fbevnts Dignitas Neglecta: le leggi de hebraeis di Graziano

Dignitas Neglecta: le leggi de hebraeis di Graziano

28.02.2018

Mariateresa Amabile

Assegnista di ricerca di Diritto Romano presso l’Università degli Studi di Salerno

Dignitas Neglecta: le leggi de hebraeis di Graziano*

Sommario: 1. Introduzione. 2. Munera curialia. - 3. Dignitas neglecta.

 

  1. Introduzione.

L’Imperatore Graziano intorno al 380 d.C. rinunciò, com'è noto, al titolo di Pontifex Maximus.

Tale atto, per la prima volta compiuto da un Imperatore, sancì la rottura definitiva con il passato e la netta separazione tra l’amministrazione della cosa pubblica da una parte e le questioni religiose ed ecclesiastiche dall’altra. Si tratta, come si vedrà, di una separazione solo formale: i due ambiti rimarranno sempre interconnessi, con la prevalenza di un attore o dell’altro a seconda delle circostanze e degli uomini[1] e la questione si trascinerà con alterne vicende nel corso dei secoli fino all’età moderna[2].

Era stato lo stesso Graziano a chiedere al vescovo Ambrogio di formarlo al cristianesimo, cosa che Ambrogio aveva fatto ben volentieri, scrivendo per lui il De Fide, un'opera in 5 libri risalente probabilmente all'anno 378[3]. Graziano fu educato ad un cristianesimo di tipo intollerante e ciò ebbe a manifestarsi in diverse occasioni, la più significativa delle quali fu probabilmente la rimozione dell'Altare della Vittoria dall’aula del Senato, simbolo della fedeltà alle leggi ed all'imperatore oltre che del patto con le divinità e della gratitudine del popolo romano agli Dei. Fu questo il segno evidente dell'intransigenza della nuova religione cristiana. Ancor più significativo fu il rifiuto da parte di Graziano di incontrare la delegazione capeggiata da Quinto Aurelio Simmaco, che, com’è noto, chiedeva la revoca del provvedimento adducendo ben argomentate e ragionevoli motivazioni: se la prima decisione fu probabilmente frutto dell’educazione ricevuta tramite il De Fide, la seconda fu quasi certamente suggerita dall’intervento diretto di Ambrogio[4].

 

  1. Munera curialia.

Le disposizioni relative agli ebrei sono tre: due molto brevi, relative al problema dell'espletamento del servizio liturgico e degli oneri curiali, una molto lunga, contenente il divieto di conversione al giudaismo, il delitto di istigazione alla conversione-proselitismo e la possibilità di impugnazione dei testamenti di coloro che si fossero convertiti nascostamente, di fatto, al giudaismo. Ma andiamo con ordine. CTh. 12.1.99 e CTh. 12.1.100 si occupano del problema dell’adempimento degli oneri curiali da parte degli ebrei[5]. La precedente legislazione in materia di munera curialia, risalente a Costantino, si articolava in tre costituzioni: CTh. 16.8.3, CTh. 16.8.2 e CTh. 16.8.4[6]. La prima di esse stabilisce che sarà concesso con legge generale agli ebrei di essere chiamati a tutti gli incarichi curiali, ma, in osservanza dell'antico privilegio (affinché rimanga qualcosa di esso), sarà permesso che due o tre di essi non siano gravati da nessuna nomina e che potranno dunque continuare a godere della vecchia immunità[7]. La costituzione costantiniana interrompeva, dunque, l’antica usanza secondo la quale gli ebrei non erano tenuti a compiere quegli oneri che potessero comportare la trasgressione delle norme della propria religione; l’impatto della disposizione imperiale è però ammorbidito dalla possibilità che, in ogni città, almeno due o tre ebrei continuassero a beneficiare dell'antico privilegio[8]. Secondo Gaudemet, scopo della disposizione non sarebbe stato quello di favorire l'esercizio del culto giudaico da parte dei suoi capi o rappresentanti rimuovendo l’ostacolo del servizio curiale; il senso della disposizione sarebbe piuttosto quello di regolamentare il reclutamento e il funzionamento delle curie[9]. L'identità religiosa degli interessati dal provvedimento, secondo tale interpretazione, non avrebbe avuto una grande importanza nella motivazione dello stesso, piuttosto la norma assurgerebbe a lex generalis, volta ad assicurare lo svolgimento del servizio curiale[10].

 CTh. 16.8.2[11] stabilisce che coloro che tra gli ebrei si dedichino completamente al servizio delle sinagoghe o dei patriarchi o dei presbiteri[12] ed osservino le leggi della setta giudaica continuino ad essere esentati da tutti gli oneri curiali sia civili che personali. Coloro che occupano la carica di decurione non potranno essere obbligati al servizio di scorta, affinché non debbano allontanarsi dal posto in cui si trovano. Coloro poi che non sono curiali potranno continuare a beneficiare della perpetua immunità[13]. È dunque possibile dedurre due punti fondamentali: il primo, il riconoscimento dei patriarchi palestinesi e del Sinedrio come la massima autorità degli ebrei durante la diaspora; il secondo, il privilegio garantito al rabbinato dell’esenzione dagli obblighi curiali, che lo equipara di fatto alla posizione dei sacerdoti pagani e quasi, per certi versi, al clero cristiano[14]. CTh. 16.8. 4, infine, sembrerebbe quasi un sunto della precedente costituzione: indirizzata ai sacerdoti, ai capi delle sinagoghe e agli altri che prestino servizio in quello stesso luogo, stabilisce che tutti dovranno essere liberi da qualunque obbligo liturgico di carattere corporale[15]. Il testo della norma, scritto probabilmente in contemporanea a CTh.16.8.2, concede una larga immunità dai munera corporalia (distinti, com’è noto, dai munera personalia e dai munera civilia) per coloro che esercitino cariche onorifiche all'interno della gerarchia ecclesiale ebraica[16]. Pare che la struttura di quest'ultima, nonché le differenti funzioni svolte in seno alla stessa, possa aver suscitato confusione nel legislatore: tale confusione, secondo il De Bonfils, darebbe prova della politica costantiniana in tema di munera, ossia una larga immunità per coloro che partecipano all’organizzazione centrale e una restrizione delle esenzioni in caso di funzioni minori[17].

La normativa costantiniana relativa alle esenzioni del clero ebraico dagli obblighi curiali appare dunque piuttosto contorta, poiché, all’introduzione di un generale obbligo per gli ebrei di adempiere tali oneri, veniva fatta seguire l’estensione del privilegio a coloro che si occupassero in vario modo del servizio presso le sinagoghe, così come veniva risparmiato a coloro che già svolgevano il decurionato l'onere del servizio di scorta[18].

Veniamo ora alle leggi di Graziano.

CTh.12.1.100

Imppp. Gratianus, Valentinianus et Theodosius aaa. ad Hypatium praefectum praetorio. Omnes, qui ex origine curialium se diversis gradibus inseruere militiae, reddi propriis ordinibus oportebit, exceptis his, quibus legis vetustae, quae certum numerum stipendiorum vel palatinae militiae viris statuit, opitulatur auctoritas. Dat. XIII kal. mai. Mediolano Merobaude II et Saturnino conss. (a. 383)

Questa costituzione, datata il 18 o 19 Aprile del 383, è indirizzata ad Ipazio, prefetto al pretorio d'Italia[19]. Il testo è pervenuto in due frammenti nel CTh. 12.1.100 e 12.1.99. Il secondo frammento è stato recepito nel C.I. in una versione sintetica[20]. La norma si occupa dell'abrogazione dell'esenzione dalla liturgia curiale per i religiosi ebrei[21] e prova a porre un argine alla decadenza del sistema curiale[22]

Viene stabilito che tutti coloro che si sono arruolati nei diversi gradi dell'amministrazione statale, provenendo da una curia, devono fare ritorno alla propria curia originaria, eccetto quelli per i quali l'autorità della vecchia legge abbia stabilito un certo numero di anni di servizio nelle armi o nella milizia palatina.

Gli Augusti ai quali si fa riferimento nell'inscriptio sono Graziano, Valentiniano II e Teodosio[23].  Flavio Ipazio fu prefetto pretorio d'Italia dall'aprile 382 al maggio 383 e fu contemporaneamente prefetto d'Africa e dell'Illirico[24]. La vetusta lex alla quale si fa riferimento sarebbe la CTh. 7.1.6 di Valentiniano I e Valente del 368 (o 370 o 373), che garantiva l'esenzione dal decurionato per i veterani dopo 15 anni di servizio nell'esercito o dopo 25 di servizio nell'amministrazione civile[25]. Secondo il Seeck, la parte del testo vel palatinae militiae sarebbe manifestamente corrotta e avrebbe dovuto essere armatae vel palatinae militiae, così come in CTh. 7.1.6[26]; il Saever sostiene che questa legge sarebbe la prima ad aver considerato il giudaismo come un credo malsano e ad averlo posto su un gradino inferiore rispetto al cristianesimo[27].

A nostro avviso non è certamente proprio questa costituzione a sancire l'inferiorità del giudaismo nei confronti della religione cristiana: basti pensare alla legislazione costantiniana de Iudaeis che, se certamente si espresse con maggior favore nei loro confronti relativamente al problema degli oneri curiali, non lo stesso fece relativamente ad altri aspetti[28].

È comunque evidente il forte sentimento cristiano che ispira a Graziano l'emanazione di questa legge durante il suo soggiorno a Milano[29], dove egli fu influenzato in modo determinante dalla dottrina ambrosiana[30].

Il Linder colloca questa costituzione nel progetto imperiale di porre un argine al decadimento delle curie, non dunque nell'ambito di un programma adversus Iudaeos[31].

Ciò, come vedremo, sarà confermato dall'analisi del successivo frammento.

CTh.12.1.99

Imppp. Gratianus, Valentinianus et Theodosius aaa. ad Hypatium praefectum praetorio. Post alia: iussio, qua sibi iudaeae legis homines blandiuntur, per quam eis curialium munerum datur immunitas, rescindatur, cum ne clericis quidem liberum sit prius se divinis ministeriis mancipare, quam patriae debita universa persolvant. Quisquis igitur vere deo dicatus est, alium instructum facultatibus suis ad munera pro se complenda constituat. Dat. XIIII kal. mai. Mediolano Merobaude II et Saturnino conss. (a. 383).

L’ordine in base al quale era stata concessa agli ebrei l'esenzione dal servizio liturgico sarà abrogato e anche i chierici, che vorranno dedicarsi al ministero divino, dovranno aver preventivamente adempiuto i propri obblighi verso la patria: chi si dedica completamente al servizio divino dovrà provvedere a pagare un'altra persona, affinché espleti i compiti a cui lui era obbligato.

L'ordine al quale si fa riferimento potrebbe essere la costituzione di Costantino CTh. 16.8.2 del 330[32]; secondo il Gotofredo, il riferimento sarebbe ad un'altra costituzione di Costantino, la CTh. 16.8.3 del 321[33].

Il testo della corrispondente C. I. 1.9.5 è uguale ma privo degli ultimi due periodi: in essa resta in piedi un generale obbligo per gli ebrei di assumere il decurionato con l'esclusione da ogni carica pubblica[34]. Essi saranno inoltre sottoposti a tutti gli obblighi curiali, senza però usufruire dell’onore connesso al decurionato: quando, infatti, pochi anni più tardi, gli ebrei si rivolsero a Giustiniano per chiedere la liberazione dagli obblighi del decurionato, giacché si ritenevano indegni dell'onore di far parte della curia, l'imperatore li respinse con sdegno, affermando nella Novella 45: Curiam exerceant huiusmodi homines...indigni tamen curiali sint honore[35]. Il confronto tra le due costituzioni, considerando il contesto storico nel quale esse vennero emanate, induce a formulare alcune considerazioni:

- sembra chiaro che il problema del decadimento del funzionamento delle curie doveva essere fortemente avvertito già a partire dall'età di Costantino: da qui la necessità di obbligare coloro che erano già stati esentati ad essere di nuovo assoggettati ai munera curialia in ogni caso;

- sparisce il privilegio creato da Costantino per i chierici e i religiosi ebrei: essi sono costretti, come tutti gli altri, ad adempiere i propri obblighi verso l’Impero e, se proprio non possono farlo, devono provvedere a trovare, a proprie spese, qualcuno che li sostituisca; il fine non sembrerebbe, tuttavia, puramente afflittivo, ma piuttosto quello di garantire in ogni caso il funzionamento delle curie[36];

- non sembra possibile ravvisare in questa costituzione uno specifico atteggiamento antigiudaico, poiché anche il linguaggio utilizzato nel testo non appare oltraggioso nei confronti degli ebrei.

È da rilevare che in questo caso, così come in molti altri, il legislatore non ha tenuto conto del particolare sentimento religioso ebraico, che, com'è noto, genera per l’ebreo osservante un doppio vincolo, una doppia obbedienza, ossia quella primaria ai precetti divini e quella alla legge dello Stato nel quale si trovi a dover vivere, espresso dall’ebraico dinà demalchutà dinà[37].

Il corollario di tale assunto è, nel caso di specie, rappresentato dal considerevole gravame derivante dal necessario contemporaneo espletamento del servizio in sinagoga e degli oneri curiali.

Il problema del decadimento delle curie, forse avvertito come particolarmente spinoso, si ripresenterà anche in seguito, nell'ambito delle legislazioni di Arcadio, Onorio e Teodosio fino a Giustiniano: quest'ultimo, come quasi sempre accade, non istituirà un nuovo obbligo, ma confermerà quanto già stabilito dai precedenti legislatori[38].

 

  1. Dignitas neglecta

Se queste prime costituzioni trattano di un tema complesso ma, forse, non particolarmente invasivo nella sfera privata dei sudditi ebrei dell'Impero, non lo stesso è possibile affermare per CTh. 16.7.3. Vediamone il testo:

CTh.16.7.3

Imppp. Gratianus, Valentinianus et Theodosius aaa. ad Hypatium praefecto praetorio. Christianorum ad aras et templa migrantium negata testandi licentia vindicamus admissum. Eorum quoque flagitia puniantur, qui christianae religionis et nominis dignitate neglecta iudaicis semet polluere contagiis. Eos vero, qui manichaeorum nefanda secreta et scelerosos aliquando sectari maluere secessus, ea iugiter atque perpetuo poena comitetur, quam vel divalis arbitrii genitor Valentinianus adscripsit vel nostra nihilo minus saepius decreta iusserunt. Auctores vero persuasionis huius, qui lubricas mentes in proprium deflexerant consortium, eademque reos erroris huiuscemodi poena comitetur, quin etiam graviora plerumque pro motibus iudicum et qualitate commissi extra ordinem promi in nefarios sceleris huius artifices supplicia censemus. Sed ne vel mortuos perpetua vexet criminationis iniuria vel hereditariae quaestiones temporum varietate longorum prorsus emortuae in redivivos semper agitentur conflictus, huiuscemodi quaestionibus metam temporis adscribimus, ut, si quis defunctum violatae atque desertae christianae religionis accusat eumque in sacrilegia templorum vel in ritus iudaicos vel ad manichaeorum dedecus transisse contendit eaque gratia testari minime potuisse confirmat, intra quinquennium iuge, quod inofficiosis actionibus constitutum est, proprias exerat actiones futurique iudici huiuscemodi sortiatur exordium, ut eodem in luce durante, cuius praevaricatio criminanda est, flagitii huius et sceleris praesens fuisse doceatur publica sub testificatione testatus, probet iudicium, neque enim eam superno nomine tacitus praestitisse perfidiam sceleribus adquiescens praevaricationem deinceps tamquam ignarus accuset. Dat. XII kal. iun. Patavi Merobaude II et Saturnino conss.(a. 383)

Anche questa costituzione è indirizzata al prefetto al pretorio d'Italia Ipazio. Fu data nel maggio 383 a Padova da Graziano nel suo nome e in quello di Valentiniano II e Teodosio[39]. È stata recepita nel Breviarium Alaricianum (Brev. 16.2.1) solo in parte e dai compilatori giustinianei in C.I. 1.7.2.

Viene stabilito che sarà revocata la capacità di fare testamento ai cristiani che partecipino ai culti pagani. Saranno inoltre puniti con la stessa pena coloro che, avendo abbandonato la dignità e il nome della religione cristiana, si siano contaminati col morbo giudaico[40]. Coloro che invece avranno preferito frequentare le riunioni esecrabili dei manichei[41] e i loro costumi abominevoli saranno puniti perpetuamente secondo quanto stabilito dalla divina decisione di Valentiniano e riconfermato dalle frequenti decisioni dello stesso Graziano. Coloro che avranno istigato a commettere il reato saranno puniti con la stessa pena prevista per i rei e saranno stabilite pene più gravi per gli autori di questo crimine in base alla valutazione dei giudici e all'entità e al tipo di reato[42]. Per evitare che i defunti possano essere incriminati in eterno, viene stabilito un termine per la proposizione di rivendicazioni ereditarie nei loro confronti: se qualcuno accusa un defunto di aver abbandonato la religione cristiana e di essersi dedicato ai riti pagani, giudaici o manichei e perciò ritiene che il defunto non avesse diritto di fare testamento, dovrà proporre l'accusa entro 5 anni.  Non si potrà, inoltre, accusare qualcuno di aver commesso questo crimine se non si sia in grado di provare che fosse stato consapevole di agire contra ius.

In primo luogo viene stabilito che sarà revocato lo ius testandi ai cristiani apostati che siano passati ai riti pagani e anche a quelli che si siano contaminati con il giudaismo. La distinzione tra cristiani e reliquos vero dementes versanosque è già contenuta in una costituzione di Graziano, Valentiniano e Teodosio I del 380, la CTh. 16.1.2, che separa in questo modo le categorie di coloro ai quali è attribuita la possibilità di fare testamento dagli altri che ne sono privi, perché infermi, insani[43]. Un discorso a parte meritano coloro che abbiano deciso di frequentare e diventare manichei, nei cui confronti si era già espressa la costituzione del 372, CTh. 16.5.3 di Valentiniano[44].

Alle stesse pene, che saranno stabilite dai giudici pro tempore in base alla gravità dei fatti, devono essere sottoposti anche coloro che istigarono il compimento di tale crimine, ad esempio facendo proselitismo. Per conferire una maggior efficacia alla costituzione è precisato che potranno essere impugnati anche i testamenti di coloro che si convertirono al giudaismo o al manicheismo in vita.

Ciò tuttavia dovrà avvenire entro il termine di cinque anni dalla morte: è la cd. querela inofficiosi testamenti, che, com'è noto, poteva essere presentata da coloro che, in qualità di legittimi eredi del de cuius, fossero stati ingiustamente estromessi dall'eredità[45]. È però precisato che l'accusa potrà essere promossa solo nel caso in cui l'accusatore sia in grado di provare l’effettiva trasgressione del divieto da parte del testatore[46].

Interessante l'utilizzo del termine perfidia. Il Linder suggerisce una comparazione con il termine praevaricator utilizzato da Ambrogio per far riferimento a chi abbandona Dio[47].

Nella subscriptio compare il genitivo Patavi, normalmente utilizzato con il nome Patavium in contesti legali[48]. In seguito è presente una nota degli editori del Breviarium, nella quale si spiega che la seconda parte della costituzione non è stata riportata e che non vi è interpretatio.

Il testo del giustinianeo è ben più succinto, C.I. 1.7.2. Manca il riferimento ai manichei. Viene ribadita la necessità di proporre una actio inofficiosi testamenti entro 5 anni dalla morte del defunto di cui si vuole impugnare il testamento, così come già previsto dalla costituzione di Graziano. Manca anche il riferimento alla legge di Valentiniano in materia, come pure il riferimento agli istigatori del reato, ciò che riduce sensibilmente la portata del divieto nonché la possibilità di proporre l’accusa.

Il problema delle conversioni fittizie, destinato ad essere fortemente perseguitato dalla Santa Inquisizione nel Medio Evo e conosciuto come marranesimo, nacque, probabilmente, proprio nel IV secolo, sotto la spinta della nuova religione imperiale[49]. Un giudeo fingeva quindi di aderire al cristianesimo senza esserne intimamente convinto e continuando a praticare clandestinamente la religione d'origine: ciò doveva essere particolarmente inviso al legislatore cristiano. Da qui l'intervento che mira a privare dello ius testandi l'autore del crimen apostasiae. Com’è noto, la privazione dello ius testandi fu soltanto uno degli strumenti adottati dal legislatore cristiano per impedire le conversioni al giudaismo (o l'adesione al paganesimo o al manicheismo): la legge di Graziano si preoccupa di garantire in concreto gli eredi cristiani del de cuius, che fossero stati ingiustamente pretermessi nella destinazione dell'eredità, attribuendo ad essi una actio da proporre entro cinque anni dalla morte della persona accusata di apostasia. Successivamente verrà abolita anche la donandi facultas, per evitare donazioni a scopo successorio (CTh. 16.7.7- C.I. 1.7.4), ma ciò non avrebbe limitato da parte dei convertiti all'ebraismo la possibilità di trasmettere beni ai propri eredi in base ai principi mosaici[50]. Naturalmente quest'ultima possibilità poteva essere fatta valere solo in assenza di eredi cristiani che rivendicassero la propria parte[51].

Com’è noto, non era sempre facile scoprire l’apostata in vita[52]. A volte accadeva che lo stesso riuscisse a celare il cambiamento di religione fino alla morte e che successivamente a questa sorgessero dei dubbi su una conversione all’ebraismo dal cristianesimo[53].  In tal caso un processo contro il defunto poteva essere intentato soltanto da un proximus come azione privata, normalmente per non aver ricevuto la quota di eredità che gli spettava; in caso di accoglimento dell’accusa la conseguenza sarebbe stata la nullità del testamento[54] e l’apertura della successione ab intestato, al fine, come s'intende, di salvaguardare i diritti di coloro che seguivano la via cristiana[55].

È, a nostro avviso, quest'ultimo il nucleo fondamentale della costituzione imperiale: le conversioni al giudaismo dovevano essere scoraggiate in ogni modo tutelando e rendendo appetibile la posizione di chi avesse scelto la religione cristiana anche in contrasto con le aspettative paterne.

Appare piuttosto evidente che l’atteggiamento imperiale sia stato, quando non specificamente antiebraico, perlomeno marcatamente intollerante: la retta via è stata ormai stabilita ed è fortemente consigliata con gli strumenti della giustizia; chi se ne distaccherà potrà farlo, ma incorrerà in ogni tipo di limiti e vessazioni. Finanche l'eterno riposo dei defunti, la possibilità di disporre liberamente dei propri beni e il conseguente rispetto delle ultime volontà, temi tanto cari allo ius civile vetus, dovranno cedere il passo ad un intento più grande, quello di una collettiva conversione di tutti i sudditi dell'Impero, aspirazione che dovrebbe giustificare, dal punto di vista imperiale, la durezza degli strumenti utilizzati[56].

* Il contributo è stato sottoposto a double blind peer review.

[1] Non così era stato sino a pochi anni prima: Costanzo II aveva continuato ad esercitare l'ufficio di Pontefice Massimo finanziando il culto pagano e destinando senatori ai collegi sacerdotali romani. Sul punto cfr. D. Vera, Teodosio I tra religione e politica: i riflessi della crisi gotica dopo Adrianopoli, in Atti dell'Accademia Romanistica Costantiniana, 6 (1986), p. 226.

[2] Cfr., per tutti, U. R. Blumenthal, La lotta per le investiture, ed. it. Napoli 1990.

[3] Si veda I. Fargnoli, Tra religione tradizionale e impulsi cristiani: il percorso normativo di un giovane imperatore, in Atti dell'Accademia Romanistica Costantiniana, 18 (2012), p. 87 s.

[4] Cfr. Simmaco, Relatio 3.15 ad Ambrogio, Epistula 17. 3-4. Sulle Relationes di Simmaco, cfr. D. Vera, Commento storico alle Relationes di Quinto Aurelio Simmaco, Pisa 1981, si veda anche la nota di L. Canfora in L’altare della Vittoria (F. Canfora cur.), Palermo 1991, p. 9-20 e R. Lizzi Testa, Senatori, Popolo, Papi. Il governo di Roma al tempo dei Valentiniani, Bari-S.Spirito 2014; L. Cracco Ruggini, Simmaco: ‘otia et negotia’ di classe fra conservazione e rinnovamento, in F. Paschoud - G. Fry - Y. Rütsche (a cura di), Colloque genevois sur Symmaque, à l'occasion du mille six centième anniversaire du conflit de l'autel de la Victoire (4-7 Juin 1984), Paris 1986, p. 97-118; O. Bucci, Intolleranza ellenica e libertà romana in Atti dell’Accademia Romanistica Costantiniana 6 (1986), p. 398 ss.; S. Pietrini, Religio e Ius Romanum nell'epistolario di Leone Magno, Milano 2002; A. Di Mauro Todini, Aspetti della legislazione religiosa del IV secolo, Roma 1996.

[5] Si veda diffusamente F. Zanetti, La condizione giuridica degli ebrei fra III e IV secolo, Parma 2015, p. 10 ss., Ead., Gli Ebrei nella Roma antica. Storia e diritto nei secoli III-IV d.C., Napoli 2016, p. 165 ss.; G. De Bonfils, Omnes ad implenda munia teneantur. Ebrei, curie e prefetture fra IV e V secolo, Bari 2000, Id., Ebrei e città agli inizi del III secolo in Roma e gli Ebrei (secoli I-V), Bari 2002, p. 57 ss. (da cui cito), ora in Saggi sulla legislazione ebraica. Per la storia dell’origine dell’olocausto, Bari 2011; F. Grelle, ‘Munus publicum’. Terminologia e sistematiche, in Labeo 7 (1961), p. 325 ss., Id., I munera civilia e le finanze cittadine, in Diritto e società nel mondo romano, Roma 2005, p. 443 ss., F. Jacques, Le privilège de liberté. Politique impériale et autonomie municipale dans les cités de l’Occident romain (161-244), Rome 1984, p. 321 ss.; A. Piganiol, L'Empire Chrétien (325-395), Paris 1972, p. 10 ss.; L. De Giovanni, L’imperatore Costantino e il mondo pagano, Napoli 2003, p. 19-58, Id.,Chiesa e Stato nel Codice Teodosiano. Alle origini della codificazione nei rapporti Chiesa-Stato,Napoli 2000, p. 122; Y. Rivière, Constantin, le crime et le christianisme: contribution à l’étude des lois et des moeurs de l’antiquitè tardive, in Ant. Tard. 10 (2002), p. 327-361.

[6] Cfr. L. De Salvo, I munera curialia nel IV secolo. Considerazioni su alcuni aspetti sociali, in Atti dell’Accademia Romanistica Costantiniana 10 (1995), p. 291-318; M. Nuyens, La théorie des ‘munera’ et l’obligation professionelle aus Bas-Empire, in RIDA 5 (1958), p. 519-533, Id. Le statut obligatoire des décurions dans le droit constantinien, Louvain, 1964; Ch. Bruschi, Les munera publica. L’état et la cité au debut du Bas-Empire, in Sodalitas. Scritti Guarino, III, Napoli 1984, p. 1311-1331.

[7] CTh.16.8.3Imp. Constantinus a. decurionibus Agrippiniensibus. Cunctis ordinibus generali lege concedimus iudaeos vocari ad curiam. Verum ut aliquid ipsis ad solacium pristinae observationis relinquatur, binos vel ternos privilegio perpeti patimur nullis nominationibus occupari. Dat. III id. dec. Crispo II et Constantino II cc. conss.(a. 321). Cfr. R. Orestano, ‘Ius singulare’ e ‘privilegium’ in diritto romano in Annali della R. Università di Macerata, 12-13 (1939), p. 5-106 e Id., La durata della validità dei ‘privilegia’ e ‘beneficia’ nel diritto romano classico, in Studi Riccobono, III, Palermo 1936, p. 470-487. Si veda anche la riflessione di C. Castello in Il pensiero politico-religioso di Costantino alla luce dei panegirici,in Atti dell’Accademia Romanistica Costantiniana 1 (1975),p. 235, secondo il quale, la politica di Costantino, tollerante nei confronti dei non ebrei, sarebbe stata nei confronti di questi ultimi, discriminatoria. Cfr. anche G. Lombardi, L’editto di Milano del 313 e la laicità dello Stato, in SDHI 50 (1984), p. 1 ss.; G. Ferrari dalle Spade, Privilegi degli ebrei nell’Impero romano cristiano, in Festschrift für L. Wenger, München 1944, p. 11 ss., ora in Scritti giuridici,III, Milano 1956, p. 276; J. Gaudemet, Constantin et les curies municipales, in Iura 2 (1951), p. 44 ss.; F. Grelle, Libanio ad Antiochia, in Labeo 5 (1959), p. 226 ss.; A. Ormanni, ‘Curia, Curiali’, in NNDI 5 (1960), p. 61 ss., C. Dupont,  Les privilèges des clercs sous Constantin, in RHE 62 (1967), p. 729 ss.; C. A. Balducci, La ribellione del generale Silvano nelle Gallie (355), in RAL 8.2 (1947), p. 423 ss.; W. Den Boer, The Emperor Silvanus and his Army, in AC 3 (1960), p. 105 ss.; D.C. Nutt, Silvanus and the Emperor Constantius II, in Antichthon  7 (1973), p. 80 ss. 

[8] Sul punto, cfr. R. Orestano, ‘Ius singulare’ e ‘privilegium’, cit., p. 95 ss. Id., La durata della validità dei ‘privilegia’ e ‘beneficia’, cit., p. 480 s.

[9] J. Gaudemet, Constantin et les curies municipales, cit., p. 44-75.

[10] G. De Bonfils, Gli schiavi degli ebrei nella legislazione del IV secolo. Storia di un divieto, Bari1992, p. 102; cfr. anche Id., Ammiano Marcellino e l’Imperatore, Bari 1986, p. 35 ss.

[11] CTh.16.8.2Imp. Constantinus a. ad Ablavium praefectum praetorio. Qui devotione tota synagogis Iudaeorum patriarchis vel presbyteris se dederunt et in memorata secta degentes legi ipsi praesident, inmunes ab omnibus tam personalibus quam civilibus muneribus perseverent, ita ut illi, qui iam forsitan decuriones sunt, nequaquam ad prosecutiones aliquas destinentur, cum oporteat istiusmodi homines a locis in quibus sunt nulla compelli ratione discedere. Hi autem, qui minime curiales sunt, perpetua decurionatus immunitate potiantur. Dat. III kal. dec. Constantinopoli Gallicano et Symmacho Conss. (a. 330).

[12] Tali figure corrisponderebbero ai membri del Sinedrio palestinese. Sul punto cfr. A. Linder, The Jews in roman imperial legislation, Detroit 1987, p. 135 nt. 4.

[13] Si veda G. De Bonfils, Gli schiavi degli ebrei, cit., p. 115-118; F. Lucrezi, Ebrei e schiavi in Messianismo, regalità, impero. Idee religiose e idea imperiale nel mondo romano, Firenze 1997, p. 125-134; C. Hezser, Slaves and Slavery in Rabbinic and Roman Law, in P. Schafer, The Talmud Yerushalmi and Graeco-Roman Culture III, TSAJ 79, Tübingen 2003, p. 133-176; J. Gaudemet, La législation religieuse de Constantin, in RHEF 33 (1947), p. 55 ss., Id. L'Église dans l'Empire romain: IVe-Ve siècles, Sirey 1958; M. Nuyens, Le statut obligatoire, cit., p. 200 ss., C. Dupont, Les privileges des clercs, cit.,p. 729 ss.

[14] Cfr. A. Linder, op. cit., p. 134; F. Zanetti, Gli Ebrei nella Roma antica, cit.,p. 182-183; L. I. Levine, The Jewish Patriarch (Nasi) in the Third Century Palestine, in ANRW 19.2, Berlin-New York 1976, p. 649-688, Id., The Ancient Synagogue, The First Thousand Years, New York 2000, p. 10 ss.; H. D. Mantel, The High Priesthood and the Sanhedrin in the Time of the Second Temple, in The World History of the Jewish People VII, The Herodian Period, New Brunswick 1975, p. 264-274.

[15] CTh.16.8.4Imp. Constantinus a. hiereis et archisynagogis et patribus synagogarum et ceteris, qui in eodem loco deserviunt. Hiereos et archisynagogos et patres synagogarum et ceteros, qui synagogis deserviunt, ab omni corporali munere liberos esse praecipimus. Dat. kal. dec. Constantinopoli Basso et Ablavio conss. (a. 331).

Si veda G. L. Falchi, Legislazione imperiale e politica ecclesiastica nell'impero romano dal 380 d. C. al Codice Teodosiano, in Atti dell’Accademia Romanistica Costantiniana 6 (1986), p. 179-212; A. Marmorstein, The Age of R. Johanan and the 'Signs of the Messiah', in Tarbiz 3 (1932), p. 161-180; D. Sperber, Angaria in Rabbinic Sources, in L'antquitè classique 38 (1969), p. 164-168; M. Nuyens, Le statut obligatoire, cit., p. 209; H. J. Leon, The Jews of ancient Rome, Peabody 1960, p. 192 ss., B. Lifshitz, Inscriptions de Césarée, in RBI 74 (1967), p. 50-52; A. Linder, The Jews, cit.,p. 137.

[16] I munera personalia comportavano un coinvolgimento attivo della persona che vi era obbligata e venivano considerati poco dignitosi da chi esercitava funzioni religiose. Tra essi rientravano il reclutamento e i rifornimenti delle truppe, i censimenti e le riscossioni delle imposte. Cfr. F. Zanetti, ivi, p. 184.

[17] G. De Bonfils, Gli schiavi degli ebrei, cit., p. 115-118; F. Lucrezi, Ebrei e schiavi, cit., p. 125-134; C. Hezser, Slaves and Slavery in Rabbinic and Roman Law, cit., p. 170.

[18] Per una disamina della legislazione costantiniana in materia di munera cfr., da ultima,M. Amabile, Feralis secta. Sulle leggi costantiniane in materia di giudaismo, in corso di pubblicazione in IAH 10 (2018).

[19] Cfr. S. Mazzarino, Stilicone. La crisi imperiale dopo Teodosio, ris. Milano 1990, p. 32 ss.; A. Chastagnol, Observations sur le consulat suffect et la préture au Bass-Empire, in RH 219 (1958), p. 231 ss., ora in L’Italie et l’Afrique au Bas-Empire. Etudes administratives et prosopographiques. Scripta varia, Lille 1987, p. 93 ss.; D. Vera, La carriera di Nicomachus Flavianus e la prefettura dell’Illirico orientale nel IV secolo d.C., in Athenaeum 61 (1983), p. 43 ss.

[20] È la C.I. 1.9.5: Imppp. Gratianus Valentinianus et Theodosius aaa. Hypatio pp. Iussio, qua sibi Iudaeae legis homines blanditur, per quam eis curialium munerum dabatur immunitas, rescindatur. D. XIIII K. Mai. Mediolani Merobaude II et Saturnino Cons.

[21] A proposito della partecipazione degli Ebrei alla curia, cfr. G.G. Archi, Teodosio II e la sua codificazione, Napoli 1976, p. 64 ss.

[22] È l'opinione di A. Linder, The Jews, cit., p. 164.

[23] Cfr. V. Marotta, Dalla morte di Giuliano al crollo dell’Impero d’Occidente, Storia di Roma, III. L’età tardoantica, I. Crisi e trasformazioni, Firenze 1993, p. 563 ss.

[24] Cfr. J. R.Palanque, La Préfecture du prétoire de l’Illyricum au IV siècle, in Byzantion  21 (1951), p. 14 ss.

[25] Così A. Linder, op. cit., p. 167 nt. 7.

[26] Cfr. A. Linder, op. cit., p. 167.

[27] J. E. Saever, The Persecution of the Jews in the Roman Empire (300-428), Kansas 1952, p. 46 ss.

[28] Si pensi, ad esempio a CTh. 16.8.1 e CTh. 16.9.1 che esprimono rispettivamente un divieto di conversione al giudaismo e il divieto di possedere schiavi non ebrei, due temi, a nostro avviso, certamente più pregnanti del problema della disparità di trattamento nell'adempimento degli oneri curiali.

[29] Dove soggiornò fino al 2 Maggio 383. Sul punto, cfr. Seeck, PW, I. 14, 1912, s.v. Gratianus, Col. 1839.

[30] Cfr. I. Fargnoli, Tra religione tradizionale e impulsi cristiani, cit., p. 90 ss.

[31] A. Linder, loc. cit., p. 167.

[32] Ossia, come abbiamo visto, la costituzione di Costantino che stabilisce che coloro che tra gli ebrei si dedicano completamente al servizio delle sinagoghe, o dei patriarchi o dei presbiteri ed osservano le leggi della ‘setta giudaica’ potranno continuare ad essere esentati da tutti gli oneri curiali sia civili che personali, mentre coloro che occupano la carica di decurione saranno esentati dal servizio di scorta affinché non debbano allontanarsi dalle proprie sedi. Chi invece non esercita il decurionato potrà continuare a beneficiare dell'esenzione.

[33] Si tratta della costituzione che, come abbiamo visto, stabilisce che una legge generale richiamerà gli ebrei agli incarichi curiali ma, in osservanza dell'antico privilegio sarà concesso ad alcuni di essi (due o tre per ogni città) di non essere gravati da tale nomina.

[34] Si veda J. Juster, Les Juifs dans l’Empire Romain. Leur condition juridique, économique et sociale,Paris 1914, p. 259 ss.

[35] Così A. M. Rabello, Giustiniano, Ebrei e Samaritani alla luce delle fonti storico-letterarie ecclesiastiche e giuridiche, I,Milano 1987,I, p. 744. Come si nota, Giustiniano non sente più la necessità di giustificare i suoi ordini: gli ebrei devono essere sottoposti a tutti gli oneri possibili senza giovarsi di quel po' di onore legato al decurionato.

[36] Sul punto, cfr. G. Crifò, C.Th. 16.2.2 e l'esenzione dei chierici dalla tutela, in Atti dell'Accademia Romanistica Costantiniana 4 (1981), p. 711 ss.; A.M. Rabello, I privilegi dei Chierici sotto Costantino, in Labeo 16 (1970), p. 384 ss.; C. Dupont,  Les privileges des clercs, cit., p.729 ss.

[37] Sul punto, cfr., per tutti, F. Lucrezi, Legge e limite in 613. Appunti di diritto ebraico, Torino 2015, p. 50 s. e S. Rocca, La Legge d’Israele in P. Buongiorno - R. D’Alessio - N. Rampazzo (a cura di), Diritti antichi. Percorsi e confronti, I, Napoli 2016, p. 185 ss.; L. Cracco Ruggini, ‘Collegium’ e ‘corpus’: la politica economica nella legislazione e nella prassi, in G. Archi (a cura di), Istituzioni giuridiche e realtà politiche nel Tardo Impero (III-V secolo d. C.),Atti di un incontro tra storici e giuristi (Firenze, 2-4 maggio 1974), Milano 1976, p. 63-94.

[38] Cfr. Nov.45.

[39] Cfr. diffusamente G. De Bonfils, Il reato di giudaismo in Roma egli Ebrei, cit., p. 202-205; J. Juster, op. cit., p. 260-262; J. Gaudemet, Le partage législatif dans la seconde moitiè du IVème siècle, Studi in memoria di P. De Francisci, II, 1954, p. 333 ss., P. Voci, Il diritto ereditario nell’età del tardo impero, I. Le costituzioni del IV secolo, in Iura 29 (1978), p. 97 ss.; M. P. Baccari, Gli apostati nel Codice Teodosiano, in Apollinaris 54 (1981), p. 538 ss., Id., Comunione e cittadinanza (a proposito della posizione giuridica di eretici, apostati, giudei e pagani secondo i codici di Teodosio II e Giustiniano I), in SDHI 57 (1991), p. 264 ss.; G.L. Falchi, La tradizione giustinianea del materiale teodosiano (CTh. XVI) in SDHI 57 (1991), p. 1-123; D. Tamm, Roman anti-jewish Legislation and adversus-judaeos Literature, 60 (1992), p. 182 ss.; T. Honoré, The Making of the Theodosian Code, in ZSS 116 (1986), p. 171 ss.

[40] Il verbo polluere, scarsamente utilizzato dalla giurisprudenza classica, compare soltanto in Ulp. 25 ad. ed. (D. 11.7.12.1) relativamente all’integrità del sepolcro e non pare avesse assunto il significato totalmente negativo che si ritroverà nei testi tardontichi. Sul punto s.v. G. De Bonfils, Il reato di giudaismo, cit., p. 239; A. M. Patault, Réflexions sur les limitations au droit de proprieté à Rome jusqu’à la fin de la republique, in RHD 55 (1977), p. 247 ss.; J. Plescia, The Development of the Exercise of the Ownership Right in Roman Law, in BIDR 88 (1985), p. 201 ss. In seguito, il significato del termine passa dal ‘guastare’ all’ ‘inquinare’, cfr. C. Castello, Cenni sulla repressione del reato di magia dagli inizi del principato fino a Costanzo II, in AARC 8 (1990), p. 673 ss.

[41] Sulla repressione del manicheismo cfr. per tutti F. Lucrezi, Magia, stregoneria e divinazione in diritto ebraico e romano. Studi sulla Collatio IV,Torino 2007; V. Minale, Legislazione imperiale e manicheismo da Diocleziano a Costantino. Genesi di un'eresia, Napoli 2013; G. Barone Adesi, Monachesimo Ortodosso d’Oriente e Diritto Romano nel tardo antico, Milano 1990, p. 55 ss., S. McKnight, A Light among the Gentiles: Jewish Missionary Activity in the Second Temple Period, Minneapolis 1991, p. 10 ss., E. Dal Covolo, I Severi e il Cristianesimo. Ricerche sull’ambiente storico-istituzionale delle origini cristiane tra il secondo e il terzo secolo, Roma 1989, p. 35 ss., G. Stemberger, Juden und Christen in ‘Heiligen Land’: Palästina unter Konstantin und Theodosius, München 1987, p. 25 ss.; B. Blumenkranz, Juifs et Chrétiens dans le monde occidental 430-1096, Paris 1960, p. 300 ss.; A. Cenderelli, Ricerche sul ‘Codex Hermogenianus’, Milano 1965, p. 263 ss.

[42] Sul problema del proselitismo ebraico si veda J. Juster, op. cit., p. 244-253; H.J. Leon, The Jews of ancient Rome, cit.; M. Simon, Verus Israel. Étude sur les relations entre Chrétiens et Juifs dans l’Empire Romain (135-425), Paris 1964; M. Avi-Yonah, The Jews of Palestine. A political History from Bar Kokhba War to Arab Conquest, New York 1976; E. M. Smallwood, The Jews under Roman Rule. From Pompey to Diocletian, Leiden, 1976; E. Will - C. Orrieux, ‘Prosélytisme Juifs’? Histoire d’une erreur, Paris 1992; G. De Bonfils, Il reato di giudaismo, cit., p. 191 ss.

[43] Sul punto cfr. A. Linder, op. cit., p. 173.

[44] Sul punto cfr. I. Fargnoli, Olim pro religione catholicae sanctitatis. Sulla datazione di una legge di Graziano, in Studi in onore di Remo Martini, I, Milano 2008, p. 1034-1035; L. Cracco Ruggini, Ambrogio e le opposizioni anticattoliche fra il 383 e il 390, in Augustinianum 14 (1974), p. 409- 449, Ead. Ambrogio di fronte alla compagine sociale del suo tempo, in G. Lazzati (a cura di), ‘Ambrosius Episcopus’, Atti del Congresso Int. di St. Ambrosiani (Milano, 2-7 dicembre 1974), I, Milano 1976, p. 230- 265.

[45] Sul tema cfr. per tutti, L. Di Lella, Querela inofficiosi testamenti: contributo allo studio della successione necessaria, Napoli, 1972; M. G. Zoz, I rimedi contro gli atti in frode dei legittimari in diritto romano, Milano 1978, p. 118 ss.; R. Quadrato,  Le Institutiones nell’insegnamento di Gaio. Omissioni e rinvii, Napoli 1979, p. 49 ss.

[46] Si veda A. Linder, op. cit., p. 173: “...cause for accusation he opposed this crime and offence; for if it were demonstrated that one tacitly acquiesced with someone who went against the supreme god and thus perfidiously consented to crimes, let him not accuse for this transgression as though he was ignorant of it”.

[47] Ambrogio, Psalmum 118 Expositio, Sermo15, PL, XV, 1421-1422: “Recte praevaricator dicitur, qui discedit a Domino; denique Graece a discendendo apostata nominatur”.

[48] Cfr. A. Linder, op. cit., p. 174.

[49] Si veda, per tutti, R. Calimani, Storia del ghetto di Venezia, 1516-2016, Milano 2016. Si veda anche M.P. Baccari, Gli ‘apostati’ nel Codice Teodosiano, cit., p. 540 ss., S. Bachrach, The Jewish Community of the Later Roman Empire as seen in the Codex Theodosianus, in To see Ourselves as Other see Us: Christian, Jews, ‘Others’ in Late Antiquity, Chico (California) 1985, p. 399 ss.

[50] Erano i cd. matenàt shekiv merà, dono di un malato, forma di donazione da parte del titolare disponente che sarebbe stata annullata in caso di scongiurato rischio di morte e il matanàt bari, ossia il dono di persona sana, un atto di liberalità irrevocabile  ma che nel corso del tempo andò ad assimilarsi al primo acquisendo anch'esso il carattere della revocabilità. Così F. Lucrezi, La successione intestata in diritto ebraico e romano. Studi sulla Collatio,III, Torino 2005, p. 74 ss.

[51] Cfr. F. Lucrezi, loc. cit., p. 75.

[52] A.M. Rabello, Giustiniano, cit., p. 731.

[53] Sui processi contro i defunti cfr. E.Volterra, I processi contro i defunti in diritto romano, in RIDA,3 (1949), p. 485 ss.

[54] Cfr. A.M. Rabello, The Legal condition of the Jews in the Roman Empire, in Ebraismo e Diritto, cit.,p. 584 ss., Id., L’atteggiamento di Roma verso le conversioni all’Ebraismo in Ebraismo e diritto, cit., p. 463-496; E.M. Smallwood, The Jews under the Roman Rule, cit., p. 25 ss.

[55] Ciò accade anche in C.I 1.7.4 in maniera più pregnante: all'apostata è negata la testamenti factio activa e la donandi facultas, al fine di evitare che esso diseredi i propri parenti cristiani ortodossi. Tali parenti potevano naturalmente accusare il de cuius di apostasia anche dopo la sua morte.

[56] Sul punto, cfr. per tutti F. Lucrezi, La legislazione de Iudaeis di Teodosio I, in Koinonia 44 (2010); G.L. Falchi, Legislazione e politica ecclesiastica, cit.,p. 179-212, J. Juster, op. cit., Rabello, Giustiniano, cit., Id. The Legal condition of the Jews in the Roman Empire, in Ebraismo e Diritto, cit.; J. Gaudemet, L'Église dans l'Empire romain, cit., p. 629 ss.; G. De Bonfils, Il reato di giudaismo cit.; M. Simon, Verus Israel, cit.; M. Amabile, La novella 146 di Giustiniano “de Hebraeis”,in Rivista di diritto romano 11 (2011), p. 1-13.

 

Amabile Mariateresa



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