News / Papers
Il saggio si incentra sull’esegesi di un frammento del Digesto giustinianeo tratto dal II libro dei Digesta di Alfeno Varo epitomati da Paolo (D.32.60.2 Alf. 2 dig. a Paul. epitomat.) nel quadro delle più recenti ricostruzioni archeologiche ed antichistiche in genere delle modalità di lavorazione domestica delle fibre animali e vegetali nell’età tardo-repubblicana ed imperiale romana. Si cercherà anche di comprendere il significato tecnico-giuridico dell’espressione ’“id quod uxoris causa paratum est” usata nel presente frammento e in altri per indicare un legato predisposto per l’uso della moglie. Per la comprensione della testimonianza alfeniana ci si rifarà anche all’esegesi di D.33.2.32.2 Scaev. 15 dig., concernente un legato a favore della moglie del de cuius avente per oggetto, come nel passo esaminato, “lana” e “purpura”.

Barea Sorano raggiunse l’ultimo scalino del cursus honorum sotto Claudio nel 52 d.C. quando assunse la carica di consul designatus e assunse poi il proconsolato d’Asia probabilmente tra il 61 e il 62 d.C. restando in carica fino al 64. La ricerca consiste nell’analisi giuridica delle notizie tramesse dalle fonti letterarie sul processo a cui fu sottoposto insieme a sua figlia nonché della disciplina del crimen maiestatis in età neroniana.

La funzione rieducativa della pena di cui all’art.27, comma 3, Cost.. continua a vivere all’interno di un divario per cui, da un lato, è valorizzata dal legislatore e dalla giurisprudenza Edu e della Corte costituzionale, dall’altro resta svilita da una amministrazione penitenziaria complessa, le cui strutture e prassi comportano una compressione dei diritti dei detenuti, in primis quello alla rieducazione. Lo studio partirà dall’analisi della finalità rieducativa di cui all’art.27, comma 3 Cost., così come interpretato dalla giurisprudenza, per poi passare a verificare come essa venga perseguita dalle amministrazioni penitenziarie periferiche. L’analisi servirà ad evidenziare le criticità della logica meramente custodiale e carcerocentrica e la necessità di un suo superamento per il rafforzamento di percorsi alternativi al carcere effettivamente funzionali alla finalità rieducativa.

La notizia di un fatto disciplinarmente rilevante, commesso da un magistrato, obbliga il Procuratore generale della Cassazione ad esercitare l’azione disciplinare, avviando un procedimento che si conclude con una decisione del Consiglio Superiore della Magistratura. All’obbligo di iniziativa fa da contrappeso un particolare potere: in alcuni casi, il Procuratore può decidere di non attivarsi, adottando un provvedimento di archiviazione sottratto al controllo del CSM. La Procura Generale nega la conoscibilità del suddetto documento e rigetta le istanze di accesso indirizzate all’Ufficio. Questo contributo, dopo aver descritto la normativa di riferimento, illustra i motivi per i quali si ritiene che l’archiviazione debba essere segreta ed analizza la giurisprudenza più recente sul punto. Al centro del problema si pone la natura del provvedimento, da cui dipendono l’applicazione della normativa sull’accesso agli atti amministrativi e l’operatività dei relativi limiti.

Il saggio analizza le regole previste per le associazioni e le fondazioni dal Codice del Terzo settore in tema di organizzazione interna e ne indaga i possibili profili problematici, anche alla luce delle omologhe regole previste in ambito societario all’interno del codice civile.

L’articolo affronta il tema di come si configuri la responsabilità precontrattuale rispetto alla parte c.d. plurisoggettiva, cioè a dire formata da più soggetti. Prendendo le mosse da una nuova interpretazione del termine “parte” dell’art. 1337 c.c., che consente di distinguere tra parte contrattuale e parte precontrattuale, l’articolo esplora la responsabilità precontrattuale all’interno della parte complessa (cioè tra i componenti della medesima) e all’esterno della stessa, cioè nei confronti della futura controparte.

Il contributo indaga sui principi di ammissibilità e veridicità della prova scritta nelle costituzioni ex CTh. 11.39, recepite nella Lex Romana Visigothorum e sulla loro permanenza nella Lex Visigothorum, in particolare in Lex Visig. II.5.18 e II.4.3.

Da un passo dell’Enchiridion di Pomponio, si è cercato di ricostruire il significato di manus, che sembra qui impiegato con riferimento ad una regalità precedente il regnum di Romolo. Il tenore del testo lascia supporre che il discrimine tra questa primitiva forma di autorità e il più evoluto concetto di potestas ruoti attorno al criterio della “predeterminazione” del potere attraverso l’introduzione di leggi scritte e partecipate dal popolo. In questa prospettiva, la clara constitutio Romuli avrebbe segnato un primo passaggio verso il principio della limitazione della potestà di governo che nel corso del tempo si sarebbe arricchito di sempre più specifiche misure di tutela

Secondo un approccio giusletterario, il contributo muove dall’analisi de La peste di Camus per discuterne il significato allegorico e tracciare un collegamento tra questo e il ripudio della pena di morte, che rappresenta un contenuto saliente del testo. Il tema è approfondito alla luce del pensiero dell’Autore, espresso in altri scritti e in particolare in un saggio abolizionista. Se ne valorizzano gli argomenti contro la pena di morte, discussi sul piano giuridico in riferimento alle teorie classiche della pena: nell’ordine del testo, secondo l’impostazione generalpreventiva, retributiva e specialpreventiva. La riflessione conduce al superamento della pena capitale in vista del perseguimento di un modello di umanesimo penale.

L’ambito di operatività dell’assicurazione obbligatoria per i danni derivanti da circolazione stradale viene delineato, nella giurisprudenza della Suprema Corte, attraverso l’elaborazione progressiva delle nozioni di veicolo e di circolazione, basata su un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme di riferimento e, in ultimo, anche alla luce dei principi del diritto eurounitario, emergenti dall’interpretazione della Corte di Giustizia EU. In particolare, con l’ultima pronuncia emessa in materia, le sezioni unite affermano la compatibilità della normativa interna con le relative Direttive UE succedutesi nel tempo, attraverso una articolata e innovativa attività di interpretazione, al fine esplicito di rendere compatibili i due ordinamenti, nel rispetto del primato di quello sovranazionale.Ciò nonostante, permangono profili di problematicità nel processo di armonizzazione dei due ordinamenti, frutto di un percorso costantemente in evoluzione.
