Compositio quadrata
Umberto Vincenti*
COMPOSITIO QUADRATA**
English title: Compositio Quadrata
DOI: 10.26350/18277942_000083
Sommario: 1. La retorica elevata. – 2. L’ordine retorico. 3. La costruzione congrua. – 4. La selezione dei dati. – 5. La congruità dello spazio pubblico di discussione. – 6.Geometria delle parole. – 7. Exempla.
- La retorica elevata.
La retorica può essere approcciata a vari livelli: il primo livello è piuttosto emotivo (tipo: la retorica mi interessa perché può infondermi la capacità di esprimermi al meglio e ciò mi farà apparire come uno in gamba); il secondo livello è metodico e cognitivo (la retorica è un sapere da acquisire perché mi offre un metodo per implementare, organizzare e trasmettere le mie conoscenze); il terzo livello è piuttosto etico (la retorica crea – deve creare – un ordine e l’ordine è governato dalla linearità, dalla coerenza, dalla rettitudine intesa come qualità sia del ragionamento sia dello stesso spazio pubblico di discussione). Un po’ come nei tre mondi di Popper: il mondo 3 della retorica è il più elevato, ma vi si può arrivare passando prima per il mondo 1 e il mondo 2. Da questo punto di vista – la retorica vista dall’alto – appare riduttivo il termine comunicazione: comunichiamo al bar o tramite whatsapp, ma retoricamente si discute e ci si confronta per acquisire consapevolezze e aumentare il sapere che conta e lo si fa istituzionalmente non in una conversazione privata, bensì nello spazio pubblico dove sono in gioco interessi collettivi, talora supremi. Anche se è vero che molti pensano o, appunto, riducono la retorica a quelle «macchinazioni della persuasione (Überredung) … in vista di un artificioso suggestionare (Überlistung)»: sono parole di Kant che giunge, però, a una conclusione eccessiva perché per lui «l’arte oratoria, in quanto arte di servirsi della debolezza umana ai propri fini … non merita alcuna stima»[1].
- L’ordine retorico.
Credo che sull’inventio, sull’elocutio, sull’actio ci sia, in una prospettiva didattica, meno da dire; anche sull’inventio, pur se ci intriga perché desidereremmo tanto che, con l’inventio, la retorica ci fornisse i contenuti del discorso o, almeno, gli strumenti per giungere ai contenuti. Ma ai contenuti ci si arriva attraverso l’indagine e la ricerca, se vogliamo attraverso l’acculturamento, lo studio: combinando le conoscenze, facendole interagire le une con le altre, ed essendone capaci (e non tutti lo sono), nascono nuove idee e nuovi paradigmi.
Qui ci occuperemo dell’ordine; e dunque scaveremo un po’ dentro la dispositio, apparentemente la parte della retorica meno creativa, ma essenziale perché all’ordine possono, e debbono, pervenire tutti. Debbono: in quanto è implicato un profilo etico che ci impegna come cittadini di una res publica. Da questo punto di vista è la dispositio ad avere la primazia: non ha il fascino creatore dell’inventio e, per questo, è meno attenzionata; ma è fondante di qualunque discorso e l’ordine corretto dell’esposizione, non facile da trovare, può divenire esso stesso un argumentum che è quello intrinseco alle cose ben fatte.
Che significa dispositio? Mettere ordine tra i materiali che si sono raccolti per la redazione di un discorso; cioè trovare la concatenazione corretta che sarà, a un tempo, la migliore nella progressione logica e la più onesta nella presentazione all’udienza, a cui la linearità e l’assenza di deviazioni consentono di valutare senza gli inconvenienti dell’esposizione confusa, talora volutamente confusa perché così si spera nell’errore di valutazione, un espediente, questo, che alimenta appunto la speranza qualora la tesi sostenuta sia fragile. Ecco i due profili che la dispositio dovrebbe istituzionalmente assumere: un ordine a un tempo logico e onesto.
- La costruzione congrua.
Vediamo in dettaglio con l’ausilio di Quintiliano.
Il passo da cui potremmo prendere l’abbrivio è questo:
Ordo quoque rerum aut adfert aut detrahit fidem; multo scilicet magis res, prout ponuntur, congruunt aut repugnant. Sed haec nisi in ipso complexu causarum non deprehenduntur. Quarendum tamen semper, quid cuique connectatur et quid consentiat[2].
Vi sono alcune parole che debbono essere sottolineate: ordo, congruunt, connectatur, consentiat. L’ordine è l’ordine di successione – di presentazione: ponuntur – degli argomenti: se ben costruito, se tra gli argomenti vi sia connessione, e ogni passaggio consenta un’acquisizione di conoscenza, allora l’ordine assurge esso stesso ad argomento o a super-argomento: diviene appunto un mediatore di fiducia (fides che, ove regni invece il disordine e la disconnessione, viene ad essere minata o sminuita a prescindere dalla bontà dei singoli argomenti). Ecco allora l’avvertimento-istruzione finale. Occorre ricercare sempre che tra le res – argomenti o, anche, fatti – vi sia armonia e non distonia: connectari, appunto, e consentire, cioè armonia, compatibilità e, il termine è pregnante, congruenza (congruere).
Da qui giungiamo al secondo passo di Quintiliano dove si presenta a modello la levis et quadrata sed virili tamen compositio[3]. Anche in questo passaggio i termini adoperati sono precisi e, pur nell’estrema sintesi, rendono perfettamente il pensiero. Anzitutto ci si riferisce a una compositio: cioè a un testo scritto composto, redatto, in un certo modo, ove le parole e le proposizioni sono opportunamente disposte e collocate, secondo un conveniente collegamento reciproco. Questa disposizione, questa organizzazione, quest’ordinamento è confermato dall’aggettivo levis: riferito a un discorso pone l’accento sulla struttura del testo, armoniosa e scorrevole. Lo stesso canone esprimeva Cicerone:
Conlocationis est componere et struere verba sic, ut neve asper eorum concursus neve hiulcus sit, sed quodam modo coagmentatus et levis[4] .
La conlocatio è la disposizione di un testo quale risulta mettendo insieme le parole e schierandole opportunamente al fine di evitare che la composizione risulti sconnessa o i periodi siano slegati tra loro; cosicché la composizione dovrà essere un tutt’uno, appunto, levis. Ma torniamo al passo – il secondo di Quintiliano – la compositio levis è definita quadrata: l’aggettivo quadratus è più che pregnante, come tra breve vedremo. Intanto, per capire meglio o, forse, per avere una conferma autorevole, consultiamo il Forcellini:
Oratio quadrata, in qua verba apte congruunt, ut quadrati lapides in structuris[5].
A parte il riferimento all’oratio e non alla compositio (che indica piuttosto il lavoro della composizione di un testo più che l’orazione compiuta), l’aggettivo quadratus segnala la conseguenza di una redazione nella quale vi sia congruenza – concatenazione – tra le parole e i periodi introdotti in una struttura testuale, com’è nella struttura di un edificio costruita con pietre quadrate. Congrua è dunque quella costruzione i cui singoli elementi siano atti «ad integrarsi a vicenda fra loro secondo un disegno coerente»[6]. Com’è stato osservato, il criterio o principio di congruenza attiva il soggetto almeno in due diverse direzioni, a seconda del ruolo ch’egli assuma nel contesto: egli può instaurare connessioni particolari nella composizione di un testo, un’orazione come anche una costituzione politica (o altro)[7]; come pure rilevare queste stesse connessioni se il suo atteggiamento non sia operativo ma riflessivo com’è il caso di un’udienza a cui l’oratore propone la sua arringa[8].
- La selezione dei dati.
È proprio questo secondo atteggiamento che ha considerato, in pagine che meritano di essere ricordate, Alessandro Giuliani evocando, e analizzando, il broccardo medievale articulus impertinens non est admittendus[9]: è nel momento del giudizio, cioè della valutazione della bontà di una tesi o di un’antitesi, che occorre separare «ciò che è essenziale, rilevante nella ricerca»[10]. Rilevante è lo stesso che congruo. Ecco allora che l’applicazione del principio di congruenza è – o può essere – determinante nella valutazione di una compositio. Non bisogna deviare dalla via diritta imposta dalla logica delle premesse date per cui «certe vie dell’indagine vanno senz’altro escluse per evitare gli errori»[11]: quelle vie fuorviano, sono vie deviate.
Questa selezione dei dati – e selettività sistemica – era nella concezione e nella pratica dei cinque tribunali ateniesi: ognuno era competente per una sola, e definita, questione i cui confini permettevano di includere nella discussione alcuni, e non altri, fatti e/o argomenti[12]. Era una regola funzionale a tener fuori dalla trattazione quanto è estraneo al punto in decisione: è naturale che qualunque confronto dialettico serve meglio alla causa della ricerca qualora sia consentito introdurre solo quei dati che siano, a loro volta, causali della conclusione corretta. Ciò si traduce in uno schema ordinatorio da cui sarà più difficile deviare se gli agenti si siano previamente accordati sul percorso: come era nella litis contestatio del processo formulare romano, com’è oggi nella pretrial conference. La congruenza o pertinenza è un capitolo molto importante dell’educazione dei futuri giuristi nel mondo anglosassone: il primo fra gli oggetti del corso di Evidence all’Harvard Law School (e in ogni altra università americana).
- La congruità dello spazio pubblico di discussione.
Si capisce che il principio di congruenza ha un ambito di applicazione piuttosto vasto; e ci può utilmente guidare anche nella sfera privata. Ma se si rimane all’ambito proprio di queste brevi riflessioni, esso può conformare rettamente non solo il discorso per l’udienza o in genere il testo scritto, ma lo stesso spazio pubblico di discussione: naturalmente anche lo spazio della retorica o, se si vuole, i luoghi dell’oratore intesi come spazi della ricerca attraverso il confronto competitivo delle opinioni. Vi è un aggettivo che ricorre in Ermagora di Temno a individuare le questioni o cause che non hanno consistenza (non consistunt) perché sono prive di contraddittorietà, cioè di possibilità di contraddittorio: l’aggettivo è asústaton che, in riferimento alla quaestio, ne intende negare l’essenza in quanto la quaestio non è nemmeno proponibile essendo incongrua; e non può essere discussa[13]. Un esempio è questo: uno asserisce di aver dato a credito e chiede gli interessi, l’altro replica di aver ricevuto a deposito e intende restituire senza interessi. Interviene una legge che dichiara retroattivamente non più dovuta la restituzione dei prestiti di denaro. Le parti si scambiano gli assunti: l’uno comincia ad asserire di avere dato a deposito, l’altro di avere ricevuto a credito. Non c’è controversia: «quando viene meno o non vi è la possibilità di contraddittorio abbiamo una controversia malata, e che pertanto non va discussa […]. Vi è insomma alla base il rifiuto più assoluto delle affermazioni unilateralmente favorevoli»[14].
La migliore retorica ha codificato un codice per il confronto tra persone dedite alla ricerca di nuove, e maggiori, conoscenze. Quel codice dà forma a un metodo inteso nell’accezione del termine greco: indica un percorso e i modi per svolgerlo proficuamente. Se si ritiene, come ci ha insegnato la retorica, che dal dibattito tra persone serie e competenti, dal dibattito aperto e senza pregiudizi, possa derivare un progresso nell’interesse comune, allora il principio congruenza impone di costruire lo spazio pubblico di discussione attorno a certe regole fondamentali: la prima di queste regole è, in fondo, quella indicataci da Ermagora, la pienezza del contraddittorio. Per congruenza con questo postulato fondamentale Habermas ha costruito la sua teoria dell’agire comunicativo[15] e Van Eemeren e Grotendorst il loro decalogo[16].
La congruenza esige che nello spazio pubblico di discussione i soggetti siano liberi e non condizionati o, peggio, costretti. D’altra parte, i soggetti sono tenuti alla veridicità, ad essere sinceri; devono essere disposti ad ascoltare gli enunciati altrui e a riconoscerli fondati se la discussione abbia condotto a questo esito; debbono introdurre argomenti che siano logicamente pertinenti con l’oggetto della discussione. Occorre che lo spazio pubblico di discussione sia organizzato adeguatamente quanto all’accesso ad esso che deve essere il più possibile aperto; e che chi lo diriga sia arbitro imparziale. Occorre che esso sia trasparente: i primi retori non discutevano le loro cause in teatri all’aperto e al cospetto di tutto il popolo?
- Geometria delle parole.
Prima di chiudere torniamo a Quintiliano, alla compositio quadrata. Perché quest’aggettivo? Non è casuale: quell’aggettivo richiamava subito alla mente la Roma romulea, la Roma quadrata appunto, un’entità sospesa tra mito e realtà, tra il sovrannaturale e lo storico, una creazione comunque concepita e destinata a vincere, sempre. Il quadrato è esso stesso un’entità perfetta e perfettamente simmetrica: quattro linee e quattro angoli perfettamente eguali; e quattro linee rette che procedono diritte senza mai deviare. Un simbolo di forza, idoneo a resistere a qualunque attacco; e Quintiliano precisa che la compositio quadrata è anche la compositio virilis. Dalla geometria del tracciato terragno alla geometria, si direbbe, delle parole scritte. È una delle indicazioni, ma anche delle immagini, migliori che la retorica ci abbia trasmesso.
Si capisce allora che un discorso ‘quadrato’ non può che essere ben connesso: levis, cioè pensato e costruito secondo congruentia, secondo una simmetria di regolarità, con parole e proposizioni che non si contraddicono, ma che contribuiscono egualmente a giungere senza deviazioni alla meta del percorso intrapreso.
Il principio di congruenza funziona un po’ come il rasoio di Occam: invita a preferire la soluzione che discenda dall’essenza in discussione, dall’ontologia della cosa potremmo dire, per questo la soluzione più semplice perché la più connessa; e rifugge dalla pluralità nel senso che rifugge dal duplicare o triplicare l’essenza e, quindi, dai tentativi di far apparire ciò che non è per consentire l’apertura a soluzioni alternative.
- Exempla.
Da questo punto di vista il principio di congruenza svela le ambiguità. Per esempio, in questi giorni (aprile 2022) il sottosegretario alla salute Costa ha auspicato l’abolizione delle mascherine al chiuso in quanto sarebbe un segno del ritorno alla normalità; mentre il direttore della prevenzione del ministero della salute, Rezza, ha invitato a mantenerne l’uso in quanto il virus continua a circolare parecchio. Ma se la normalità è l’assenza o la bassa circolazione del virus, il principio di congruenza non lascerebbe alternative (che potrebbero introdursi solo inventandosi una nozione di normalità che prescinda dalla realtà epidemica).
Si viola il principio di congruenza manipolando l’ontologia della premessa di un certo discorso, introducendo una deviazione, andando in disconnessione, interrompendo il flusso logico delle deduzioni. L’analogia è la figura retorica che meglio si presta a contrastare il rigore della congruenza. In Gaio vi è un ottimo esempio:
Sed verius est natura tantum manifestum furtum intellegi. Neque enim lex facere potest, ut qui manifestus fur non sit, manifestus sit, non magis quam qui omnino fur non sit, fur sit, et qui adulter aut homicida non sit, adulter vel homicida sit[17].
Il furto manifesto ha una sua natura: è quel che è e solo la legge potrebbe manipolare l’ontologia del fatto. Gaio non lo auspica perché, così facendo, il legislatore non opererebbe bene. Ma la manipolazione sarebbe potuta avvenire ricorrendo all’analogia. Gaio stesso ricorda talune opinioni giurisprudenziali che dovevano essere insorte nella valutazione dei casi concreti da cui certamente dovevano emergere tensioni e tendenze volte a superare il rigore dell’ontologia del furto manifesto (il ladro è sorpreso nel mentre commette il furto):
Alii vero ulterius, quod eo loco deprehenditur, ubi fit, veluti si in oliveto olivarum, in vineto uvarum furtum factum est, quamdiu in eo oliveto aut vineto fur sit; aut, si in domo furtum factum sit, quamdiu in ea domo fur sit […] Alii adhuc ulterius, quandoque eam rem fur tenens visus fuerit: quae sententia non optinuit[18].
Se il ladro sia stato colto con la refurtiva ancora nel luogo del furto, la prassi aveva ammesso la ricorrenza di un furto manifesto: estensione analogica. La deviazione è evidente, nonostante il successo in sede giudiziaria di una tale soluzione, che il principio di congruenza non avrebbe mai potuto consentire. Ammessa la deviazione, era inevitabile che si provasse ad andar oltre (adhuc ulterius). Il furto è manifesto fintantoché il ladro abbia la cosa, la tenga con sé: soluzione altamente incongrua e Gaio ci riferisce che essa non fu accolta, si intende dai giudici. Dobbiamo immaginarci una contesa e un dibattito giudiziario in cui l’uno avrà ragionato per congruenza, l’altro manipolando i fatti attraverso l’uso spregiudicato dell’analogia.
Nel caso del furto la congruenza è ricercata a partire da un fatto che pur ha una sua dimensione normativa e perciò vincolante. Ma in una vicenda processuale è consustanziale allegare fatti in sé, cioè estranei all’ordine normativo e introdotti a fini dimostrativi della tesi patrocinata. Nell’orazione Per l’invalido un ciabattino è accusato di usufruire abusivamente di un sussidio pubblico che gli era stato concesso in ragione della sua zoppia: l’accusatore asseriva che il ciabattino non era né zoppo né indigente. A sostegno dell’accusa era portato il fatto che il ciabattino facesse uso di un cavallo: se ne deduceva che egli fosse sano in quanto altrimenti non sarebbe stato in grado di cavalcare. E si aggiungeva che, frequentando persone ricche, non poteva versare in stato d’indigenza (tanto più che aveva un cavallo). Sono deduzioni congrue? No, perché dal fatto che uno usa il cavallo non è possibile concludere che abbia salute buona e possegga ricchezze (e nemmeno che il cavallo sia di sua proprietà). Per fondare queste conclusioni occorre tutto un contesto (con Quintiliano: in complexu causarum[19]) che Lisia opportunamente introduce: va a cavallo proprio perché non può camminare e il cavallo non è nemmeno suo perché glielo prestano. Lisia non contesta il fatto: il suo cliente va a cavallo, ma contesta le deduzioni in quanto esse non sono connesse al fatto, vi è una frattura; e nella contradictio porta la discussione sul piano della verità e, cioè, che l’invalido non è né un falso invalido né un uomo dovizioso. Come questa causa sia poi finita, noi non lo sappiamo; ma è molto probabile che Lisia l’abbia vinta spiazzando l’accusatore che incautamente aveva violato il principio di congruenza introducendo deduzioni incongrue.
Il quadrato è come il simbolo della forza, della serietà, della compostezza romane: dunque compositio quadrata, ma anche quadratum agmen, cioè lo schieramento, in forma quadrata e a colonne serrate, dell’esercito in marcia. Simmetria perfetta. Come qualificare la compositio disordinata, scomposta, disunita? Ce lo dice ancora Quintiliano. Se il discorso (sermo) non sia rettamente ordinato (rectus ordo) e non sia esattamente concatenato (apta iunctura)[20], allora esso risulterà disuguale e interrotto (fragosa atque interrupta […] oratio)[21]: ora, ci dice Quintiliano, un discorso così mal costruito è viziato, da bollare come oratio incomposita[22]. Come incompositus è l’esercito disordinato, anzi allo sbando: l’esercito sconfitto o destinato alla sconfitta. Ergo, in tribunale o sul campo di battaglia, in qualunque confronto, occorre essere quadrati.
Abstract:Square is the discourse in which words, periods and concepts are congruent with each other, that is, adequately connected with each other. This congruence is an expression of the principle of non-contradiction and, as such, avoids falling into error. The adjective quadratus indicates union and connection, but also harmony and perfection. The square compositio then becomes the model of correct discourse, also from the ethical point of view: square is the non-confused exposition and, in this sense, honest because it is easily intelligible by the discussant and by the audience.
Keywords: square, discourse, congruence.
* Università degli Studi di Padova (umberto.vincenti@unipd.it).
** Il contributo è stato sottoposto a double blind peer review.
[1] Cito da A. Plebe, P. Emanuele, Manuale di retorica, Roma-Bari 1989, p. 103.
[2] Quint. 7.2.57. Traduzione: «Anche l’ordine degli elementi di un discorso può accrescere o diminuire la fiducia: si intende che essi, a seconda di come siano disposti, molto più sono tra loro congrui o in opposizione. Ma ciò non si riconosce se non considerando tutto il contesto della causa. Tuttavia occorrerà impegnarsi sempre nella ricerca delle connessioni e delle concordanze tra elementi».
[3] Quint. 2.5.9: «dovrà apprezzarsi la composizione costruita secondo armonia e proporzione, ma anche vigorosa».
[4] Cic., de or. 3.171: «Circa la collocazione occorre comporre disponendo le parole in maniera che il loro concorso non sia né sconnesso né produttivo di iati, ma comunque fuso armoniosamente».
[5] S.v. Quadratus in E. Forcellini, Lexicon totius latinitatis, III, Patavii 1940, p.566: «L’orazione è quadrata quando le parole si uniscano tra loro esattamente, come le pietre quadrate di un edificio».
[6] Rubo le parole a C. Beduschi, Tipicità e diritto. Contributo allo studio della razionalità giuridica, Padova 1992, p. 124.
[7] Me ne sono occupato in Principio di congruenza e costituzione politica, in uscita su L’Ircocervo (2022).
[8] Beduschi, Tipicità, cit., p. 124.
[9] A. Giuliani, Il concetto classico di prova: la prova come “argumentum”, in Recueils de la Société Jean Bodin, XVI (1964), pp. 357-388.
[10] Giuliani, ivi, p. 375.
[11] Giuliani, ivi, p. 359.
[12] U. Vincenti, Categorie del diritto romano. L’ordine quadrato, Napoli 20194, pp. 437-438.
[13] Per i dettagli v. Hermagoras Temnitae, Testimonia et fragmenta, Lipsiae 1962, pp. 41-47.
[14] Giuliani, Il concetto cit., pp. 375-376.
[15] U. Vincenti, Introduzione all’etica pubblica, Dispense ad uso degli studenti, Padova 2021, pp. 12-13.
[16] Vincenti, Categorie, cit., pp. 440-441.
[17] Gai 3.194: «Ma è più corretto riconoscere che il furto è manifesto solo per natura. La legge non può trasformare in manifesto il ladro non manifesto alla stessa stregua che non può assolutamente trasformare in ladro chi non sia ladro e in adultero o omicida chi non sia adultero o omicida».
[18] Gai 3.184: «Altri vanno più in là, a comprendere quel furto che sia scoperto nel luogo dove avviene, come nel caso di furto di olive in un oliveto o di uve in un vigneto, fino a quando il ladro si trovi nell’oliveto o nella vigna; o, nel caso di furto in casa, fino a quando il ladro si trovi nella casa […] Ma altri vanno più oltre ancora, fintantoché il ladro sia stato visto tenere la cosa rubata: un’opinione, questa, che però non è stata accolta» Di ciò mi sono occupato in Diritto senza identità. La crisi delle categorie giuridiche tradizionali, Roma-Bari 1997, pp. 133-136.
[19] Quint. 7.2.57, sopra riprodotto.
[20] Quint. 9.4.27.
[21] Quint. 9.4.7.
[22] Quint. 9.4.32, dove pure si sottolinea l’importanza della iunctura, cioè della concatenazione: «la concatenazione deve essere ricercata tra le parole, gli incisi, le parti, i periodi: giacché tutti questi elementi dimostrano il loro valore o la loro inconsistenza a seconda di come siano concatenati».
Vincenti Umberto
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