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L’Unione europea potrebbe adottare in un futuro non distante delle regole uniformi sulla protezione degli adulti nelle situazioni a carattere internazionale. La Commissione, dopo aver incluso il tema della protezione degli adulti nel programma di lavoro per il 2022, ha reso noto uno studio sull’argomento e lanciato una consultazione pubblica, preludio di una proposta legislativa che potrebbe essere presentata nel primo semestre del 2023. Il termine «adulti», o «adulti vulnerabili», si riferisce in questo contesto a persone di età superiore ai diciotto anni che non sono in grado di provvedere da sole ai propri interessi a causa di una limitazione o di un’alterazione delle proprie facoltà. La loro «protezione» comporta perlopiù la nomina di un terzo incaricato di assistere l’interessato, o di rappresentarlo, nel compimento di atti giuridici volti alla cura della sua persona o all’amministrazione del suo patrimonio. Si tratta, per intendersi, della protezione che il diritto italiano assicura primariamente nelle forme dell’amministrazione di sostegno, a norma degli articoli 404 c.c. Alcuni sistemi privatistici nazionali prevedono – in alternativa alla protezione giudiziale – che la persona di cui trattasi, quando è ancora in grado di determinarsi, possa organizzare in anticipo la cura dei propri interessi, personali e/o patrimoniali, nominando uno o più fiduciari e impartendo loro delle direttive. Il diritto francese, ad esempio, contempla la possibilità di stipulare a questo effetto dei mandats de protection future; il diritto spagnolo parla di poderes e i mandatos preventivos;quello irlandese conosce gli enduring powers of attorney. Anche queste particolari procure, proprio perché volte ad assicurare la protezione dell’interessato, rientrano nel perimetro del disegno di unificazione normativa che l’Unione persegue in questo campo. L’intervento dell’Unione, come accennato, dovrebbe riguardare unicamente la protezione degli adulti nei casi internazionali. Sono tali, tipicamente, i casi in cui la persona da proteggere possiede la cittadinanza di uno Stato diverso da quello in cui è stabilita, e quelli in cui i suoi beni o i suoi interessi personali sono localizzati in più paesi, ad esempio perché, per godere della compagnia di una familiare o per accedere a delle cure particolari, la persona in questione trascorre regolarmente una parte consistente del suo tempo in uno Stato diverso da quello in cui risiede, o perché il suo patrimonio comprende una seconda casa all’estero oppure delle disponibilità liquide depositate presso una banca in un paese straniero. L’atto legislativo che la Commissione ha in animo di proporre dovrebbe collocarsi sul terreno del diritto internazionale privato e avere per base giuridica l’art. 81 TFUE, relativo alla cooperazione giudiziaria in materia civile. L’Unione non ambisce, né potrebbe ambire, ad armonizzare le regole che disciplinano la protezione degli adulti sul piano materiale. All’Unione intessa piuttosto: assicurare, nei casi internazionali, un efficace riparto della competenza giurisdizionale fra gli Stati membri; dettare criteri uniformi per individuare la legge regolatrice della protezione; agevolare la circolazione delle misure di protezione fra uno Stato Membro e l’altro; far sì che le autorità degli Stati Membri possano contare sull’assistenza delle autorità degli altri Stati Membri allorché la protezione di una persona richieda la condivisione di informazioni o altre forme di dialogo e coordinamento. Lo scopo di questo scritto è quello di dar conto delle ragioni che giustificano l’attenzione dell’Unione per la protezione degli adulti e di discutere del rapporto fra le future norme europee e gli altri regimi operanti in quest’ambito: il regime internazionalprivatistico a vocazione universale racchiuso nella convenzione dell’Aja del 13 gennaio 2000 sulla protezione internazionale degli adulti[9], oggi in vigore per tredici Stati[10], fra i quali per il momento non compare l’Italia, e le norme di fonte interna dei singoli Stati Membri, incaricate di disciplinare le situazioni non coperte dai testi uniformi e di garantire l’efficace attuazione di questi ultimi sul piano interno.

Un approfondimento sulla pratica degli sponsali, a partire dalle Decretali di Gregorio nono (1234), ma soprattutto nella consuetudine che si protrae fin quasi agli inizi del secolo scorso, sembra indicare una possibile chiave di interpretazione del romanzo manzoniano.
La ricerca sembra aver evidenziato che Manzoni avesse presente, sia definendo il titolo: I promessi sposi, che orchestrando l’intreccio, tale pratica. Questa riflessione può aprire la possibilità di interpretare il romanzo anche come luogo di riflessione sulla forza di una promessa.

In questo contributo propongo una concezione positiva della retorica contro l'idea essa che sia solo l'arte del persuadere senza ragione e senza verità. Questo proposito mi darà l'opportunità di indagare brevemente l'evoluzione del rapporto tra logica e retorica e di mostrare, soprattutto sulla base della riabilitazione della Retorica aristotelica, come sia possibile superare i pregiudizi sulla persuasione, a favore di una concezione umanista e realista della retorica.

La scelta di affrontare nelle scuole attività di carattere argomentativo è stata motivata da considerazioni di lungo corso, discusse nei programmi già del 1979 , sull’importanza per gli individui di acquisire, da studenti, capacità argomentative per la propria formazione intellettuale e nella vita sociale; la pratica didattica si è arricchita di una serie di attività propedeutiche e parallele per impostare ragionamenti ed argomentarli, e per consentire un uso reale delle abilità raggiunte.

Nella visione retorica di Cicerone, il determinismo biopsichico prevale sul determinismo ambientale nella valutazione della criminosità dei suoi avversari. A differenza della teoria del Lombroso, nella prospettiva di Cicerone la figura di delinquente innato non è costruita sulla fisiognomica o sulla configurazione anatomo-cranica e anatomopatologica dell’avversario, ma è costruita prevalentemente sulle caratteristiche morali e psicologiche, che rilevano anche per l’antropologo ottocentesco. Il mio articolo non assume connessioni immediate tra le inferenze del Lombroso e i modelli retorici dell’antichità classica. Esso vuole evidenziare che i concetti di delinquente innato o di natura criminale congenita – che sono idee chiave delle ricerche del Lombroso – non erano estranee al pensiero antico e all’orizzonte culturale delle classi egemoni nella Roma repubblicana. Questi due fondamentali concetti appaiono ampiamente utilizzati sia nell’oratoria giudiziaria, contro criminali pericolosi coinvolti in processi a grosso impatto sociale, sia nell’invettiva politica, dove essi sono usati per discreditare l’avversario come nemico dello stato.

Come noto, il manuale giovanile ciceroniano in due libri (Rhetorici libri duo), in età moderna comunemente conosciuto con il titolo De inventione, fu l’opera retorica latina più letta nell’età tardo-antica. Il commento esplicativo di essa, redatto da Gaio Mario Vittorino nel IV sec. d.C., che tanta fortuna ebbe anche in epoca medioevale ed umanistica, viene comunemente ritenuto un trattato privo di apprezzabile originalità; esso offre, tuttavia, interessanti indicazioni per comprendere il corretto significato e la reale portata della praevaricatio ʻimpropriaʼ dell’advocatus, illecito forense sanzionabile extra ordinem a partire dal III sec. d.C.

Il saggio analizza il ruolo sociale attribuito all’eloquenza nell’ambito delle opere retoriche di Cicerone, con particolare riferimento al de oratore e al Brutus. La forza civilizzatrice dell’ars dicendi viene considerata una conseguenza della preparazione culturale del perfectus orator, al quale è richiesta non solo un’eccellente capacità di costruire elegantemente il discorso e di calibrare lo stile in base all’uditorio, ma anche un’ottima conoscenza delle diverse discipline che formano oggetto dell’orazione. Soltanto chi possieda una solida e ampia cultura potrà esercitare propriamente l’ars dicendi, contribuendo così alla salus della civitas e della res publica.

La retorica può essere approcciata a vari livelli: il primo livello è piuttosto emotivo (tipo: la retorica mi interessa perché può infondermi la capacità di esprimermi al meglio e ciò mi farà apparire come uno in gamba); il secondo livello è metodico e cognitivo (la retorica è un sapere da acquisire perché mi offre un metodo per implementare, organizzare e trasmettere le mie conoscenze); il terzo livello è piuttosto etico (la retorica crea – deve creare – un ordine e l’ordine è governato dalla linearità, dalla coerenza, dalla rettitudine intesa come qualità sia del ragionamento sia dello stesso spazio pubblico di discussione). Un po’ come nei tre mondi di Popper: il mondo 3 della retorica è il più elevato, ma vi si può arrivare passando prima per il mondo 1 e il mondo 2. Da questo punto di vista – la retorica vista dall’alto – appare riduttivo il termine comunicazione: comunichiamo al bar o tramite whatsapp, ma retoricamente si discute e ci si confronta per acquisire consapevolezze e aumentare il sapere che conta e lo si fa istituzionalmente non in una conversazione privata, bensì nello spazio pubblico dove sono in gioco interessi collettivi, talora supremi. Anche se è vero che molti pensano o, appunto, riducono la retorica a quelle «macchinazioni della persuasione (Überredung) … in vista di un artificioso suggestionare (Überlistung)»: sono parole di Kant che giunge, però, a una conclusione eccessiva perché per lui «l’arte oratoria, in quanto arte di servirsi della debolezza umana ai propri fini … non merita alcuna stima» .

L’Unione Europea, nel fermento legislativo dettato dall’urgenza di adattare l’impianto normativo ad un contesto dai tratti fisionomici profondamenti riscritti dalla rivoluzione tecnologica e dall’affermazione di un’economia data-driven, è di recente intervenuta ponendo significativa attenzione all’espansione dell’uso dell’Internet of Things. In tale contesto, il presente saggio intende dare conto di due importanti linee di intervento che l’UE ha deciso di intraprendere per la regolamentazione degli oggetti intelligenti: 1) la prima, che si innesta nel diritto europeo dei contratti, risulta volta ad incidere sulla disciplina della vendita e sulle regole della fornitura di contenuti digitali e servizi digitali nei rapporti B2C: il riferimento è, in particolare, all’adozione nel 2019 delle direttive gemelle 770 e 771 (§2); 2) la seconda si inserisce, per contro, nell’ambizioso obiettivo di creare uno spazio europeo dei dati, ideato nell’ambito della ‘Strategia Europea per i Dati’, e si concretizza nella proposta tesa a regolamentare, attraverso il ‘Data Act’, il flusso dei dati generati dell’Internet of Things (§3). Premessi brevi cenni su tale nuovo impianto regolatorio, presente e prospettico, il lavoro si concentra sui profili di intersezione delle due discipline, con particolare riferimento ai temi dell’accesso ai dati non personali e della loro circolazione e portabilità (§4)

La riforma degli art. 9 e 41 della Costituzione inserisce l’ambiente tra i valori fondamentali dell’ordinamento, di cui tratta nella sua prima parte, in parallelo con i testi costituzionali di altri Stati membri dell’Unione europea. Tale riforma è espressione di un mutamento profondo dell’ideologia sottesa al modello di sviluppo proprio dei paesi industrializzati, in coerenza con il processo di transizione verso un’economica circolare, avviato prima di tutto a livello europeo e basata sull’uso razionale delle risorse e sulla rigenerazione dei processi di produzione, in una prospettiva di sviluppo sostenibile, anche a tutela delle generazioni future
