fbevnts Brief considerations about the relationship between substantial powers and judicial protections with regard to the (so-called) agrarian retracting act

Brevi considerazioni circa i rapporti tra poteri sostanziali e tutele giurisdizionali con riguardo alla c.d. azione di retratto agrario

27.10.2021

RICCARDO MARTINOLI

Dottore di ricerca in diritto processuale civile

 

Brevi considerazioni circa i rapporti tra poteri sostanziali e tutele giurisdizionali con riguardo alla c.d. azione di retratto agrario*

 

English title: Brief considerations about the relationship between substantial powers and judicial protections with regard to the (so-called) agrarian retracting action.

DOI: 10.26350/18277942_000051

 

Sommario: 1. Spunti di indagine. 2. La tesi giurisprudenziale della surrogazione retroattiva. Inquadramento critico. 3. L’individuazione dell’oggetto dell’azione di retratto nel c.d. “diritto di riscatto”. Brevi note in tema di poteri sostanziali e accertamento. 4. La disciplina del pagamento del prezzo di riscatto e gli ulteriori profili critici della teoria della surrogazione retroattiva. 5. I risvolti della ripercorsa interpretazione letterale sulla tesi della surrogazione retroattiva.6. La prospettabile conclusione circa l’inapplicabilità dell’art. 8, co. 8, legge n. 590 del 1965 alla fattispecie di retratto. 7. L’efficacia del contratto traslativo stipulato in violazione della prelazione esclude la necessità di coinvolgere nel processo di retratto il venditore.

 

  1. Spunti di indagine.

 

Ai sensi dell'art. 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590 e successive modificazioni, viene riconosciuto al coltivatore insediato sul fondo, ovvero proprietario di un fondo confinante il diritto di prelazione all'acquisto dello stesso bene a parità di condizioni, rispetto ad un qualunque terzo che intenda acquistarlo[1]. Il problema circa l’attuazione concreta di tale diritto si presta a interessanti considerazioni in tema di rapporti tra diritto sostanziale e processo, che meritano di essere attentamente considerate. E a tal fine è utile ricostruire il quadro generale.

Come noto, la tutela avverso la lesione della preferenza accordata nell’acquisto del fondo agrario è garantita dal legislatore attraverso l’attribuzione, in capo al pretermesso, di un potere[2]: quello di riscattare il cespite tanto dal terzo, ormai primo acquirente, quanto da ogni successivo avente causa, nel termine di un anno, decorrente dalla trascrizione dell’atto di acquisto, concluso appunto in violazione del diritto di prelazione.

Il rilevante contenzioso che è, nel tempo, scaturito dall’applicazione pratica di suddetta norma suggerisce di svolgere le seguenti notazioni riguardanti la c.d. azione di retratto[3], notazioni che si crede siano assai interessanti per cogliere e poi descrivere, da una affatto peculiare prospettiva, un aspetto interessante dei rapporti tra diritto sostanziale e processo. In particolare, l’obiettivo delle pagine che seguono sarà di mettere in luce l’artificiosità della (prevalente) soluzione giurisprudenziale, tesa ad individuare nell’esercizio del riscatto un’ipotesi di surrogazione retroattiva del preferito nel negozio contrattuale concluso in violazione della prelazione: si tratta di un’artificiosa costruzione che non sembra idonea a descrivere in termini corretti l’operare della tutela prevista dalla norma e se ne vedranno le ragioni. Si dovrà poi di qualificare in termini più idonei l’azione esercitata dal titolare del potere di retratto e soprattutto individuare l’oggetto del processo sul quale verrà a formarsi la cosa giudicata materiale.

 

  1. La tesi giurisprudenziale della surrogazione retroattiva. Inquadramento critico.

 

Nel ricostruire dal punto di vista sistematico il c.d. rapporto di prelazione la tesi giurisprudenziale assolutamente prevalente riconosce all’esercizio del riscatto l’efficacia di una surrogazione retroattiva del riscattante nella posizione contrattuale del terzo acquirente, che per primo aveva acquistato il bene in violazione del diritto di prelazione [4].

In questo contesto ricostruttivo, la dichiarazione del riscattante produce la sostituzione con efficacia ex tunc di quest’ultimo nella posizioneche il primo acquirente rivestiva nel negozio traslativo concluso[5].

In seno all’anzidetta ricostruzione, l’oggetto del giudizio viene individuato nello stesso “diritto di riscatto” il cui (efficace) esercizio determina la modifica soggettiva della relazione contrattuale instaurata fra il cedente il diritto dominicale e il terzo acquirente (o i suoi successivi aventi causa). Il riscattante acquista perciò il diritto di proprietà sul bene compravenduto come se fosse il primo acquirente, rendendo irrilevanti nei suoi confronti tutti quegli effetti pregiudizievoli, che hanno eventualmente coinvolto il cespite, nel periodo compreso fra la conclusione del contratto traslativo e l’esercizio del retratto[6].

L’impostazione giurisprudenziale qui appena ricordata è essenzialmente funzionale alla tutela di esigenze spiccatamente pratiche: se l’esercizio del retratto non determinasse la sostituzione con efficacia retroattiva nella posizione contrattuale del primo acquirente, il prelazionario potrebbe ritrovarsi in una situazione artatamente pregiudizievole, poiché rischia di acquistare un bene con caratteristiche differenti rispetto a quelle esistenti al momento della compravendita. Si pensi alla costituzione volontaria da parte dell’acquirente di diritti reali parziari in favore di terzi sul bene, in pendenza del termine per l’esercizio del riscatto.

Non è questo temuto pregiudizio, tuttavia, che può giustificare la tenuta della tesi, che si espone ad un doppio ordine di critiche tanto in chiave sostanzialistica, quanto dal punto di vista processuale.

Il primo elemento critico deve notarsi nella carenza di un dato normativo che giustifichi un tale meccanismo di sostituzione avente efficacia retroattiva[7]. Dalla lacunosità della norma di legge, l’unico dato che emerge circa gli effetti del riscatto è che il medesimo può essere esercitato nei confronti di tutti i possibili aventi causa del primo acquirente, ma nulla si dice circa l’efficacia retroattiva dell’istituto, in grado di travolgere gli effetti del contratto a monte[8].

L’artificiosità della tesi in parola emerge anche nel caso in cui il fondo sia stato interessato da una pluralità di trasferimenti, successivi al primo[9].

È stato in primo luogo criticamente notato che il riscattante risulterebbe obbligato a versare il prezzo d’acquisto del bene al riscattato, ma si andrebbe al contempo a sostituire, con efficacia ex tunc, nella posizione di un altro soggetto, ovvero del primo acquirente. Sennonché, il prezzo che il riscattante sarà tenuto a versare è solamente quello corrisposto al cedente dal primo acquirente, restando inopponibili al titolare del riscatto gli eventuali aumenti di corrispettivo pattuiti nelle successive vendite.

Dunque, il terzo potrebbe percepire dal riscattante un prezzo inferiore a quello che egli ha concretamente versato al proprio alienante, salva la possibilità di rivolgersi al suo dante causa per ottenere la ripetizione di quanto versato in eccedenza, oppure paradossalmente potrebbe percepire un pagamento dal riscattante a fronte di un trasferimento a titolo gratuito del proprio dante causa, successivo al primo. Non è, infatti, da escludere che il secondo acquisto si verifichi in base ad un titolo diverso, rispetto ad un contratto di compravendita, quale la donazione: tale acquisto successivo non pregiudica l’esercizio del riscatto nei confronti del donatario, in favore del quale andrebbe versato sempre il prezzo stabilito nel contratto a monte, ancorché il trasferimento in favore dell’attuale proprietario del bene sia avvenuto a titolo gratuito[10]. Si tratterebbe, allora, di una surrogazione parziale, poiché, per aversi una piena surrogazione il riscattante dovrebbe versare il corrispettivo direttamente all’originario venditore (soggetto passivo del rapporto prelatizio) e quest’ultimo dovrebbe a sua volta rimborsare il retrattato[11].

Per questa ragione, la dottrina è giunta a ritenere che la tesi in esame sia da ricondurre ad una mera fictio[12]più coerente con esigenze di natura pratica, che aderente ad una corretta configurazione teorica: la ricostruzione in parola, infatti, avrebbe il pregio di risolvere diverse questioni che, altrimenti, rimarrebbero aperte in apparente pregiudizio del retraente, tra cui l’inopponibilità degli eventuali diritti reali parziari costituiti dagli acquirenti in favore di soggetti estranei alla vicenda traslativa.

Fermi restando i profili critici appena evidenziati, la stessa tesi risulta criticabile anche da un profilo di natura processuale.

 

  1. L’individuazione dell’oggetto dell’azione di retratto nel c.d. “diritto di riscatto”. Brevi note in tema di poteri sostanziali e accertamento giurisdizionale.

 

La tesi prospettata dalla giurisprudenza ritiene che l’oggetto su cui cade l’efficacia di accertamento del giudicato coincida con lo stesso “diritto” di riscatto. Tale assunto poggia sulla riconducibilità del riscatto nell’alveo dei c.d. diritti potestativi, dei quali, fin dalla fine dell’Ottocento, ne ha costituito l’ipotesi paradigmatica[13]. Troppo ampio sarebbe ripercorrere in questa sede l’imponente dibattito dottrinale attinente alla categoria delle situazioni giuridiche potestative, nella loro duplice accezione di poteri formativi (c.d. Gestaltungsrecht) e di poteri formativi ad esercizio giudiziale (c.d. Gestaltungsklagerecht); basti in questa sede rilevare come la dottrina prevalente sia concorde nel riconoscere al retratto i connotati tipici di un potere formativo, che esaurisce i propri effetti sul piano stragiudiziale[14].

Quello che rileva in questa sede è comprendere se il riscatto in quanto tale possa individuare la res in judicium deducta, oppure se oggetto dell’azione di retratto debba essere individuato nell’accertamento dell’effetto traslativo, realizzato in conseguenza dell’esercitato riscatto.

La soluzione da accogliere è la seconda.

Ammettere, infatti, che oggetto del processo possa essere il riscatto significherebbe riconoscere che la pronuncia di accertamento faccia stato su una situazione giuridica qualificata in termini di potere il cui connotato di intrinseca dinamicità ne determina la consumazione all’atto del proprio esercizio[15]. In questo senso, il giudicato si formerebbe su una posizione giuridica che nel momento in cui viene accertata si è già estinta per consumazione, mentre la realtà sostanziale interessata dall’esercizio del potere è stata modificata se e in quanto il potere risulti efficacemente esercitato[16]. Non è dato, dunque, concepire l’affermazione giudiziale di un potere sostanziale, senza che se ne invochino gli effetti modificativi prodotti nella realtà sostanziale[17].

Non è, del resto, irrilevante osservare, come si tende ad escludere l’interesse ad agire in via di mero accertamento del potere sostanziale prima del proprio esercizio, dovendosi escludere alcuna forma di utilità di un eventuale giudicato per la parte vittoriosa, poiché verrebbe richiesto al giudice di svolgere un’attività di accertamento che risulta essere del tutto ideale, ovvero preordinata ad accertare una situazione strumentale, che in un momento necessariamente successivo al giudicato potrebbe produrre la modificazione sostanziale, quale effetto dell’esercizio del potere di cui si è richiesto l’accertamento[18]. Infatti, o il potere sostanziale viene esercitato e così si viene a produrre l’effetto a cui è preordinato, ovvero resta ancorato alla propria dimensione ideale, per definizione incapace di produrre qualunque effetto. Solo nel primo caso, allora, può sorgere la necessità della sentenza tesa a cristallizzare l’effetto che la parte privata afferma essersi prodotto.

Ne deriva che il potere di riscatto è mero fatto costitutivo della fattispecie acquisitiva, che dovrà essere provato da chi ne invoca in giudizio gli effetti[19]. Questo assunto conduce ad affermare che, nel momento in cui si concretizzano tutti i presupposti previsti dalla norma per l’esercizio del potere, il medesimo non può essere solo affermato, bensì dovrà essere esercitato ed il giudice potrà essere investito della domanda di accertamento, relativa alla realizzazione degli effetti sul piano sostanziale[20].

Per queste ragioni, l’oggetto che si deduce in giudizio con la c.d. azione di riscatto è l’effetto traslativo del diritto di proprietà, che si afferma realizzato attraverso l’esercizio del potere stragiudiziale di riscatto. Il riscattante che esercita il potere attribuitogli dalla legge non ha interesse a vedersi dichiarare titolare di quel potere, che oltretutto in quanto esercitato si è anche consumato. L’interesse dell’attore è di ottenere la statuizione circa l’intervenuta o meno modificazione sostanziale, ossia l’essere diventato proprietario del fondo agrario. Nel processo di riscatto l’efficacia o meno dell’esercizio del potere sostanziale degrada ad una mera questione preliminare di merito, attinente ad un elemento di fatto costitutivo della fattispecie sostanziale traslativa[21].

Un’ultima notazione importante.

Come avviene nelle diverse ipotesi ricondotte sotto l’alveo dei poteri sostanziali, al titolare della situazione di vantaggio è concesso solo la scelta se esercitarla o meno, senza la possibilità di intervenire sul contenuto degli effetti dell’esercitato potere, il quale è interamente disciplinato dalla legge[22]. Nel caso del retratto, se il prelazionario intende esercitare il proprio potere si realizzerà la vicenda traslativa in suo favore, viceversa decorso il termine annuale - di decadenza[23] - il potere andrà incontro ad estinzione e l’acquisto della proprietà si consolida nei confronti del terzo acquirente.

Ben inteso, la dimensione sostanziale in cui si esaurisce la fattispecie traslativa in via di riscatto non esclude che le parti private possano ricorrere al processo per contestare: a) la sussistenza dei presupposti sostanziali attributivi del potere; b) la ritualità dell’esercizio del potere, dunque la tempestività o regolarità formale dell’atto di esercizio; c) oppure (e nella pratica risulta essere particolarmente rilevante[24]) per esercitare direttamente il potere sostanziale attraverso la notifica di un atto introduttivo del giudizio[25], al quale deve riconoscersi una doppia valenza: sostanziale in quanto costituisce l’atto di esercizio del potere e processuale, poiché contestualmente rende pendente il processo, volto ad accertare l’intervenuta produzione degli effetti[26], stante la natura recettizia della dichiarazione di riscatto, l’effetto si produce nel momento in cui l’atto giudiziario viene notificato al riscattato. Per tali ragioni, eventuali vicende estintive del processo non potranno inficiare l’efficacia della dichiarazione contenuta nell’atto introduttivo, ben potendo, dunque, il riscattante reiterare la domanda di accertamento dell’effetto traslativo della proprietà in suo favore dopo che il primo processo si è concluso con un provvedimento che non statuisce sul merito[27]. La necessità di riproporre la domanda di accertamento sorgerà essenzialmente sulla base delle contestazioni, che dopo la definizione del primo giudizio verranno formulate da colui che subisce il retratto, circa l’efficacia della dichiarazione traslativa[28].

Peraltro, nell’ipotesi della prelazione non sussistono oneri di contestazione in capo al soggetto che subisce l’esercizio del potere in questione, né le semplici contestazioni stragiudiziali possono determinare alcuna efficacia impeditiva al prodursi degli effetti della dichiarazione stragiudiziale, l’unico modo che il riscattato ha per contestare l’efficacia della dichiarazione traslativa è quello di instaurare il giudizio affinché sia il giudice a pronunciarsi sull’intervenuto o meno perfezionamento della fattispecie prelatizia.

 

4. La disciplina del pagamento del prezzo di riscatto e gli ulteriori profili critici della teoria della surrogazione retroattiva.

 

Accanto agli indagati profili critici sul piano processuale la figura della surrogazione retroattiva coniata dalla giurisprudenza manifesta rilevanti contraddizioni con riferimento alla normativa speciale circa il pagamento del prezzo ai sensi dell’art. 8 della legge n. 590 del 1965[29].

Conviene approfondire da vicino questa normativa relativa al pagamento del prezzo successivamente all’esercizio del riscatto, al fine di comprendere se nell’ipotesi del riscatto agrario la sentenza che definisce il giudizio accerti l’effetto dell’esercitato potere, al pari di quanto si verifica nelle altre ipotesi di retratto (successorio e urbano)[30], ovvero tale accertamento resti condizionato fintanto che non intervenga il pagamento.

Si precisa fin da subito che il prezzo da pagarsi al terzo acquirente - retrattato, affinché si verifichi la condizione prevista dalla legge ai sensi del citato art. 8 legge n. 590 del 1965 è solo quello indicato nel primo contratto, rimanendo irrilevanti per il retraente le eventuali modifiche del prezzo, accordate in caso di successivi trasferimenti del fondo inopponibili ex lege al beneficiario del diritto.

La prima norma di riferimento è l’art. 8, co. 4 legge 26 maggio 1965, n. 590 che dispone come ove il diritto di prelazione sia stato esercitato, il versamento del prezzo di acquisto deve essere effettuato entro il termine di tre mesi, [...]. in tutti i casi in cui il pagamento del prezzo è differito il trasferimento della proprietà è sottoposto alla condizione sospensiva del pagamento stesso entro il termine stabilito; nulla, invece, specificava la legge in merito al termine per effettuare il predetto pagamento nel caso in cui, violata la preferenza accordata al prelazionario, il beneficiario esercitasse il retratto.

Questa carenza di disciplina è stata colmata dall’articolo unico della legge 8 gennaio 1979, n. 2 il quale individua quale termine per effettuare il pagamento del prezzo di riscatto, il medesimo lasso temporale di tre mesi decorrente, dall’adesione del terzo alla dichiarazione di retratto, ovvero dalla sentenza che riconosce il diritto.

Risulta, allora, fondamentale comprendere se la condizione sospensiva prevista dalla formulazione letterale del citato art. 8 co. 8 della legge n. 590 del 1965 e non, invece, richiamata nella norma di interpretazione autentica, si applichi anche all’ipotesi di esercizio del retratto e quali conseguenze ne possano derivare ai fini che qui interessano, poiché secondo questo assunto in tutti i casi in cui il pagamento del prezzo previsto nel contratto stipulato fra terzo acquirente e il primo alienante è differito rispetto alla dichiarazione, con cui si esercita il diritto di prelazione o di riscatto, il perfezionarsi dell’efficacia traslativa della fattispecie è subordinato al pagamento medesimo[31].

Appare, peraltro, evidente che il verificarsi o meno dell’evento in questione dipenda dalla mera volontà del riscattante di pagare il prezzo previsto nel contratto di compravendita, stipulato fra il terzo acquirente ed il primo alienante[32].

Ciò posto, stando ad un’interpretazione letterale si deve osservare come solo il pagamento del prezzo d’acquisto sarebbe idoneo a determinare il perfezionamento della fattispecie prelatizia, senza che l’esercizio del riscatto tramite la dichiarazione unilaterale a cui seguirà o l’adesione del terzo riscattato, ovvero alternativamente il provvedimento giurisdizionale, sia sufficiente a produrre in via immediata l’effetto traslativo del diritto di proprietà[33].

La questione assume profili particolarmente complessi sia sul piano teorico che su quello pratico qualora il terzo acquirente rifiuti il pagamento della somma di denaro pattuita nel contratto di compravendita: il rifiuto, ancorché immotivato, del terzo di ricevere il pagamento impedirebbe il perfezionamento della fattispecie traslativa in pregiudizio del riscattante[34], nonostante quest’ultimo si dimostri disponibile ad adempiere al proprio obbligo in modo tale da determinare l’avverarsi della condizione.

La legislazione non prevede norme specifiche in merito all’accennata questione. Pertanto, la giurisprudenza ha fatto ricorso alle disposizioni generali in materia di obbligazioni, in modo particolare agli artt. 1209 e 1210 c.c. secondo cui è necessario che il volenteroso debitore proceda a formulare l’offerta reale nelle forme indicate dalla legge, al fine di ritenere adempiuta la prestazione. Se nemmeno tale offerta viene accettata dal creditore - riscattato, il retraente dovrà procedere con il deposito liberatorio[35]. Tuttavia, qualora il creditore (terzo acquirente - retrattato) non accetti neanche il deposito, il debitore (retraente) dovrà instaurare il giudizio c.d. di convalida e solo con il passaggio in giudicato della relativa sentenza il retraente può ritenere adempiuto il proprio obbligo, perfezionandosi così la fattispecie traslativa[36].

Il problema si complica ulteriormente stante la lettera della già citata legge n. 2 del 1979, secondo cui esercitato il retratto con la relativa dichiarazione, alternativamente dovranno seguire o la dichiarazione del terzo con la quale lo stesso aderisce alla pretesa del riscattante, ovvero il provvedimento giurisdizionale, se il retrattato contesti l’esercizio del potere.

Nel far propria l’interpretazione letterale due sarebbero i possibili scenari.

Nel primo caso nulla quaestio: l’adesione del terzo comporta il sorgere dell’obbligo attuale per il retrattante di pagare il prezzo entro tre mesi dalla dichiarazione di adesione, pagamento che, se non viene effettuato, determina l’inefficacia della dichiarazione di retratto ed il terzo acquirente rimane proprietario del bene.

Qualora, invece, sorga contestazione e dunque diventi necessaria la sentenza che riconosca il diritto, si apre il problema legato al fatto che il retraente sia tenuto a pagare il prezzo di acquisto soltanto nel momento del passaggio in giudicato della sentenza.

Resta, però, da chiedersi cosa si verifichi qualora il riscattante offra in pendenza del processo la somma relativa al prezzo di acquisto del fondo rustico pattuita fra il retrattato ed il primo alienante.

Ancora una volta è la giurisprudenza che, nel silenzio della legge, ha chiarito tale situazione ammettendo l’irrilevanza ai fini del trasferimento della proprietà sul bene eventuali offerte prospettate dal retraente in un momento anteriore rispetto al passaggio in giudicato della sentenza, che definisce il giudizio instaurato dal retrattante[37].

Passata in giudicato la sentenza il retraente potrà formulare un’ulteriore offerta del corrispettivo dovuto al retrattato, ed in caso di ulteriore rifiuto, sempre entro il termine di tre mesi, dovrà instaurare il giudizio di convalida della precedente offerta.

La prassi applicativa ritiene, quindi, in forza di un’interpretazione strettamente letterale come la tempestività del pagamento del prezzo nell’ipotesi del riscatto agrario sia soddisfatta dal rispetto del termine trimestrale decorrente, però, in un caso dall’attività collaborativa del retrattato e nell’altro dal passaggio in giudicato della sentenza.

È evidente come il secondo momento, dal quale il legislatore individua l’inizio della decorrenza del termine, può ritardare di molti anni[38] il pagamento del prezzo ed il conseguente effetto perfezionativo della fattispecie rispetto al momento in cui il riscatto è stato esercitato. In ossequio alla disciplina civilistica della condizione sospensiva ex. artt. 1360 e ss. c.c. che riconosce l’efficacia retroattiva dell’avveramento della medesima, il perfezionamento della fattispecie acquisitiva dovrebbe retroagire al momento in cui il negozio è stato concluso, ossia si considera come se gli effetti dell’acquisto in prelazione si fossero prodotti fin dalla conclusione del negozio con il terzo acquirente.

Questa conseguenza è particolarmente rilevante nel caso in esame in quanto si è ribadito, fin dall’inizio della trattazione, che la legge prevede come l’esercizio del riscatto abbia efficacia erga omnes, per cui i successivi trasferimenti effettuati non pregiudicano la possibilità di acquisto per il riscattante, il quale farà valere il proprio diritto nei confronti dell’attuale proprietario del bene, quindi eventualmente nei confronti dell’avente causa del primo acquirente.

Tuttavia, sempre la prassi ha precisato come la legge n. 590 del 1965, così come interpretata in via autentica dalla legge n. 2 del 1979, non prevede un obbligo gravante sul retrattato di rilasciare nella disponibilità del retraente il fondo a seguito della sola dichiarazione di retratto, ovvero in pendenza del relativo giudizio[39].

Un tale obbligo non è deducibile dagli artt. 1360 e 1361 c.c.: l’efficacia retroattiva della condizione sospensiva non esclude l’eventualità che per la natura del rapporto, gli effetti […] debbano essere riportati ad un effetto diverso e, inoltre, che l’avveramento della condizione non pregiudica la validità degli atti di amministrazione compiuti dalla parte a cui in pendenza della condizione spettava l’esercizio del diritto. Nel caso in cui penda il giudizio di retratto il potere di amministrazione del fondo spetta al retrattato, ivi compreso il diritto all’appropriazione da parte dello stesso dei frutti del fondo durante il tempo del processo[40], il retraente nel caso in cui risulti vittorioso nel processo non avrebbe titolo di pretendere i frutti percepiti dal retrattato, prima della definizione del giudizio[41].

Da quanto sopra esposto, in conformità all’interpretazione fornita dalla giurisprudenza si può ricavare il seguente assunto: la fattispecie traslativa del diritto di proprietà in favore del riscattante si perfeziona soltanto con il pagamento del prezzo al terzo retrattato e prima di tale pagamento (alternativamente dopo l’adesione del terzo alla dichiarazione, ovvero dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio ed in questo caso risultano essere irrilevanti le eventuali offerte della somma prima di tale momento) non matura l’obbligo di rilasciare il retraente nella libera disponibilità del fondo.

 

5. I risvolti della ripercorsa interpretazione letterale sulla tesi della surrogazione retroattiva.

 

Da quanto qui prospettato emerge come la tesi giurisprudenziale abbia costruito un’ipotesi ibrida da cui riemergono i criticati profili artificiosi anche sul piano sostanziale: l’esercizio del retratto determina la sostituzione del riscattante nella posizione contrattuale del riscattato ed il prezzo che il primo sarà tenuto a versare in favore del secondo è soltanto quello previsto dal primo contratto traslativo, tuttavia, il riscattante non potrebbe pretendere la restituzione dei frutti percepiti dal terzo acquirente in pendenza del giudizio[42], si tratterebbe, dunque, di una surrogazione parziale, limitata ad alcuni soltanto degli effetti realizzati e accertati dalla sentenza, mentre altri ne restano esclusi. Inoltre, la predicata efficacia retroattiva sarebbe da riconoscersi, più che all’esercitato potere, all’evento apposto ex lege come condizione del pagamento del prezzo, quasi a riconoscere la natura risolutiva e non sospensiva della condizione a cui la legge subordina l’effetto traslativo della proprietà.

Infatti, se l’efficacia retroattiva consegue all’esercizio del potere di riscatto la fattispecie si sarebbe già esaurita sul piano sostanziale e l’effetto acquisitivo perfezionato, tale effetto resterebbe però condizionato all’evento pagamento del prezzo, che se non si produce travolge l’efficacia dell’acquisto effettuato per via di riscatto.

Sul piano strettamente processuale occorre sottolineare che la tesi appena ripercorsa poggia sull’idea che il riscatto sia un’autonoma situazione giuridica soggettiva suscettibile come tale di accertamento, cosicché prima del pagamento del prezzo d’acquisto non si porrebbero particolari questioni: oggetto del giudizio coincide con il medesimo diritto di riscatto, la condizione del pagamento del prezzo riguarda un elemento ulteriore, per cui la sentenza che riconosce il diritto si limita ad accertare ciò che si è già prodotto sul piano sostanziale, cioè l’esercizio del retratto. Una volta accertata l’esistenza di tale “diritto” in capo al retrattante, soltanto con il pagamento del prezzo potrà perfezionarsi l’effetto traslativo[43].

Escluso, però, che il riscatto possa individuare una situazione sostanziale suscettibile di accertamento, nel rispetto dell’interpretazione strettamente letterale, si dovrebbe concludere per la natura condizionata della sentenza dichiarativa che accerta l’effetto dell’esercitato riscatto, ancorché sottoposto alla condizione sospensiva del pagamento del prezzo, salvo il caso che sia intervenuto, pendente il giudizio, il pagamento integrale del prezzo d’acquisto[44]. Tuttavia, ad una diversa soluzione potrebbe giungersi prendendo le mosse da un’interpretazione che si discosta dallo stretto dato normativo, ma rispettosa dell’ambito sistematico in cui si inserisce la normativa in tema di riscatto agrario, nonché di un particolare orientamento giurisprudenziale formatosi in seno alla medesima materia, sebbene sotto un diverso profilo.

 

6. La prospettabile conclusione circa l’inapplicabilità dell’art. 8, co. 8, legge n. 590 del 1965 alla fattispecie di retratto.

 

A fronte delle accennate problematiche ricostruttive, forti delle intuizioni raggiunte sotto il profilo processuale, ci si accinge ad analizzare un’ulteriore ipotesi ricostruttiva trascurata dalla giurisprudenza[45].

Il più volte ricordato articolo unico della legge n. 2 del 1979 dispone come la disciplina relativa al versamento del prezzo di acquisto, prevista dal co. 6 e 7 dell’art. 8 legge n. 590 del 1965 si intende riferita anche ai casi in cui il preferito riscatti il bene compravenduto.

Tuttavia, è importante notare come proprio la legge che si preoccupa di estendere la disciplina relativa al pagamento del prezzo previsto nell’ipotesi di esercizio della prelazione alla fattispecie di retratto, nulla preveda circa l’applicabilità della condizione sospensiva di cui al co. 8 della stessa disposizione, al caso in cui il beneficiario intenda riscattare il bene compravenduto[46].

Orbene, se il legislatore avesse ritenuto opportuno applicare la norma circa la condizione del pagamento del prezzo al fine di perfezionare il trasferimento della proprietà non avrebbe omesso tale riferimento nella legge specificatamente preordinata a rendere applicabile alla fattispecie di retratto la normativa relativa al pagamento del prezzo, in caso di esercizio del diritto di prelazione.

D’altra parte, se la ratio legis dell’attribuzione del diritto di prelazionesi sostanzia nel riconoscere una preferenza nell’acquisto del fondo da parte di un soggetto coltivatore, il fatto che l’esercizio del potere di riscatto possa produrre di per sé l’efficacia traslativa del diritto di proprietà in capo al riscattante, senza la necessità che tale effetto dipenda dal pagamento o meno del prezzo pattuito nel contratto di compravendita, certamente testimonia un rafforzamento della tutela prevista a favore del soggetto preferito. Peraltro, la legge non ha voluto escludere la necessità di garantire una protezione anche al terzo acquirente, che si vede privato del relativo diritto, tanto che il legislatore ha fissato un termine per l’adempimento della prestazione a carico del riscattante.

In questo senso, si potrebbe, allora, ammettere come l’esercizio del potere di retratto sia da sé sufficiente a perfezionare il trasferimento del diritto di proprietà in capo al preferito, determinando, contestualmente, sul medesimo il sorgere dell’obbligo di versare entro tre mesi il prezzo previsto nel contratto[47].

Ad avvalorare la soluzione da ultimo proposta concorre anche un consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi, sempre nella materia della prelazione agraria, per quanto riguarda il rapporto di pregiudizialità sussistente fra il giudizio di retratto agrario e quello di rilascio del fondo rustico per intervenuta scadenza del contratto di affitto successivamente all’esercizio del retratto (il discorso sarebbe analogo, qualora fosse proposta dal terzo acquirente azione di risoluzione del contratto per morosità del conduttore).

L’ipotesi è la seguente: esercitato il riscatto da parte dell’affittuario coltivatore diretto ex art. 8 legge n. 590 del 1965, il terzo acquirente propone in un separato giudizio azione di rilascio del fondo per intervenuta scadenza del contratto di affitto agrario.

Pendenti contemporaneamente entrambi i giudizi la giurisprudenza ammette che quello instaurato dal terzo acquirente al fine di ottenere il rilascio del fondo debba essere sospeso ai sensi dell’art. 295 c.p.c., stante il rapporto di pregiudizialità tra l’azione di riscatto e quella di rilascio[48] il conduttore può essere condannato a rilasciare il bene occupato, soltanto se non risulti vittorioso nel giudizio di riscatto[49]. Affermano, infatti, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione che l’accertamento del trasferimento della proprietà in capo al riscattante per effetto dell’esercizio del potere di retratto costituisce l’indispensabile antecedente logico giuridico della decisione sulla causa di rilascio sullo stesso fondo promossa dall’acquirente nei confronti del presunto affittuario riscattante[50]. Quest’ultimo nell’esercitare il riscatto cessa di essere conduttore del fondo rustico, poiché ne è diventato proprietario: pregiudiziale risulta, allora, essere l’accertamento del trasferimento del diritto di proprietà in capo al riscattante, poiché estinguendosi per confusione il rapporto locatizio nel diritto dominicale, in capo al prelazionario non sussiste alcun obbligo di rilasciare il bene precedentemente condotto in affitto, del quale ne ha conseguito il legittimo possesso, quale proprietario.

Precisato nei termini precedenti, occorre rilevare che la necessità di sospensione del giudizio di rilascio trova giustificazione solo se si ammette che il trasferimento della proprietà avvenga immediatamente per effetto dell’esercitato retratto, poiché, se il trasferimento si perfezionasse solo con il versamento del prezzo, il riscattante finché non effettua tale pagamento non può ritenersi proprietario, né, dunque, l’affittuario è tenuto a liberare il bene occupato. Infatti, qualora il terzo persista nell’occupazione del bene, il giudizio di rilascio non dovrebbe essere sospeso, bensì vedere vittorioso il terzo acquirente, attuale proprietario del bene, salvo poi accertare che il medesimo conduttore sia divenuto proprietario in caso di esito favorevole del giudizio di retratto e di versamento del prezzo nel termine previsto dalla legge. Tanto precisato e forte anche dell’appena ricordato orientamento giurisprudenziale, nella fattispecie della prelazione agraria può concludersi che non sussista una correlazione necessaria fra il versamento del prezzo e il perfezionarsi dell’effetto traslativo del diritto di proprietà in favore del riscattante[51]. Ne consegue il corollario secondo cui il pagamento del prezzo da parte del prelazionario costituisce un effetto obbligatorio, che sorge in conseguenza del perfezionato effetto traslativo. A questo proposito, il terzo retrattato potrà agire per il recupero della somma allo stesso spettante con gli ordinari mezzi previsti a garanzia della soddisfazione del credito, senza che, però, si riconosca all’obbligo di pagamento in questione alcun effetto condizionante l’acquisto in prelazione.

Peraltro, ad ulteriore tutela del credito vantato dal riscattato nei confronti del riscattante si noti che un consolidato orientamento giurisprudenziale ritenga che l’eventuale trasferimento a terzi del bene acquistato in via di retratto a poca distanza temporale dall’esercizio del potere di riscatto determini la nullità tanto dell’acquisto in via di retratto, quanto dell’atto di rivendita. Pertanto, il riscattato può contare sulla capienza patrimoniale del riscattante, poiché il bene acquistato non può essere ulteriormente trasferito per un certo lasso di tempo, pena la nullità dell’intera vicenda acquisitiva e di rivendita[52].

Questa breve digressione per dimostrare come anche nella prassi applicativa sussista l’idea (forse latente) che la fattispecie di riscatto agrario si perfeziona con il medesimo esercizio del potere, senza che il versamento del prezzo individui un elemento costitutivo della fattispecie traslativa.

Non pare, peraltro, che nell’ordinamento si possa identificare una sorta di conditio sine qua non per cui l’effetto traslativo di un diritto reale, che non sia sorretto dalla volontà di entrambe le parti, debba essere accompagnato dal versamento del prezzo d’acquisto, o comunque di una forma di indennità, in favore del cedente. Si noti, a conferma di quanto appena sostenuto, che con riferimento alle ipotesi di retratto né la disciplina del c.d. retratto successorio né, di quello c.d. urbano, individuino un’esplicita disposizione che subordini il trasferimento della proprietà al pagamento del prezzo d’acquisto del cespite alienato in violazione del rapporto prelatizio[53].

Conformemente, dunque, ai risultati raggiunti nelle pagine precedenti, è ben possibile ritenere che anche la sentenza che definisce il c.d. giudizio di retratto accerta il verificatosi effetto traslativo del diritto di proprietà, senza che la statuizione su tale effetto resti condizionata al verificarsi o meno del pagamento del prezzo.

In questo senso e sempre con riferimento alla materia dei diritti reali, si giunge alla stessa soluzione avvallata dalla Suprema Corte in materia di giudizio di divisione della comunione ereditaria, laddove nei casi in cui, stante l’impossibilità di procedere alla divisione in natura di uno o più cespiti, ovvero alla formazione di quote di pari valore, debbano essere disposti dei conguagli in denaro in favore dei coeredi che risultino assegnatari di una quota di minor valore, rispetto a quanto attribuito agli altri coeredi in sede di formazione delle singole quote. La giurisprudenza anche in questo caso ha stabilito che l’efficacia costitutivo - liquidatoria[54] della sentenza non resti condizionata all’effettivo pagamento dei conguagli, stabiliti nel dispositivo. Il coerede - condividente non assegnatario potrà agire attraverso gli ordinari mezzi previsti per la tutela del credito, al fine di ottenere l’adempimento della prestazione, senza che il mancato pagamento del conguaglio condizioni l’efficacia costitutiva della sentenza[55].

La conclusione consente anche di risolvere il problema attinente alla restituzione dei frutti e degli accessori percepiti o raccolti dal riscattato per tutta la durata del processo: sarà tenuto a versare al terzo l’indennità relativa alle eventuali migliorie dallo stesso eseguite sul bene compravenduto, in spregio al diritto di prelazione. Allo stesso modo resteranno inopponibili al prelazionario gli eventuali diritti reali parziali costituiti dal terzo acquirente successivamente all’acquisto (precario) del diritto di proprietà sul bene. Quest’ultimo effetto si spiega non perché l’esercizio del riscatto sia connotato da un’efficacia retroattiva (della quale non è dato riscontrare traccia nelle diverse diposizioni normative), bensì sulla base del rapporto di strumentalità che lega il potere di riscattare al diritto di prelazione: con l’esercizio del retratto si realizza quell’effetto d’acquisto tutelato dalla norma attributiva del diritto di prelazione, tale per cui resteranno inopponibili all’acquirente in via di riscatto, tutte quelle situazioni giuridiche sopravvenute rispetto al sorgere del diritto di prelazione, quale situazione giuridica principale su cui si innesta il potere di riscatto[56].

 

7. L’efficacia del contratto traslativo stipulato in violazione della prelazione esclude la necessità di coinvolgere nel processo di retratto il cedente del bene.

 

Dimostrato come sussistano i presupposti per affermare che il giudizio di retratto si contraddistingua per il carattere di accertamento del già intervenuto effetto traslativo sul piano sostanziale, nella parte conclusiva del presente lavoro appare utile affrontare quelle tematiche che più da vicino riguardano la dinamica processuale.

Per prima cosa, occorre chiarire quali sono i soggetti coinvolti nel giudizio.

Nello studio che ci ha impegnato fin d’ora, sovente si è fatto riferimento ad una trilogia di soggetti potenzialmente coinvolti: il venditore che trasferisce il cespite in violazione del diritto di prelazione, il terzo acquirente e il prelazionario che agisce in riscatto.

Tuttavia, parti necessarie del giudizio di retratto sono solamente il riscattante, che propone in giudizio la domanda di accertamento dell’effetto traslativo del diritto di proprietà e il terzo acquirente del bene (primo, ovvero i successivi aventi causa, stante il disposto della legge) attuale proprietario del cespite compravenduto. Se più sono gli acquirenti dell’unico bene trasferito, allora la domanda di riscatto dovrà essere proposta nei confronti di tutti coloro che ne risultano attualmente proprietari[57]. Certamente, lo si è già precisato, ben può accadere che avanti all’esercizio stragiudiziale del riscatto sia il terzo acquirente a proporre in giudizio una domanda di accertamento negativo dell’avvenuto trasferimento del diritto di proprietà in capo al retrattante.

Viceversa, non è litisconsorte necessario del processo di riscatto, che dunque può nascere e proseguire soltanto su un piano bilaterale, l’alienante (tanto l’originario, quanto gli eventuali successivi) che nel trasferire il diritto di proprietà abbia omesso di garantire la preferenza accordata al prelazionario[58].

La ragione per cui si esclude che nel processo di riscatto il venditore sia parte necessaria risiede nella piena efficacia del negozio traslativo, ancorché concluso in violazione del diritto di prelazione. Trasferito il bene al terzo acquirente, il venditore si è definitivamente spogliato del diritto di proprietà, di modo che unico proprietario del bene è l’acquirente, il quale solo è esposto all’eventuale esercizio del retratto da parte del preferito pretermesso. Infatti, se l’azione di riscatto mira ad accertare l’avvenuto trasferimento della proprietà in favore del prelazionario, la relativa domanda giudiziale dovrà essere proposta nei confronti di chi risulti attuale proprietario del bene, in favore del quale andrà anche versato il prezzo d’acquisto.

In questo senso, si è coerentemente escluso che in seno al giudizio di riscatto si potesse inquadrare qualunque finalità impugnatoria del negozio concluso, senza l’osservanza della prelazione[59].

Anche la tesi giurisprudenziale, secondo cui l’esercizio del riscatto opera la sostituzione del riscattante nella posizione contrattuale del terzo acquirente, ha come presupposto l’efficacia del contratto traslativo, sul quale, appunto, per effetto dell’esercitato potere interviene soltanto una modificazione sul piano soggettivo, restando pienamente efficaci gli altri effetti contrattuali. Se al riscatto fosse riconosciuta un’efficacia anche caducatoria o risolutiva del negozio traslativo, allora si sarebbe dovuto ammettere la necessità dell’esercizio processuale del potere in questione, quale strumento solo mediatamente traslativo. Dunque, sarebbe da riconoscersi in capo alla sentenza conclusiva del processo di riscatto l’efficacia traslativa del diritto di proprietà, previa caducazione del negozio concluso in violazione della prelazione. Solo, allora, si dovrebbe ritenere necessaria la partecipazione in giudizio dell’alienante, in quanto parte del contratto che verrebbe caducato.

Tuttavia, nulla toglie che il processo di riscatto possa divenire soggettivamente cumulato attraverso la chiamata in causa, ovvero l’intervento volontario dell’alienante.

In prima istanza, sussiste l’interesse del terzo acquirente a coinvolgere l’alienante nel processo pendente attraverso la chiamata in garanzia reale[60] ai sensi dell’art. 106 c.p.c. per ottenere il ristoro delle spese effettuate al fine di formalizzare l’atto traslativo, oltre al risarcimento dei possibili danni che l’attuale proprietario rischia di dover subire per la possibile privazione del bene (in particolare di un bene produttivo, se si pensa alla fattispecie di prelazione agraria e urbana). In questo caso, il venditore verrà chiamato in giudizio quale garante in evizione[61], infatti: l’accoglimento della domanda di riscatto accerta l’intervenuto acquisto del diritto di proprietà sul bene da parte del riscattante, acquisto che priva il terzo acquirente della titolarità del bene a causa della mancata preferenza attribuita al prelazionario da parte dello stesso alienante. Anzi, sotto questo punto di vista in capo al terzo acquirente sussiste un vero e proprio onere di chiamare in giudizio il venditore, secondo quanto disposto ai sensi dell’art. 1485 c.c.

Allo stesso modo, il proprietario alienante potrebbe intervenire in giudizio ai sensi dell’art. 105 c.p.c., attraverso un intervento adesivo dipendente, ossia finalizzato a sostenere in giudizio le ragioni della parte che ha subito il riscatto, al fine di evitare che si formi un giudicato favorevole al riscattante. Ancorché tale accertamento non gli sia direttamente opponibile, l’interesse che spinge il proprietario ad intervenire si spiega alla luce dell’appena accennata disciplina dell’evizione: il terzo interviene volontariamente in giudizio al fine di evitare di dover subire un autonomo processo instaurato dall’acquirente soccombente nella causa di riscatto; successivo giudizio che inevitabilmente lo vedrebbe pregiudicato, stante il particolare vincolo probatorio previsto dall’art. 1487 c.c., secondo cui l’alienante può evitare la declaratoria di responsabilità a titolo di evizione solo se sia in grado di dimostrare che qualora fosse stato chiamato nel processo di riscatto, avrebbe potuto impedire l’accoglimento della domanda avversaria.

Peraltro, il riscattante potrebbe decidere di convenire ai sensi dell’art. 103 c.p.c. in un unico giudizio tanto il venditore, quanto il terzo acquirente, al fine di ottenere un giudicato che contestualmente vincoli entrambi i soggetti, ancorché oggetto del giudizio sia solo l’effetto traslativo, mentre restano escluse, salvo espressa domanda di parte, le questioni inerenti al contratto di compravendita stipulato.

Una volta assunta la qualità di parte, il proprietario alienante potrà limitarsi a contestare i fatti costitutivi del diritto di prelazione, così come l’efficacia della dichiarazione di riscatto, ovvero proporre una domanda di accertamento incidentale circa la spettanza del diritto di prelazione in capo al riscattante[62], oppure ancora chiedere che venga accertato con efficacia di giudicato, la sussistenza del rapporto sostanziale legittimante il diritto di prelazione, quale ad esempio l’efficacia del contratto di affitto[63]. Con particolare riferimento a quest’ultimo caso è necessaria una precisazione di non secondaria importanza: il cumulo oggettivo sopravvenuto di domande determina il sorgere di una controversia che appartiene alla competenza per materia inderogabile, ai sensi dell’art. 409 c.p.c. e art. 11 D.lgs. n. 150 del 2011, della Sezione Specializzata agraria, dunque si pone il problema di come coordinare la decisione sulla domanda principale di riscatto, con quella incidentale riguardante un contratto agrario.

La soluzione è offerta dalla disciplina di cui all’art. 34 c.p.c.: stante la sopravvenuta carenza di competenza del giudice del riscatto per la domanda inerente alla sussistenza in capo al riscattante del rapporto agrario, l’intera controversia dovrà essere riassunta davanti al Giudice specializzato, il quale deciderà anche sulla domanda di riscatto del fondo rustico, applicando, in forza del requisito di prevalenza del rito speciale ex art. 40 c.p.c., il rito laburistico a cui la legge espressamente assoggetta la decisione sulle questioni inerenti la materia dei contratti agrari[64].   

La distinzione di competenza trova giustificazione sulla base delle differenti situazioni giuridiche dedotte: se per la prelazione agraria la controversia riguarda il trasferimento del diritto reale di proprietà si dovrà ammettere la competenza del giudice ordinario, a norma degli artt. 9 e 15 c.p.c.[65]; mentre la materia dei contratti agrari regolata ai sensi dellalegge n. 203 del 1982 ed art. 11 D.lgs. n. 150 del 2011 è devoluta alla competenza del Giudice specializzato agrario[66].

Dunque, per concludere circa le possibili dinamiche soggettive inerenti al processo di riscatto è possibile affermare in prima istanza che l’azione di retratto non costituisce un’ipotesi di litisconsorzio necessario fra riscattato, terzo acquirente e alienante, poiché valido ed efficace è il contratto traslativo “a monte” e l’esercizio del retratto determina un diverso acquisto nei confronti dell’attuale proprietario del bene.

Il processo sorto come bilaterale potrà divenire litisconsortile per effetto della chiamata in causa proposta da parte del terzo convenuto nei confronti del venditore, oppure a seguito di intervento adesivo da parte di quest’ultimo, al fine di scongiurare il rischio di venire successivamente coinvolto in un’autonoma causa di evizione.

Sussiste, invece, un’ipotesi di litisconsorzio necessario dal lato passivo tutte le volte in cui ad acquistare il bene in spregio al diritto di prelazione siano più soggetti. In questo caso tutti gli attuali proprietari dovranno essere convenuti nell’unico processo di riscatto.

Una precisazione conclusiva sempre con riferimento al piano soggettivo dell’azione di retratto: non sussiste un’ipotesi di litisconsorzio necessario nemmeno qualora il diritto di prelazione spetti a più soggetti. Si pensi al caso di più intestatari di un contratto di affitto agrario, oppure alla pluralità di confinanti nell’ipotesi di prelazione agraria del proprietario confinante. In tutte queste ipotesi, l’azione di riscatto non determina la necessità di convenire in giudizio tutti gli altri beneficiari pretermessi, poiché la situazione sostanziale dedotta nel processo dal singolo riscattante è una situazione giuridica singola ed autonoma non, invece, plurilaterale, tanto che la modifica favorevole della realtà incide soltanto nei confronti del soggetto riscattante[67].

 

Abstract: The paper aims to analyze the procedural profiles of the action of agricultural redemption, starting from some notes circa the object of the trial established by the cultivator, pretermitted from the purchase of the farmland. The occasion will allow also to develop thoughts on the relationship between the exercise of the formative power (category in which the redemption is traditionally set) and the consequent declaratory trial regarding the intervened substantial modification. The necessary introduction will lead the developing of a reconstructive alternative consistent with the complex actual normative framework in the matter of agricultural pre-emption, contrary to the dominant thesis of jurisprudence, which aims to identify the acquisitive matter in terms of agricultural pre-emption, as possibility traceable to the hybrid figure of the retroactive surrogacy.

 

Keywords: Right of preemption; Agrarian rent;Res Judicata; Cause of action; Potestative rights; Conditional assessment sentence;Adhesive intervention; Retroactive subrogation.



* Il contributo è stato sottoposto a double blind peer review.

[1] Interventi normativi successivi hanno poi esteso la compagine dei soggetti beneficiari del diritto di prelazione rispetto al solo coltivatore già insediato sul fondo: l’ipotesi più rilevante, anche dal punto di vista applicativo, venne introdotta grazie alla legge 14 agosto 1971, n. 817 con l’attribuzione del diritto di prelazione e riscatto in favore del proprietario coltivatore confinante, v. G. Casarotto, La prelazione agraria, in L. Costato - A. Germanò’ - E. Rook Basile (diretto da), Trattato di diritto agrario, vol. I, Torino 2011, pp. 494 ss. Alle medesime condizioni previste per il coltivatore diretto persona fisica, la stessa legge ha esteso il diritto di prelazione anche alle Cooperative agricole di coltivatori diretti. Alla riforma dell’impresa agricola di matrice comunitaria (D.lgs. n. 99 del 2004 e n. 101 del 2005) si deve l’introduzione del diritto di prelazione e riscatto anche in favore delle società agricole di persone, purché costituite da almeno la metà dei soci coltivatori diretti, cfr. S. Matteoli, La prelazione delle società agricole di persone, in Rivista di diritto agrario, II (2019), pp. 175 ss. Più di recente la prelazione agraria è stata estesa, con legge n. 154 del 2016 (c.d. Collegato agricoltura), anche al proprietario confinante, non invece all’affittuario, che rivesta la qualifica di imprenditore agricolo professionale regolarmente iscritto alla corrispondente gestione previdenziale, v. A. Sciaudone, La (nuova) prelazione dell’i.a.p., in Rivista di diritto agrario, II (2019), p. 195. La legge prevede ulteriori requisiti, affinché il coltivatore sia titolare del diritto di prelazione: è necessario che l'affittuario coltivi il fondo da almeno due anni, con lavoro proprio o con quello della propria famiglia, ed inoltre che nel biennio precedente, lo stesso coltivatore non abbia proceduto alla vendita di altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a lire mille (deve essere precisato come il riferimento a lire mille necessiti di inevitabile aggiornamento, aldilà della mera conversione nel cambio attuale, corrispondente a c.a. 50 centesimi di euro, stante la profonda diversità della realtà non solo agraria, ma anche economico-sociale odierna, rispetto a quella considerata quale parametro di riferimento dal legislatore del 1965). [...] ed il fondo per il quale intenda esercitare la prelazione [...] non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della propria famiglia. Ai citati requisiti se ne aggiungono ulteriori, laddove la stessa legge esclude chiaramente il diritto di prelazione quando il fondo sia destinato ad utilizzazione edilizia, industriale o turistica, in base ai piani regolatori, cfr. G. Rossi, La prelazione ed il retratto, Padova 2011, pp. 131 ss.

[2] E’ bene precisare che si utilizza il concetto di potere quale tradizionalmente assunto dalla dottrina in tema di situazioni giuridiche soggettive, senza che sia necessario in questa sede prendere posizione sulla controversa sua nozione, ossia sul fatto che le situazioni giuridiche soggettive siano descrivibili esclusivamente in termini appunto di potere (v. C. Maiorca, Teorie delle vicende giuridiche, Torino 1975, pp. 7 ss.), o di dovere (v. V. Tavormina, Diritto e processo rivisitati, in Jus, I (2013), pp. 58 ss.), oppure che entrambe le figure possano utilmente concorrere per descrivere con efficacia gli effetti delle norme (v. F. Cordero, Le situazioni soggettive nel processo penale, Torino 1957, p. 271).

[3] Il termine azione di retratto è invalso in dottrina, Cfr. ex multis A. Germano’, Appunti sull’azione di retratto, in Giurisprudenza agraria italiana, IX (1976), pp. 476 ss.; C. Ferri, Effetti costitutivi e dichiarativi della sentenza condizionati ad eventi successivi alla sua pronuncia, in Studi in onore di Colesanti, vol. II, Napoli 2009, p.574.

[4] Cfr. ex multis Cass., 2 marzo 2012, n. 3248; Cass., sez. Un., 22 aprile 2010, n. 9523, ancora Cass., 28 giugno 2011, n. 14257 (quest’ultima pronuncia afferma che la tesi della surrogazione retroattiva è condivisa anche in dottrina); Cass., 8 giugno 2007, n. 13387; Cass., 17 ottobre 2003; Cass., 27 gennaio 1999, n. 723, per i precedenti anche più risalenti si veda L. Corsaro, Prelazione e riscatto, I, fondi rustici, in Enc. giur. Treccani, vol. XXIII, Roma 1988, pp. 12 ss. In dottrina in senso adesivo, v. ancora di recente A. Tommasini, Esercizio del riscatto agrario e risarcimento dei danni, in Riv. dir. agr., II (2019), pp. 331 ss.

[5] La citata dichiarazione di riscatto si estrinseca nell'atto unilaterale e recettizio (che può essere contenuto tanto in una dichiarazione stragiudiziale, quanto nell’atto introduttivo del giudizio, attraverso il quale, il prelazionario manifesta al terzo acquirente la propria volontà di acquistare la proprietà del bene a quest'ultimo ceduto in violazione della prelazione, dichiarazione che, per essere efficace, deve pervenire al terzo acquirente entro un anno dalla trascrizione del contratto di compravendita, avente ad oggetto il cespite in questione. Particolare attenzione si nota tanto in dottrina, quanto in giurisprudenza per delineare le caratteristiche della dichiarazione di retratto, cfr. G. Casarotto, La prelazione agraria, in L. Costato - A. Germano’ - E. Rook Basile(a cura di), Trattato di diritto agrario, cit., pp. 540 e ss. Accanto a ciò, è stato osservato da più parti che la dichiarazione di retratto nell’ipotesi della prelazione agraria si connota per un’efficacia tipicamente negoziale: nel momento in cui giunge a conoscenza del destinatario determina il perfezionamento della fattispecie traslativa in favore del dichiarante, dunque produce quegli che sono gli effetti di un negozio traslativo del diritto di proprietà cfr. ampiamente G. Casarotto, La prelazione nell’accesso alla proprietà agraria, Padova 1988, p. 210; conforme Cass. 3 gennaio 2014, n. 40.

[6] Cfr. specificatamente:Cass. 8 giugno 2007, n. 13387; Cass. 17 ottobre 2003; Cass. 27 gennaio 1999, n. 723.

[7] G. Rossi, La prelazione ed il retratto, cit.,pp. 312 ss. testo e note.

[8] Sul tema della retroattività del negozio giuridico cfr. E. Betti, La teoria generale del negozio giuridico, Torino 1960, p. 6. Espressa retroattività è, invece, prevista nelle ipotesi di riscatto c.d. convenzionale, in base agli artt. 1504 e 1505 c.c., i quali, tuttavia, disciplinano analiticamente le modalità con cui il riscattante può surrogarsi retroattivamente nella precedente posizione dallo stesso occupata nella qualità di alienante. Completamente silente da questo punto di vista è la disciplina della prelazione legale, v. anche G. Rossi, La prelazione ed il retratto, cit., 312 testo e note e B. Carpino, L’acquisto coattivo dei diritti reali, Napoli 1977, p. 16; G. Casarotto, La prelazione nell’accesso, cit., pp. 123 ss. Ritiene ammissibile la retroattività del retratto E. Gabrielli, Il rapporto giuridico preparatorio, Milano 1974, pp. 83 e ss. il quale non esclude che l’autonomia privata possa disporre di effetti retroattivi. L’autore, in particolare, distingue due ipotesi di retroattività: da un alto quella assoluta, ossia quella possibilità di travolgere la sfera giuridica di un soggetto terzo rispetto alle parti del negozio avente efficacia retroattiva, dall’altro un’ipotesi di retroattività relativa, in cui ad essere regolati con efficacia retroattiva sono soltanto i rapporti fra le parti del medesimo contratto. Di per sé l’unico elemento che necessiterebbe di una previsione normativa espressa all’interno del fenomeno della retroattività sarebbe soltanto l’efficacia ultra partes, aspetto quest’ultimo che nelle ipotesi di prelazione reale sarebbe pienamente soddisfatto dal dato normativo, laddove si riconosce l’efficacia dell’esercizio del diritto di retratto anche nei confronti dell’avente causa del primo acquirente (si vedano le più volte citate disposizioni normative).

[9] B. Carpino, L’acquisto coattivo dei diritti reali, Napoli 1977, 15 e ss.; G. Casarotto, La prelazione nell’accesso, cit., pp. 109 ss.; v. anche G. Rossi, La prelazione ed il retratto, cit. pp. 309 ss.

[10] Non è, infatti, ostativo all’esercizio del diritto di riscatto il fatto che l’acquisto successivo al primo (che deve essere, invece, ex lege a titolo oneroso) si perfezioni attraverso una donazione, v. B. Carpino, La prelazione nell’acquisto di fondi rustici, in N. Irti (cura di), Manuale di diritto agrario italiano, Torino 1978, p. 420.

[11] Cfr. anche circa i rapporti fra cedente e cessionario riscattato, B. Carpino, L’acquisto coattivo, cit., p. 12.

[12] L’espressione si ritrova in G. Casarotto, La prelazione nell’accesso, cit., p. 112.

[13] Il riferimento risale a L. Enneccerus, Rechtsgeschaft, Bedingung und Anfangstermin, Marburg 1889, pp. 600 ss., in B. Carpino, L’acquisto coattivo, cit.,p. 70. Lo stesso G. Chiovenda, L’azione nel sistema dei diritti, in Saggi di diritto processuale civile, Bologna 1904, p. 109, non manca di annovera il riscatto fra i diritti potestativi, come già fece la citata dottrina tedesca. In giurisprudenza, per la qualificazione del riscatto in termini di diritto potestativo, cfr. Cass., 28 maggio 2019, n.14515, che, nel definire come ipotesi affini il retratto successorio, quello agrario e quello c.d. urbano o locatizio, ritiene si tratti di diritti potestativi ad esercizio stragiudiziale; Cass., Sez. Un., 26 aprile 2012, n. 649.

[14] Sul copioso dibattito dottrinale circa la qualificazione delle situazioni giuridiche potestative si vedaS. Romano, Frammenti di un dizionario giuridico, Milano (ristampa) 1983, pp. 174 ss.; E. Garbagnati, Diritto subiettivo e potere giuridico, in Jus 1941, pp. 550, ss., (riedito in) La sostituzione processuale nel nuovo Codice di procedura civile, Milano 1942, pp. 90 ss., C. Ferri, Profili dell’accertamento costitutivo, Padova 1970, pp. 18 ss.; V. Tavormina, Contributo alla teoria dei mezzi di impugnazione delle sentenze, Milano 1990, pp. 18 ss.; A. Motto, Poteri sostanziali e tutela giurisdizionale, Torino 2012, pp. 23 ss. nonché di recente A. Chizzini, La tutela giurisdizionale dei diritti. Art. 2907 c.c., in Busnelli (a cura di) Il codice civile, Commentario, Milano 2018, pp. 747 ss. e R. Muroni, L’azione ex art. 2932. Contributo allo studio del giudicato costitutivo, Napoli 2018, pp. 98 ss. - 135 ss. All’interno della categoria dei diritti potestativi E. Allorio, L’ordinamento giuridico nel prisma dell’accertamento giudiziale e altri studi, Milano 1957, pp. 103 ss. e Id., Cessazione della proroga per necessità del locatore e problemi di estensione soggettiva della efficacia esecutiva della sentenza e dell’autorità della cosa giudicata, in Giurisprudenza Italiana, I (1970), pp. 369 ss. Per una critica attorno alla stessa necessità di mantenere come autonoma la categoria dogmatica dei diritti potestativi si noti F. Carnelutti, Sistema di diritto processuale civile, I, Padova 1936-1939, pp. 54 -55 alla figura in sé del diritto potestativo, tale che il c.d. rapporto potestativo, riassunto nella posizione di vantaggio, da un lato, e nella soggezione, dall’altro, non individuerebbe altro che una medaglia con una faccia sola e non distinguibile dai semplici poteri giuridici. Nel senso che i diritti potestativi altro non sarebbero se non meri poteri, v. A. Lener Potere b) Diritto privato (voce), in Enciclopedia del Diritto, vol. XXXIV Milano 1985, p. 629. Critico verso l’ammissibilità di un’autonoma posizione sostanziale anche E. Fazzalari, Istituzioni di diritto processuale, VII ed., Padova 2005, pp. 375 ss. testo e note. Anche F. Cordopatri, Contributo allo studio della tutela costitutiva, in Studi in onore di Elio Fazzalari, Milano 1993, pp. 125 ss. - 130 ss.

[15] Si veda per i doverosi approfondimenti lo studio di A. Motto, Poteri sostanziali, cit.,p. 404; v. anche S. Menchini, I limiti oggettivi del giudicato civile, Milano 1987, pp. 185 ss.; C. Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, vol. I, Torino 2019, p. 35 ss.

[16] Cfr. sul punto, E. Allorio, L’ordinamento giuridico nel prima dell’accertamento, cit., pp. 104 ss., l’autore esclude che i poteri possano essere oggetto di accertamento nel processo e con particolare riferimento ai c.d. diritti potestativi, esclude espressamente che lo possano essere quelli (definiti da Allorio non diritti ma poteri) ad esercizio stragiudiziale, quali, appunto, il riscatto che qui ci occupa.Già G. Messina, Diritti potestativi, in Novissimo Digesto italiano, vol. V, Torino 1960, p. 874, dubitava dell’accertabilità dei diritti potestativi prima del loro esercizio. Ancora, A. Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli 2014,p. 168 ritiene che successivamente al proprio esercizio il potere sostanziale si estingua per consumazione e oggetto del giudizio potrà essere solo l’effetto prodotto dall’esercitato potere, ciò sia nel caso in cui la domanda giudiziale venga proposta dal titolare del potere, così come dal soggetto che ne ha subito l’esercizio, il cui interesse sarà quello di chiedere al giudice di accertare la mancata realizzazione dell’effetto.

[17] In questo senso si veda la giurisprudenza in materia di retratto agrario, cfr. Cass. 25 ottobre 2010, n. 21823, come massimata in L. Garbagnati - M. Nicolini - C. Cantu’, Contratti e prelazione agraria. Aggiornamento 2020 con massime inedite, Milano 2020, p. 154, in cui il Supremo Collegio esclude sussista l’interesse ad agire in capo al coltivatore diretto del fondo che chieda soltanto l’accertamento del proprio diritto di prelazione, senza esercitare il retratto ed invocarne gli effetti.  

[18] L’obiezione che più comunemente viene formulata nei confronti di chi ammette l’accertamento del potere sostanziale cfr. M. Fornaciari, Situazioni potestative, tutela costitutiva, giudicato, Torino 1999, pp. 252 ss. è che in queste ipotesi sussisterebbe la carenza di interesse ad agire in mero accertamento, poiché l’attore chiede che venga statuito su una situazione puramente ideale e astratta inidonea a far conseguire alcuna utilità in capo al richiedente. Cfr. in questo senso di recente R. Muroni, L’azione ex art. 2932 c.c., cit., pp. 106 ss. - 129 ss.

[19] Pacifico risulta anche nella giurisprudenza recente il principio per cui grava sul riscattante l’onere di dover provare, secondo il disposto dell’art. 2697 c.c., la sussistenza di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi che assurgono a fatti costitutivi dell’acquisto in via di retratto del diritto di proprietà (fermo restando l’onere di specifica contestazione da parte della controparte). Cfr. Cass., 11 marzo 2020, n. 7023; Cass., 9 marzo 2018, n. 5655; Cass., 22 marzo 2013, 7253 e Cass., 18 maggio 2011, n. 10860, sempre la prassi ammette che tale prova possa essere fornita con ogni mezzo, ivi compreso il ricorso alla prova testimoniale ed alle presunzioni (in questi termini, si riconosce valore indiziario, ancorché qualificato, ai certificati rilasciati dai competenti Uffici della Conservatoria e del Territorio, Cass., 27 marzo 2015, n. 6247).

[20] Cfr. ampiamente A. Motto, Poteri sostanziali, cit., p. 411; C. Ferri, Profili di accertamento costitutivo, cit., p. 233 in nota esclude un’azione di mero accertamento del c.d. diritto potestativo ad esercizio giudiziale, poiché, data la propria natura strumentale, all’accertamento non può che conseguire la modificazione sostanziale. Nel medesimo senso R. Muroni, L’azione ex art. 2932 c.c., cit., p. 108. In questo senso, si noti anche A. A. Romano, L’azione di accertamento negativo, Napoli 2006, p. 255 testo e note che distingue sulla base dell’intuizione già di Allorio; v. anche C. Consolo, Spiegazioni di diritto processuale, cit., vol. I, p. 33 e Id., Oggetto del giudicato e principio dispositivo, I, Dei limiti oggettivi e del giudicato costitutivo, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, I (1991), p. 248.

[21] Cfr., sul tema delle questioni preliminari di merito, la ricostruzione di M. Montanari, L'efficacia delle sentenze non definitive su questioni preliminari di merito, in Rivista di diritto processuale, I (1986), pp. 392 ss.

[22]A. Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale, cit., pp. 165 ss., secondo cui l’esercizio del potere rileva sol circa l’an del prodursi dell’effetto, non anche i sui contenuti, già interamente predeterminati dal legislatore. Al privato è solo concessa la possibilità di scelta circa l’esercizio o meno del potere, non potendo con il proprio atto di esercizio alterare gli effetti previsti dalla legge o dichiarare di avvalersi solo in parte dei medesimi effetti; v. anche R. Oriani, Diritti potestativi contestazione stragiudiziale e decadenza, in I Quaderni della Rivista di diritto civile, Padova 2003, pp. 5 ss. Sulla natura eccezionale del potere sostanziale si veda diffusamente A. Motto, Poteri sostanziali, cit., pp. 8 ss. Nel senso, invece, di ritenere le posizioni giuridiche soggettive qui prese in esame come tipiche, ma non per questo vincolate ad un numerus clausus C. Ferri, Profili di accertamento, cit., pp. 249 ss.

[23] Si veda circa il termine di decadenza nelle ipotesi di prelazione agraria Cass., 3 gennaio 2014, n. 40, in Diritto e giurisprudenza agraria alimentare e dell’ambiente, XI - XII (2014), pp. 1118 ss., nt. di Rauseo, La decadenza dal diritto di riscatto e il principio della scissione degli effetti della notifica dell’atto di citazione. Di contro, può accadere che avanti all’attribuzione di un particolare potere la legge non individui un preciso termine nel quale lo stesso debba essere esercitato, bensì faccia riferimento ad una particolare vicenda che può interessare la relazione sostanziale, sulla quale il potere si fonda.

[24] Cfr. espressamente R. Oriani, Diritti potestativi, cit., p. 123, a conferma di quanto rilevato basti rilevare la copiosa giurisprudenza formatasi nel tempo nella materia della prelazione e riscatto agrario.

[25] Si veda di recente: Cass., 28 maggio 2019, n. 14515, anche per i numerosi precedenti ivi citati, la Suprema Corte in un’ipotesi di riscatto ai sensi dell’art. 732 c.c. ribadisce una costante giurisprudenziale (comune per espressa affermazione della Corte stessa alle diverse ipotesi di riscatto agrario e del conduttore di immobili urbani) che la dichiarazione di retratto può essere formulata anche attraverso l’atto introduttivo del giudizio tendente all’accertamento dell’intervenuta modificazione sostanziale. In questa ipotesi, particolare attenzione, afferma la Corte, dovrà essere prestata all’atto di rilascio della procura speciale al difensore, che dovrà espressamente indicare che al procuratore viene attribuito il mandato professionale ad esercitare il retratto in nome e per conto del proprio assistito, ovvero l’atto introduttivo del giudizio dovrà essere sottoscritto personalmente dal retrattante congiuntamente alla firma del proprio difensore di fiducia. In mancanza di quanto accennato, la dichiarazione contenuta nella domanda giudiziale sarà priva di effetto, ancorché potrà essere reiterata, qualora non sia ancora decorso il termine di decadenza.

[26] Si deve allora ritenere che l’atto introduttivo del giudizio nella sua doppia valenza tanto negoziale, quanto processuale è assoggettato alla disciplina tanto sostanziale del riscatto, quanto processuale dell’atto introduttivo del giudizio. a) Dalla natura recettizia della dichiarazione di riscatto deriva che l’esercizio del potere deve essere portato a conoscenza effettiva del riscattato entro il termine annuale di decadenza. In questo senso, la giurisprudenza ha escluso l’operare la c.d. scissione degli effetti della notifica. Pertanto, il riscatto è efficacemente esercitato allorquando l’atto giudiziale, contenente la relativa dichiarazione, venga portato a conoscenza del riscattato nel termine annuale, non rileva, invece, che l’atto sia stato avviato alla notifica entro detto termine cfr. Cass., 3 gennaio 2014, n. 40 in Diritto e giurisprudenza agraria alimentare e dell’ambiente, cit. Si legge nella medesima giurisprudenza che la conoscenza effettiva può essere anche quella legale, ovvero la notifica dell’atto introduttivo può perfezionarsi anche ai sensi dell’artt. 140 e 143 c.p.c., purché, si perfezioni entro l’anno dalla trascrizione dell’atto di acquisto del bene in spregio alla prelazione. Si, deve, pertanto, escludere che qualora l’attore riscattante abbia proposto la domanda nella forma del ricorso (esempio nella forma di cui all’art. 702 bis c.p.c.) il solo deposito non accompagnato dalla notifica, ancorché effettuato nel termine annuale, possa evitare l’estinzione del potere di riscatto per intervenuta decadenza; b) La dichiarazione di esercizio del riscatto deve provenire dall’avente titolo, pertanto, o l’atto di citazione viene sottoscritto personalmente anche dal riscattante (parte in senso sostanziale del giudizio), oppure il difensore che assiste il riscattante e provvede a redigere e notificare l’atto contenete la dichiarazione di riscatto deve essere munito di procura speciale alle liti cfr. Cass., 3 settembre 1998 e Cass., 8 settembre 1990, al contempo è stato precisato che il riscattante (parte sostanziale) possa ratificare la dichiarazione di riscatto formulata dal proprio difensore, purché la ratifica intervenga entro il termine annuale di decadenza. c) In base alla natura sostanziale della dichiarazione di riscatto non è applicabile al retratto esercitato per via giudiziale la distinzione fra emendatio e mutatio libelli (nozioni proprie del processo e non estendibili ai rapporti negoziali), poiché una volta esercitato il riscatto è inammissibile anche una semplice emendatio ovvero di semplice precisazione della dichiarazione per esempio relativa all’estensione del fondo riscattato, poiché quest’ultima individuerebbe una nuova dichiarazione di retratto cfr, in questo senso Cass., 28 luglio 2015, n. 15865; conforme Cass., 28 giugno 2011 n.14257. d) Sempre la giurisprudenza ha escluso che ai fini dell’esercizio del riscatto in forza della sua natura di potere sostanziale rilevi la sospensione feriale dei termini (attualmente 1 agosto - 31 agosto), cfr. Cass., 8 gennaio 1999 n. 110.

[27] Conformemente a quanto riferito nel testo, la giurisprudenza ha a più riprese ribadito che la valutazione circa la sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi che legittimano l’esercizio del diritto di prelazione deve essere effettuata all’atto della dichiarazione di retratto restando irrilevanti le eventuali sopravvenienze che possono, in un momento successivo, far venir meno i requisiti previsti dalla legge per beneficiare del diritto di prelazione. Si veda anche Cass., 28 febbraio 2012, n. 3010, in questa pronuncia la giurisprudenza definisce il retratto quale facoltà in capo al beneficiario della prelazione, a sottolineare ancora una volta quell’accessorietà del primo rispetto alla prelazione, tale da confermarne la natura rimediale. Ancora, Cass., 8 luglio 2005, n. 14448.

[28] Per le problematiche che la riproposizione della domanda giudiziale, successiva all’estinzione del primo giudizio comporta, specie con riferimento alla tutela e alla certezza dei traffici, cfr. G. Vitali, In tema di esercizio del diritto di riscatto agrario, in Corriere Giuridico, V (1989), p. 499.

[29] Si noti come la tesi giurisprudenziale secondo cui la dichiarazione di riscatto produce efficacia retroattiva nella medesima posizione contrattuale del terzo acquirente sarebbe avvalorata dall’interpretazione letterale del dato normativo, poiché i riconosciuti effetti retroattivi della dichiarazione coincidono con l’efficacia dell’avverarsi dell’evento sottoposto a condizione, secondo la disciplina in materia di condizione apposta ai negozi conclusi fra soggetti privati: Cfr. P. Nappi, Tutela giurisdizionale e contratti agrari, Padova 1992, pp. 255 e ss. l’autore afferma come la Suprema Corte aderisce alla tesi secondo cui la dichiarazione di retratto produca la sostituzione retroattiva del retraente nella posizione del terzo, in quanto un medesimo effetto discenderebbe dall’avveramento della condizione sospensiva prevista per legge.

[30] Come ritenuto in dottrina da R. Oriani, Diritti potestativi, cit.,pp. 115 ss.; si veda per le ipotesi di retratto successorio ex art. 732 c.c. M. Durante, Prelazione e riscatto (Retratto successorio) (voce), in Enciclopedia Giuridica Treccani, vol. XXIII, Roma, 1990, p. 6; per quello urbano ex art. 39 legge n. 392 del 1978: Cass., 14 aprile 1992, n. 4535, in Giusizia Civile, 1992, p. 1451, nt di R. Triola.

[31] Cfr. infra, par. seguente.

[32] La Suprema Corte ha espressamente qualificato come condicio juris meramente potestativa tale previsione in Cass., 8 giugno 2007, n. 13387; già rilevata come tale da Cass., 6 settembre 1999, n. 9401.

[33] In questo senso espressamente ancora Cass., 8 giugno 2007, n. 13387 e Cass., 23 maggio 2001, n. 7030.

[34] Il Supremo Collegio nelle sentenze citate alla nota precedente ha ammesso come anche il rifiuto pretestuoso da parte del retrattato di ricevere il pagamento obblighi il riscattante a procedere con il deposito liberatorio ex art. 1210 c.c., affinché possa ritenersi perfezionata la fattispecie traslativa del diritto di proprietà.

[35]Nello stesso senso la Suprema Corte ha negato che sia sufficiente per determinare il perfezionamento della fattispecie traslativa l’offerta non formale del prezzo previsto dal primo contratto di compravendita, Cass., 6 dicembre 2005, n. 26688: dal momento che l’art. 1220 c.c. ricollega alla seria e tempestiva offerta soltanto il venir meno della c.d. mora debendi, mentre la liberazione del debitore […] consegue soltanto dall’accettazione dell’offerta reale o dall’accettazione (in mancanza della prima) della somma depositata o in difetto anche di quest’ultima dell’accertata validità del deposito.

[36] Cass., 2 marzo 2012, n. 3248; Cass., 8 giugno 2007, n. 13387; Cass., 17 ottobre 2003; Cass., 27 gennaio 1999, n. 723. Si noti quanto affermato da G. Casarotto, La prelazione agraria de jure condendo, in Rivista di diritto agrario, I (2018), pp. 66 e ss. testo e note, in cui l’autore, nel proporre una riforma integrale della disciplina in materia di prelazione agraria, propone anche la riformulazione della norma relativa al pagamento del prezzo d’acquisto poiché la precedente formulazione positiva ha dato adito ad un’interpretazione iniqua ma ormai consolidatissima della Cassazione (e tutt’altro che necessitata dalla disciplina normativa), che ritiene che il prelazionante debba in ogni caso pagare il prezzo nel termine stabilito (ovvero, in caso di rifiuto dell’alienante a riceverlo, provvedere all’offerta reale ai sensi dell’art. 1209 cod. civ. e al deposito ai sensi dell’art. 1210 cod. civ.) anche a fronte di una contestazione dell’alienante, ancorché pretestuosa, dell’esercitato diritto.Si vedano le critiche dello stesso autore per l’interpretazione in esame anche in Id., La prelazione agraria, in L. Costato - A. Germano’ - E. Rook Basile(a cura di), Trattato di diritto agrario, cit., pp.582 ss.

[37] Secondo la medesima giurisprudenza resta inefficace anche l’offerta reale ex art. 1209 c.c. effettuata pendente il giudizio. In particolare, cfr. Cass., 8 giugno 2007 n. 13387 che invita la Corte di Appello presso la quale la causa dovrà essere rimessa dopo la cassazione della sentenza ad attenersi al principio di diritto (richiamato nel testo) circa l’irrilevanza delle offerte formulate dal riscattante e non accettate dal riscattato, in pendenza del giudizio di retratto.

[38] Nel caso esaminato dalla sentenza di cui alla nota precedente il passaggio in giudicato della sentenza tardava di 17 anni rispetto al momento in cui è stato esercitato il diritto di riscatto.

[39] Cfr. Cass., 23 maggio 2001, n. 7030.

[40] La citazione è sempre di Cass., 8 giugno 2007, n. 13387. In senso conforme Cass., 7 dicembre 2000, n. 15531, quest’ultima ha negato che qualora in forza del preliminare di compravendita il promissario acquirente fosse stato immesso nel godimento del fondo, la semplice dichiarazione del beneficiario del diritto di prelazione di esercitare il proprio diritto non legittima quest’ultimo a pretendere di entrare nel godimento del fondo medesimo ovvero di farne propri i frutti, dunque l’esercente la prelazione non ha titolo di pretendere la restituzione dei frutti raccolti dal promissario acquirente prima del pagamento del prezzo di acquisto del fondo.

[41] Di contro, invece, si è ritenuto che se prima del pagamento del prezzo siano stati costituiti dal terzo acquirente diritti reali parziali a favore di terzi sul fondo su cui verte il contenzioso: essi sono a loro volta inopponibili al retraente nel caso di esito positivo della vicenda giudiziaria, non potendo gli stessi rientrare nella logica degli atti di amministrazione del fondo agrario Cass., 16 marzo 1984, n. 1809, nel caso di specie il diritto reale parziario si sostanziava nella costituzione di una servitù prediale sul fondo.

[42] Laddove, invece, nell’aderire alla tesi della retroattività del retratto, gli effetti del suo esercizio investono anche i diritti del retrattato che dipendono dalla situazione giuridica di cui egli era titolare in forza del precedente acquisto, così A. Motto, Poteri sostanziali, cit., p. 618, in particolare nota 698.

[43] Sarebbe questa citata nel testo la logica conseguenza di quelle tesi anche dottrinali che intravedono nel riscatto un diritto soggettivo a tutti gli effetti, si ricordi in particolare B. Carpino, L’acquisto coattivo, cit., pp. 145 ss., che inquadra il retratto quale ipotesi di diritto reale all’acquisto. Mutatis mutandis, anche chi ritiene che il retratto non sia altro se non la nomenclatura tradizionale del diritto di prelazione esercitato nei confronti della parte acquirente, sarà portato a ritenere che l’oggetto del giudizio instaurato dal prelazionario abbia ad oggetto il diritto di prelazione in quanto tale, che una volta accertato produce il proprio effetto soltanto con il pagamento del prezzo d’acquisto, cfr. in questi termini G. Casarotto, La prelazione nell’accesso, cit., pp. 200 ss., più di recente Id, Persistenti incertezze e pervicaci fallacie in materia di prelazione reale, in Studi in onore di Giorgio Cian, vol.II,Padova 2010,pp. 478 ss. Tuttavia, ad avviso dell’autore cfr. anche Id., La prelazione nell’accesso alla proprietà cit., pp. 343 ss. e anche Id., La prelazione agraria cit., pp. 584 ss. secondo cui la fattispecie acquisitiva si perfeziona con l’efficace esercizio del retratto, laddove la condizione sospensiva costituisce un elemento esterno rispetto alla medesima fattispecie e successiva rispetto al proprio perfezionamento. Pertanto, il riscatto è efficacemente esercitato indipendentemente dall’avvenuto pagamento del prezzo, al quale resta soltanto subordinata l’efficacia traslativa.

[44] Ritiene ammissibile un giudicato condizionato in caso sia apposta (come nella fattispecie in esame) al rapporto sostanziale una conditio iuris: B. Zuffi, Sull’incerto operare del fenomeno condizionale nelle sentenze di accertamento e di condanna, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, III (2006),pp. 998 ss., per cui (come già sosteneva C. Calvosa, La sentenza condizionale, Roma 1948, p. 77) la sentenza risulta condizionata in senso derivativo, poiché è l’efficacia della situazione sostanziale di cui si chiede l’accertamento ad essere sottoposta a condizione. Nell’ipotesi della condizione sospensiva meritevoli di accertamento sarebbero quegli “effetti preliminari” che conseguono alla realizzazione parziale della fattispecie prima che si verifichi l’evento dedotto come condizione e che fanno capo ad un “rapporto fondamentale preliminare” idoneo ad addivenire oggetto di accertamento. Nel caso che ci occupa l’affermato rapporto fondamentale preliminare potrebbe individuarsi nel diritto di prelazione, ancorché nella ricostruzione che si presenta quest’ultimo assurge non ad oggetto del giudizio, ma a questione pregiudiziale di merito.

[45] Si fa riferimento in particolare a Cass., 8 giugno 2007, n. 13387; Cass., 6 dicembre 2005, n. 26688; Cass., 23 maggio 2001, n. 7030; Cass., 7 dicembre 2000, n. 1553. In questi casi la giurisprudenza ha ritenuto come la condizione di cui al comma art. 8, co. 8 legge n. 590 del 1965 sia riferibile all’ipotesi di retratto, tanto da negare che la semplice offerta formale attribuisse il diritto del riscattante ad ottenere il godimento del bene prima del passaggio in giudicato della sentenza secondo quanto disposto dall’art. unico legge n. 2 del 1979.

[46] Cfr. contra espressamente G. Casarotto, La prelazione nell’accesso, cit., p. 339, nota n. 4, tuttavia l’autore nell’opera citata afferma espressamente: la norma del co. II dell’art. un. della l. n. 2/1979 è univocamente diretta a garantire al coltivatore la certezza del suo acquisto prima di imporgli il pagamento, cfr. Id., La prelazione, cit., 341, acquisto che però avverrebbe soltanto con il pagamento del prezzo. Questa affermazione appare criticabile ovvero incoerente con la premessa da cui muove lo stesso autore, in quanto ritenendosi applicabile l’art. 8 co. 8 legge n. 590 del 1965, non richiamato dalla legge n. 2 del 1979, alla fattispecie di retratto, l’acquisto del coltivatore non può stabilizzarsi prima dell’avvenuto pagamento del prezzo indicato nel contratto di compravendita, in quanto solo questo fatto determinerebbe il trasferimento del diritto di proprietà dal riscattato in favore del riscattante: non potrebbe profilarsi allora una certezza dell’acquisto prima del pagamento, proprio perché l’acquisto non si sarebbe ancora nemmeno perfezionato.

[47] Aderisce a questa tesi R. Oriani, Diritti potestativi, cit., pp. 113 e ss.

[48] Cfr. Cass., Sez. un., 26 marzo 1992, n. 3730, in Rivista di diritto agrario, 1992, pp. 32 e ss., nt P. Nappi, Domanda di retratto e domanda di rilascio dalla sospensione per pregiudizialità alla continenza di cause il passo è possibile e più di recente Cass., ord., 3 marzo 2017 n. 5463. In questo senso, solo ammettendo che il giudizio di riscatto tenda all’accertamento del diritto di proprietà in capo al prelazionario si può giustificare, come ora si vedrà nel testo, la sospensione ex art. 295 c.p.c. del processo tendente al rilascio del bene, poiché estinguendosi per confusione il rapporto locatizio nel diritto dominicale, il conduttore è tenuto a rilasciare il bene acquistato in via di retratto.

[49]Vi è, peraltro, chi ha ritenuto che in capo al giudice adito per la causa di retratto sussista comunque l’obbligo di decidere con efficacia di giudicato la questione attinente al contratto di affitto agrario per volontà di legge ex art. 34 c.p.c. cfr. P. Nappi, Tutela giurisdizionale e contratti agrari, cit., pp. 261 e ss., in particolare anche le note 93, 94 e 97.

[50] Cass., Sez. un., 26 marzo 1992, n. 3730, cit., le Sezioni unite, nel riconoscere la pregiudizialità dell’azione di riscatto, affermano: il retratto quale diritto potestativo con effetti retroattivi preclude ab initio al terzo acquirente di acquisire la qualifica di concedente e di esperire i diritti che alla stessa si collegano. Correlativamente, il retraente, divenendo proprietario ex tunc del fondo, perde contestualmente, per evidente incompatibilità logica e giuridica, la veste di affittuario del medesimo fondo cit. in P. Nappi, Tutela giurisdizionale e contratti agrari, cit., p. 253; così anche L. Garbagnati - M. Nicolini, Controversie in materia agraria, in Estratto dal volume di aggiornamento iv dell’Enciclopedia Giuridica, Roma 1995, p. 6. L’intervento delle Sezioni Unite della Corte fu reso necessario stante il conflitto fra le sezioni semplici in ordine alla pregiudizialità fra il rapporto di affitto agrario e quello di riscatto.

[51] In senso conforme, come già accennato in precedenza R. Oriani, Diritti potestativi, cit., 115. Contra oltre a B. Carpino, L’acquisto coattivo, cit., pp. 130 ss., Id. Riscatto (voce) in Enciclopedia Giuridica, Milano 1989, p. 1113, anche G. Casarotto, La prelazione nell’accesso, cit., pp. 337 ss., così anche C. Ferri, Effetti costitutivi, cit., pp. 572 ss. L’autore ritiene che nel caso di esercizio del retratto attraverso l’azione giudiziaria, qualora il retrattante non provveda al pagamento del prezzo lite pendente oppure a farne offerta nei modi di legge, si limita ad accertare quelli che sono i presupposti affinché si produca l’efficacia traslativa del diritto reale, effetto quest’ultimo che consegue soltanto successivamente al pagamento del prezzo.

[52] Cfr. Cass., 29 gennaio 2010, n. 2044, in Dir. e giur. agr. alim. e ambiente, IV (2010), pp. 246 ss., nt O. Cinquetti, Affittuario inadempiente e diritto di prelazione; Cass., 16 novembre 2005, n. 23079; Cass., 10 novembre 1994 n. 9402; Cass., 10 agosto 1988 n. 4923, la ragione addotta affinché l’intera vicenda acquisitiva (tanto quella avvenuta in via di riscatto, quanto il successivo atto di trasferimento) risulti viziata da nullità viene ravvisata in giurisprudenza nella frode alla legge cfr. anche R. Oriani, Diritti potestativi, cit., p. 118: il diritto di prelazione viene attribuito al preferito per garantire continuità o implementare il progetto produttivo e non per una finalità speculativa. Per cui l’esercizio del diritto di prelazione o del rimedio del retratto per finalità diverse rispetto a quelle attinenti all’attività imprenditoriale svolta rende nullo l’acquisto effettuato in prelazione. Nella materia agraria sussiste, peraltro, un ulteriore disincentivo ad alienare il bene dopo un ristretto lasso temporale rispetto all’acquisto, ossia la disciplina in materia di agevolazioni fiscali previste per l’acquisto di terreni agricoli da parte di soggetti coltivatori. Infatti, ai sensi dell’art. 4 bis legge n. 258 del 2010, come modificato e integrato dall’art. 1 legge n. 208 del 2015, il trasferimento di terreni agricoli acquistati con i benefici fiscali previsti dall’appena citata disciplina prima che siano decorsi cinque anni dall’avvenuta compravendita, determina la decadenza dai benefici stessi, costringendo il coltivatore trasferente a versare la differenza fra quanto pagato e quanto avrebbe dovuto pagare in assenza dei benefici fiscali.

[53] Per un orientamento dottrinale contrario si veda quanto riferisce B. Carpino, L’acquisto coattivo, cit., pp. 134 ss. testo e note ove viene riportata giurisprudenza che aderisce all’insegnamento citato nel testo. L’autore ritiene che analoghi effetti si verifichino nel caso di cui all’art. 874 c.c., poiché il proprietario confinate al fine di ottenere la comunione forzosa del muro deve versare il relativo prezzo di acquisto, che in caso di mancato accordo fra le parti, dovrà essere stabilito dal giudice; finché detto prezzo non viene versato al proprietario -edificatore non si potrà determinare in favore dell’altro l’effetto costitutivo del diritto di proprietà.

[54] Circa la natura della fase tipicamente liquidatoria del giudizio divisorio si veda G. Pavanini, Natura dei giudizi divisori, Padova 1942, pp. 107 ss., l’autore ritiene che la sentenza di divisone della comunione affianchi ad una statuizione tipicamente dichiarativa circa l’esistenza del diritto potestativo di pretendere la divisione, un’altra avente natura costitutiva in cui l’autorità giudiziaria provveda alla formazione delle quote ed alla ripartizione delle medesime fra i condividenti, con l’eventuale previsione dei conguagli.

[55] Cfr. in questi termini Cass., 23 gennaio 2017, n. 1656: la Suprema Corte espressamente esclude che al giudice possano essere attribuiti poteri integrativi nell’ipotesi de qua, tali da poter condizionare l’efficacia costitutivo - traslativa tipica di tale sentenza al pagamento dei conguagli previsti. Peraltro, la pronuncia appena citata distingue espressamente la sentenza resa ex art. 713 c.c. (così come ex art. 1111 c.c.) da quella pronunciata ai sensi di cui all’art. 2932 c.c. Infatti, nel secondo caso l’adempimento della contro prestazione è previsto come ipotesi di condizione dalla disposizione normativa, per cui fintanto che la parte promissaria non abbia adempiuto alla propria prestazione l’effetto corrispettivo (nella tipica logica sinallagmatica del contratto definitivo di cui la sentenza tiene luogo) non si produce. Il mancato avveramento dell’evento futuro ed incerto dedotto in condizione determina, ad avviso sempre della giurisprudenza, l’inefficacia della sentenza. Viceversa, nell’ipotesi della sentenza di divisione l’effetto è prodotto con il passaggio in giudicato della sentenza, non rappresentando il conguaglio una condizione ex lege alla produzione dell’effetto, ma senza nemmeno che al giudice sia concesso subordinare l’efficacia traslativa alla condizione del pagamento dei conguagli.

[56]Cfr. anche B. Carpino, Prelazione e riscatto di immobili urbani (voce) in Enciclopedia Giuridica Treccani, vol. XXIII, Roma 1990, p. 9, e Id., La prelazione agraria, cit., pp. 421 ss., secondo cui l’inopponibilità citata nel testo discende dalla stessa previsione di legge, senza la necessità di introdurre un’ibrida figura di surrogazione retroattiva. L’autore ritiene che l’esercizio del retratto determini un acquisto a titolo derivativo del fondo offerto in vendita in violazione della prelazione, ammettendo come il retraente acquisti il fondo dal soggetto (terzo acquirente o suo avente causa) che ne risulta essere attualmente proprietario senza che venga sostituito nella posizione contrattuale ricoperta dal terzo nel primo contratto traslativo, ammettendo non un ipotesi di surrogazione retroattiva con efficacia ex tunc, bensì un acquisto che da quel momento produce i propri effetti, da ciò l’opponibilità al retraente delle modifiche sopravvenute circa la destinazione del fondo, stante infatti l’efficacia ex nunc dell’acquisto i requisiti previsti dalla legge dovrebbero essere verificati al momento in cui il riscatto viene esercitato, a nulla rilevando il fatto che sussistano nel momento della conclusione del contratto fra primo alienante e terzo acquirente.

[57] Il caso sottoposto all’attenzione della giurisprudenza riguarda l’acquisto del fondo rustico da parte di un coniuge in regime di comunione legale dei beni, anche in questa ipotesi è stato chiarito che l’azione di riscatto dovrà essere proposta nei confronti di entrambi i coniugi, trattandosi di un’ipotesi di litisconsorzio necessario cfr. Cass. 15 giugno 2016, n. 12295, precedentemente si veda l’arresto delle Sezioni Unite in materia di prelazione c.d. urbana: Cass., Sez. un., 22 aprile 2010, n. 9523 secondo cui, peraltro, la tempestiva integrazione del contraddittorio esclude il maturare del termine annuale di decadenza, qualora il riscatto sia stato esercitato tempestivamente nei confronti di almeno uno dei litisconsorti, mentre non rileva che all’atto dell’integrazione nei confronti del pretermesso il termine previsto dalla legge per l’esercizio sia già maturato, cfr. in questo senso, A. Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale, cit., p. 295. Con riferimento al riscatto agrario Cass., 30 dicembre 2011, n. 30424. Dubita, invece, della correttezza di questa impostazione C. Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, vol. II, Torino 2019, p. 117.

[58] Cfr. l’orientamento costante in giurisprudenza ex multis: Cass., 24 luglio 2012, n. 12893; Cass., 4 giugno 2007, n. 12934; Cass., 27 marzo 2007, n. 7501.

[59] Cfr. ex multis Cass., 17 aprile 2013, n. 9238; Cass., 25 luglio 2008, n. 20428; Cass., 11 dicembre 2012.

[60] Bisogna chiedersi se si tratta di una garanzia reale propria o impropria. Come noto, la distinzione si fonda rispettivamente sull’unicità, ovvero sulla diversità del rapporto sostanziale dedotto in giudizio dall’attore, rispetto a quello fatto valere dal chiamante, cfr. C. Consolo, Spiegazioni di diritto processuale, cit., vol. II, 82 ss. Nonostante la giurisprudenza propenda per la natura impropria della garanzia invocata dal riscattante nei confronti del venditore (cfr. Cass., 6 dicembre 2005, n. 26690; Cass., 4 giugno 2001, n. 7514; Cass., Sez. Un., 1 luglio 1997, n. 58599, pare più corretto inquadrare l’ipotesi in esame nella garanzia propria: unico è, infatti, il rapporto sostanziale che si deduce in giudizio, ovvero quello attinente al diritto di prelazione dalla cui violazione sorge il potere di riscatto. Tanto che solo l’accoglimento della domanda di riscatto determina il sorgere del diritto ad essere garantito in favore del riscattante avverso il proprietario venditore. D’altro canto, la medesima giurisprudenza ricorre alla garanzia per evizione (ipotesi pacificamente riconducibile alla garanzia propria) per inquadrare la pretesa che il riscattato fa valere nei confronti del riscattante cfr. Cass., 3 maggio 2016, n. 8692; Cass., 11 dicembre 2012, n. 22625; Cass., 26 giugno 2007, n. 14754; Cass., 15 febbraio 2007, n. 3465. Per queste diverse ragioni esposte, si ritiene che il c.d. rapporto di garanzia che si instauri fra il riscattato (garantito) e il venditore (garante) sia inquadrabile quale ipotesi di garanzia propria.

[61]Cfr. la giurisprudenza citata alla nota precedente, in particolare Cass., 3 maggio 2016, n. 8692 che afferma come la responsabilità a titolo di evizione dipende per il solo fatto che il riscattato perda il diritto acquistato dal venditore cosicché risulterà necessario ristabilire la situazione economica in capo al primo, come risultante anteriormente rispetto alla vendita. Cfr. anche Cass., 10 luglio 2014, n. 15754; nello stesso senso si veda la già citata Cass., 17 aprile 2013, n. 572; Cass., 11 maggio 2010, n. 11375 cit. che esclude come dal prelazionario possano essere proposte azioni diverse, rispetto a quella di retratto.

[62] La qualità di prelazionario e, quindi, il rapporto bilaterale di prelazione certamente non può formare oggetto del giudizio di riscatto poiché questo rapporto sostanziale rileva nei confronti del terzo convenuto quale mero presupposto sostanziale dal quale è sorto l’esercitato potere di riscatto in capo all’attore. Ciò non toglie, tuttavia, che il diritto di prelazione identifichi un elemento costitutivo della fattispecie acquisitiva del riscatto, ovvero una questione pregiudiziale di merito, che il giudice dovrà risolvere incidenter tantum, qualora sia contestato dal terzo la qualità di prelazionario in capo all’attore: senza, però, statuire con efficacia di giudicato sulla spettanza o meno del diritto di prelazione. Mutatis mutandis il diritto di prelazione assume, nel giudizio di retratto, un ruolo non diverso da quello che secondo Cavallini, L’oggetto del giudizio di rivendica, Napoli 2002, pp. 327 ss. si debba riconoscere al diritto di proprietà nell’azione di rivendica, in cui la proprietà non è l’oggetto del giudizio instaurato dal rivendicante, ma solo quel presupposto sostanziale legittimante a proporre l’azione di rivendica, che ai sensi dell’art. 34 c.p.c. può divenire oggetto di accertamento, qualora una parte lo richieda. Si noti in questo senso anche la giurisprudenza, cfr. Cass., 12 settembre 2011, n. 18644, ritiene che la questione circa la spettanza o meno in capo al riscattante del diritto di prelazione viene decisa incidenter tantum e non costituisce oggetto del processo di retratto. Se si propende per ammettere la domanda di accertamento incidentale del rapporto pregiudiziale prelatizio nonostante intercorra inter alios, a rigore il terzo acquirente, per esempio nel caso di prelazione dell’affittuario coltivatore diretto ai sensi dell’art. 8 legge n. 590 del 1965, potrebbe non solo contestare la qualità di prelazionario in capo al pretermesso, ma prima ancora contestare all’attore riscattante la qualità di conduttore del fondo compravenduto e formulare a sua volta, in via incidentale, una domanda di accertamento negativo circa l’insussistenza in capo al riscattante del citato rapporto locatizio, cfr. in giurisprudenza, Cass., 22 febbraio 2013, n. 4624; Cass., 16 febbraio 2005, n. 3105. Si veda anche per i profili meno recenti del dibattito dottrinale e giurisprudenziale il recente lavoro di M. Pilloni, Profili processuali della domanda di accertamento incidentale, Padova 2020, pp. 80 ss., 90-91.

[63] La questione presenta profili discussi per quanto riguarda l’interventore solo ad adiuvandum, poiché il medesimo interviene come parte accessoria, senza dedurre in giudizio una propria situazione giuridica soggettiva. Per comprendere se all’interveniente spetti il potere di proporre una domanda ex art. 34 c.p.c. occorre valutare se al terzo intervenuto possa riconoscersi la qualità di parte in senso proprio del processo a cui spettino i poteri che la legge processuale garantisce alle parti, oppure l’interventore in via adesiva occupi nel processo soltanto una posizione strettamente accessoria e subordinata a cui rimane precluso l’esercizio dei poteri, che spettano alle partiprincipali, cfr. anche per i riferimenti bibliografici A. Chizzini, L’intervento adesivo, II, struttura e funzione, vol. II, Padova 1992, pp. 889 e ss., con particolare riferimento alla domanda di accertamento incidentale, 921, nota n. 266 e Id. L’intervento adesivo, Premesse generali, Vol. I, Padova 1992, pp. 6 ss., nota n. 6. Si noti in particolare il tendenziale riconoscimento del potere di impugnare la sentenza in capo all’interventore in via adesiva cfr. C. Consolo, Spiegazioni di diritto processuale, cit., vol. II, p. 61 con riferimento all’arresto delle Sez. Un., 4 dicembre 2015, n. 24707 in Giur. It., III (2016), pp. 593 ss., nt C. Consolo - L. Baccaglini - F. Godio, Le sezioni unite e il venir meno della distinzione tra garanzia propria e garanzia impropria, cosa muta (e cosa no) nella dinamica processuale. Anche la recente giurisprudenza (sebbene in materia di assoggettamento dell’interventore adesivo al pagamento delle spese di lite) riconosce all’intervenuto in via adesiva la qualità di parte del processo cfr. Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2019, n. 27846; Cass., 18 aprile 2000, n. 5025.

[64]In questi termini Cass., 2 marzo 1998, n. 2269; conforme Cass., 1 dicembre 2000, n. 15365, pur potendo condividere il risultato a cui giungono le due sentenze citate, risulta errato definire come riconvenzionale la domanda di accertamento proposta dal convenuto circa la sussistenza del rapporto agrario, in quanto la questione sull’affitto agrario ha carattere di pregiudizialità rispetto alla controversia del riscatto, atteggiandosi come questione pregiudiziale di merito di per sé conosciuta incidenter tantum dal giudice ai soli fini di pronunciare la sentenza sulla causa di riscatto. La formulazione all’uopo di una domanda comporterebbe l’applicazione dell’art. 34 c.p.c. poiché la domanda di accertamento incidentale nulla aggiunge alla cognizione del giudice, ma si limita a richiedere che una questione avente carattere pregiudiziale venga decisa con efficacia di giudicato. Non si conviene, inoltre, con quella parte della dottrina cfr. R. Tiscini, Della modificazione della competenza per ragioni di connessione, artt. 31 - 40, Accertamento incidentale, in S. Chiarloni (diretto da), Commentario al Codice di procedura civile, Bologna 2016, pp. 156 ss. che ritiene che la qualifica di affittuario del fondo rivesta solo il ruolo di un presupposto di fatto e, dunque non individui elemento idoneo ad essere oggetto di accertamento giurisdizionale. Tale conclusione viene giustificata sulla base della diversa competenza fra le Sezioni Specializzate agrarie e il giudice ordinario in ordine alle due questioni. Ma come affermato da altra dottrina, v. A. Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale, cit.,pp. 326 e ss., il rapporto di pregiudizialità dipendenza è da ricondursi al diritto sostanziale, se il nesso sostanziale costituisce il substrato del fenomeno processuale la sussistenza del rapporto di pregiudizialità dipendenza, fra due fattispecie sostanziali, non potrebbe essere negata in ragione di una mera disposizione processuale, vertente circa la diversa ripartizione di competenze fra giudice specializzato e giudice ordinario.

[65] Si veda ancora di recente Cass., 27 settembre 2010, n. 19748.

[66]Stante la differente competenza (i.e. per materia), nel caso in cui nel processo pendente per l’esercizio dell’azione di riscatto il convenuto proponga domanda riconvenzionale per l’accertamento della insussistenza del rapporto di affitto agrario in capo all’attore, ex art. 36 II parte c.p.c., l’intera controversia dovrà essere riassunta davanti al Giudice specializzato, che deciderà anche sulla domanda di riscatto del fondo rustico, cfr. Cass., 27 maggio 2011, n. 11748; conformi Cass., 1 dicembre 2000, n. 15365 e Cass., 2 marzo 1998, n. 2269. Fra gli autori vi fu chi, dopo la legge n. 29 del 1990, che con generica locuzione attribuisce alla competenza del giudice specializzato “tutte le controversie in materia di contratti agrari o conseguenti alla conversione dei contratti associativi in affitto sono di competenza delle sezioni specializzate agrarie di cui alla Legge 2 marzo 1963 […]”, ritenne che le controversie in materia di prelazione e riscatto agrario dovessero essere devoluta alle Sezioni Specializzate, in quanto sia il diritto di prelazione sia quello di riscatto si pongono in immediata connessione con l’attività di coltivazione del fondo rustico a norma dell’art. 8 legge n. 590 del 1965, cfr. P. Nappi, Tutela, cit., 249 e ss. Condivide questa posizione C. Mandrioli - A. Carratta, Diritto processuale civile, vol. III, XXV ed., Torino 2016, p. 375, con giurisprudenza contraria in nota n. 58. Rileva, però, correttamente A. Germano’, Il diritto processuale dell’agricoltura, in L. Costato - A. Germano’ - E. Rook Basile (a cura di), Trattato di diritto agrario, vol. I, Torino 2011, pp. 821 ss. come, oltre a risultare ius receptum in giurisprudenza,l’attribuzione al giudice ordinario delle controversie in materia di prelazione e riscatto assicura il non secondario vantaggio di evitare il frazionamento fra la competenza del Tribunale e del giudice specializzato nell’ipotesi di prelazione del confinante, non affittuario, coltivatore diretto ex art. 7 legge n. 817 del 1971, rispetto ai quali certo non rileva la sussistenza del contratto di affitto. Ribadisce l’estraneità delle cause in materia di riscatto agrario dalla competenza delle Sezioni Specializzate, Cass., 22 luglio 2016, n. 15136.

[67]In pari tempo la giurisprudenza ha correttamente precisato che non sussiste nemmeno un’ipotesi di litisconsorzio necessario c.d. processuale, per cui il processo nato come litisconsortile può cessare di esserlo in ogni sua fase. È il caso (deciso dalla giurisprudenza) in cui ci si deve chiedere se, concluso il giudizio di primo grado, la parte soccombente debba impugnare la sentenza (o i capi della sentenza) nei confronti di tutte le parti del giudizio di primo grado ai sensi dell’art. 331 c.p.c., oppure soltanto di alcune, notificando alle altre l’atto di impugnazione ai soli fini di denuntiatio litis. La risposta corretta si deve ritenere la seconda poiché non sussiste nessun nesso di inscindibilità sostanziale nell’ipotesi in cui il diritto di prelazione spetti a più soggetti sul medesimo fondo, né di connessione per pregiudizialità dipendenza, stante l’autonomia di ciascuna situazione giuridica di prelazione, infatti, ben potrà essere accertato che il trasferimento si sia perfezionato solo nei confronti di un soggetto beneficiario del riscatto e non, invece, nei confronti degli altri cfr. Cass., 19 aprile 2011 n. 8989.

Martinoli Riccardo



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