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In questo saggio Franchini illustra la figura di Q. Fabio Massimo, il famoso Temporeggiatore che contrastò Annibale, in rapporto alle dittature che rivestì. Riguardo alla prima dittatura cerca di risolvere il problema posto da una grave antinomia tra le fonti. Riguardo alla seconda, ed assai più importante, dittatura del 217, l’autore affronta la questione dell’elezione popolare del dictator e del magister equitum, che a suo avviso non escludeva la necessità di ricorrere a dictiones di tipo assolutamente tradizionale, per poi sottolineare che quella di Fabio fu una vera magistratura (e non pro magistratura), ossia una dittatura, optima lege (e non interregni causa, quale pur verrà celebrata, senza significato giuridico). Si tratta altresì della legge Metilia, che aggiunse al magister equitum i poteri del dittatore (considerati, però, oggetto di rinuncia possibile), nonché dell’episodio dello scambio dei prigionieri seguito ad un accordo raggiunto col nemico.
Franchini illustrates the figure of Q. Fabius Maximus, known as Cunctator, who was opposed to Hannibal, in relation to public offices covered. Regarding the first dictatorship, the author tries to fix the problem posed by a grave contradiction between the sources. Regarding the second, and much more important, dictatorship of the 217, the author takes on the issue about popular election of the dictator and magister equitum, which in his view did not exclude the need to use traditional dictiones. The author, then, underlines how the work of Fabio is to be included as part of a real magistracy (and not pro magistracy), optima lege (and not interregni causa, which will be celebrated even without juridical significance). The author also discussed Lex Metilia, which added to the magister equitum the dictator's powers (though considered possible surrender), as well as the episode of the exchanging of prisoners following an agreement reached with the enemy.

Il saggio affronta il tema dei profili di rilevanza penale del trattamento dei dati personali. Esaminate le nozioni di riservatezza, privacy e protezione dei dati personali, in ambito nazionale ed europeo, vengono approfondite le fattispecie incriminatrici contenute nel c.d. Codice della privacy, con particolare riguardo al delitto di illecito trattamento dei dati personali (art. 167). La trattazione prosegue con l’analisi delle principali innovazioni apportate dal regolamento 2016/679/UE in tema di trattamento dei dati personali, cui gli Stati membri dovranno dare piena attuazione entro il 25 maggio 2018, al fine di mettere in luce le possibili conseguenze in materia penale e in termini di responsabilità amministrativa degli enti.
The essay discusses the criminal law aspects of personal data processing. It first addresses the concepts of privacy and personal data protection in the Italian and European context. Il then considers the crimes set out in the Italian so-called Code of privacy, with specific focus on the crime of unlawful processing of personal data. Next, the essay turns to the recently adopted Regulation (EU) 2016/679 on personal data processing, effective in all Member States as of 25 May 2018. In particular, the analysis of the Regulation aims to study its implications in terms of criminal law and administrative liability of companies.

Il lavoro propone un’analisi della legge delega n. 106/2016, relativa alla riforma degli enti del Terzo settore. L’A., in particolare, indaga l’ambito di applicazione della legge stessa, tra codice civile e Codice del Terzo settore, e illustra i profili di innovazione attesi, soffermandosi diffusamente sui cinque profili di riforma del libro I del codice civile, la cui concreta attuazione è demandata a decreti delegati. Risultano, per tal via, indagate le linee di riforma relative i) al procedimento di riconoscimento della personalità giuridica, ii) alla responsabilità degli amministratori degli enti senza scopo di lucro e iii) alla tutela dei diritti degli associati. Il saggio prosegue con un’analisi iv) dell’attività economica che gli enti senza scopo di lucro possono svolgere, anche in relazione al discusso profilo della neutralità delle forme, e della v) possibilità di trasformazioni dirette tra tali enti.
The paper proposes an analysis of the delegated bill n. 106/2016 on the reform of the third sector organizations. In particular, the A. investigates the scope of the bill, including the civil code and new Third sector code, and illustrates the expected innovative profiles, focusing extensively on the five points of the reform involving the Civil Code, whose actual implementation is delegated to forthcoming statutory instruments. Consequently, the paper investigates the reform policies related to i) the procedure concerning legal personality, ii) the directors liability and iii) the protection of the rights of the members of the non profit organizations. The paper continues with an analysis of iv) the economic activity non profit organizations can play, even in relation to the discussed issue of neutrality of forms, and v) the possibility of direct transformations amoung these institutions.

L'idea di separatismo, secondo cui lo Stato unitario non poteva rinunciare, quantomeno, al tentativo di influenzare la formazione culturale dei chierici operanti sul territorio nazionale, non oltrepassava il limite oltre il quale il separatismo avrebbe smentito se stesso, arrivando cioè a rendere le facoltà teologiche obbligatorie per chi doveva assumere uffici ecclesiastici e in particolare per quelli che sarebbero stati investiti della cura delle anime di coloro che erano in contemporanea fedeli della Chiesa e sudditi dello Stato; un tale obbligo avrebbe trasformato il separatismo nel più schietto giurisdizionalismo. La desertificazione delle facoltà teologiche gestite dallo Stato, frutto di un preciso disegno dei vescovi che su di esse non potevano esercitare un controllo effettivo, e la rinuncia dello Stato a renderne obbligatoria, per i chierici, la frequenza, dovevano condurre alla decisione definitiva della loro soppressione del 1873; soppressione che appare il frutto non di un accanimento anticlericale, ma di una convergenza di interessi distinti e paralleli.

L’istituto della cessione del credito a scopo di garanzia (o cessio in securitatem) è ampiamente connesso alla tematica, di carattere più generale, delle alienazioni in funzione di garanzia, a sua volta strettamente collegata all’àmbito di applicazione del divieto del patto commissorio (di cui agli artt. 2744 e 1963 c.c.).
Cessione del credito a scopo di garanzia e trasferimenti commissori costituiscono, nell’impostazione tradizionale del tema, istituti intimamente collegati, a tal punto che la precisa configurazione dei secondi rivela una significativa capacità di incidenza sulla stessa ammissibilità della cessio in securitatem.
In questo articolo, la considerazione del divieto di patto commissorio – e, a dir meglio, del modo in cui esso è usualmente inteso nell’elaborazione dottrinale e nell’esperienza giurisprudenziale – potrà servire ad accertare:
– se (e, eventualmente, in che modo) esso possa ostacolare la pratica della cessio in securitatem;
– ovvero, e piuttosto, se in esso debbano effettivamente rinvenirsi, come usualmente si ritiene, limiti ad operazioni economiche di alienazione in garanzia diverse da quelle che coinvolgono la circolazione del credito;
– oppure, ed infine, se – tutto al contrario – il tema (più generale) del trasferimento di titolarità di situazioni giuridiche in funzione di garanzia possa (se non, addirittura, debba) essere sganciato dal pur usuale collegamento con il divieto codificato dall’art. 2744 c.c., e ne sia invece da considerare la compatibilità con il sistema in funzione di altri, e differenti, dati di diritto positivo.

Il contributo affronta i problemi connessi con l’elaborazione della voce «diritto», per un lessico dedicato al pensiero filosofico di Benedetto Croce. Due le prospettive di ricerca: da un lato, l’analisi della riflessione crociana sulla natura dell’attività giuridica, sul significato del diritto nel sistema della Filosofia dello spirito; dall’altro, un’ampia ricognizione bibliografica della pluralità di interpretazioni offerte, nel corso degli anni, dalla critica, con particolare attenzione rivolta alla tradizione italiana degli studi di filosofia giuridica.

Se rapportato al numero di casi nei quali l’infermità mentale è invocata come spiegazione della condotta criminale, il riconoscimento effettivo di un vizio di mente all’esito del processo penale avviene soltanto in una porzione molto limitata di essi. La malattia mentale è spesso additata come la principale ragione del comportamento violento, ma gli psicologi, i criminologi e la stessa giurisprudenza mostrano che anche stati mentali non patologici di forte emotività come quelli determinati da rabbia, odio o gelosia possono indurre una persona ad attuare comportamenti violenti. Recenti studi neuroscientifici hanno evidenziato la base biologica del comportamento umano, sottolineando nel contempo che tale conclusione non deve essere intesa nel senso che l’agire umano sia “biologicamente determinato”. I medesimi studi neuroscientifici hanno illustrato un’ampia serie di difficoltà sul piano tanto metodologico quanto interpretativo nell’affrontare le ricerche sul cervello e sulle funzioni cognitive in relazione ai disturbi mentali. Il contributo di conoscenza offerto attraverso gli accertamenti peritali di tipo psichiatrico rimane essenziale, dunque, al fine di contribuire a risolvere alcune questioni centrali ai fini del giudizio sull’imputabilità, in particolare se l’agente fosse in grado di comprendere il disvalore etico-sociale della propria condotta. Come emerge dalla casistica discussa in questo articolo, anche gravi patologie psichiatriche quali la schizofrenia paranoide non determinano automaticamente la non imputabilità dell’autore di una condotta criminale. La prova scientifica e in particolare le risultanze delle tecniche neuroscientifiche dovrebbero essere sempre accompagnate, pertanto, dalla spiegazione di un esperto e dalla valutazione critica indipendente del giudice incaricato dell’accertamento processuale. Riconoscere un imputato non colpevole per vizio di mente, infatti, è una conclusione da raggiungere sul piano giuridico, non un risultato scientifico.

Il saggio esamina il nuovo regime probatorio scaturente dalla riforma del processo matrimoniale canonico, volto principalmente a valorizzare la confessione e le dichiarazioni delle parti, alle quali può essere attribuita forza di «prova piena» purchè corroborate da eventuali testi de credibilitate e a condizione che non ricorrano elementa quae eas infirment. L'avviso da cui prende le mosse il saggio è che si tratti d'uno sviluppo oltremodo interessante, in base al quale - tra l'altro - sembrano praticamente destinate ad essere contenute al minimo le c.d “nullità di coscienza”, ossia quei casi in cui l’invalidità non sia dimostrabile come tale «in foro externo» in quanto confortata dalla sola dichiarazione della parte interessata. Lo studio, a seguire, si concentra sull'esplicazione della ragione più plausibile alla base del nuovo regime in parola, e cioè l'intenzione di evitare gli inconvenienti cui dava luogo l’obbligo di affiancare con altri elementi probatori la confessione o le dichiarazioni delle parti (ancorchè fossero state concludenti e confermative rispetto al thema probandum).

Papa Benedetto XV, il 1° maggio 1917, con il motu proprio Dei Providentis fonda la Congregatio pro Ecclesia Orientali . Questo evento non è solo amministrativo e pratico, ma anche terminologico e in fondo soprattutto ecclesiologico. Gli Orientali vengono ora percepiti non solo come Greci, Armeni, Giacobiti, Ruteni ecc., e neanche solo come appartenenti ad un "rito", ma come appartenenti ad una Chiesa orientale. Ad onore del vero, la sovrapposizione fra la "Chiesa" e il "rito" continua ad apparire talvolta anche dopo la creazione di questa Congregazione, ma di solito si tratta ormai solo di questione di abitudine e di uso linguistico. Dal punto di vista canonico, nella vita della Chiesa cattolica, nel periodo fra le due guerre siamo testimoni di un rinnovato interesse per il diritto. La promulgazione del CIC '17 metteva in maggiore risalto la situazione precaria, dal punto di vista canonico, nella quale si trovavano in quel tempo le Chiese orientali cattoliche, che quasi dimentiche del proprio comune patrimonio, facevano sforzi per avere ciascuna un Codice proprio, approvato dalla Sede Apostolica. Pochi anni dopo papa Pio XI ritenne che la codificazione del diritto canonico orientale non solo era necessaria ma che era una questione urgente.

Riflettere sul nuovo processo canonico matrimoniale alla luce della celerità della via giudiziaria (esigenza comune a vari ordinamenti) e della pastorale di prossimità (peculiarità dell’ordinamento della Chiesa cattolica) significa comprendere somiglianze e differenze tra giustizia canonica e giustizia civile.
Papa Francesco, con sorprendente decisione, ha abbandonato consolidati istituti e ha chiesto rapidità, pastoralità e “conversione delle strutture”.
Non è mancato chi ha sollevato critiche. Ma l’obiettivo sottolineato dal Pontefice è pienamente condivisibile, se si considera che in gioco è la validità o nullità di un Sacramento, dunque la condizione spirituale della persona. L’obiettivo è duplice: il cuore dei fedeli, in attesa di un chiarimento del proprio stato coniugale, non sia troppo lungamente oppresso dalle tenebre del dubbio; la Chiesa, in particolare il Vescovo, sia più vicina alla persona. Nell’Introduzione Papa Francesco spiega che la preoccupazione per la salvezza delle anime rimane il fine supremo delle istituzioni, delle leggi e del diritto della Chiesa. Per questo si è sentito in dovere di intervenire anche con l’obiettivo di evitare che un enorme numero di fedeli, pur desiderando provvedere alla propria coscienza, sia distolto dalle strutture giuridiche della Chiesa a causa della distanza, fisica e morale.
