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This paper analyzes the notion of arbiter in Roman law. Based on the legal and literary sources of Roman law, the study briefly describes the most important features of the legal institution of arbiter. The essay emphasises that the notion of arbiter has at least two different meanings in Roman law. On the one hand, an arbiter could describe an expert judge who had special knowledge in a particular field and was entitled to decide the special debate of the parties, wherein the debate did not have a purely legal nature but could concern other issues as well. On the other hand, an arbiter as arbiter ex compromisso could mean a person chosen by the parties in the form of a settlement to decide their legal dispute as an arbitrator. The study also references some important elements of the subsequent fate of the Roman notion of arbiter.

This essay suggests that the definitions of key concepts for the management of river phenomena - inundatio and alluvio, - evolve from the Republic to the Flavians (I BC -I AD), to design management standards, premonitory of the systematization of the typology of river phenomena since Gaius. This process is stimulated by the transition of the norms of acquisition of ownership of natural law into civil law and the doctrinal and restrictive definition of the alluvio from the first century of Augustus. The intergenerational dialogue of the Prudentes sheds light on the specific issues to each historical moment with great coherence on the phases of integration of natural phenomena according to the norms of civil property law. The perception of the dominium in the light of the need to manage territorial precariousness makes it possible to identify the nature of the concept of flood risk management, that associates territorial vulnerability with resilience. Accordingly, this allows identifying the nature of vulnerability factors and the function of transitory spaces between water and land, riparia subjects to climate hazards. This view recognized the dynamic of the roman concept of flood risk management for the case-study examined here and identified the res naturales like a specific entity between the res communes and the res publicae.

P. Yadin 11 costituisce un tassello che contribuisce a delineare in modo meno vago il quadro giuridico nei territori delle province orientali, ove, secondo l’ipotesi qui prospettata, il diritto romano avrebbe influenzato i diritti ellenistici, durante il Principato. Segnatamente, le varie forme di appartenenza, all’interno dell’Archivio di Babatha, sembrano specificarsi e delinearsi secondo i parametri dell’ordinamento romano, acquisendo maggiore specificità rispetto ai diritti locali preesistenti. Si nota, altresì, come sia ravvisabile una differenza nella concezione delle forme di appartenenza, negli atti tra provinciali e quelli che in qualche modo riguardano i romani. Allo stesso tempo, emerge l’applicazione delle categorie giuridiche romane, per le stesse forme di appartenenza, in modo meno rigido di quanto appaia o si ritenga. Così, il diritto romano, al tempo degli Antonini, si pone come un fattore di unificazione o di coordinamento dei vari diritti locali, attraverso l’adattamento dei propri dogmi che diventano, o iniziano a divenire, meno rigidi. Sarebbe stato solo in epoca posteriore che tali varie forme di relazioni sarebbero confluite nella generica possessio, κέκτημαι.

Il concetto giuridico di transizione costituzionale aspira a conseguire una certa neutralità scientifica che, tuttavia, rischia di ammantare di un apparente irenismo gli stessi processi di transizione, nei quali invece riemerge proprio la conflittualità politica. I concetti classici del diritto costituzionale e del diritto internazionale coglievano più efficacemente tale conflittualità e la definivano in modo più stringente. Il saggio suggerisce pertanto di non abbandonare il lessico classico della scienza costituzionalistica e di quella internazionalistica, per non indebolire la capacità di analisi (anche critica) dei processi di transizione.

Il saggio propone una riflessione sulle politiche di trasparenza del mercato strumentali all’ obiettivo della sostenibilità ambientale. Nel mercato unico sostenibile un ruolo fondamentale viene attribuito ai c.d green claims, laddove alto è il rischio che la sostenibilità divenga per le aziende una semplice strategia di marketing. Il fenomeno, noto come green washing, assume un significato peculiare rispetto alla pubblicità ingannevole, pone domande diverse e reclama risposte diverse. Duplice la linea di intervento seguita dal legislatore euro unitario, da una parte la tutela dalle pratiche commerciali scorrette, dall’altra, quella dell’obbligo di conformità al contratto. Quel che sembra emergere dall’analisi delle diverse normative a tutela del consumatore, è che la tutela del consumatore green si afferma nel diritto euro unitario come prospettiva plausibile, laddove venga supportata da un sistema di rimedi adeguato.

Il saggio si sofferma sulle plurime ripercussioni della previsione normativa, esplicitata nella legge sulle fonti del 2008 dello Stato della Città del Vaticano, secondo la quale l’‘ordinamento canonico’ è ‘il primo criterio di riferimento interpretativo’». In base a quanto emerge anche alla luce degli ultimi sviluppi legislativi, si dimostra come tale precetto sia il cuore pulsante del sistema giuridico che vede strettamente intrecciati l’ordinamento e il diritto canonico e vaticano, assurgendo a garante e infungibile custode della sua unità.

Enrico Lai e Francesco Atzeri-Vacca rappresentano i due civilisti autoctoni presenti nella facoltà giuridica di Cagliari tra Otto e Novecento. Lai si apre con entusiasmo alla pandettistica tedesca, tentando di costruire una dottrina civilistica dal carattere nazionale, nella stessa misura di Cimbali o di Chironi. Si tratta di progetto interrotto dalla sua prematura scomparsa. Atzeri Vacca, invece, pur essendo allievo di Lai, appare inizialmente più defilato rispetto ai docenti che nella Penisola affrontano i temi che animano la scienza nazionale; nello stesso tempo egli è molto attento alla dimensione controversiale del diritto: ai suoi occhi il civilista deve innanzitutto risolvere problemi concreti. Arriva più tardi rispetto ai suoi colleghi, tuttavia consegna alla scienza italiana una monografia sulla rinunzia che viene tuttora citata dalla civilistica che affronta tale istituto.

L'articolo si concentra sul modo in cui Giustiniano e la sua cancelleria risolvevano i casi controversi presenti nelle opere dei giuristi classici. È diviso in due parti. Nella prima, l'esame delle quinquaginta decisiones e delle constitutiones ad commodum propositi operis pertinentes dimostra l'esistenza di una struttura espositiva fissa (casus, quaestio, solutio). Nella seconda, l'analisi di C. 6.30.21 e C. 6.24.14 mostra che l'imperatore adotta un modo di ragionare simile a quello dei giuristi classici; in particolare, il legislatore ricorre allo strumento logico-giuridico della distinctio.

La ricerca si propone di indagare il significato dell’espressione ‘compensatio ipso iure’ nei testi della compilazione giustinianea (C. 4.31.14 e I. 4.6.30). Attraverso le altre costituzioni emanate dall’Imperatore prima del 531 è possibile comprendere l’estensione dei poteri del giudice in ordine alla conoscibilità delle pretese di entrambe le parti. La costituzione conservata in C. 7.45.14 dimostra che il giudice era tenuto a pronunciarsi sulla pretesa del convenuto, anche quando egli non avesse fatto uso di un’exceptio, se i presupposti di tale pretesa fossero emersi dagli atti della causa.

Il contributo opera una ricognizione sulla rilevanza giuridica della pubblica rappresentazione del corpo dell’uomo romano; in particolare, si sofferma sulle fonti che si occupano della disciplina relativa all’abbigliamento maschile, le quali attestano come il codice vestimentario rilevasse nella vita pubblica del vir, soprattutto se appartenente alle classi più alte. Preziose al riguardo sono due controversiae di Seneca il Retore. In una prospettiva diacronica, viene operato un rinvio a recenti sentenze sia dei tribunali nazionali sia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in tema di libertà di espressione e ciò per la suggestione che simili decisioni evocano nel cultore del diritto antico.
