La circolazione dei veicoli e la copertura assicurativa obbligatoria nella giurisprudenza della Suprema Corte tra diritto interno e diritto eurounitar
Marinella Laudani
Consigliere della Corte di Appello di Palermo
La circolazione dei veicoli e la copertura assicurativa obbligatoria nella giurisprudenza della Suprema Corte tra diritto interno e diritto eurounitario*
English title:Road Traffic and compulsory insurance in the rulings of the Supreme Court, between national legislation and European Union law
DOI: 10.26350/18277942_000069
Sommario: 1. La cornice normativa. 2 La sentenza n. 8620/2015 delle sezioni unite della Corte di Cassazione. 3. La successiva sentenza n. 21893 del 31 luglio 2021. 4. Il diritto eurounitario. 5. L'interpretazione adeguatrice del diritto interno da parte della Suprema Corte. 6. Profili problematici del processo di armonizzazione dei due ordinamenti.
- La cornice normativa
La nozione di veicolo desumibile dallo scarno dato testuale dell'art. 2054 c.c. (“veicolo senza guida di rotaie”) è quella di qualunque mezzo senza guida di rotaie, idoneo al trasporto di cose o di persone, a trazione meccanica, umana o animale.
La medesima nozione contemplata dall’art. 122 del d. lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (codice delle assicurazioni private, da qui in poi semplicemente CAP), invece, è maggiormente delimitata, in quanto contempla solo i veicoli senza guida di rotaie a trazione meccanica (“a motore”), comprendendo però espressamente anche i filoveicoli ed i rimorchi.
Al di là del dettato normativo, si ritengono pacificamente comprese anche le macchine operatrici, cioè i mezzi speciali che, oltre ad avere caratteristiche strutturali tali da essere destinate alla circolazione, sono dotate di ulteriori dispositivi che realizzano finalità diverse dal trasporto di cose o di persone, come ad esempio un'autogrù o un trattore agricolo.
Ne consegue che per i mezzi adibiti al trasporto a trazione animale o umana si applicano le regole di ripartizione della responsabilità ex art. 2054 c.c., ma non sussiste l'obbligo di copertura assicurativa per la responsabilità civile verso terzi derivante dalla loro circolazione.
Sulla base della elaborazione della giurisprudenza di merito e di legittimità, oltre la cosiddetta “circolazione dinamica” - veicolo in movimento - rientra nell'ambito applicativo delle norme di riferimento anche quella cosiddetta “statica”, configurabile quando il veicolo non è in marcia, ma viene compiuta – dal conducente o da terzi - ogni attività prodromica o connessa alla marcia (es. apertura e chiusura di sportelli, operazioni di carico e scarico di oggetti), nonché il fermo o la sosta momentanea del veicolo [1]; infine anche la posizione di quiete, intesa quale sosta durevole e che comporta che il mezzo esca al di fuori del controllo del proprietario: in tal caso, il mero ingombro di uno spazio adibito a circolazione stradale è elemento idoneo all'applicabilità della normativa de qua[2].
Ulteriore elemento costitutivo e distintivo della fattispecie astratta disciplinata dall'art. 122 citato ha natura spaziale, poiché l'obbligo assicurativo riguarda solo i veicoli che siano posti in circolazione su “strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate.”
2. La sentenza n. 8620/2015 delle sezioni unite della Corte di Cassazione
I giudici della Suprema Corte hanno esaminano un'ipotesi di danno da circolazione veicolare ancora più specifico, prendendo le mosse dalla seguente vicenda: durante il caricamento di un cassone metallico su un'autogrù, in corso su strada di uso pubblico, il conducente/operatore aveva effettuato una errata manovra del braccio metallico, facendo scivolare il suddetto cassone che, rovinando addosso a un operaio che coadiuvava le operazioni, lo aveva schiacciato, provocandone il decesso.
I giudici di merito di entrambi i gradi del giudizio avevano ritenuto l'evento mortale coperto da polizza assicurativa, configurando la fattispecie come circolazione statica, poiché, anche se il mezzo era fermo, il braccio meccanico era in movimento.
Inoltre, sebbene tale attività non fosse strettamente riconducibile al concetto di trasporto, è stata ritenuta ricompresa nella nozione di circolazione stradale, in quanto attinente alle caratteristiche strutturali del mezzo.
Ciò posto, la sezione rimettente, preso atto dell’ampio dibattito in merito alla questione[3], chiedeva alle sezioni unite di enucleare il concetto di circolazione, tanto sotto il profilo statico/logistico che sotto quello operativo/funzionale,evidenziando la problematicità soprattutto di quest'ultimo.
Con la pronuncia in esame, il massimo consesso ha cristallizzato organicamente i principi elaborati fino a quel momento dalla giurisprudenza di legittimità, statuendo che “per aversi copertura assicurativa il sinistro deve avvenire ad opera di un mezzo adatto al trasporto di persone o di cose a trazione meccanica, ivi compresi i mezzi speciali, durante la circolazione del mezzo medesimo, intesa sia in forma dinamica che in forma statica, ovvero anche in stato di fermo o di sosta durante le operazioni preliminari o successive al movimento vero e proprio, come apertura di sportelli etc”.
Inoltre,dirimendo la questione dibattuta, ha affermato l'esistenza l'obbligo assicurativo “anche con riferimento alle operazioni intrinseche ai mezzi speciali, quindi che esulano dal concetto di trasporto, ma che rientrano nell'uso proprio della sua funzione abituale, sempre che ciò avvenga in strade di uso pubblico o aree a queste equiparate”.
Alla luce della sentenza in oggetto può, quindi, essere enucleata la seguente nozione di veicolo: mezzo idoneo al trasporto di cose o di persone, a trazione meccanica, umana o animale, senza guida di rotaie, ivi comprese le macchine operatrici, per il quale sussiste l'obbligo assicurativo solo se a trazione meccanica, anche se spinto o non funzionante ed anche con riferimento alle sole operazioni speciali.
In ogni caso, è stato ritenuto irrilevante l'uso che in concreto si faccia del mezzo nelle aree destinate alla circolazione, in difetto di alcuna previsione in tal senso.
Ciò posto, ha precisato la Suprema Corte, l'evento dannoso deve essersi verificato su strade di uso pubblico o aree ad esse equiparate, dovendosi intendere come tali anche le aree private destinate all'accesso di un numero indeterminato di persone, anche se appartenenti a specifiche categorie, o individuate in base a particolari finalità, o alle quali l’accesso è consentito a specifiche condizioni (come nel caso di area attigua alla sede stradale ove sono allocati i distributori di carburante o di area destinata al parcheggio di un supermercato).
La medesima pronuncia ha individuato specificamente i seguenti casi di esclusione della copertura assicurativa: a) mezzi di trasporto impossibilitati al movimento, come i rottami – veicoli privi di ruote – o mezzi fissati al suolo; b) mezzi per i quali la circolazione è occasione e non causa del danno, come nel caso in cui interviene un evento esterno che interrompe il nesso causale tra circolazione e danno (es. incendio appiccato da un terzo dolosamente); c) mezzi utilizzati per finalità estranee alla circolazione, come nel caso di utilizzo criminale (es. condotte dolose di investimento di pedone o di speronamento di altro veicolo al fine di rapina, sfondamento di vetrina, veicolo utilizzato come autobomba) [4].
In conclusione: sotto l’aspetto operativo funzionale la nozione di circolazione stradale comprende qualunque attività, anche dei mezzi speciali, che sia compatibile con la funzione del veicolo, a prescindere dall’uso concreto che se ne faccia.
Questa nozione, per così dire, (quasi) illimitata sotto il profilo operativo funzionale, trova la sua delimitazione dal punto di vista spaziale, consistente nella strada di uso pubblico o area equiparata, nell'accezione sopra precisata [5].
3. La successiva sentenza n. 21983 del 31 luglio 2021
Con la recente pronuncia n. 21983 del 30 luglio 2021, le sezioni unite della Suprema Corte sono tornate ad occuparsi della nozione di circolazione dei veicoli e del conseguente ambito di operatività della assicurazione civile obbligatoria, proseguendo il percorso di interpretazione intrapreso con la precedente sentenza sopra citata, in funzione estensiva delle norme di riferimento, e affrontando, per la prima volta in modo sistematico ed esaustivo, la questione della compatibilità delle stesse con il diritto eurounitario.
Il caso da cui trae origine la pronuncia consiste nell'investimento di un pedone (bambino di un anno) con esito mortale, da parte di un veicolo (camper) all'interno di un cortile privato recintato, nella zona esistente tra il giardino e la rampa di accesso al garage di un'abitazione privata.
I giudici di merito avevano respinto l'azione risarcitoria diretta, proposta nei confronti della compagnia di assicurazioni dai congiunti della vittima, ritenendo non operante la copertura assicurativa, poiché il sinistro era avvenuto in un'area privata, non destinata all'uso pubblico, né configurabile come area equiparata a quelle di uso pubblico.
La sezione investita del ricorso per cassazione (proposto dai danneggiati soccombenti) rimetteva la questione alle sezioni unite ponendo il seguente quesito:se l'art. 122 del CAP vada interpretato nel senso che per area equiparata alle strade di uso pubblico debba intendersi qualunque spazio in cui il veicolo possa essere utilizzato conformemente alla sua funzione abituale e, in generale, se il dettato normativo interno sia compatibile con il diritto eurounitario.
- Il diritto eurounitario
L'art. 1, punto 1, della direttiva 2009/103/CE contempla la seguente nozione di veicolo: “qualsiasi autoveicolo destinato a circolare sul suolo e che può essere azionato da una forma meccanica, senza essere vincolato ad una strada ferrata, nonché i rimorchi, anche non agganciati”, mentre il successivo art. 3, primo comma, prevede la copertura assicurativa obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli che stazionino nei Paesi membri dell'Unione Europea.
La direttiva in questione costituisce un riordino sistematico delle precedenti quattro direttive[6] senza alcuna modifica sostanziale al loro contenuto.
La Corte di Giustizia Europea è stata chiamata più volte, attraverso lo strumento del rinvio pregiudiziale, ad interpretare le suddette norme.
La medesima Corte, a partire dall'anno 2014, con la sentenza del 4 settembre 2014, C-162/2013, poi con le pronunce del 20 novembre 2017, C-514/2016 e del 20 giugno 2019, C-100/2018, ha ribadito che nella nozione di circolazione dei veicoli di cui all'art. 3, primo comma, citato, va ricompreso qualunque uso del veicolo che “sia conforme alla funzione abituale dello stesso”.
Ancora, nelle medesime pronunce, premesso che le direttive in questione non contengono alcun riferimento in tal senso, viene riaffermato il principio secondo cui non può attribuirsi alcun rilievo, ai fini dell'obbligo assicurativo nei Paesi membri, alla natura o tipologia del terreno in cui il veicolo si trovi, ritenendo applicabile l'art. 3 citato, ad esempio, ad un sinistro occorso sulla strada sterrata di un'azienda agricola, o in un campo militare o all'interno di un'autorimessa privata [7].
5. L'interpretazione adeguatrice del diritto interno da parte della Suprema Corte
Le sezioni unite, nell'affrontare la questione sottoposta al loro vaglio, ripercorrono l'elaborazione giurisprudenziale delle nozioni di veicolo e di circolazione stradale, con particolare riguardo ai principi sanciti dalla precedente pronuncia n. 8620/2015 e, muovendo da questa, tracciano un percorso argomentativo con l'intento esplicito di proseguire quello intrapreso nella citata sentenza, come un suo naturale sviluppo.
I giudici di legittimità danno una risposta positiva al quesito iniziale posto dalla sezione rimettente, attraverso una interpretazione costituzionalmente orientata e adeguatrice della norma interna al diritto europeo, non ritenendo sussistenti i presupposti per la disapplicazione diretta della norma per contrasto con il diritto dell'Unione.
Il percorso motivazionale della Corte prende le mosse dalla nozione di circolazione connotata dal profilo funzionale sopra richiamato, già enucleato in modo compiuto quale criterio cardine nella sentenza n. 6820/2015, cioè ancorata al criterio della funzione abituale del veicolo, sia dal punto di vista logico che normativo, che prescinde del tutto dall'uso concreto che se ne faccia, sempre che tale utilizzo rientri nelle caratteristiche del veicolo stesso.
Premesso che in detto precedente la portata del riferimento spaziale (“strade di uso pubblico o aree a queste equiparate”) non era stato oggetto di esame approfondito, in quanto non costituiva un punto controverso, i giudici di legittimità osservano che il profilo operativo/funzionale costituisce il criterio cardine anche ai fini della individuazione del parametro spaziale e, come tale, consente di superare e di andare oltre il criterio dell'indeterminatezza delle persone che abbiano accesso all'area equiparata, a maggior ragione ove si consideri che tale indeterminatezza era stata ritenuta comunque compatibile con la titolarità di uno specifico diritto o di una specifica finalità di accesso all'area.
Ora, non vi è dubbio che l'interpretazione adeguatrice operata dalla Corte ha finito in concreto per svuotare di contenuto il dettato normativo, risultato inevitabile per la necessità di adeguarsi al diritto eurounitario.
A questo punto, invero, è difficile intravedere una effettiva differenza contenutistica tra la disapplicazione diretta e questa interpretazione praticamente abrogatrice della norma.
Riguardo le cause di esclusione la sentenza menziona l'utilizzo del veicolo “in contesti particolari ed avulsi dal concetto di circolazione”, cioè i casi in cui il veicolo non può identificarsi come tale secondo il codice della strada, come nel caso di scontro tra automobilista e sciatore su pista da sci, oltre alle ipotesi di danno provocato dolosamente, in cui il veicolo viene utilizzato in modo anomalo (es. per investire ed uccidere persone).
6. Profili problematici del processo di armonizzazione dei due ordinamenti
Con l'ultima pronuncia la Suprema Corte ha compiuto un passo importante nel processo di armonizzazione del diritto interno a quello dell'Unione, attraverso un percorso interpretativo dall'esito necessitato (adempimento dell'obbligo di adeguamento del diritto interno al diritto eurounitario in ossequio all'art. 189, comma 3, Trattato CEE e all'art. 249, comma 3, Trattato UE) e per tale ragione particolarmente arduo, nonché, a parere di chi scrive, non esente da profili problematici e probabili insidie rispetto alla coerenza ed alla tenuta del sistema interno, oltre che rispetto alla coerenza con ulteriori principi del diritto eurounitario, come si dirà nel prosieguo.
D'altra parte, tale percorso è fisiologicamente destinato a non concludersi mai, dal momento che la Corte di Giustizia, da parte sua, non arresta l'attività di interpretazione della normativa europea, nella chiara intenzione di estendere il più possibile l'obbligatorietà della copertura assicurativa dei veicoli, anche nell'intento di assicurare e favorire la libera circolazione dei beni e delle persone nel territorio di tutti gli Stati dell'Unione.
Non solo: la stessa normativa europea continua ad evolversi, nel modo esaminato nel prosieguo.
Già la decisione del 2015, il cui dettato viene espressamente ribadito quale premessa logico-giuridica dell'ultima pronuncia, si presta a dubbi di natura dogmatica che non vengono risolti, quali l'avvenuto spostamento del baricentro del sistema della r.c.a. dal nesso causale tra circolazione veicolare e danno al nesso causale tra veicolo in quanto tale e danno[8].
Poiché è evidente che il danno provocato dal mezzo polifunzionale nello svolgimento di operazioni che esulano dalla funzione del trasporto di cose o di persone e che riguardano esclusivamente l'attività speciale, comunque rientrante nelle sue caratteristiche funzionali e strutturali, finisce per svalutare in modo incisivo il presupposto del fenomeno circolatorio, nonostante la “circolazione”, sia espressamente menzionata tanto dall'art. 2054 c.c. che dall'art. 122 CAP.
Tale decisione mirava - lodevolmente e condivisibilmente - a realizzare pienamente la funzione di solidarietà sociale svolta dalla normativa in oggetto, in ossequio all'art. 2 della Carta costituzionale, finalizzata a sua volta, all’effettività della tutela risarcitoria in caso di lesione del bene salute[9].
Tale funzione, peraltro, è stata proclamata espressamente anche dalla giurisprudenza della Corte Europea di Giustizia (C-518/06), che ha affermato che "la protezione sociale (della r.c.a) che arriva essenzialmente ad assicurare alle vittime della strada di essere adeguatamente compensate, può essere considerata come un imperativo superiore ad altri interessi pubblici".
Inoltre, poteva ritenersi fatto salvo un adeguato bilanciamento dei contrapposti interessi e diritti in campo, alla luce della delimitazione spaziale prevista dall'art. 122, secondo la pacifica interpretazione della norma affermatasi ratione temporis.
Ora, l'eliminazione di ogni riferimento spaziale, in doverosa aderenza al diritto dell'Unione, comporta che tutte le operazioni dei mezzi speciali ovunque si trovano, anche in aree del tutto private, tipo cantieri, aziende etc… sono sottoposte alla disciplina del CAP, con conseguente copertura assicurativa della compagnia o del GVS.
La decisione n. 21983/2021 della Corte Suprema, estendendo la disciplina della r.c.a. a qualunque tipo di area su cui il mezzo si trova ad operare, ha determinato inevitabilmente una estensione dell'ambito applicativo che potrebbe mettere a rischio l'adeguato bilanciamento degli interessi in campo[10].
In termini di analisi economica del diritto, sono evidenti possibili ricadute negative, quali il pericolo dell'innalzamento dei premi assicurativi, con il conseguente aumento dei costi aziendali delle attività d'impresa che utilizzano tali mezzi speciali (si pensi al settore edile), con effetti a catena, quali crisi di impresa, contrazione occupazionale, eccessivo accollo da parte della collettività dei costi sociali degli incidenti - in caso di intervento del Fondo di Garanzia - ed eccessiva impunità per i danneggiati.
Si pone, quindi, un problema di equilibrio tra principio di uguaglianza ed equa ripartizione del rischio[11].
È evidente che anche tali diritti trovano consacrazione nella Carta costituzionale e devono essere adeguatamente bilanciati dal legislatore, fatto salvo l’intervento della giurisdizione ordinaria - sempre tenuta ad un’interpretazione costituzionalmente orientata, intendendosi come tale anche l’equilibrata considerazione delle diverse pretese di rango costituzionale - ovvero, in ultima istanza, del giudice delle leggi.
Né può ritenersi che tali ricadute siano conseguenze inevitabili del doveroso adeguamento del diritto interno al diritto dell'Unione nella materia de qua.
Infatti, sotto questo specifico profilo, la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea sembra avere preso da tempo una diversa direzione.
La Corte ha escluso l'operatività della copertura assicurativa obbligatoria, affermando che se il mezzo speciale non effettua attività di trasporto, la fattispecie esula dall'ambito della circolazione dei veicoli, con il seguente dispositivo: “L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 72/166/CEE del Consiglio, del 24 aprile 1972, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli e di controllo dell’obbligo di assicurare tale responsabilità, deve essere interpretato nel senso che non rientra nella nozione di «circolazione dei veicoli», di cui a tale disposizione, una situazione in cui un trattore agricolo è stato coinvolto in un incidente allorché la sua funzione principale, nel momento in cui si è verificato l’incidente, consisteva non nel servire da mezzo di trasporto ma nel generare, in quanto macchina da lavoro, la forza motrice necessaria per azionare la pompa di un polverizzatore d’erbicida”[12].
È il caso di precisare che, comunque, non si configura un contrasto tra i due ordinamenti.
La direttiva europea, nell’interpretazione della Corte UE, potrebbe ritenersi violata se la Corte di Cassazione avesse interpretato la norma interna in senso più restrittivo rispetto all’ambito di tutela previsto dalla direttiva medesima.
Nella ipotesi in esame invece, i giudici di legittimità hanno interpretato la norma interna in modo più estensivo rispetto alla norma eurounitaria, riconoscendo alla tutela in oggetto un ambito applicativo più esteso, non contravvenendo la direttiva, che impone agli Stati membri esclusivamente un ambito di tutela minimo uniforme.
Infine, tale principio è stato recepito e definitivamente codificato nella recentissima direttiva UE 2021/2118 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 24 novembre 2021 “recante modifica della direttiva 2009/103/CE concernente l’assicurazione della responsabilità̀ civile risultante dalla circolazione di autoveicoli e il controllo dell’obbligo di assicurare tale responsabilità”, che ha inserito, dopo il punto 1 dell'art. 1, l’inciso: «1bis) “uso del veicolo” ogni utilizzo di un veicolo che sia conforme alla funzione del veicolo in quanto mezzo di trasporto al momento dell’incidente, a prescindere dalle caratteristiche del veicolo, dal terreno su cui è utilizzato e dal fatto che sia fermo o in movimento”.
Ciò in conformità al punto (5) del “considerando”, che, a sua volta, prevede: “la direttiva 2009/103/CE non è applicabile se, al momento dell’incidente, la funzione abituale del veicolo è un «uso diverso da quello in quanto mezzo di trasporto»”.
Alla luce delle superiori considerazioni, può ragionevolmente ipotizzarsi il sorgere di ulteriore contenzioso avente a oggetto i sinistri provocati da mezzi speciali, finalizzato ad una rivisitazione della materia, attraverso la centralità ritrovata del nesso di causa tra circolazione e danno e, per altro verso, la ridefinizione del rapporto di occasionalità tra i medesimi [13].
Meritano, infine, una disamina separata le ipotesi di esclusione dalla nozione di circolazione enucleate dalle due sentenze oggetto del presente scritto.
Rispetto a tale ambito si ritiene plausibile che l'effetto deflattivo della funzione nomofilattica esercitata dal supremo consesso non potrà realizzarsi pienamente, ove si consideri che anche in questo caso la Corte Europea di Giustizia si è recentemente pronunciata in direzione opposta a quella intrapresa dai giudici di legittimità.
Come già ricordato sopra, questi ultimi hanno affermato che sono esclusi dalla nozione di circolazione, anche statica, i mezzi che per le loro condizioni tecniche non sono idonei a circolare, come i rottami, i veicoli privi di ruote, nonché i mezzi fissati al suolo.
Per converso, in occasione dell'ennesimo rinvio pregiudiziale (da parte di un Tribunale Polacco) la Corte di Giustizia ha emesso la pronuncia del 29 aprile 2021, C-383/19, (quindi successiva alla pronuncia n. 21983/21, pubblicata il 31 luglio, ma in realtà decisa il 3 novembre 2020) decidendo il seguente caso.
Il Tribunale distrettuale di Ostròw, Polonia, chiedeva che la Corte di Giustizia stabilisse se l'obbligo di cui all'art. 3 della Direttiva citata [14] dovesse ricomprendere anche il caso di veicolo che si trovi in uno spazio privato e che per sue condizioni tecniche non possa essere spostato, non sia idoneo a circolare e sia destinato alla demolizione per volontà del proprietario.
Il quesito trae origine dall'azione promossa dal Fondo di Garanzia nazionale nei confronti del Distretto di Ostròw, per sentire dichiarare la violazione da parte di quest'ultimo dell'obbligo di copertura assicurativa, nel (pur breve) periodo intercorrente tra l'acquisto della proprietà del veicolo (in virtù di una pronuncia di confisca) e la sua demolizione in un centro specializzato, durante il quale il veicolo medesimo si trovava in un parcheggio privato custodito e, per le sue caratteristiche tecniche, non era idoneo a circolare, né poteva essere spostato (quindi, non avrebbe potuto configurarsi, nemmeno astrattamente, alcun danno causato dalla sua circolazione).
Ancora una volta, la decisione della Corte prende le mosse dalla esatta individuazione della nozione di veicolo di cui all'art. 1, punto 1, della direttiva 2009/103/CE.
I giudici dell'Unione, partendo dalla nozione di veicolo delineata come sopra specificato [15], ne valorizzano ulteriormente la connotazione oggettiva, ribadendo che tale nozione non può dipendere da elementi soggettivi riconducibili alla volontà del proprietario, quali l'intenzione di rottamare o di non usare il veicolo medesimo.
La Corte fa, quindi, un ulteriore passo in avanti, ritenendo che tale nozione oggettiva deve prescindere anche dalle condizioni tecniche del mezzo nel caso concreto e che, per esigenza di certezza del diritto, l'idoneità a circolare rilevante deve essere solo quella attestata attraverso l'immatricolazione del veicolo in uno Stato membro; ne consegue che, fino a quando non venga cancellata l'immatricolazione o, comunque, il mezzo non sia stato ufficialmente ritirato dalla circolazione secondo la legge nazionale applicabile, vige l'obbligo della copertura assicurativa.
Trattandosi di una pronuncia che delinea con effetto estensivo la nozione di veicolo, rispetto a quella enucleata dalla Suprema Corte nel diritto interno, appare inevitabile un adeguamento della giurisprudenza di quest'ultima, alla prima occasione in cui verrà sollevata la questione.
Tale auspicabile soluzione, oltre che rispondere ad esigenze di adeguamento del diritto nazionale a quello sovranazionale, è certamente la più idonea ad assicurare all'interno del primo una maggiore effettività della disciplina in oggetto, posto che una nozione di veicolo che sia il più possibile predeterminata già in astratto, riducendo i casi dubbi, consente un minore ricorso alla tutela giurisdizionale ed un incremento degli accordi transattivi prima del giudizio.
Ancora, su un piano strettamente processuale si semplificherebbe il contenzioso, eliminando l'attività istruttoria tesa alla prova in concreto delle condizioni tecniche del mezzo o, ancora peggio, della volontà del proprietario rispetto al suo utilizzo futuro.
Infine, tale nozione appare più coerente con il concetto di circolazione statica, poiché in realtà sotto un profilo fenomenico appare arduo distinguere il danno prodotto da un mezzo fermo pur se idoneo a circolare ed un mezzo fermo in quanto privo di ruote o fissato al suolo.
D'altra parte, l'estensione dell'obbligo di copertura assicurativa come effetto di tale configurazione - con conseguenze analoghe a quelle sopra richiamate sul piano della analisi economica del diritto – sarebbe compensata dalla limitazione di tali effetti alle sole funzioni di trasporto dei mezzi speciali.
Abstract: The Supreme Court identifies the scope of compulsory insurance for road traffic damage through the notions of vehicle and circulation, which are progressively determined on the basis of a constitutionally oriented interpretation and applying principles developed by the EU Court of Justice.
In particular, the latest ruling of the joint sections of the Supreme Court, through an articulated and innovative interpretation, makes the national legislation consistent with the relevant EU Directives, in compliance with the primacy of supranational law.
Nevertheless, some problematic aspects remain in the process of harmonization of the two legal systems, which is constantly evolving.
Keywords: road traffic, damages, liability, compulsory insurance, public road, vehicle and machinery, harmonizing interpretation
* Il contributo è stato sottoposto a double blind peer review.
[1] V. in dottrina, A. Ferretti, Nel concetto di circolazione stradale rientra anche la posizione di arresto del veicolo, in Dir. giust., 44 (2015), p. 4.
[2] V. Cass. civ., sez. III, 25 novembre 1993, n. 11681; in dottrina, F. Federici, Ancora un intervento sul concetto di circolazione stradale ai fini della operatività della disciplina sulla assicurazione obbligatoria, in RCP, 6 (2016), p. 1962; V. Colombani, La sosta è circolazione?, in Arch. circ., (1995), p. 44.
[3]Secondo una pronuncia abbastanza risalente della Suprema Corte (Cass. civ., sez. III, 9 giugno 1997, n. 5146), l'uso speciale del mezzo, come quello in esame, era ritenuto estraneo alla circolazione stradale dei veicoli, con conseguente inapplicabilità della disciplina in tema di copertura assicurativa (art. 1 e art. 18 l. 24 dicembre 1969, n. 990 applicabili ratione temporis, ora sostituite dagli artt. 122 e 144 d. lgs. 7 settembre 2005, n. 209).
[4]Es. veicolo utilizzato come autobomba, v. Cass. pen., sez. I, 27 ottobre 2009, n. 44165.
[5]V. anche Cass. civ., sez. trib., 28 giugno 2018, n. 10717, fattispecie relativa ad un cantiere ritenuto area equiparata alle strade di uso pubblico, in quanto vi potevano accedere un numero indeterminato di persone che vi lavoravano e che avevano rapporti commerciali con l'impresa.
[6]Dir. 72/166/CEE del Consiglio del 24 aprile 1972, Dir. n. 84/5/CEEE del Consiglio del 30 dicembre 1983, Dir. n. 90/132/CEE del Consiglio del 14 maggio 1990, Dir. n. 2000/26/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 maggio 2000, tutte concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione dei veicoli.
[7] CGUE, sentenza 20 giugno 2019, n. C-100/18: “39. Dall'altro lato, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, nessuna disposizione della direttiva 2009/103 limita l'estensione dell'obbligo di assicurazione e della tutela che tale obbligo intende garantire alle vittime di sinistri causati da autoveicoli, ai casi in cui tali veicoli siano utilizzati su determinati terreni o su determinate strade (sentenza del 20 dicembre 2017, N.T., C-334/16, EU:C:2017:1007, punto 31); 40. Ne consegue che la portata della nozione di "circolazione dei veicoli", ai sensi dell'articolo 3, primo comma, della direttiva 2009/103, non dipende dalle caratteristiche del terreno sul quale l'autoveicolo è utilizzato e, in particolare, dalla circostanza che il veicolo in questione sia, al momento del sinistro, fermo e si trovi in un parcheggio (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2018, B.I. Company, C-648/17, EU:C:2018:917, punti 37 e 40)”.
[8] V. in dottrinaS. Argine, Le Sezioni Unite e il concetto di circolazione stradale: luci ed ombre interpretative, in Resp. civ. e prev., 1 (2016), p. 214.
[9] V. in dottrinaM. Sella, La funzione sociale del contratto di assicurazione R.C. auto, in Resp. civ. prev., II (2008), p. 214 (in nota Giud. Pace Torino, 11 luglio 2007).
[10] V. in dottrina, V. Cuocci, La tutela risarcitoria del danneggiato nell’assicurazione obbligatoria r.c. auto: alla ricerca di un equilibrio tra integrale riparazione del danno e riduzione dei premi assicurativi, in Nuova giur. civ. comm., I (2015), p. 172.
[11] G. Gallone, Sulla nozione di circolazione dei veicoli in attesa della decisione delle Sezioni Unite in tema di 'luogo' della circolazione, in Arch. giur. circ. assic. resp., 2 (2021), p. 91.
[12]CGUE, grande sezione, 28 novembre 2017, C. 514/2016.
[13] V. in dottrina, F. Federici, Ancora un intervento, cit., p. 1962.
[14] Di concludere un contratto di assicurazione per la copertura dei danni derivanti dalla circolazione dei veicoli
[15]Qualsiasi veicolo a trazione meccanica, non vincolato a strada ferrata, che sia destinato a circolare, oltre ai rimorchi, anche non agganciati, a prescindere dall'uso concreto che ne venga fatto.
Laudani Marinella
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