilità dei programmi e a presiederne lo svolgimento[170]. Emergono evidenti i “pericolosi” risultati, in termini di vittimizzazione secondaria, a cui si potrebbe pervenire a causa di iniziative estemporanee degli operatori penitenziari, chiamati a gestire in prima persona i percorsi riparativi in mancanza di adeguata preparazione tecnica[171].
Last, but not least, con riguardo al settore minorile, le peculiari esigenze di protezione dei minori, vittime o autori di reato, impongono la previsione di cautele che, oltre ad assicurare l’informazione dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale come indicato dall’art. 1, c. 18, lett. d), l. n. 134 del 2021, assicurino la piena e consapevole adesione del minorenne ai percorsi riparativi e lo svolgimento di questi in modo adeguato al suo grado di maturazione[172].
I recenti sviluppi normativi consentono di esprimere un auspicio: che l’implementazione della giustizia riparativa in ambito penitenziario non rimanga una mera petizione di principio, bensì divenga una realtà operativa. L’incontro tra reo e vittima può favorire il cammino di recupero, riparazione, riconciliazione e reinserimento sociale che, secondo gli insegnamenti della Corte costituzionale, disegna il volto costituzionale del sistema penale ex art. 27 Cost. affinché la sofferenza alla persona umana sia contenuta nella misura minima necessaria[173].
Talvolta gli appelli giungono a buon fine, talaltra rimangono inascoltati, ma ciò «non deve demotivare perché dice una leggenda che anche le voci che non siano immediatamente percepite prima o poi saranno ascoltate da qualcuno. Sperarlo non costa niente»[174].
Abstract:This paper focuses on the evolution of Italian Prison Law (No. 354/1975) as far as restorative justice is concerned. After some preliminary observations about the traditional role of restorative justice at the post-conviction stage in the Italian legal framework, the author analyses the missed opportunities in the implementation of Law No. 103/2017, that aimed at enhancing the role of restorative justice in favour of adult and juvenile detainees. The need to investigate the shortcomings of the recent reforms is urgent in the light of the recent Law No. 134/2021, expressly addressing the need to implement a restorative justice framework in the context of the execution of criminal sanctions.
Keywords: restorative justice; mediation; execution stage; prison law; juvenile detention.
* Il contributo è stato sottoposto a double blind peer review.
[1] Sul tema, senza pretese di completezza, nella letteratura italiana, C. Mazzucato, Tra il dire e il fare: sfide attuali e “crisi di crescita” della giustizia riparativa in Italia. Brevi riflessioni sulla giustizia senza ritorsione in un sistema penale ancora retribuzionistico, in El sistema de justicia penal y nuevas formas de observar la cuestiòn criminal. Ensayos en honor a Massimo Pavarini, coord. F.T. Tagle, Città del Messico, 2015, pp. 289 ss.; nonché, G. Bertagna - A. Ceretti - C. Mazzucato, Il libro dell’incontro. Vittime e responsabili della lotta armata a confronto, Milano, 2015, passim; A. Ceretti, Mediazione penale e giustizia. In-contrare una norma, in Studi in ricordo di Giandomenico Pisapia, vol. III, Criminologia, Milano, 2000, pp. 729; S. D’Amato, La giustizia riparativa tra istanze di legittimazione ed esigenze di politica criminale, in Arch. pen. (archiviopenale.it), 1 (2018), pp. 1 ss.; G. Di Francesco, Il silenzio e il dialogo. Dalla pena alla riparazione dell’illecito, in Leg. pen. (lalegislazionepenale.eu), 1° giugno 2021, pp. 1 ss.; M. Donini, Pena agìta e pena subìta. Il modello del delitto riparato, in Studi in onore di Lucio Monaco, a cura di A. Biondi - G. Fiandaca - G.P. Fletcher - G. Marras - C. Roxin - A.M. Stile - K. Volk, Urbino, 2020, pp. 389 ss.; L. Eusebi, Fare giustizia: ritorsione del male o fedeltà al bene?, in Una giustizia diversa. Il modello riparativo e la questione penale, a cura di Id., Milano, 2015, pp. 3 ss.; Id., La svolta riparativa del paradigma sanzionatorio. Vademecum per un’evoluzione necessaria, in Giustizia riparativa. Ricostruire legami, ricostruire persone, a cura di G. Mannozzi - G. Lodigiani, Bologna, 2015, pp. 97 ss.; Id., Sviluppi normativi per una giustizia riparativa, in Minorigiustizia, 1 (2016), pp. 33 ss.; G. Forti, Bagliori nel “vetro” giuridico dal mare della misericordia, in questa Rivista, 2 (2017), pp. 111 ss.; G. Mannozzi, s.v. Giustizia riparativa, in Enc. dir., Annali, vol. X, Milano, 2007, pp. 465 ss.; Id., La giustizia senza spada. Uno studio comparativo su giustizia riparativa e mediazione penale, Milano, 2003; G. Mannozzi - G.A. Lodigiani, La giustizia riparativa. Formanti, parole e metodi, Torino, 2017, pp. 89 ss.; C. Mazzucato, Mediazione e giustizia riparativa in ambito penale. Fondamenti teorici, implicazioni politico-criminali e profili giuridici, in Lo spazio della mediazione. Conflitto di diritti e confronto di interessi, a cura di G. Cosi - M.A. Foddai, Milano, 2003, pp. 151 ss. Nell’ampia letteratura straniera: J. Braithwaite, Restorative Justice and Responsive Regulation, New York, 2002, passim; D.W. Van Ness, The Shape of Things to Come: A Framework for Thinking about A Restorative Justice System, Tübingen, 2000; D.W. Van Ness - K.H. Strong, Restoring justice. An introduction to restorative justice, Amsterdam, 2015, pp. 23 ss.; T. Wachtel, Defining Restorative, in IIRP (iirp.edu), 2016, pp. 1 ss.; L. Walgrave, Restorative justice, self-interestand responsible citizenship, Cullompton, 2008; P. Wallis, Understanding restorative justice. How empathy can close the gap created by crime, Bristol, 2014, pp. 13 ss.; H. Zehr, Changing Lenses. A New Focus on Crime and Justice, Scottsdale, 1990; H. Zehr - A. Gohar, The Little Book of Restorative Justice, Canada, 2003.
[2] Per M. Bortolato - E. Vigna, Vendetta pubblica. Il carcere in Italia, Bari-Roma, 2020, p. 144, «[i]l perdono è un atto personalissimo e unilaterale», mentre la giustizia riparativa presuppone un percorso condiviso da reo, vittime e comunità. Sul tema, si vedano le riflessioni di L. Eusebi, Pena e perdono, in Riv. it. dir. proc. pen., 3 (2019), pp. 1137 ss.; nonché A. Ceretti, Quale perdono è possibile donare? Riflessioni intorno alla Commissione per la Verità e la Riconciliazione sudafricana, in Dignitas – percorsi di carcere e giustizia, 6 (2004), pp. 32 ss.; M. Donini, Le logiche del pentimento e del perdono nel sistema penale vigente, in Aa.Vv., Studi in onore di Franco Coppi, Napoli, 2011, pp. 889 ss.; C. Mazzucato, Appunti per una teoria ‘dignitosa’ del diritto penale a partire dalla restorative justice, in Aa.Vv., Dignità e diritto: prospettive interdisciplinari, Tricase, 2010, pp. 117-118.
[3] Cfr. E. Amodio, A furor di popolo. La giustizia vendicativa giallo-verde, Roma, 2019, p. 123; R. Polidoro, Brevi cenni storici, in La riforma dell’ordinamento penitenziario. Lavoro - Minorenni - Assistenza sanitaria e vita penitenziaria. I Decreti legislativi 2 ottobre 2018, numeri 124, 121, 123, a cura di Id., Ospedaletto, 2019, pp. 3 ss. V. amplius, infra, § 7.
[4] Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI. Cfr. C. Mazzucato, “Direttiva Vittime” e giustizia riparativa: problemi, sfide, prospettive, in La giustizia riparativa nelle politiche educative del Comune di Milano (Atti del convegno svoltosi a Milano il 16 maggio 2018), Milano, 2019, pp. 197 ss.; nonché V. Patané, Percorsi di giustizia riparativa nel sistema penale italiano, in Vittime di reato e sistema penale. La ricerca di nuovi equilibri, a cura di M. Bargis - H. Belluta, Torino, 2017, pp. 545 ss.
[5] Sulla mediazione, per tutti, V. Patané, s.v. Mediazione penale, in Enc. dir., Annali, vol. II, Milano, 2008, pp. 572 ss.
[6] In prospettiva di sintesi, S. Allegrezza, La riscoperta della vittima nella giustizia penale europea, in Aa.Vv., Lo scudo e la spada: esigenze di protezione e poteri delle vittime nel processo penale tra Europa e Italia, Torino, 2012, pp. 1 ss.
[7] Raccomandazione CM/Rec(2018)8 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa su Restorative justice in criminal matters; Raccomandazione (19)99 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa su Mediation in penal matters; Risoluzione n. 12/2002 del Consiglio Economico e Sociale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite recante i Basic Principles on the use of restorative justice programmes in criminal matters; nonché, da ultimo, v. la Dichiarazione di Venezia sul Ruolo della Giustizia riparativa in materia penale, dei Ministri della Giustizia degli Stati membri del Consiglio d’Europa, 13-14 dicembre 2021. In argomento, A. Ceretti - C. Mazzucato, Mediazione e giustizia riparativa tra Consiglio d’Europa e O.N.U., in Dir. pen. proc., 6 (2001), pp. 772 ss.
[8] E. Fassone, Le misure alternative alla detenzione, in Aa.Vv., La riforma penitenziaria. Commento teorico pratico alla l. 663/1986, Napoli, 1987, p. 35, ricorda che, prima della modifica, la previsione era facoltativa.
[9] Cfr. F. Fiorentin, Riparazione e mediazione dopo il giudizio nel quadro dell’esecuzione penitenziaria e delle misure alternative alla detenzione, in Leg. pen., 2 (2004), pp. 389 ss.
[10] Condividono le medesime perplessità: D. Vicoli, La mediazione nella fase esecutiva: spunti per un inquadramento sistematico, in Cass. pen., 1 (2015), p. 386; Id., La mediazione in fase esecutiva nel sistema italiano: il quadro normativo e le dinamiche applicative, in Rev. Bras. de Direito Processual Penal, 3 (2021), pp. 2285 ss.; C. Fontani, Affidamento in prova al servizio sociale tra dettato normativo e prassi giurisprudenziale, in Giur. it., 5 (2018), pp. 1206 ss.; G. Mastropasqua, Percorsi di giustizia riparativa nell’esecuzione della pena, in Giur. mer., 3 (2007), pp. 889 ss.; E. Mattevi - D. Arieti - K. Holzner, Restorative Justice and Probation: Limits and Unexplored Opportunities – Considerations Based on the Experience of the RJ Center, Autonomous Region Trentino Alto-Adige/Südtirol, in Restorative Approach and Social Innovation: From Theoretical Grounds to Sustainable Practices, a cura di G. Grandi - S. Grigoletto, Padova, 2019, p. 121; L. Monteverde, Mediazione e riparazione dopo il giudizio: l'esperienza della magistratura di sorveglianza, in Minorigiustizia, 2 (1999), p. 87. Alcuni evidenziano tuttavia che l’istanza di affidamento è pur sempre formulata dal difensore dell’interessato: M. Monzani - F. Di Muzio, La giustizia riparativa. Dalla parte delle vittime, Milano, 2018, p. 213; A. Menghini, Giustizia riparativa ed esecuzione della pena. Per una giustizia riparativa in fase esecutiva, in Giustizia riparativa. Responsabilità, partecipazione, riparazione, a cura di G. Fornasari - E. Mattevi, Trento, 2019, pp. 211 ss.
[11] Cfr. Cass., sez. I, 21 novembre 2018, n. 11923.
[12] Lo osservano E. Benedetti - G. Pisapia, Comma 7. La prescrizione a favore della vittima di reato nell’affidamento in prova al servizio sociale, in Prassi e teoria della mediazione, a cura di G. Pisapia, Padova, 2000, pp. 181 ss.
[13] Così ex multis, Cass., sez. I, 19 giugno 2003, n. 29194, in Riv. pen., 11 (2003), p. 977.
[14] Cfr. F. Fiorentin, Affidamento in prova al servizio sociale e risarcimento del danno alla vittima del reato, in ilPenalista (ilpenalista.it), 29 luglio 2015.
[15] Analogamente, in tema di probation processuale ex artt. 168-bis c.p. e 464-bis ss. c.p.p., R. Muzzica, Il ruolo della vittima negli istituti riparativi, in Leg. pen. (lalegislazionepenale.eu), 22 novembre 2019, pp. 17-18; nonché L. Spadano, Le recenti ipotesi di condotte riparatorie post delictum: verso un progressivo ripensamento della giustizia criminale in chiave riparativa?, in Arch. pen. (archiviopenale.it), 1 (2020), p. 15.
[16] F. Fiorentin, Lavoro volontario anche in favore della vittima, in Guida al dir., 39 (2013), pp. 39 ss.; A. Pulvirenti, Le modifiche dell’ordinamento penitenziario alla ricerca di nuovi spazi di libertà. Art. 2 d.l. 1.7.2013 n. 78, conv. con modif. in l. 8.8.2013, n. 94 “Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena”, in Leg. pen., 4 (2013), pp. 1035 ss.
[17] «Sono esclusi dalle previsioni del presente comma i detenuti e gli internati per il delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale e per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste».
[18] G. Santalucia, sub art. 20-ter, in F. Della Casa - G. Giostra, Ordinamento penitenziario commentato, 2019, Milano, p. 339.
[19] Così il Documento finale degli Stati Generali per l’esecuzione penale, 18 aprile 2016, pp. 80-81, in https://www.giustizia.it/resources/cms/documents/documento_finale_SGEP.pdf (consultato per l’ultima volta il 14 febbraio 2022). Cfr. G. Mannozzi, Il documento finale degli “Stati generali dell’Esecuzione Penale” in materia di giustizia riparativa, in Dir. pen. proc., 5 (2016), pp. 565 ss. Per una sintesi dei lavori, Aa.Vv., Gli Stati Generali dell’esecuzione penale visti dall’Osservatorio Carcere dell’Unione delle Camere Penali Italiane, Ospedaletto, 2016, passim.
[20] Cfr. P. Bronzo, Il lavoro come fulcro del trattamento rieducativo, in La riforma penitenziaria: novità e omissioni del nuovo “garantismo carcerario”. Commento ai d.lgs. n. 123 e 124 del 2018, a cura di P. Bronzo - F. Siracusano - D. Vicoli, Torino, 2019, p. 161. Per osservazioni non dissimili D. Chinni, Lavorare come se liberi. Profili costituzionali del lavoro nell’esecuzione penale, in I diritti dei detenuti nel sistema costituzionale, a cura di M. Ruotolo - S. Talini, Napoli, 2017, pp. 86-87.
[21] Cfr. G. Forti, Il trattamento, in A. Giarda - G. Forti - F. Giunta - G. Varraso, Manuale di diritto penitenziario, Milano, 2021, pp. 133-134; G. Santalucia - M.R. Marchetti, sub art. 21, in Ordinamento penitenziario commentato, cit., p. 342.
[22] Sul coinvolgimento della comunità nei percorsi di giustizia riparativa, di recente, L. Boy, L’approccio partecipativo della società civile a sostegno dei processi di rafforzamento e promozione della responsabilità sociale in un’ottica di giustizia riparativa, in Dentro & Fuori. Atti del workshop formativo e informativo sui percorsi da e per il carcere in Italia. Sassari, 14-15 giugno 2019, a cura di E. Farris - P. Sechi, Napoli, 2020, pp. 321 ss.
[23] Prospetta l’abrogazione o la revisione dell’istituto, proprio per queste ragioni, G. Mannozzi, Le aperture alla giustizia riparativa nell’ambito delle misure alternative alla detenzione, in Giur. it., 6 (2016), p. 1534. In conformità D. Vicoli, Il ruolo della vittima nella fase esecutiva tra occasioni mancate e scenari futuri, in Vittima di reato e sistema penale. La ricerca di nuovi equilibri, a cura di M. Bargis - H. Belluta, Torino, 2017, pp. 542-543.
[24] «Gli Stati membri adottano misure che garantiscono la protezione delle vittime dalla vittimizzazione secondaria e ripetuta, dall'intimidazione e dalle ritorsioni, applicabili in caso di ricorso a eventuali servizi di giustizia riparativa. Siffatte misure assicurano che una vittima che sceglie di partecipare a procedimenti di giustizia riparativa abbia accesso a servizi di giustizia riparativa sicuri e competenti, e almeno alle seguenti condizioni: a) si ricorre ai servizi di giustizia riparativa soltanto se sono nell’interesse della vittima, in base ad eventuali considerazioni di sicurezza, e se sono basati sul suo consenso libero e informato, che può essere revocato in qualsiasi momento; b) prima di acconsentire a partecipare al procedimento di giustizia riparativa, la vittima riceve informazioni complete e obiettive in merito al procedimento stesso e al suo potenziale esito, così come informazioni sulle modalità di controllo dell’esecuzione di un eventuale accordo; c) l’autore del reato ha riconosciuto i fatti essenziali del caso; d) ogni accordo è raggiunto volontariamente e può essere preso in considerazione in ogni eventuale procedimento penale ulteriore; e) le discussioni non pubbliche che hanno luogo nell’ambito di procedimenti di giustizia riparativa sono riservate e possono essere successivamente divulgate solo con l’accordo delle parti o se lo richiede il diritto nazionale per preminenti motivi di interesse pubblico».
[25] F. Parisi, Il diritto penale tra neutralità istituzionale e umanizzazione comunitaria, in Dir. pen. cont. (archiviodpc.dirittopenaleuomo.org), 16 novembre 2012, pp. 7-8. Sul tema, da ultimo, G. Mannozzi, Sapienza del diritto e saggezza della giustizia: l’attenzione alle emozioni nella normativa sovranazionale in materia di restorative justice, in Criminalia, 2019, pp. 141 ss. Evidenzia le problematiche dell’approccio “vittimocentrico” della Dir. 2012/29/UE, C. Mazzucato, “Direttiva Vittime” e giustizia riparativa: problemi, sfide, prospettive, cit., p. 198.
[26] B. Spricigo, La ‘riflessione critica sul reato” e l’automatismo ostativo dell’art. 4-bis o.p., in Criminalia, 2013, pp. 619 ss.
[27] Cfr. M.P. Giuffrida, Verso la giustizia riparativa, in Mediares, 3 (2004), p. 80.
[28] Sul tema v. F. Ferzetti, Servizio sociale e sistema di giustizia penale: momenti di collaborazione, in Riv. Crim. Vitt. Sic., 3 (2017), pp. 69 ss.
[29] Per tutti, L. Daga, s.v. Trattamento penitenziario, in Enc. dir., vol. XLIV, Milano, 1992, pp. 1318 ss.
[30] Testualmente, A. Borghini - C. Galavotti, L’applicazione della giustizia riparativa nel penitenziario italiano. Tra prospettive di sviluppo e resistenze culturali, in Autonomie locali e servizi sociali, 3 (2020), p. 592.
[31] B. Galgani, Spunti di riflessionesul regolamento di esecuzione penitenziaria, in Aa.Vv., Scritti in onore di Antonio Cristiani, Torino, 2002, p. 280; L. Scomparin, Quale giustizia riparativa dopo la conclusione del processo?, in Leg. pen., 2 (2004), p. 408. Sul distinguo fra vittima e persona offesa, da ultimo, B. Romanelli, La persona offesa vulnerabile nel procedimento penale, Milano, 2020, p. 368; nonché V. Bonini, Il sistema di protezione della vittima e i suoi riflessi sulla libertà personale, Milano, 2018, pp. 21-22.
[32] Così l’art. 15 CM/Rec(2018)8.
[33] C. Mazzucato, Tra il dire e il fare: sfide attuali e “crisi di crescita” della giustizia riparativa in Italia. Brevi riflessioni sulla giustizia senza ritorsione in un sistema penale ancora retribuzionistico, cit., p. 7.
[34] Cfr. G. Di Rosa, Le specificità del trattamento esecutivo in ambito penitenziario ed extrapenitenziario, Roma, 25 ottobre 2018, p. 15, in https://www.cortedicassazione.it/cassazione-resources/resources/cms/documents/T18025_Di_Rosa_Terrorismo_trattamento_penitenziario.pdf (consultato per l’ultima volta il 14 febbraio 2022).
[35] Trib. sorv. Venezia, ord. 7 gennaio 2012, n. 5, in Dir. pen. proc., 7 (2012), pp. 833 ss., nt. G. Mannozzi, La reintegrazione sociale del condannato tra rieducazione, riparazione ed empatia, in cui si è valorizzato espressamente il percorso di mediazione penale intrapreso, in particolare, con una vittima aspecifica.
[36] G. Ubertis, Riconciliazione, processo e mediazione in ambito penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 4 (2005), p. 1332.
[37] Cfr. Corte cost., 17 maggio 2001, n. 138, in Giur. cost., 3 (2001), pp. 1108 ss., nt. R. D’Alessio, Estinzione della pena e liberazione condizionale.
[38] G. Rossi, La direttiva 2012/29/UE: vittima e giustizia riparativa nell’ordinamento penitenziario, in Arch. pen.(archiviopenale.it), 2 (2015), pp. 12 ss.
[39] Corte cost., 17 maggio 2001, n. 138, cit.
[40] Ibidem.
[41] Trib. sorv. Torino, 28 settembre 2011, in Giur. mer., 6 (2011), pp. 1389 ss., nt. G. Dito - S. Colaiocco,Sul ravvedimento del condannato all'ergastolo per fatti di terrorismo che viene ammesso alla liberazione condizionale.
[42] Cass., sez. I, 24 aprile 2007, n. 18022, in Riv. pen., 12 (2007), pp. 1244 ss., nt. V. Rispoli, Liberazione condizionale e finalità rieducative. Limiti ed estensione del concetto del “sicuro ravvedimento” alla luce di una lettura costituzionalmente orientata delle pene. Sul tema v. G. Mannozzi, La mediazione nell’ordinamento giuridico italiano: uno sguardo d’insieme, in Mediazione e diritto penale. Dalla punizione del reo alla composizione con la vittima, a cura di Id., Milano, 2004, pp. 332 ss.
[43] Supra, § 4.
[44] Su un’esperienza di questo tipo, G. Bianconi, Il brigatista e l’operaio, Torino, 2011, passim. V. anche F. Maisto, Il difficile rapporto autore-vittima e il ruolo del Tribunale di Sorveglianza, in Riv. crim. vitt. sic., 2 (2012), pp. 40 ss.
[45] In questa direzione, Cass., sez. fer., 19 settembre 2008, n. 35106.
[46] Nella giurisprudenza costituzionale, Corte cost., 2 giugno 1997, n. 161, in Giur. it, 1 (1999), pp. 121 ss., nt. A. Longo, Brevi osservazioni sui rapporti tra ergastolo e liberazione condizionale suggerite dalla sentenza n. 161/97; Corte cost., 27-28 aprile 1994, n. 168, ivi, 1 (1994), pp. 357 ss., nt. M. Ruotolo. Nella giurisprudenza convenzionale, C.E.D.U., g.c., sent. 26 aprile 2016, Murray contro Paesi Bassi (n. 10511/10); C.E.D.U., sez. V, sent. 4 settembre 2014, Trabelsi contro Belgio (n. 140/10); C.E.D.U., g.c., sent. 9 luglio 2013, Vinter e altri contro Regno Unito (nn.66069/09, 130/10, 3896/10); C.E.D.U., g.c., sent. 12 febbraio 2008, Kafkaris contro Cipro (n. 21906/04).
[47] In merito ai non collaboranti, infra, §§ 9-10.
[48] In questo senso, da ultimo, Cass., sez. I, 5 novembre 2020, n. 31221; Cass., sez. I, 18 luglio 2018, n. 49974.
[49] In questo senso, Cass., sez. I, 29 maggio 2009, n. 26754.
[50] Corte cost., 17 maggio 2001, n. 138, cit.
[51] In una prospettiva di sintesi, D. Vicoli, La mediazione nella fase esecutiva: spunti per un inquadramento sistematico, cit., p. 387. Sull’importanza del fattore “tempo” nella gestione della vicenda penale, G. Forti, Tempo del processo e tempo della persona: scorci prospettici della giustizia riparativa, in Pena, riparazione e riconciliazione. Diritto penale e giustizia riparativa nello scenario del terzo millennio, Atti del convegno di studi, Como, 13-14 maggio 2005, a cura di G. Mannozzi - F. Ruggieri, Varese, 2007, pp. 105 ss.; nonché G. Di Chiara, La premura e la clessidra: i tempi della mediazione penale, in Dir. pen. proc., 4 (2015), pp. 381 ss.
[52] Così A. Ceretti - G. Mannozzi, Una norma generale sull’accesso ai programmi di giustizia riparativa, in Proposte per l’attuazione della delega penitenziaria, a cura di G. Giostra - P. Bronzo, Roma, 2017, p. 198, per cui il tempo in cui espletare i programmi non è conoscibile a priori.
[53] Testualmente, il Documento finale degli Stati Generali per l’esecuzione penale, cit., p. 79.
[54] C. Mazzucato, Ostacoli e “pietre d’inciampo” nel cammino attuale della giustizia riparativa in Italia, in Giustizia riparativa. Ricostruire legami, ricostruire persone, in Giustizia riparativa. Ricostruire legami, ricostruire persone, a cura di G. Mannozzi - G. Lodigiani, Bologna, 2015, pp. 119 ss.
[55] Sul punto, per tutti, A. Ceretti, Mediazione penale e giustizia. In-contrare una norma, cit., pp. 729 ss.
[56] CM/Rec(2018)8, sez. II, p.to 3; Rec(99)19, sez. II, p.to 3; nonché la Dir. 2012/29/UE, all’art. 12, c. 1.
[57] In particolare, L. Eusebi, Profili della finalità conciliativa nel diritto penale, in Aa.Vv., Studi in onore di Giorgio Marinucci. Teoria della pena e teoria del reato, vol. II, Milano, 2006, pp. 1109 ss.
[58] Supra, §§ 2-3.
[59] Il disegno di legge risale al 23 dicembre 2014 (A.C. 2798): E. Frontoni, L’iter di attuazione della delega: un percorso tormentato, in La riforma penitenziaria: novità e omissioni del nuovo “garantismo carcerario”. Commento ai d.lgs. n. 123 e 124 del 2018, cit., pp. 3 ss.
[60] A commento P. Corvi, Venti di riforma sull’esecuzione penale: la delega per la modifica dell’ordinamento penitenziario, in Le recenti riforme in materia penale. dai decreti di depenalizzazione (d.lgs. n. 7 e n. 8/2016) alla legge “Orlando” (l. n. 103/2017), a cura di G.M. Baccari - C. Bonzano - K. La Regina - E.M. Mancuso, Milano, 2017, pp. 600-601; G. Daraio, Giustizia riparativa ante e post iudicatum, in Esecuzione penale e ordinamento penitenziario, a cura di P. Balducci - A. Macrillò, Milano, 2020, p. 870; F. Di Muzio, La riforma dell’ordinamento penitenziario: la direttiva in materia di giustizia riparativa, in ilPenalista (ilpenalista.it), 27 luglio 2017; F. Fiorentin, Legge-delega in materia penitenziaria: carcere più umano e giustizia riparativa tra gli obiettivi della riforma, ivi, 21 luglio 2017; C. Fiorio, sub Art. 1, comma 85, della Riforma Orlando, in A. Giarda - G. Spangher, Codice di procedura penale commentato, vol. III, Milanofiori Assago, 2017, p. 3546; A. Furgiuele, La riforma del sistema penitenziario: un progetto ambizioso, in La riforma della giustizia penale, a cura di A. Scalfati, Torino, 2017, p. 331.
[61] E. Dolcini, La riforma penitenziaria Orlando: cautamente, nella giusta direzione, in Dir. pen. cont. (archiviodpc.dirittopenaleuomo.org), 2 (2018), p. 178.
[62] V. però il Documento finale degli Stati Generali per l’esecuzione penale, cit., pp. 77 ss., in cui si rileva l’opportunità di estendere a ogni stato e grado del procedimento la possibilità di accedere alla giustizia riparativa.
[63] F. Di Muzio, La riforma dell’ordinamento penitenziario: la direttiva in materia di giustizia riparativa, cit.
[64] In questo senso, C. Cesari, La giustizia riparativa nel sistema penitenziario minorile: un nuovo orizzonte ancora incerto, in L’esecuzione delle pene nei confronti dei minorenni. Commento al d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 123, a cura di L. Caraceni - M.G. Coppetta, Torino, 2019, p. 50. In senso non dissimile, F. Della Casa, Conquiste, rimpianti, incertezze: una lettura diacronica della riforma penitenziaria minorile, ivi, p. XVII. V. amplius, infra, § 12.
[65] Lo rileva G. Giostra, Si schiude un nuovo orizzonte per l’esecuzione penale? Delega penitenziaria e Stati generali: brevi considerazioni a margine, in Quest. giust. (questionegiustizia.it), 2 (2015), pp. 64-65; M. Ruotolo, Obiettivo carcere: guardando al futuro con un occhio al passato, ivi, p. 60. Analogamente, P. Bronzo, La delega per la riforma dell’ordinamento penitenziario, in Leg. pen. (lalegislazionepenale.eu), 18 gennaio 2018, p. 4.
[66]DG Justice Document related to the transposition and implementation of the Directive 2012/29/UE establishing minimum standards on the rights, support and protection of victims of crime, dicembre 2013, p. 32, in https://e-justice.europa.eu (consultato per l’ultima volta il 14 febbraio 2022), con riguardo a family group conferences, community conferences, circles. V. anche Unodc, Handbook on Restorative Justice Programmes, United Nations, 2020, pp. 24 ss.
[67] In questa prospettiva si collocava lo Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di giustizia riparativa e mediazione reo-vittima (A.G. 29), elaborato dalla Commissione ministeriale di studio “Cascini” (d.m. 19 luglio 2017), che forniva, anzitutto, una definizione di “giustizia riparativa” in armonia con le indicazioni di fonte sovranazionale; dettagliava diritti, obblighi, garanzie delle parti, nonché lo sviluppo procedimentale; istituiva la figura professionale del mediatore penale, con requisiti minimi di formazione; chiariva le interrelazioni con i giudizi per l’accesso ai benefici.
Per il testo completo della proposta e della relativa relazione di accompagnamento, Bozza di decreto legislativo recante Disposizioni in materia di giustizia riparativa e mediazione reo-vittima, a norma dell’art. 1 comma 85, lett. f della legge 23 giugno 2017, n. 103, elaborata dalla Commissione per la riforma in tema di ordinamento penitenziario minorile e di modelli di giustizia riparativa in ambito esecutivo (d.m. 19 luglio 2017, Pres. Dott. Francesco Cascini), in L’esecuzione delle pene nei confronti dei minorenni. Commento al d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 123, cit., pp. 407 ss. In prospettiva di sintesi, sulle modifiche proposte, per una utile ricostruzione del percorso legislativo con tabelle riassuntive dei diversi testi via via licenziati, Commissione Giostra, Il progetto di riforma penitenziaria, Roma, 2019, pp. 357 ss.
[68] F. Palazzo, Crisi del carcere e culture di riforma, in Dir. pen. cont. (archiviodpc.dirittopenaleuomo.org), 4 (2017), p. 11.
[69] A. Ceretti - G. Mannozzi, La giustizia riparativa come momento qualificante l’individualizzazione del trattamento, in Proposte per l’attuazione della delega penitenziaria, cit., p. 196.
[70] Così la Relazione di accompagnamento alle Disposizioni in materia di giustizia riparativa e mediazione reo-vittima, a norma dell’art. 1, comma 85, lett. f) della legge 23 giugno 2017 n. 103, pp. 2 ss., in https://www.giustizia.it/resources/cms/documents/Cascini_relazione_19lug2017.pdf (consultato per l’ultima volta il 14 febbraio 2022).
[71] Cfr. F. Fiorentin, La delega in materia di esecuzione penitenziaria (comma 85, L. n. 103/2017), in A. Marandola - T. Bene, La riforma della giustizia penale, Milano, 2017, p. 433. Sull’accidentato percorso si attuazione, v. anche E.N. La Rocca, Lo schema di decreto legislativo per la riforma penitenziaria, in Arch. pen. (archiviopenale.it), 20 febbraio 2018, pp. 763 ss.; P. Spagnolo, Il lungo cammino della riforma penitenziaria, in Il reinserimento dei detenuti. Esperienze applicative e novità legislative, a cura di I. Piccinini - P. Spagnolo, Torino, 2020, pp. 25 ss.; G. Tabasco, La riforma penitenziaria tra delega e decreti attuativi, Pisa, 2018, pp. 177 ss.
[72] Così il Contratto per il governo del cambiamento, maggio 2018, p. 25, in https://download.repubblica.it/pdf/2018/politica/contratto_governo.pdf (consultato per l’ultima volta il 14 febbraio 2022), su cui si è formata l’intesa tra le forze politiche della nuova maggioranza.
[73] G. Di Chiara, Le terre del rammarico: i cantieri inconclusi del percorso riformatore, in La nuova disciplina penitenziaria, a cura di M. Colamussi, Torino, 2020, p. 11. Per il testo completo del parere, v. Atti parlamentari, Camera dei Deputati, XVIII Leg., Commissione Giustizia, lunedì 10 settembre 2018, res. stenografico, All. 2, pp. 55 ss., in https://www.camera.it/leg18/202 (consultato per l’ultima volta il 14 febbraio 2022).
[74] Testualmente, F. Tribisonna, La disciplina per l’esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni tra buoni propositi e innegabili criticità, in Proc. pen. giust. (processopenaleegiustizia.it), 3 (2019), pp. 717 ss.
[75] E. Amodio, A furor di popolo. La giustizia vendicativa gialloverde, cit., p. 123; P. Spagnolo, Il lungo cammino della riforma penitenziaria, cit., p. 33; nonché M. Bortolato, Luci ed ombre di una riforma a metà: i decreti legislativi 123 e 124 del 2 ottobre 2018, in Quest. Giust. (questionegiustizia.it), 3 (2018), pp. 119 ss.
[76] Ravvisa una volontà di ammenda per aver abbandonato il progetto, C. Cesari, La giustizia riparativa nel sistema penitenziario minorile: un nuovo orizzonte ancora incerto, cit., p. 51.
[77] B. Galgani, sub art. 13, in L’esecuzione penale, a cura di F. Fiorentin - F. Siracusano, Milano, 2019, pp. 171-172.
[78] A una vera e propria «profilassi linguistica» fanno riferimento L. Caraceni - A. Bernasconi, sub art. 13, in Ordinamento penitenziario commentato, cit., pp. 167-168.
[79] Supra, § 4.
[80] Relazione illustrativa allo Schema di d.lgs. - Riforma dell'ordinamento penitenziario in attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 82, 83 e 85, lettere a), d), i), l), m), o), r), t) e u), della legge 23 giugno 2017, n. 103, in https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_2_1.page?facetNode_1=0_10&facetNode_2=0_2&facetNode_3=0_2_6&contentId=SAN90259&previsiousPage=mg_1_2#rel (consultato per l’ultima volta il 14 febbraio 2022).
[81] S. Carnevale, Vestigia di una riforma mancata: il nuovo assetto delle misure alternative fra osservazione all’esterno, potenziamento dei controlli e rivisitati poteri d’iniziativa, in La riforma penitenziaria: novità e omissioni del nuovo “garantismo carcerario”. Commento ai d.lgs. n. 123 e 124 del 2018, cit., p. 168.
[82] Cfr. R. Polidoro - G. Terranova - R. Vigna, sub Art. 9 d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 123, in La riforma dell’ordinamento penitenziario. Lavoro – Minorenni – Assistenza sanitaria e vita penitenziaria, cit., p. 128. In generale, sul legame fra giustizia riparativa e responsabilizzazione, G. Forti, Per una discussione sui limiti morali del diritto penale, tra visioni “liberali” e paternalismi giuridici, in Studi in onore di Giorgio Marinucci. Teoria della pena e teoria del reato, vol. I, cit., pp. 337 ss.
[83] Cfr. F. Gianfilippi, Le nuove coordinate concettuali del trattamento penitenziario, in La riforma penitenziaria: novità e omissioni del nuovo “garantismo carcerario”. Commento ai d.lgs. n. 123 e 124 del 2018, cit., p. 36; F. Fiorentin - C. Fiorio, La riforma dell’ordinamento penitenziario, Milano, 2019, p. 144, che ravvisano un vero e proprio diritto alla giustizia riparativa.
[84] Supra, § 5, in merito a semilibertà e liberazione condizionale. Spazi per valorizzare la partecipazione ai programmi si potrebbero rinvenire anche negli artt. 30-ter, 37, 47, c. 2, 50, 54, o.p.
[85] Supra, § 4.
[86] Ritengono che l’attività di osservazione sarebbe confinata all’applicazione del solo art. 47, c. 2, o.p., T. Alesci, L’accesso semplificato alle misure alternative e il rinnovato sistema di verifiche, in La nuova disciplina penitenziaria, cit., p. 426; M. Ruaro, Riforma dell’ordinamento penitenziario: le principali novità dei decreti attuativi in materia di semplificazione dei procedimenti e di competenze degli uffici locali di esecuzione esterna e della polizia penitenziaria, in Dir. pen. cont. (archiviodpc.dirittopenaleuomo.org), 9 novembre, 2018, p. 4; G. Tabasco, La riforma penitenziaria tra delega e decreti attuativi, cit., p. 84.In senso difforme, sulla valenza generalizzata dell’indagine personologica extra moenia, S. Carnevale, Vestigia di una riforma mancata: il nuovo assetto delle misure alternative fra osservazione all’esterno, potenziamento dei controlli e rivisitati poteri d’iniziativa, cit., p. 177.
[87] S. Carnevale, L’osservazione della personalità dei condannati non detenuti e gli interventi dell’ufficio dell’esecuzione penale esterna, in Proposte per l’attuazione della delega penitenziaria, cit., p. 147. V. però R. Polidoro - G. Terranova - R. Vigna, sub Art. 9 d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 123, cit., p. 115, che evidenziano come l’oggetto dell’osservazione all’esterno sia il comportamento, anziché la personalità; nonché F. De Simone, Gli esiti della controriforma penitenziaria, in Arch. pen. (archiviopenale.it), 1 (2019), p. 5.
[88] Lo rilevano L. Cesaris, Quel che resta della riforma penitenziaria, in Giur. pen. web (giurisprudenzapenale.com), 12 (2018), p. 7; F. Cortesi, L’ordinamento penitenziario dopo la stagione delle riforme, in Dir. pen. proc., 5 (2020), p. 705.
[89] Commissione Giostra, Il progetto di riforma penitenziaria, cit., p. 131.
[90] Supra, § 4.
[91] Cfr. G. Di Francesco, Il silenzio e il dialogo. Dalla pena alla riparazione dell’illecito, cit., pp. 20-21. V. anche supra, § 7.
[92] Così L. Saponaro, Restyling del trattamento individualizzato, in La nuova disciplina penitenziaria, cit., p. 237.
[93] G. Di Chiara, Le terre del rammarico: i cantieri inconclusi del percorso riformatore, cit., p. 8.
[94] Cfr. B. Spricigo, La “riflessione critica sul reato” e l’automatismo ostativo dell’art. 4-bis o.p., cit., p. 640; M. Cannito, Restorative Justice and organized crime: a challenge to overcome the culture of mafia, in Educ. democr., 1 (2011), pp. 119 ss.; G. Scardaccione, Il modello riparativo di giustizia: la sfida «impossibile» dell’applicazione ai reati di mafia, in Mediares, 9 (2007), pp. 46 ss.
[95] Supra, § 5.
[96] Così art. 27 CM/Rec(2018)8, per cui «I servizi di giustizia riparativa dovrebbero essere più inclusivi possibile».
[97] Corte cost., 4 dicembre 2019, n. 253, in Giur. cost., 6 (2019), pp. 3124 ss., nt. M. Michetti, L’accesso ai permessi premio tra finalità rieducativa della pena ed esigenze di politica criminale. A commento v. anche F. Fiorentin, Preclusioni penitenziario e permessi premio, in Cass. pen., 3 (2020), pp. 1019 ss.; A. Santangelo, Nuovi profili di illegittimità del regime ostativo: la speranza di un permesso o il permesso di sperare?, ivi, 7-8 (2020), pp. 2777 ss.
[98] Il riferimento è, in particolare, a C.E.D.U., sez. I, 13 giugno 2019, Viola contro Italia (n. 77633/16), in Cass. pen., 8 (2019), pp. 3056 ss., nt. F. Fiorentin, La Corte di Strasburgo conferma: la pena perpetua non riducibile è sempre contraria alla Convenzione europea, in cui si è considerato che la pena detta «ergastolo ostativo» limiti eccessivamente la prospettiva di liberazione dell’interessato e la possibilità di un riesame della sua pena.
[99] Chiaramente in questa direzione, la Relazione sull’istituto di cui all’articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975 in materia di ordinamento penitenziario e sulle conseguenze derivanti dalla sentenza n. 253 del 2019 della Corte costituzionale, della Commissione d’inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, approvata il 20 maggio 2020, pp. 32-33, pubblicata in Sistema penale (sistemapenale.it), 18 giugno 2020, con osservazioni di C. Cataneo.
[100] Così L. Eusebi, Appunti minimi di politica criminale in rapporto alla riforma delle sanzioni penali, in Criminalia, 2007, pp. 191 ss. In un senso non dissimile, M. Bortolato, La libertà di 'non collaborazione': verso l’abolizione dell’ergastolo ostativo, in Proposte per l’attuazione della delega penitenziaria, cit., pp. 155-156. Sull’efficacia preventiva del consenso al precetto, G. Forti, Le ragioni extrapenali dell’osservanza della legge penale: esperienze e prospettive, in Riv. it. dir. proc. pen., 3 (2013), pp. 1108 ss.; A. Ceretti, Mediazione penale e giustizia. In-contrare una norma, cit., p. 728; C. Mazzucato, Consenso alle norme e prevenzione dei reati. Studi sul sistema sanzionatorio penale, Roma, 2005, passim; Id., Giustizia esemplare. Interlocuzione con il precetto penale e spunti di politica criminale, in Studi in onore di Mario Romano, a cura di M. Bertolino - L. Eusebi - G. Forti, Napoli, 2011, pp. 408 ss.
[101] Corte cost., 4 dicembre 2019, n. 253, cit.
[102] Così gli artt. 8 e 13 Basic Principles on the Use of Restorative Justice Programmes in Criminal Matters delle Nazioni Unite; nonché artt. 17 e 30 CM/Rec(2018)8; art. 12, c. 1, lett. c), Dir. 2012/29/UE.Sul punto, si registra peraltro uno scarto tra le fonti, giacché, mentre le Raccomandazioni postulano, di regola, un accordo di entrambe le parti sui fatti essenziali, la Direttiva richiede il «riconoscimento dei fatti essenziali» al solo «autore del reato» e ammette la deroga alla riservatezza in presenza di preminenti di interesse pubblico (cons. 46).
[103] Sulla «libertà di non collaborare», Corte cost., 4 dicembre 2019, n. 253, cit. Cfr. sulle problematiche inerenti la giustizia riparativa per i condannati che non abbiano collaborato positivamente con la giustizia, F. Fiorentin, Punizione o riparazione? La giustizia riparativa nella fase esecutiva della pena: luci e ombre nella prospettiva della riforma “Cartabia”, in Dir. pen. uomo (dirittopenaleuomo.org), 10 (2021), p. 23.
[104] In questo senso, Corte cost., 11 maggio 2021, n. 97, in Giur. cost., 3 (2021), pp. 1169 ss., nt. A. Pugiotto, Leggere altrimenti l’ord. n. 97 del 2021 in tema di ergastolo ostativo alla liberazione condizionale. A commento v. anche A. Manna, Riflessioni “a prima lettura” sul Comunicato stampa della Corte costituzionale su ergastolo ostativo e liberazione condizionale, in Arch. pen. (archiviopenale.it), 1 (2021), pp. 1 ss.; L. Risicato, L’incostituzionalità riluttante dell’ergastolo ostativo: alcune note a margine di Corte cost., ordinanza n. 97/2021, in Riv. it. dir. proc. pen., 2 (2021), pp. 641 ss.; B. Romano, Ergastolo e liberazione condizionale: la Corte costituzionale decide di non decidere, in Pen. Dir. Proc. (penaledp.it), 15 aprile 2021.
[105] Corte cost., 11 maggio 2021, n. 97, cit. Per ulteriori sviluppi dei dicta in tema di collaborazione impossibile, v. da ultimo Corte cost., 25 gennaio 2022, n. 20, in Sistema penale (sistemapenale.it), 2 febbraio 2022, nt. S. Bernardi, La disciplina della collaborazione impossibile supera il vaglio della Consulta: legittima la previsione di uno standard probatorio diverso da quello richiesto per chi non collabori “per scelta”.
[106] Ibidem.
[107] Supra, § 5.
[108] Osserva le possibili disarmonie nei rapporti tra condannato all’ergastolo e condannato alla reclusione per reati dell’art. 4-bis, c. 1, o.p., proponendo l’estensione dei dicta della Corte a tutte le pene, E. Dolcini, L’ordinanza della Corte costituzionale n. 97 del 2021: eufonie, dissonanze, prospettive inquietanti, in Sistema penale (sistemapenale.it), 25 maggio 2021.
[109] G. Giostra, Verso un’incostituzionalità prudentemente bilanciata? Spunti per una discussione, in Il fine e la fine della pena. Sull’ergastolo ostativo alla liberazione condizionale. Atti del Seminario Ferrara, 25 settembre 2020, a cura di G. Brunelli - A. Pugiotto - P. Veronesi, in Forum di Quaderni Costituzionali, Rassegna, 4 (2020), p. 39.
[110] Testualmente, E. Dolcini, La pena detentiva perpetua nell’ordinamento italiano. Appunti e riflessioni, in Dir. pen. cont. Riv. trim., 3 (2018), p. 13. V. anche N. Rombi, Dopo il caso “Viola” nuove prospettive per un superamento dell’ergastolo ostativo, in Dir. pen. proc., 4 (2020), p. 570.
[111] Corte cost., 11 maggio 2021, n. 97, cit.
[112] In termini, F. Gianfilippi, Ergastolo ostativo: incostituzionalità esibita e ritardi del legislatore. Prime note all’ordinanza 97/2021, in Quest. giust. (questionegiustizia.it), 27 maggio 2021, secondo cui «[i]n queste ipotesi, in sede di concessione della liberazione condizionale, ad essere significativa sarebbe ad ogni modo la sola disponibilità a sottoporvisi, mentre la valutazione sul concreto adoperarsi del condannato sarebbe rimessa al momento dell’estinzione della pena al termine del quinquennio».
[113] Supra, § 3.
[114] A commento della modifica, M. Costantino - A. Bernasconi, sub art. 15, in Ordinamento penitenziario commentato, cit., p. 211; F. Fiorentin - C. Fiorio, La riforma dell’ordinamento penitenziario, cit., p. 194.
[115] Relazione illustrativa, p. 10, in http://documenti.camera.it/apps/nuovosito/attigoverno/Schedalavori/getTesto.ashx?file=0016_F001.pdf&leg=XVIII (consultato per l’ultima volta il 14 febbraio 2022).
[116] Commissione Giostra, Il progetto di riforma penitenziaria, cit., pp. 163-164.
[117] Cfr. L. Capraro, Una risposta alternativa: il lavoro di pubblica utilità, in La nuova disciplina penitenziaria, cit., p. 366.
[118] G. Rossi, La direttiva 2012/29/UE: vittima e giustizia riparativa nell’ordinamento penitenziario, cit., p. 21.
[119] Cfr. P. Bronzo, Il lavoro come fulcro del trattamento rieducativo, in La riforma penitenziaria: novità e omissioni del nuovo “garantismo carcerario”. Commento ai d.lgs. n. 123 e 124 del 2018, cit., p. 161; nonché L. Capraro, Una risposta alternativa: il lavoro di pubblica utilità, cit., p. 369, che segnala il possibile eccesso di delega nella proposta di modifica dell’art. 54 o.p.
[120] Cfr. F. Fiorentin, La riforma penitenziaria. Dd.lgs. 121, 123, 124/2018, Milano, 2018, p. 110. In conformità, P. Bronzo, sub art. 20-ter, in L’esecuzione penale, cit., p. 342; V. Lamonaca, Il lavoro di pubblica utilità dei detenuti e degli internati, in Il reinserimento dei detenuti. Esperienze applicative e novità legislative, cit., p. 135; G. Santalucia, sub art. 20-ter, in Ordinamento penitenziario commentato, cit., p. 339.
[121] In generale, L. Caraceni, Una legge penitenziaria per i minorenni autonoma e speciale. Le aspettative tradite di un’attesa lunga quarant’anni, in L’esecuzione delle pene nei confronti dei minorenni. Commento al d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 123, cit., p. 7; A. De Caro, Dalla legge delega ai pilastri normativi dell’ordinamento penitenziario minorile, in La nuova disciplina penitenziaria, cit., pp. 19 ss.; F. Filocamo, Caratteri generali della riforma, in Esecuzione penale e ordinamento penitenziario, cit., pp. 223 ss.; P. Renon, Verso un ordinamento penitenziario minorile: dall’art. 79 della legge n. 354/1975 al d.lgs. n. 121/2018, in Diritto penale della famiglia e dei minori, a cura di E. Palermo Fabris - A. Presutti - S. Riondato, in Trattato di diritto di famiglia. Le riforme, dir. P. Zatti, vol. III, Milano, 2019, pp. 488 ss
[122] Supra, § 6.
[123] Evidenzia la «gerarchia non casuale», F. Della Casa, Esecuzione e peculiarità della disciplina penitenziaria, in Procedura penale minorile, a cura di M. Bargis, Torino, 2019, p. 265. A commento v. anche L. Kalb, L’esecuzione a carico dei minorenni dopo la riforma approtata dal d.lgs. n. 121/2018, in Manuale dell’esecuzione penitenziaria, a cura di P. Corso, Milano, 2019, pp. 573 ss.; nonché G. Daraio, Giustizia riparativa ante e post iudicatum, cit., p. 869; F. Villa, Il decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121 - Disciplina dell’esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni, in La riforma dell’ordinamento penitenziario. Lavoro - Minorenni - Assistenza sanitaria e vita penitenziaria. I Decreti legislativi 2 ottobre 2018, numeri 124, 121, 123, cit., p. 50.
[124] Supra, § 7.
[125] Par. 12, 23.2 e 77, lett. l), Rec(2008)11 sulle regole penitenziarie europee per minori autori di reato, e il par. 10 Rec(2017)3 sulle regole europee sulle misure e sanzioni di comunità, ma anche, in una prospettiva più generale, il par. 18 della CM/Rec(2018)8 e la Rec(1987)20 sulle reazioni sociali alla delinquenza giovanile.
[126] Cfr. M.G. Carnevale, Trattamento, diritti nuovi e progetto educativo, in La riforma dell’ordinamento penitenziario, a cura di P. Gonnella, Torino, 2019, pp. 90-91; U. Nazzaro, La funzione rieducativa della pena nei confronti dei condannati minorenni: spunti di riflessione sul d.lg. n. 121/2018, in Cass. pen., 10 (2019), p. 3800.
[127] Cfr. Unodc, Handbook on Restorative Justice Programmes, cit., in particolare pp. 34 e 107-108. Sulle conferme empiriche, nella letteratura italiana, senza pretese di completezza, M. Colamussi - A. Mestitz, Devianza minorile e recidiva. Prosciogliere, punire o responsabilizzare?, Milano, 2012, passim; F. Paglionico, La riforma penitenziaria nella prospettiva di una giustizia riparativa, in Dir. Giust. Min., 1/2 (2019), p. 145. Nella letteratura straniera, J. Shapland - G. Robinson - A. Sorsby, Restorative Justice in Practice: Evaluating What Works for Victims and Offenders, Oxford, 2011, passim; W. Sherman - H. Stranh, Restorative justice: the evidence, Londra, 2007, pp. 68 ss.; Aa.Vv., Restorative Justice Conferencing (RJC) Using Face-to-Face Meetings of Offenders and Victims: Effects on Offender Recidivism and Victim Satisfaction. A Systematic Review, Oslo, 2013, passim.
[128] Così le Linee di indirizzo. Decreto Legislativo 2 ottobre 2018, n. 121 recante “Disciplina dell’esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni, in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 81, 83 e 85, lett. p), della legge 23 giugno 2017, n. 103”, 15 gennaio 2020, p. 7, in https://www.giustizia.it/resources/cms/documents/linee_indirizzo_esecuzione_pene_minori_15gen2020.pdf (consultato per l’ultima volta il 14 febbraio 2022).
[129] E. Cadamuro, Percorsi di giustizia riparativa nell’esecuzione penale minorile, in Dir. pen. proc., 2 (2020), p. 263.
[130] Supra, § 8.
[131] C. Cesari, La giustizia riparativa nel sistema penitenziario minorile: un nuovo orizzonte ancora incerto, cit., p. 61.
[132] Ibidem.
[133] In questo senso dovrebbe essere letta l’indicazione della Relazione illustrativa, in L’esecuzione delle pene nei confronti dei minorenni. Commento al d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 123, cit., p. 353, per cui gli obiettivi enucleati dall’art. 1, c. 2, o.p.m. dovrebbero essere favoriti «per quanto possibile», recuperando una clausola presente nella bozza licenziata dalla Commissione di studio “Cascini”, ma elisa nel passaggio al testo definitivo.
[134] Corte cost., 29 ottobre 1987, n. 343, in Cass. pen., 1 (1988), pp. 25 ss., in motivazione; ma già Corte cost., 7 aprile 1974, n. 204, in Giur. cost., 3 (1974), pp. 1707 ss., in motivazione. Sul punto, per tutti, G.M. Flick, I diritti dei detenuti nella giurisprudenza costituzionale, in Dir. e soc., 1 (2012), p. 197.
[135] Corte cost., 6 dicembre 2019, n. 263, in Giur. cost., 6 (2019), p. 3200, nt. M.G. Coppetta, Incostituzionale il regime ostativo alla concessione dei benefici penitenziari ai minorenni: un epilogo annunciato, su cui v. amplius, § 13.
[136] Cfr. Linee di indirizzo. Decreto Legislativo 2 ottobre 2018, n. 121 recante “Disciplina dell’esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni, in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 81, 83 e 85, lett. p), della legge 23 giugno 2017, n. 103”, cit., p. 11.
[137] C. Cesari, La giustizia riparativa nel sistema penitenziario minorile: un nuovo orizzonte ancora incerto, cit., pp. 60 ss.
[138] Ibidem.
[139] Così anche M. Bertolino, Per una esecuzione della pena detentiva “a misura di minore”: socializzazione, responsabilizzazione e promozione della persona, in Dir. pen. proc., 2 (2019), p. 158. In senso parzialmente difforme, G. Di Paolo, La giustizia riparativa nel procedimento penale minorile, in Dir. pen. cont. (archiviodpc.dirittopenaleuomo.org), 16 gennaio 2019, p. 6; F. Fiorentin, La riforma penitenziaria. Dd.lgs. 121, 123, 124/2018, cit., p. 107; di «forte contenuto riparativo» parlano F. Fiorentin - C. Fiorio, La riforma dell’ordinamento penitenziario, cit., p. 24.
[140] Per O. Bruno, Trattamento intra moenia e aspetti spazio-temporali della detenzione, in La nuova disciplina penitenziaria, cit., p. 107, la povertà della disciplina si giustifica «non (solo e) non tanto perché la pena detentiva dovrebbe porsi ai confini delle possibili prospettive dopo la condanna, quanto, piuttosto, per il fatto che il legislatore ha avuto un atteggiamento frettoloso e approssimativo».
[141] Così le Linee di indirizzo. Decreto Legislativo 2 ottobre 2018, n. 121 recante “Disciplina dell’esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni, in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 81, 83 e 85, lett. p), della legge 23 giugno 2017, n. 103”, cit., p. 31. In conformità, O. Bruno, Trattamento intra moenia e aspetti spazio-temporali della detenzione, cit., p. 116; G. Di Paolo, La giustizia riparativa nel procedimento penale minorile, cit., p. 6.
[142] Cfr. C. Cesari, La giustizia riparativa nel sistema penitenziario minorile: un nuovo orizzonte ancora incerto, cit., p. 56.
[143] Corte cost., 6 dicembre 2019, n. 263, cit.
[144] Ibidem, corsivo nostro. In quest’ottica sono da rivedere la rigidità espressa dalle Linee di indirizzo del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità in materia di giustizia riparativa e tutela delle vittime di reato, p. 11, in https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_12_1.page?facetNode_1=0_10_3_2&facetNode_2=0_10&facetNode_3=0_6_4_1&contentId=SPS322404&previsiousPage=mg_1_12 (consultato per l’ultima volta il 14 febbraio 2022), per cui «gli esiti (…) non interferiscono sulle misure alternative o sui benefici penitenziari».
[145] Cfr. V. Manca, Misure mirate, ma resta il modello “carcerocentrico”, in Guida al dir., 48 (2018), p. 73.
[146] Cfr. M. Bertolino, Per una esecuzione della pena detentiva “a misura di minore”: socializzazione, responsabilizzazione e promozione della persona, cit., pp. 158-159. In conformità, M. Covelli, Il decreto legislativo n. 121 del 2018: il ritorno al carcere come luogo e strumento di rieducazione, in Dir. Giust. Min. Riv. trim., 3/4 (2018), p. 147.
[147] In questo senso, B. Guazzaloca, La disciplina negli istituti penali minorili: regole di comportamento, infrazioni e sanzioni disciplinari, in L’esecuzione delle pene nei confronti dei minorenni. Commento al d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 121, cit., pp. 327-328; nonché F. Villa, Il decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121 - Disciplina dell’esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni, cit., p. 81; O. Bruno, Trattamento intra moenia e aspetti spazio-temporali della detenzione, cit., p. 116; F. Stilla - A. Trabucco, Il regime penitenziario, in Esecuzione penale e ordinamento penitenziario, cit., p. 305
[148] Le Linee di indirizzo del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità in materia di giustizia riparativa e tutela delle vittime di reato, cit., p. 48, indicano che sarà ciascun regolamento d’istituto a prevedere le attività riparative da adottarsi in relazione al danno cagionato e le tipologie di attività andranno individuate da una commissione composta dal Direttore, dal Coordinatore dell’Area Pedagogica, dal Comandante di Reparto, da un funzionario USSM specificamente individuato e dallo Psicologo.
[149] In questo senso il par. 60 CM/Rec(2018)8, per cui «I principi e gli approcci riparativi possono anche essere applicati (…) quando vi è un conflitto (…) tra detenuti e operatori penitenziari, tra detenuti».
[150] In conformità, M. Bertolino, Per una esecuzione della pena detentiva “a misura di minore”: socializzazione, responsabilizzazione e promozione della persona, cit., p. 158.
[151] Chiare le considerazioni generali di A. Ceretti, Mediazione penale e giustizia. In-contrare una norma, cit., p. 720: «la riparazione non è una vera sanzione, bensì una misura consensuale». In conformità, C. Mazzucato, L’universale necessario della pacificazione. Le alternative al diritto e al processo, in Logos dell’essere, logos della norma, a cura di L. Lombardi Vallauri, Bari, 1999, p. 1280.
[152] Cfr. G. Dodaro, Nuovo ordinamento penitenziario minorile e fonti sovranazionali. Affinità e divergenze, in L’esecuzione delle pene nei confronti dei minorenni. Commento al d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 123, cit., p. 118, che richiama l’art. 40 delle Norme di adeguamento della legge 26 luglio 1975, n. 354 alle esigenze educative dei condannati minorenni (D.M. 19.7.2017 – Pres. Dott. Francesco Cascini). Bozza di decreto legislativo della commissione per la riforma in tema di ordinamento penitenziario minorile e di modelli di giustizia riparativa in ambito esecutivo, cit., p. 403.
[153] Cfr. in prospettiva generale, D. Bruno, Il procedimento disciplinare carcerario: brevi riflessioni sulle questioni aperte, in Giur. pen. web (giurisprudenzapenale.com), 5 (2021), pp. 11 ss.
[154] Cfr. Linee di indirizzo del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità in materia di giustizia riparativa e tutela delle vittime di reato, cit., p. 8.
[155] V. infra, § 15, per le recenti proposte di modifica degli artt. 80-81 reg. es. nel senso dell’introduzione di meccanismi riparativi nel contesto del procedimento disciplinare. Sugli istituti della sospensione e del condono della sanzione disciplinare, in una prospettiva di sintesi, M.G. Coppetta, sub Art. 38, in Ordinamento penitenziario commentato, cit., p. 524.
[156] All’immagine della riforma «’mutilata’» fa ricorso F. Petrelli, La riforma “mutilata”, in La riforma penitenziaria: novità e omissioni del nuovo “garantismo carcerario”. Commento ai d.lgs. n. 123 e 124 del 2018, cit., pp. 285 ss.; si tratta di una «occasione mancata» per G. Paccagnella Casari, La riforma dell’Ordinamento Penitenziario: soluzioni timide per problemi gravi, in Giur. pen. web (giurisprudenzapenale.com), 3 (2019), pp. 1 ss.
[157] Cfr. P.F. Cabana, Vi è spazio per la mediazione dopo la condanna? Il dibattito in Spagna, in Arch. pen. (archiviopenale.it), 3 (2017), pp. 1 ss.; L. Della Torre, Attuazione di meccanismi di “Restorative Justice” in alcuni paesi sudamericani e nella penisola iberica: delle differenti sfumature di un paradigma alternativo di giustizia, in Riv. it. dir. e proc. pen., 4 (2015), pp. 1943 ss.; I. Gasparini, La giustizia riparativa in Francia e in Belgio tra istituti consolidati e recenti evoluzioni normative, ivi, pp. 1982 ss.; M. Kilchling – L. Parlato, Nuove prospettive per la restorative justice in seguito alla direttiva sulla vittima: verso un ‘’diritto alla mediazione’’? Germania e Italia a confronto, in Cass. pen., 11 (2015), pp. 4188 ss.; E.M. Mancuso, La giustizia riparativa in Austria e in Germania: tra Legalitätsprinzip e vie di fuga dal processo, in Riv. it. dir. e proc. pen., 4 (2015), pp. 1958 ss.; B. Spricigo, La giustizia riparativa nel sistema penale e penitenziario in Nuova Zelanda e Australia: ipotesi di complementarietà, ivi, pp. 1923 ss.; D. Stendardi, Per una proposta legislativa in tema di giustizia riparativa: spunti di riflessione dall’analisi degli ordinamenti degli Stati Uniti e del Regno Unito, ivi, pp. 1899 ss., nonché v. A summary of comments received on the use and application of the Basic Principles on the Use of Restorative Justice Programmes in Criminal Matters, 22 maggio 2017, in https://www.unodc.org/documents/commissions/CCPCJ/CCPCJ_Sessions/CCPCJ_26/E_CN15_2017_CRP1_e_V1703590.pdf (consultato per l’ultima volta il 14 febbraio 2022).
[158] Per un primo commento sul punto, R. Bartoli, Verso la riforma Cartabia: senza rivoluzioni, con qualche compromesso, ma con visione e respiro, in Dir. pen. proc., 9 (2021), p. 1169; G. Daraio, Le alternative al carcere tra riforme tradite e svolte annunciate: prime osservazioni sulle novità contenute nella “legge Cartabia” (l. 27 settembre 2021, n. 134), in Arch. pen. (archiviopenale.it), 3 (2021), pp. 1 ss.; F. Fiorentin, Punizione o riparazione? La giustizia riparativa nella fase esecutiva della pena: luci e ombre nella prospettiva della riforma “Cartabia”, cit., pp. 1 ss.; nonché, in prospettiva sistematica, F. Consulich - M. Miraglia, Costo del processo e fuga dalla giurisdizione. Il volto futuribile del sistema penale in due topoi: la giustizia riparativa e l’ufficio per il processo, in disCrimen (discrimen.it), 12 febbraio 2022, pp. 1 ss.; E.N. La Rocca, Il modello di riforma “Cartabia”: ragioni e prospettive della Delega n. 134/2021, in Arch. pen. (archiviopenale.it), 3 (2021), pp. 29 ss.; G. Varraso, La legge “Cartabia” e l’apporto dei procedimenti speciali al recupero dell’efficienza processuale, in Sistema penale (sistemapenale.it), 2 (2022), pp. 45 ss.
[159] Cfr. Relazione finale e proposte di emendamenti al d.d.l. A.C. 2435, 24 maggio 2021, p. 75, in https://www.giustizia.it/cmsresources/cms/documents/commissione_LATTANZI_relazione_finale_24mag21.pdf (consultato per l’ultima volta il 14 febbraio 2022), in cui si menzionano expressis verbis «trattamento penitenziario (articoli 1 e 15 l. 354/1975) e misure alternative alla detenzione»; nonché le proposte contenute nella Relazione finale della Commissione per l’innovazione del sistema penitenziario (d.m. 13 settembre 2021 – Presidente Prof. Marco Ruotolo), 17 dicembre 2021, in https://www.giustizia.it/cmsresources/cms/documents/commissione_RUOTOLO_relazione_finale_17dic21.pdf (consultato per l’ultima volta il 14 febbraio 2022). In argomento, V. Bonini, Le linee programmatiche in tema di giustizia riparativa: il quadro e la cornice, in Leg. pen. (lalegislazionepenale.eu), 15 giugno 2021, pp. 1 ss.; G. De Francesco, Brevi appunti sul disegno di riforma della giustizia, ivi, 23 agosto 2021, pp. 1 ss.; E.A.A. Dei Cas, Qualche considerazione in tema di giustizia riparativa nell’ambito della legge delega Cartabia, in Arch. pen.(archiviopenale.it), 3 (2021), pp. 1 ss.; M. Del Tufo, Giustizia riparativa ed effettività nella Proposta della Commissione Lattanzi (24 maggio 2021), ivi, 2 (2021), pp. 1 ss.; B. Romano, La riforma del sistema penale secondo la Commissione Lattanzi, ivi, 23 giugno 2021, p. 6.
[160] Relazione finale e proposte di emendamenti al d.d.l. A.C. 2435, cit., p. 73. Sulle esigenze di uniformità, v. già C. Mazzucato, Mediazione e giustizia riparativa in ambito penale. Spunti di riflessione tratti dall’esperienza e dalle linee guida internazionali, in Verso una giustizia penale “conciliativa”.Il volto delineato dalla legge sulla competenza penale del giudice di pace. Atti del Convegno. Trento, 25-26 maggio 2001, a cura di L. Picotti - G. Spangher, Milano, 2002, p. 97. V. però, per i rischi di «burocratizzazione» della giustizia riparativa, F. Palazzo, Sanzione e riparazione all’interno dell’ordinamento giuridico italiano: de lege lata e de lege ferenda, in Pol. dir., 2 (2017), p. 360.
[161] Cfr. E.A.A. Dei Cas, Qualche considerazione in tema di giustizia riparativa nell’ambito della legge delega Cartabia, cit., p. 14.
[162] Supra, §§ 2, 3 e 11.
[163] In via esemplificativa, v. Relazione finale della Commissione per l’innovazione del sistema penitenziario (d.m. 13 settembre 2021 – Presidente Prof. Marco Ruotolo), cit., pp. 96 ss., in cui si è suggerito di offrire l’opportunità di una soluzione riparativa alle vicende disciplinari ex artt. 80-81 reg. es., che ove accolta, con piena garanzia dei fondamentali principi della giustizia riparativa, potrebbe essere riconosciuta nei giudizi della magistratura di sorveglianza sulla partecipazione all’opera di rieducazione, in sede di concessione della liberazione anticipata (art. 54 o.p.); coerentemente, si propone di valutare fra i presupposti per le ricompense (art. 76 reg. es.) la particolare disponibilità a partecipare ad iniziative di mediazione, da cui derivino benefici per l’intera comunità penitenziaria, e di prevedere fra i compiti istituzionali del Corpo di polizia penitenziaria quello di favorire la ricomposizione dei conflitti, anche avvalendosi di strumenti di mediazione (art. 5 l. 15 dicembre 1990, n. 395). Sul tema v. anche supra, § 14.
[164] Corte cost., 11 maggio 2021, n. 97, cit. V. amplius, supra, § 10.
[165] Ibidem. Sul punto v. F. Fiorentin, Punizione o riparazione? La giustizia riparativa nella fase esecutiva della pena: luci e ombre nella prospettiva della riforma “Cartabia”, cit., p. 23.
[166] V. i lavori del Tavolo XVI, in https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_19_1_16.page?previsiousPage=mg_2_19_1 (consultato per l’ultima volta il 14 febbraio 2022), nell’ottica della riformulazione degli artt. 4-bis e 58-ter o.p.
[167] In questo senso, C. Cesari, La giustizia riparativa nel sistema penitenziario minorile: un nuovo orizzonte ancora incerto, cit., p. 66.
[168] In termini, G. Daraio, Le alternative al carcere tra riforme tradite e svolte annunciate: prime osservazioni sulle novità contenute nella “legge Cartabia” (l. 27 settembre 2021, n. 134), cit., p. 22.
[169] E.A.A. Dei Cas, Qualche considerazione in tema di giustizia riparativa nell’ambito della legge delega Cartabia, cit., p. 18, osserva come faccia ben sperare, a tal riguardo, il fatto che la delega sottragga la materia in esame alla consueta clausola di invarianza finanziaria.
[170] In questa direzione Linee di indirizzo del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità in materia di giustizia riparativa e tutela delle vittime di reato, cit., p. 12; nonché Aa.Vv., La mediazione penale e altri percorsi di giustizia riparativa nel procedimento penale minorile, Roma, 2018, pp. 71 ss.
[171] Si veda, al riguardo, Circ. D.A.P., 19 marzo 2015, prot. 100039, Osservatorio permanente sulla giustizia riparativa e la mediazione penale. Ordine di servizio n. 1148 del 17.9.2014, in Codice di diritto penitenziario. La normativa e la prassi, a cura di G. Di Rosa - G. Varraso, Piacenza, 2020, pp. 1353-1355.
[172] Cfr. par. 24 CM/Rec(2018)8, per cui «Qualora la giustizia riparativa coinvolga persone minorenni (come vittime o come autori dell’illecito), i loro genitori, tutori legali o altri adulti competenti hanno il diritto di assistere a ogni procedimento al fine di assicurare che i loro diritti siano rispettati. Le regole specifiche e le tutele legali che disciplinano la loro partecipazione ai procedimenti penali dovrebbero essere applicate anche alla loro partecipazione alla giustizia riparativa».
[173] Cfr. Corte cost., 6 giugno 2017, n. 179, in Dir. pen. cont. (archiviodpc.dirittopenaleuomo.org), 11 (2017), pp. 231 ss., nt. C. Bray, La Corte costituzionale salva la pena minima (di 8 anni di reclusione) per il traffico di droghe 'pesanti' ma invia un severo monito al legislatore.
[174] Così, commentando la l. 12 agosto 1993, n. 296 di conversione del d.l. 14 giugno 1993, n. 187, recante nuove misure in materia di trattamento penitenziario, A. Giarda, Migliora il «trattamento penitenziario», peggiora il «trattamento dei cittadini stranieri», in Id., Praxis criminalis. Cronache di anni inquieti: 1989-1993, Milano, 1994, p. 517.
Pisati Michele
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