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L'articolo si concentra sul modo in cui Giustiniano e la sua cancelleria risolvevano i casi controversi presenti nelle opere dei giuristi classici. È diviso in due parti. Nella prima, l'esame delle quinquaginta decisiones e delle constitutiones ad commodum propositi operis pertinentes dimostra l'esistenza di una struttura espositiva fissa (casus, quaestio, solutio). Nella seconda, l'analisi di C. 6.30.21 e C. 6.24.14 mostra che l'imperatore adotta un modo di ragionare simile a quello dei giuristi classici; in particolare, il legislatore ricorre allo strumento logico-giuridico della distinctio.

La ricerca si propone di indagare il significato dell’espressione ‘compensatio ipso iure’ nei testi della compilazione giustinianea (C. 4.31.14 e I. 4.6.30). Attraverso le altre costituzioni emanate dall’Imperatore prima del 531 è possibile comprendere l’estensione dei poteri del giudice in ordine alla conoscibilità delle pretese di entrambe le parti. La costituzione conservata in C. 7.45.14 dimostra che il giudice era tenuto a pronunciarsi sulla pretesa del convenuto, anche quando egli non avesse fatto uso di un’exceptio, se i presupposti di tale pretesa fossero emersi dagli atti della causa.

Il contributo opera una ricognizione sulla rilevanza giuridica della pubblica rappresentazione del corpo dell’uomo romano; in particolare, si sofferma sulle fonti che si occupano della disciplina relativa all’abbigliamento maschile, le quali attestano come il codice vestimentario rilevasse nella vita pubblica del vir, soprattutto se appartenente alle classi più alte. Preziose al riguardo sono due controversiae di Seneca il Retore. In una prospettiva diacronica, viene operato un rinvio a recenti sentenze sia dei tribunali nazionali sia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in tema di libertà di espressione e ciò per la suggestione che simili decisioni evocano nel cultore del diritto antico.

Il PNRR colloca le Case della Comunità nel contesto di un nuovo assetto istituzionale ed organizzativo del SSN, volto a costruire un più ampio sistema di ‘welfare comunitario’. Il lavoro, prendendo le mosse dalle indicazioni contenute nel PNRR, esamina gli interventi legislativi che in passato hanno cercato di realizzare strutture sanitarie di prossimità, per soffermarsi sul difficile iter di approvazione del D.M. 77/2022, nel quale sono stati definiti i modelli e standard dell’assistenza sanitaria territoriale. Il percorso ricostruttivo è teso a verificare se le Case della Comunità rispondano o meno all’esigenza di valorizzare il ruolo della comunità nella progettazione ed erogazione di interventi che promuovano il benessere dell’individuo secondo la definizione di salute elaborata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

La prestazione di attività lavorativa nell’ambito di un nucleo familiare pone diverse problematiche connesse alla tutela del lavoratore familiare. In questo contesto, il presente contributo analizza, da un punto di vista giuslavorista, la natura giuridica dell’impresa familiare che, nel contesto post riforma del 1975, assume una fisionomia diversa e peculiare rispetto a quella che da tempo ha caratterizzato l’istituto in commento. Dopo aver delineato il quadro normativo dell’impresa familiare, con particolare riferimento alla recente regolazione (c.d. Legge Cirinnà) delle fattispecie concernenti gli “uniti civilmente” e i “conviventi di fatto”, il contributo si sofferma sulla presunzione di gratuità del lavoro familiare in ambito giurisprudenziale. Nello specifico, il contributo affronta il problema del rapporto tra prestazione a titolo gratuito e subordinazione da tempo dibattuto sia in dottrina che in giurisprudenza.

Il saggio esamina le principali soluzioni elaborate dalla giurisprudenza in tema di controlli sui lavoratori subordinati, effettuati dal datore di lavoro per il tramite di investigatori privati. Oltre a descrivere l’evoluzione degli orientamenti giurisprudenziali in materia, l’autore fornisce un’analisi critica degli argomenti che sono spesso impiegati dalla Cassazione, concentrandosi in particolare su alcune questioni come gli accertamenti a tutela del patrimonio aziendale e le indagini sui lavoratori assenti. Particolare attenzione è dedicata anche alle caratteristiche che i controlli degli investigatori possono assumere e all’incidenza delle regole sul trattamento dei dati personali.

La rivoluzione digitale ha creato nuovi spazi in cui è possibile esercitare alcuni dei diritti fondamentali, tra cui spiccano la libertà di espressione e la libertà religiosa. Sebbene l’organo paragiurisdizionale di Meta, l’Oversight board, sia stato inizialmente concepito per tutelare queste libertà degli utenti, nella pratica il funzionamento del Comitato per il controllo sembra essere principalmente finalizzato all’implementazione del codice di condotta aziendale. Nel saggio si sono approfondite alcune delle decisioni dell’Oversight board in cui emerge come la funzione di fornire suggerimenti per migliorare le policy di Meta sui social media prevalga rispetto all’obiettivo di proteggere i diritti individuali.

Prendendo le mosse da una disamina della disciplina giuridica riservata ai beni culturali ecclesiali ˗ alla luce dei loro liens étroits con il turismo culturale di interesse religioso ˗ il presente contributo si propone innanzitutto di soffermarsi sul ruolo degli archivi e delle biblioteche ecclesiastiche, rimarcando la loro digitalizzazione. Successivamente, mettendo in rilievo la trasposizione sul web dei musei ecclesiastici, si tenteranno di schiudere nuove piste di ricerca onde evidenziare gli effetti fruttuosi che specifici strumenti digitali potrebbero avere sui predetti istituti culturali. Si concluderà con un’incursione nel settore informatico, provando a intravedere come l’applicazione di particolari soluzioni tecnologiche, nella traduzione in bit di un bene culturale ecclesiale, potrebbe contribuire a una transizione verso modelli di piena sostenibilità, cementando quel nesso oramai inscindibile tra magistero della Chiesa cattolica e “cura della casa comune”.

Il contributo, nel quadro di una più ampia ricerca che ha per oggetto le constitutiones ad commodum propositi operis pertinentes emanate il 18 ottobre 532, è dedicato all’analisi di C. 3, 10, 3 e di C. 8, 37 (38), 15. In particolare, ritenuto plausibile che entrambe rientrino appunto nell’ultimo ‘grappolo’ delle constitutiones ad commodum, l’autrice tenta di individuare i contesti in cui, nell’ambito dello spoglio degli antichi materiali giurisprudenziali, i compilatori e la cancelleria possano aver tratto lo spunto per compiere i due interventi normativi. L’ipotesi è che entrambe le costituzioni derivino dalla lettura dei libri ad Sabinum e che possano dimostrare che alla data del 18 ottobre del 532 il lavoro di scandaglio compiuto dai compilatori sui commentari dedicati al ius civile, come del resto anche quello dei grandi commentari ad edictum, fosse ormai avviato al completamento o, forse, fosse già terminato.

Il presente studio prende in considerazione i rapporti tra la manumissio censu e le riforme augusteo-tiberiane in tema di manomissione. Le leggi Elia Senzia e Iunia modificarono il rapporto libertas-civitas e introdussero.
I genera dei liberti dediticii e dei Latini Iuniani. Inoltre, La lex Aelia Sentia stabilì requisiti specifici per la manomissione compiuta dal dominus non ancora ventenne o effettuata a favore dello schiavo di età inferiore a trent’anni. La manomissione censoria può conferire solamente la cittadinanza romana. A seguito dell’approvazione delle leges Aelia Sentia e Iunia, diminuì sempre più la possibilità di una sua concreta applicazione. Le due misure contribuirono indirettamente alla sua scomparsa.
